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[...] incontrato a casa [...] il giorno [...] ora lo vediamo nel carcere [...] Pisa, in una stanza a cui si arriva dopo [...] cancelli [...] tra chiavi e vetri blindati. Un tranquillo carcere di [...] luogo della [...] non privata «guerra» contro [...] lo condanna per [...] Calabresi. Con lui abbiamo parlato del [...] di Lotta Continua, degli [...] di un presente solo apparentemente [...]. /// [...] /// Quando era in carcere a Bergamo, e questa storia era solo [...] tanto che si poteva sperare [...] per il meglio, Adriano [...] ricevet-te una lettera dal fratello Gianni che, un [...] per scherzo un [...] sul serio, gli aveva copiato [...] massima latina. Di-ceva pressappoco: «dentro la [...] fuori la guerra». Ora però dentro la [...] pa-ce: centinaia di lettere al giorno a [...] articoli da scri-vere, visite di parlamentari. Allora co-minciamo [...] lasciando da parte le domande [...] consumate sul processo, la condanna e cercando semmai di [...] un [...] meglio cosa sta succedendo [...] pubbli-ca. Dopo i giorni della [...] carcere, che avevano dato voce solo a [...] dalla tua parte, ora cominciano a [...] fuo-ri i commenti negativi, [...]. Ti stupisce tutto questo? Non [...] una reazione simile, anche se alcuni organi [...] durante il processo erano stati tra i [...] accusatori. Per un verso mi [...] nome del cattolicesimo si esprimano sentimenti così [...] odio vivace e tanta assenza di carità. Per un altro verso [...] il formarsi di una arcaica al-leanza, tra [...] bigotti, il vec-chio conservatorismo alla Montanelli e [...] polizia che chiede vengano vietate le manifestazioni [...] detenuti e contro le sentenze: mi pare [...] reazione [...] tempi, che rispolvera il [...] anni [...]. Hai scritto anche al [...]. Sì, una lettera aperta sul Foglio, non gli ho inviato una missiva. Per dire almeno una cosa: [...] la mia vita è una sconfessione di tutte le [...] che mi vengono gettate addos-so. Qualcuno mi accuserà di [...] mentre [...] chi mi fa il [...] io posso ben com-portarmi come fossi un [...] parlare bene di me. E allora mi piace [...] stato tra i primi ad andare e [...] Polonia del [...] e di [...] spinto per la liberazione [...]. Quando spararono al Papa [...] e Deaglio correm-mo a San Pietro: eravamo [...] un numero speciale del giornale (che in [...] era in edicola) col titolo «Siamo tutti [...]. Per quanto riguarda le vicende [...] ho scritto [...] mille volte che il papa [...] voce [...] della tragedia che si stava [...]. Che tutto questo scompaia [...] in insulti mi pare un peccato mortale. Ma gli attac-chi [...] romano non mi sembrano così [...]. Sarajevo mi ha abituato [...] e a preoccuparmi poco di qualunque sor-ta [...] essa il potere o il Vaticano. Ma [...] qualcosa in questa che chiami [...] alleanza» a colpi-re: quel riferimento costante al [...] come una colpa originaria. Eppure, quasi 30 anni [...] gli eventi di allora fosse-ro stati metabolizzati. Le ferite di quella ribellione [...] si so-no mai cicatrizzate. Risentimenti, ran-cori sono riusciti [...] gli anni e le reciproche frequentazio-ni. In questo mondo apparentemente [...] diminuita la rivalità e il tasso di [...] si è accresciu-to. E questo malgrado quella [...] morte delle ideologie. Perché le ideologie a [...] un odio disincarnato, oggi invece siamo davanti [...] di per-sone contro persone. Tutto il processo che [...] abbiamo subito è stato una sorta di [...] un passato e dei suoi lasciti non [...]. E credo, nel mio [...] si perdoni il mio passato di ribelle [...] mio presente di persona che difende la [...] un comportamento come il nostro rovescia le [...] scappati da colpevoli, siamo venuti in carcere [...]