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Napoleone Colaianni stringe le [...] come a [...] con il tempo [...] «Era il 1950, lavora-vo [...] mio padre e frequenta-vo con passione le [...] Pci di Palermo. Un giorno mi chiamò Paolo Bufalini [...] mi chie-se di passare dalla libera professione [...] rivoluzionario. Gli risposi: [...] mia riserva è Giuseppe [...]. E Bufalini: [...] ti chiediamo di cambiare [...] giudica-to per quel che saprai [...]. Questo era il Pci [...] Palmiro Togliatti: quali che fossero i legami con il [...] ed erano forti, eravamo [...] da fare. Ma dire non significa [...] di quel che il Pci è stato, [...] che accade oggi con il Pds, la Cosa [...] o. E così, in un [...] Colaian-ni ha colpito Walter Veltroni e [...] premunito dal richiamo di [...]. La vocazione alla provocazione, nel [...] è diventata quasi una corazza. Lì, sul tavolino, il [...] alcuna foto ma una vignetta. È [...] di professione che la-scia [...] Comitato [...] del Pci, nel febbraio del fatidico 1989, [...] Achille Occhetto dice: «Voglio un nuovo còrso». Nove anni dopo, Colaianni [...] convinto che la sinistra stia per-correndo con [...] verso una «netta identità riformi-sta e di [...]. Lo spera, però. Serve discutere, scontrarci finalmente sui [...] di una vera innova-zione politica, più che inseguire il [...] con [...] o assoluzio-ni». Non è un paradosso [...] rotto i legami politici, ed anche umani, [...] perché il Pci ri-conoscesse i suoi errori, [...] costituente di oggi an-che la propria giustificazione? «No, [...] storia non giustifi-ca niente. La storia prende atto [...] come e perché si sono svolti. Questa spiegazione va cercata, [...] giustificare. La nozione del giustificazionismo [...] altro ordine: morale in-nanzitutto». E su questo piano Colaianni [...] a posto con la coscienza: «Gli errori [...] Ci furono. E certo, io sapevo. O, almeno, ero consapevole. Ma que-sto non poteva impedire [...] per [...] dei lavo-ratori, che non poteva [...] passare attraverso quel partito. Con le sue diversità e [...] sue ambiguità. Ob-bligate, se così si [...] un determinato tempo. Ma non da un [...] poi. Da dove cominciare la [...] «Dal ritorno di To-gliatti [...] già liberata. La [...] scelta per la democrazia fu [...] e imme-diata. Ma immane era il [...] una politica di costruzione della democrazia nelle [...] del do-poguerra, con un partito che voleva [...] Russia. Di [...] la [...] doppiezza: per fare pas-sare quella [...] nel partito si servì della concezione staliniana del partito. E in quella fase servì [...] contenere le spinte massimaliste [...] di una linea democratica. Fu questa diversità che [...] che, co-me me, avevano consapevolezza tanto della [...] quanto della strumentalità di certa propaganda». Nel senso che gli [...] forti della sottomissio-ne al partito che realizzava [...] «So-no convinto che [...] stretta al [...] fosse, soprattutto dopo il [...] alla li-berazione del ruolo del Pci nella [...]. Ma sono ugualmente convinto [...] storica che non rende giustizia alla verità». Qual è? «Le degenerazioni [...] erano inevitabili, sono avvenute in un contesto [...] storicamente, non ideologicamente. Soprattutto non erano in-trinseche [...] comunista e al leninismo, perché [...] nessuna posizione teorica di Lenin [...] la legittimi. Lo stesso concetto di dittatura [...] proletario è stato deformato, con-cependo Lenin [...] deve pur [...] letto [...] e [...] -lo Stato diretto dal proleta-riato, [...] il soggetto della dittatura è lo Stato e non [...] proletariato». Divagazioni scolastiche? Non per [...] Colaianni. E per il politico [...] in più di riflessione sul carattere che [...] Pci [...] assumendo. A quel punto non [...] la doppiezza di Togliatti, ma la doppia [...]