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Ep-pure Giovanni Battista Di Martino [...] napoletano (quasi na-poletano), appartiene, come dimo-strano la [...] i suoi pensieri, al-la schiera dei napoletani [...] destino hanno stretto un patto da pari [...]. Il corno che porta [...] un omaggio. Alle proprie origini. Alla terra amata e [...] proviene. A quel tanto di [...] porta addosso, napoletano e tedesco, artista e [...] come il baffetto che gli fa ombra [...] che ora [...] e ora scompare, tanto [...]. Giovanni Battista, quassù, si [...] Di Sera. Abita a Berlino, [...] ma non per caso come [...] subito. È [...] dei sei fi-gli di una [...] di Castellammare di Stabia, una città difficile, come si [...] prima, durante e dopo il regno dei Gava. Dopo il terremoto È [...] e al tempo del terre-moto, nel novembre [...] perciò, 16 anni. Abbastanza per ca-pire come [...] avesse aperto crepe difficili da ri-chiudere non [...] delle ca-se ma anche [...] di chi le abi-tava. Sono cresciuto nel [...] dice perciò [...] come altri direb-bero sono [...] «Prima del terremoto la vita era tutta [...] agli amici, alla banda. Avevamo dei modelli crimi-nali, [...] là di certi limiti non si andava. Il terremoto è stato [...] me, ma credo per tutti, nel napoletano. Vedevi la gente perdere [...] piegarsi alla pro-pria impotenza di fronte a [...] enorme, così [...]. Ma forse in qualche [...] che voleva: il terremoto ha solo reso [...] forte». Perché il pessimismo, dice [...] già [...]. [...] apatia e rassegnazione. Anche, soprattutto, tra i [...]. Molti dei miei amici [...] in una situazione come quella, [...] un richia-mo quasi irresistibile». Così, pian piano, un [...] a pezzi. E allora o si [...] macerie oppure si scappa lontano. [...] voleva restare, e voleva restare [...] piedi. Musica per sfogare la [...] Invece [...] trovò la musica, la pittura invece dei [...] «lavo-retti» della camorra. Doveva sembra-re uno strano [...] Castel-lammare e Napoli in quegli anni. An-che se non era [...]. Cominciai con il [...] tipo gli [...] poi si sviluppò il [...] fino alle espressioni della cultura [...]. /// [...] /// È la mu-sica che [...] ritmo di pensiero. Io scrivevo i testi [...]. Scrivevo la vita di [...] ci met-tevo dentro i temi sociali e [...] personali, i miei pensieri astrat-ti. Era una musica violenta, [...] il messaggio fosse positivo: dice-vo a quelli [...] non è vero che [...] alternativa al ghetto era [...] che la musica può essere lo sfogo [...] abbiamo dentro, ma senza am-mazzare e fare [...]. Passai [...] figurativa per lo stesso impulso: [...] dire qualcosa a quelli come me e la pittura [...] più rapida. Ma non era facile, [...]. Orga-nizzare concerti laggiù, o [...] strada, era una fatica da pazzi: ci [...] la cor-rente, chi doveva suonare con noi [...]. Quando cominciai a dipingere [...] e non sa-pevo dove [...] capii che era arri-vato [...]. Avevo 18 anni e [...] se vole-vo salvarmi dovevo scappare [...]. Via da Napoli: era, [...] una questione di vita o di morte». Con [...] senza soldi in ta-sca [...] traccia dei tanti che erano partiti prima [...] Di Sera affronta il [...] la pro-pria salvezza. Bologna, Milano, Pari-gi, Londra [...] Berlino. [...] si ferma un mese. Vedi? nel mio patrimonio [...] il gene crimi-nale, sennò. Anche nelle situazioni più [...] detto [...]. Sto un mese, dunque, e [...] faccio [...] che questa è una città [...] cui se uno ha delle cose da dire può [...] dove [...] non ti ostacola. Non è co-me da [...] è pigro non ac-cetta che altri realizzino [...]