. Torniamo un momento al [...] Lotta Continua. [...] è dop-pia: si dice [...] massimo del «carnevale», del «sottosopra» e insieme [...] descrive co-me una banda armata. Insomma [...] Molte delle lettere che mi [...] so-no di ragazzi che mi dicono: ora che sei [...] che hai tempo [...] un [...] quello che è successo. Rispondere non è facile, [...] ricorrere alle battute o alle celebrazio-ni. Ma ci provo: noi [...] una forma molto trascinan-te un sentimento che [...] generazioni, e che cioè la brut-tezza del [...] e che davvero fosse possibile mettervi riparo. È impossibile spiegare il [...] che ebbe su di [...] della fame e della vio-lenza nel mondo. Questa coscienza è stato [...] perché ha raddoppiato la fortuna di essere [...] di scoprire il mondo insieme (in una [...] senso di fusione con) e al tempo [...] il regalo di usare quella confusio-ne per [...]. Ecco, Lot-ta Continua è [...] fi-no ad un certo momento, poi è [...] è arrivato [...] il ripiegamento, la cristallizza-zione [...]. E quando collocheresti il [...] tra il prima e il dopo? Potrei [...] formula for-tunata che ho inventato io, ovvero [...] di piazza Fon-tana il momento della «perdita [...]. Ma le cose sono [...] due fasi si sono intrecciate a lungo. Certo è che dopo [...] Fontana [...] percezione che le nostre azioni fosse-ro meno [...] più delle reazioni a brutali sollecitazioni esterne [...]. Ma [...] mi rimprovero di [...] conti-nuato nei mio ruolo dentro [...] almeno per un anno e [...] oltre il momen-to in cui avevo capito che [...] era chiusa. Per fortuna poi ci [...] a imporre lo sciogli-mento. Ci pensò soprattutto il [...] impossibile quella «mimetizzazione» che era così caratte-ristica [...]. Noi (per cominciare io [...] che riuscivano ad aderire alle circostanze, a [...] gruppi sociali in cui lavoravamo: col movimento [...] non riuscì, perché la differenza non si [...] per-ché ci misero fuori dalla porta. Zelig non funzionava più. Sui giornali [...] chi, magari per schierarsi dalla [...] parte, divide in due [...] quello vecchio e poi [...] quello nuovo. Come vivi que-sta «scissione»? È [...] problema del rapporto tra continuità e rottura. Saranno gli anni ma [...] di somigliare sem-pre di più non al [...] una vol-ta, ma a mio padre. Sento molto la continuità. Ma continuamente mi pare [...] vite diverse, mi sento come un gatto [...] vite re-stando sempre lo stesso gatto. Quan-do partivo per la Bosnia [...] casa che se mi fosse successo qualcosa [...] ero mor-to di vecchiaia. Ecco, la Bosnia, la [...] finire sempre nei luoghi delle guerre e [...]. Perché? La prima guerra [...] da gior-nalista è stata quella tra Iran [...] Iraq: [...] portavano sui campi di battaglia, coi campi [...] in divisa e coi fucili, i rumori [...]. È sta-ta [...] di cose che sembravano [...] presente, almeno in questa parte del mondo, [...] spaventato. Io quando vado in [...] prima per partecipare, poi per capire. Ho raccontato questo iti-nerario in [...] libro, Il nodo e il chiodo, è il passaggio [...] a far cose che rendessero migliore il mon-do al [...] di [...] i mali. Qualcuno potrebbe dire che [...] incendiario e da vecchio pom-piere, accetto anche [...] credo che il mondo abbia bisogno di [...]. In questi anni, in [...] giudiziaria che mi ha portato in carcere, [...] mia vita di ragione ho avuto molte [...]. Ho sperimentato che for-tuna [...] rubinetto che quando lo apri fa uscire [...] interruttore che accende davvero la luce. Ma torniamo alla domanda, [...] Bosnia, in Cecenia. Quando mi sono piovute [...] terribili accuse di omicidio la mia vita [...] lontana dal clamore. Io sono stato «richiamato [...]. E per me il [...] a partecipare: in Bosnia ho vissu-to un [...]. E se non fossi [...] essere? Sarei in [...] avevo già perso ac-cordi [...]. Una domanda sui tuoi rapporti [...] e con il Pci prima [...] il Pds poi. [...] chi ancora ti rimpro-vera di [...] stato «tentato» dai socialisti. Che rispondi? Cominciamo [...]. È il giornale su [...] in questi anni più vo-lentieri perché mi [...] dire davvero liberamente che cosa signifi-cava quella [...] significava concretamente, nella vita di tutti i [...]