. Quando torno giù a Napoli [...] i margini, là, sono proprio spari-ti. E allora riparto. Arrivo che non ca-pisco [...] tedesco, ma non lo considero un limite [...] la lingua, [...] a Berlino, signifi-ca in [...] vivere meglio il carattere internazionale, multicultu-rale della [...]. /// [...] /// Per i primi due [...] studio la situazione. Poi co-minciano ad arrivare [...] le soddisfazioni. Adesso [...] ar-tistico è cambiato anche qua, [...] al-lora, a metà degli anni [...] Berlino era davvero speciale. Venivi consi-derato anche se [...] senza appoggi e non disposto ai soli-ti [...]. Ci sono stati grandi [...] che han-no comprato i [...] se non sapevano chi fossi e la [...] fatta in una galleria [...]. I miei quadri con [...] Santo Limone e la loro iconografia mediterranea, le icone [...] il mio modo, da ateo, di ricon-siderare [...] mia terra, le [...] figure e le [...] installazioni co-minciarono a trovare [...]. E ciò accadde an-che perché [...] sei apprezzato pro-prio come giovane artista, non devi metterti [...] fila. Ti consentono di pro-vare, come [...] allora io: [...] le possi-bilità ci sono -mi [...] se non rie-sci vuol dire che sei tu che [...] meri-ti, e allora fai [...] cosa, [...] o il cameriere, che va [...] lo stesso. Ecco, è proprio quello [...] sentito la mancanza in Italia: la possibilità [...] prova. Certo, anche [...] ho avuto le [...] esperienze negative, ho dovuto combattere, [...] è stata, appunto, una lotta non [...] che am-mazza tutto». Poi cadde il Muro. Prima Berlino ovest era [...] felice anche per quel che [...] e in [...] ci si sentiva protetti, parte [...] un tutto. Dopo la ca-duta del Muro [...] di più il pro-prio io. Era un altro momento [...] o andare via. Restai, in-vece, e misi [...] iniziati-ve». Contro il razzismo [...] stati molti episodi di [...] e io, come italia-no e perciò privilegiato [...] stranieri extracomunitari di Ber-lino, sentivo di dover [...]. Dopo [...] di un ragazzo turco misi [...] una [...] che faceva [...] e si chiamava [...] is my [...]. Organizzammo un con-certo multiculturale [...] e poiché la famiglia [...] non voleva i soldi [...] ci organizzammo un concorso [...] un centro giovanile turco. Fu un grosso successo [...] di quello presentammo un progetto al Senato [...] Berlino. Arrivarono soldi e aiuti. Organizzavamo concerti, [...] corsi di pittura, tutto [...]. La cosa funzio-nava benissimo, senza [...] il mini-mo incidente. Vivevamo in un am-biente [...] avevamo un trucco: i ragazzi più [...] li met-tevamo nel servizio [...] un ruolo, erano rispettati e guadagnavano anche [...] sol-di. Dove fallivano gli [...] dei servizi sociali riuscivamo [...]. Perché noi parlavamo la lingua [...] ragazzi di strada, eravamo noi a dare loro [...] positivo di chi ha suc-cesso, [...] non più lo spacciatore [...] con la [...] macchinona, da noi potevano riempire [...] mondo di mer-da con il [...] e con i graffiti senza [...] in galera. Mi rendo conto che [...] era una rielabora-zione del mio passato, volevo [...] che la violenza aveva esercitato nel vicolo, [...] cercato di fare a [...] essere crimina-le senza [...]. Solo che lì non era [...] possibile, [...] sì». [...] Di Sera, intanto, era diventato [...] anche tra i giovani, diciamo così, più «normali», come [...] e «rap-per» in una radio [...] quale si pre-sentava come Don Rispetto. Però a un certo [...]. Poi io volevo il [...] alla mia arte. Devo rinnovarmi, cercare nuove [...]. Sono stato a New York, [...] Messi-co, ora vado in Spagna, proprio per questo. Però ieri, in piscina, [...] di vedere tre tipi criminali con quello [...] un assi-stente sociale e ho pensato che [...] essere lui. Credo che prima o poi [...] alle [...] ini-ziative di strada. Magari proprio a Napoli, [...] credo al fatto che anche laggiù stanno [...] e quella maledetta apatia la si può [...]. Tornerò perché la strada [...] belle, cose che ti fanno sentire forte. La strada è la [...] mantiene in vita. So che questo è [...]. Di sè conosceva solo il [...] Yuma, [...] 19 anni, e [...]. Un ragazzo barbone per [...] e per necessità. Ricordi frammentati del passato; [...] per vivere il presente. Un appello, quello di Yu-ma, [...] rilanciato anche dal palcoscenico del Maurizio Costanzo Show. Il ragazzo barbone racconta la [...] vita raminga davanti alle tele-camere. Poi il colpo di [...]. Dopo [...] in tivù viene ricono-sciuto [...] dalla mamma adottivi, da cui era fuggito. Yuma ha già un [...] cognome per lo stato italiano: Federico Da [...] 23 anni, adottato [...] di 5 anni da [...] Belluno. Ma di quella famiglia [...] accolto come fi-glio Yuma non vuole avere [...]. Voglio chiamarmi così». Da Belluno se ne [...] due anni fa, dopo numerose fughe. Ricordi solo a frammenti. Il camper, il fratellino [...] il papà che disegnava ta-tuaggi e la [...] il vimini, come ha raccontato davanti alle [...] Costanzo Show, sono la verità. Ne è convinto, Michel Roland, [...] belga che ha deciso otto an-ni fa [...] carriera in magistratura per vivere insieme agli [...] accolto Yuma alla Ca-panna di Betlemme, la [...] papa Giovan-ni XXIII per i senza fissa [...]. Quando arri-vò alla Capanna [...] Betlemme [...] feci incontrare con uno psicologo che mi [...] colloquio di 6 ore che il ragazzo [...]. Probabil-mente ha voluto annullare una [...] del suo passato». Roberto Da [...] il papà adottivo titolare [...] materiale elettrico, ha ricono-sciuto subito in Yuma [...] Federi-co. Quando [...] visto in tivù mi [...] Questura dicen-do che se Federico voleva, poteva [...] documenti. Li abbiamo a casa [...]. Ma di quel nome [...] sono per lui anche un passato da [...] Yu-ma [...] vuole serbare più alcun ri-cordo. Michel Roland cerca di [...] e della mente che [...] ragazzo barbone a dimenticare la scuola, gli [...] gli amici di Belluno. Yuma mi ha det-to [...] documenti di Fe-derico Da [...] prenderà la resi-denza alla Capanna [...] Betlemme e poi chiederà [...] di cambia-re nome. Vuole chiamarsi Yuma Na-tura. E farà il boscaiolo, [...] di lavoro che gli è [...] dopo la pun-tata del Costanzo Show». [...] Luciani Artista per fuggire la [...] Napoletano e tedesco, artista e guaglione di vicolo, musici-sta [...] pittore, [...] Di Sera, nome [...] di Giovanni Battista Di Martino, [...] dal [...] dal ghetto della cri-minalità e [...] per approdare a Berlino tredici anni fa. [...] ha avuto la possibilità di [...] alla prova, otte-nendo successo. Concerti, corsi di pittura, sculture, [...] tutto [...] del [...] e [...] a favore degli immigrati in Germania. DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PAOLO SOLDINI Il [...] del padre di [...] la prima donna che [...] entrare in Marina «Lei sognava di comandare [...] TRIESTE Già [...] nauti-co le ragazze erano [...] in tutta la scuola, e naturalmente viste [...] soggette a frizzi e prepotenze. A lei, nei primi [...] compa-gni di classe fregavano regolarmen-te la merenda». [...] aveva, e ha, un carattere [...]. Soluzione semplice: mai più merende. Per cinque anni di [...] conse-cutive di lezione senza il panino. Era arrivata anche lei [...] nel 1981: «Allievo capitano di lungo corso». Imbarcandosi per tre anni [...] sarebbe diventata definitivamente «capita-na», abilitata a scorrazzare [...] mari. Però [...] pun-tava ad altro: capitana [...] marina militare. Voleva entrare [...] Navale di Livorno. Sono passati sedici anni. Solo adesso le forze [...] donne. E [...] che fine ha fatto? Ha [...] anni la [...] guerra privata. /// [...] /// Si è laureata in [...]