. E ora veniamo alla [...] Psi. Potrei rispondere che non so-no [...] stato socialista, non ho mai votato Psi: ho votato Pci, Radicale, Verde, Pds, ho votato per [...] mai per il Psi. Ho avuto rapporti di [...] Martelli e con una parte del Psi che [...] (in senso buono) libera e che contribuì [...] per fortuna anco-ra duraturi, come la battaglia [...]. Ma questa è solo una [...] della risposta. E allora torniamo alla [...]. Io pensavo che Berlinguer, [...] personalmente molto simpatico, avesse capito più di [...] carattere epocale della crisi del mondo e [...] un [...] grigia e povera, [...] quando [...] trasposta dal piano italiano [...]. Ma credevo anche che [...] fino al punto di non avere più [...] aveva so-matizzato questa coscienza, ma la [...] moralità e il suo [...] da un punto di vista sbagliato, ovvero [...]. E la diversità comunista, [...] moralità, finisse per lasciare inalterate le incrostazioni [...] che invece in quel momento anda-vano rotte. Al contrario [...] rappre-sentava bene, anche fisicamente, [...] convalescenza festosa che era lo spirito del [...] anni, della voglia di lasciarsi alle spal-le [...] delle paure ma che [...] rappresentasse anche la rottura [...]. Era questo lo scontro, [...] due veri antagonisti e le scelte che [...] quella di diventare socialista perché non [...] mai fatta) avevano queste [...]. /// [...] /// Che vedi [...] Sono [...] sono venuto in carcere per [...] la mia battaglia non per [...] rassegnato. Ho [...] forte che tutto sia troppo [...] ma al tempo stesso che non sia mai troppo [...]. Qualcosa succederà, presto, molto [...]. Non posso [...] quando rifletto sulle novità che [...] investono [...] materna: dalla fecondazione assistita, alle [...] sulla «capacità giuridica» [...] sin dal concepimento. Non posso prescindere dalla [...] avuto in me il desiderio di maternità, [...] come altre donne, meno fortunate, tentano di [...] posso negare [...] di fronte al rischio [...] sia manipo-lato per altri fini, in una [...] tecnologico» teso più a sfida-re [...] che a [...] i bisogni. Per arginare questa deriva, si [...] dobbiamo dare dignità umana [...]. Domando: affermare che [...] fecondato è già persone, [...] limite [...] tec-nologico», o non rappresenta [...] ad esso del tutto speculare, una stessa [...] Il pensiero, inevitabilmente, va alla 194. Non vogliamo attaccare la [...] si dice: solo riconosce-re che i soggetti [...] il più debole. Domando: sono davvero contrapposti, [...] Alcune riflessioni su que-sti [...]. Integralismo normativo e integralismo [...]. La prima analogia che [...] separano [...] feconda-to dal corpo della [...]. Per gli [...] è un esercizio logico: per [...] capacità giuridica, è necessario ignorare [...] incapacità fisica, di avere vita [...] al di fuori del corpo materno. Per gli altri, la [...] proprio su questo: [...] di ovuli, e la [...] dal corpo. Ancora un salto tecnologico [...] mesi), e [...] potrebbe farsi alleanza. Se non ci riesce [...] far comportare le donne come incubatrici, potranno [...] sostituire le don-ne. Un paradosso, certo. Ma non ci dice [...] fan-tascientifico, su quanto sia «virtuale», tecnologizzata e [...] Vita ridotta ad evento puramente biologico? Una vita [...] propriamente umano, che è la relazione: della [...] figlio, e prima ancora, della donna con [...]. Uno spazio [...] che non è solo quello [...] ma quello interiore [...] in cui si compie la [...]. Fragile, e insieme incoercibile: [...] è netta, non [...] legge che tenga. Da sempre, si violano [...] per abor-tire che per adottare, e oggi [...] di fecondazione magari do-lorose, o forse illegali. Da sempre, dietro questi estremi [...] una zo-na [...] ben più estesa, al confine [...] scelta e non scelta, fra desiderio e rifiuto. [...] questo, dietro molti aborti [...] maternità tor-mentate: non una contraccezione inefficace, o [...] ritar-do o un impantanarsi della scelta -una [...] sciogliere il nodo, in un senso o [...]