. Insegna come supplente, un [...] altro là. Adesso è in un [...] Lignano. Del suo impari scon-tro [...] Ministero [...] vuol più parla-re. Ma proprio adesso che [...] aprire alle donne. /// [...] /// A casa, a Trieste, [...] Mario [...] ad occhi aperti. Comande-rebbe almeno un caccia, o [...] cor-vetta, o una flottiglia di dragami-ne. Anche lui, vigile urbano [...] coltivatore di cozze e leghista sfegatato, ha [...]. Non era [...] figlia una stramba in anticipo [...] tempi, era-no «quei burocrati di merda» in ri-tardo: «Non [...] marina militare al mondo senza donne». Tiene il con-to di [...] Nato che attracca-no a Trieste: «Sulla [...] Sound, ammiraglia della 6 [...] Usa, [...] un equipaggio di 400 persone le don-ne [...]. Mia figlia è [...] della portaerei Kenne-dy. E noi italiani niente». Torniamo a quel lontano [...]. Perchè [...] voleva [...] «Guerrafondaia non era, di si-curo. Ma un [...] subiva il fascino della divisa: [...] mia, da vigile», [...] papà. Lei lo sgonfia, soave: «Beh, [...]. Semplicemente volevo continuare studi a [...] universitario attinenti alla navigazione, e [...] di Livorno era [...] possibilità». Aveva presentato la domanda. Mamma era [...] la sorel-la maggiore la [...] quella. È guardia zoofila [...] pattuglia armata il Carso [...] -e papà pure: «Avevo letto leggi, regolamenti [...] Costitu-zione. Nulla vietava una donna in [...]. Nulla? Sbagliato: una legge del [...] aveva aperto le caserme alle donne, rimandando però [...] concreta a regolamenti successivi, mai [...]. [...] aveva risposto picche. Ci hanno dato ragione, [...] militare di ac-cettare [...]. Il ministero della Difesa [...] ministro era Lagorio, uno che si diceva [...] in divisa. Al Consi-glio di Stato [...]. Era presieduto, ricordo ancora [...] un tal Mezzanotte. Ha fatto una sentenza di [...] inimma-ginabile: a Livorno non [...] i gabinetti separati [...]. Hanno fregato mia figlia [...]. [...] glissa: «I motivi? Non ricordo [...]. Chissà dove ho cacciato [...]. Li ritrova [...] che la difendeva, Ar-mando Fast: «Il Consiglio di Stato ha accolto il parere [...] di Stato: inimmaginabile una don-na [...] centinaia di uomini, eventua-li ammissioni al femminile [...] lo sconvolgimento di tutta [...] del corso [...] Navale, con irrepa-rabile [...]. Brontola il papà: «A [...] dovuto ri-correre alla Corte di giustizia euro-pea, [...] rassicu-rante, aveva dato ragione a delle olandesi [...] aero-nautica militare». Quelle olandesi adesso sono [...] ed hanno partecipato a tutta [...] Flight» sulla Bosnia. Ma il ricorso non [...] «Con le spe-se legali mi ero mangiato la [...] di allora: avevo finito le munizioni». Anche [...] nel frattempo, si era iscritta [...] normale. /// [...] /// Aveva il carattere giusto [...] sportiva, riservata, gentile senza [...] confidenza a nes-suno. In una nave è fondamentale [...] tenere le distanze, sa? Beh, al-lora eravamo soli. Neanche le ami-che di [...]. Sciocche: [...] poteva aprire una strada anche [...] tanti bei posti sicuri, statali, [...] culo al cal-do. [...] accolta allora, adesso potrebbe comandare [...] caccia o una flottiglia di dragamine. Invece, nel 1981, il [...] Difesa fece quadrato contro la prima donna che [...]. [...] giovane triestina diplomata [...] nautico, voleva frequentare [...] Navale di Livorno. Fu respinta dopo una lunga [...] giudiziaria: «Avrebbe sconvolto tutta [...]. Lei oggi fa la [...] «Mi [...] ancora. /// [...] /// Lei oggi fa la [...] «Mi [...] ancora. (0)
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