. [...] del desiderio: anche su questo, [...] specularità fra i due integralismi -entrambi la cancellano. Gli [...] in nome del valore assoluto [...] Vita biologica. Gli altri specularmen-te, rendendo [...] negando non solo [...] ma i li-miti stessi [...] dei corpi. Se lo si desidera, si [...] partorire un figlio dopo la menopausa, concepire un figlio [...] di [...] donna, «risuscitare» il marito morto [...] fecondare con il suo seme congelato. Il desiderio di onnipotenza [...] anche pagato, fior di quattrini). Resta il bisogno, inappagato, [...] onnipotenti ma umani per vivere senza [...] devastate eventi come la [...] lutto. Resta [...] mai del tutto risolto, su [...] si intreccino nella maternità potenzialità vitale e potenziale distruttività. Davvero questo nodo si scioglie [...] sulla scelta fra essere ma-dre [...] non [...] Io credo di no. Credo che si possa [...] anche nel rifiuto di un figlio, e [...] potenziale di distruttività anche dentro [...] materna. Credo che, per molte, [...] sia legata anche alla coscienza di questa [...]. Autodeterminazione e riconoscimento [...]. Lo sappiamo bene, noi [...] scelto di essere. Sappiamo che non basta [...] per sfuggire al rischio della distruttività materna. Poiché si può soffocare [...] per troppa accoglienza, e troppa simbiosi, anziché [...] per abbandono. Sappiamo quanto sia necessario [...] se stesse, per [...] se stesse in quanto [...]. Sappiamo, insomma, che la [...] vitale e distruttività, non si chiude mai [...] tutte, ma continua a giocarsi per tutta [...] profondo [...] e nella rela-zione con [...] i figli e figlie che abbiamo partorito [...] che abbiamo fantasticato, o adottato, o respinto, [...] in un rapporto che evocava il materno. Sappiamo che è una [...] ciascuna di noi; che per alcune i [...] e istintivi, per altre carichi di interrogativi, [...] di errori. Sappiamo che fra i [...] alcune devono attraversare, [...] anche [...]. Sappiamo che è dentro [...] questi conflitti, che matura la possibilità [...] quel «di più» non [...] eppure necessario alla vita -tanto che tutti [...] come umani, deperiscono anche fisicamente se privati [...]. /// [...] /// Non [...] soluzione di continuità, nella [...] vita, fra difesa della mia libertà, e [...] e dar-si nella maternità, e dunque [...]. [...] una consapevolezza: non si può [...] e riconoscere [...] se non si prova a [...] se stessi. [...] di questo amore: [...] della scelta, del dare gratuito [...] libero dal circolo vizioso del sacrificio, che rende le [...] schiave dei figli e le fa vendicare rendendo i [...] schiavi. Tentare di liberarci insie-me, [...] e noi stesse, dalla tentazione sottile del [...] ho patito tanto per metterti al mondo, [...] rovinata la vita. Io la mia vita [...] scelta, e tu ne fai [...] per scelta: è la tua vita, tu hai diritto [...] per te stessa, non per [...] me del mio sacrificio. /// [...] /// Questa dunque, in pillole, [...] «etica della maternità», la mia esperienza di [...]. E la vostra, gentili [...] Vita, e [...] fe-condato? Mi sconcerta, la [...] di [...] sul rapporto delle donne [...] e il vostro totale silenzio su un [...] culturale che a me appare eclatante: la [...]. Padri non più in-vestiti [...] dominio, e che semplicemente abdicano a ogni [...] forma di presenza, che spesso scompaiono per [...] dei figli. Padri insicuri, anche quando [...] cercano di darsi spazio per la tenerezza [...] e non trovano spazio né modelli, e [...] comprare oggetti. [...] parte, madri sempre più [...] riempire le statistiche sulla povertà dei paesi [...]. Oppure ricche, e accoppiate, [...] relazioni e di certezze, che non siano [...] se vuoi essere una buona madre, offri [...] Chicco, [...]. È vero, insomma: [...] una crisi profonda, della maternità [...] della paterni-tà, della famiglia come comunità, come possibile luogo [...] scambio. Un vuoto di valori, [...] Papa: e insieme [...] evoca i sassi [...]. Ma davvero [...] un troppo di autodeterminazione, [...] O non è proprio nel vuoto del [...] e auto-definirsi, che matura [...] se stessi come esseri responsa-bili, di «vedere» [...] si distrugge? La solidarietà davvero si co-struisce [...] contro [...] o non è proprio [...] misurarsi in prima persona, come individui che [...] espe-rienze più moderne di solidarietà, di ascolto [...] Mi piacerebbe una riflessione [...] su questi temi: rompere il rito che [...] ai cattolici, e a noi i criteri [...] Maastricht. Davvero si romperebbe [...] se osassimo tanto? O ne [...] più forte, e un [...] più credibile? Alberto [...] DALLA PRIMA PAGINA Il dovere [...] governare deve temere di avere il sindacato [...] non deve temere che si [...] le piazze. Ai sin-dacati il Pds [...] nè po-teva [...] alcuna corresponsabili-tà [...] di governo, ha tutta-via [...] sia da parte loro uno sguardo più [...] tenere assieme le ragioni di chi ha [...] quelle di chi non ha mai conosciuto [...] tutela. La modernità di questo [...] questo scontro sta nel fatto che la [...] accetta il conflitto sociale, non de-monizza il [...] in-terno ma chiede, attraverso [...] del segretario del maggior [...] nei ruoli distinti, si misurino con la [...]. Terzo fatto ad emergere dal [...] è una grande questione na-zionale. Sta per [...] la sta-gione della lunga transizione [...] essa non potrà [...] completa-ta se non avrà prodotto [...] nuo-va, diffusa classe dirigente. Un paese che sta per [...] di un nuovo patto sociale, [...] una profonda riforma istituzionale, [...] pieno in Europa non può [...] a darsi anche [...] fatta con uomini e donne [...] grado di reggere queste sfide. Il compito che questo [...] politica è straordi-nario e siamo appena agli [...]. Il quarto fatto riguarda [...] sinistra e quella [...]. Dal congresso del Pds [...] fermi. Da [...] nasce [...] di [...] vita ad un nuovo grande [...] della sini-stra. [...] è quello socialde-mocratico? [...] ha fatto due affermazioni importanti [...] ha aper-to una porta che sembrava chiusa. La prima riguarda la [...] sinistra italiana di uscire dai pro-pri schemi [...] dentro le nuove vie della sini-stra mondiale. La seconda investe la [...] della si-nistra europea e non solo euro-pea. Sono ormai le stesse [...] a porsi il problema di andare oltre [...]. Al Pds [...] ha chie-sto di guardare con [...] alla tradizione [...] di recuperare con Gramsci la [...] tradizione del comunismo ita-liano, di non vivere [...] del nuovo partito come [...] di piccolo cabotaggio ma come [...] sforzo grande per dare [...] una forza politica nuova e [...]. [...] che [...] stata nel discorso di [...] non riguarda ovviamente il [...] fatto [...] e alle ragioni [...] ma il fatto che [...] un grande partito di sinistra non elimina [...] stesso possa evolvere in [...] cui si riconoscono molte delle forze che [...] esperienza di governo e che ora vogliono [...] essere forze politiche di-stinte. [...] dato di questo con-gresso [...] e il clima interno. Non [...] dubbi sulla leadership di [...] che ieri, con un discorso [...] grande va-lore, ha confermato il proprio ruo-lo. È che questa leadership si [...] caratterizzando per una più mar-cata volontà innovatrice e per [...] serena accettazione delle posizio-ni diverse. È una leadership auto-revole e [...] che vuole dialo-gare e mostra di [...] fare. Dal congresso è emersa [...] convergenza di posi-zioni con Veltroni. È un fatto mol-to [...] toglie spazio ad una dialettica interna che [...] molte e diverse sen-sibilità e personalità. [...] vien fuori un partito [...] paura di governare e non ha paura [...] conflitti al proprio interno e nel proprio [...]. /// [...] /// [...] vien fuori un partito [...] paura di governare e non ha paura [...] conflitti al proprio interno e nel proprio [...]. (0)
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