. Per cui la condanna [...] rivolta operaia di Buda-pest da parte della [...] guidata da Giuseppe Di Vittorio [...] una concessione che bisogna fare per mantenere [...]. Di Vittorio, invece, era [...] che aveva capito di più e prima [...] fare. Non la rottura con [...] anche lui era convinto [...] matura. Nessuno poteva sacrificare [...] del partito per dare ragione [...] Antonio Giolitti. Che ave-va ragione. Ma noi andavamo nelle [...] -io ero segretario a Caltanissetta -e ve-devamo [...] giorno che esal-tavano [...] sovietico». Cosa, allora, si poteva [...] fare?« Di fronte [...] del nemico, che fu [...] cedere. Devi tenere il freno. Ma dopo lo allenti, [...] autocritico, a co-minciare dal riconoscimento del dissenso. Non ci fu niente, [...]. E questa è la [...] di Togliatti. Perché affron-tasse il problema [...] nuovo do-vemmo aspettare il [...] il memoriale di [...] 8 anni dopo. /// [...] /// Senza nemmeno riu-scire a [...] fatalità della vita -conse-guente rispetto a un [...] aveva più ragione [...]. Lo si è reciso [...] a cospetto dei carri armati a Praga, [...] grande merito di Enrico Berlinguer. Ma lì si è [...]. [...] avrebbe dovuto fare? «Per realizzare [...] fino in fondo occorreva anche rompere con il massimalismo [...] al Pci. Rotto il vincolo internazionalista, non [...] più ragione [...] nemmeno la diver-sità, [...] forzata del Pci. Berlinguer aveva la possibilità [...] rottura: lo ri-chiedeva la stessa, giusta, politica [...]. Pagando indubbiamente dei prezzi. Ma, davanti al conto [...] Berlinguer si rinserrò nella diversità della que-stione [...]. Che significava mantenere il [...]. Paradossalmente, proprio lui che [...] il mito del [...] finiva col far eco [...] Stalin dei [...] fatti di una tempra [...]. Non era vero. E non [...] bisogno del crollo del muro [...] Berlino per [...]. Non [...] bisogno di aspettare [...] Parados-so per paradosso, Colaianni la [...] rottura [...] consumata proprio [...] della svolta. E mi sono dimesso [...] dei riformisti, Giorgio Napolitano in testa, ac-cettò [...] Achille Oc-chetto come indirizzo generale per il [...] la differenziazione. Ma non si poteva [...] consentiva ad Occhetto a co-minciare la [...] relazione al con-gresso con [...]. Non si poteva rinunciare [...] tutto quel che sta avvenendo intorno a [...] dac-capo a costruire la forza di sinistra [...] il governo del paese ha bisogno». [...] arrivata la sinistra al gover-no [...] paese. E la Cosa due [...] una forza normale, non più diversa. Ma Colaianni si tiene [...]. Si guarda attorno e [...] «Non è che non comprenda il disegno [...] sforzo di [...]. [...] qualcosa di vero quando [...] del vecchio Pci che rivive nel Pds [...] la Cosa due può racco-gliere le idee [...] al-tri filoni del vecchio troncone del socialismo [...]. Ma il Pds non [...] cultura di gover-no: è andato al governo. In un go-verno che si [...] su una coalizio-ne [...] il Polo, non ancora [...] una politica di sviluppo del-le [...] produttive. È che non si [...] le aggiunte: il vecchio massimalismo del movi-mento [...] radicalismo piccolo borghese. Così si finisce nel [...]. Che è figlio, in [...] eredità. Con questa bisogna pure [...]. Come per Ber-linguer, le rotture [...] necessarie per costruire [...] anche se [...] fanno per-dere voti. E invece [...] quando candida Antonio Di Pietro [...] una concessione al massi-malismo interno e al giustizialismo esterno. Non ci sto, e [...] credo che la Cosa due avrebbe potuto [...]. Che fa, Colaianni: se [...] i suoi libri, o davanti al computer, [...] ri-nuncia? «Ci sarà pur spazio per la [...]. E questa la faccio. /// [...] /// Anzi, quasi quasi chiedo [...] un giornale di inviarmi a Firenze a [...] Stati generali della Cosa due. Perché? Perché la speranza è [...] a morire». Pasquale Cascella [...] Quercia è andata al [...] una cultura di governo [...] derivi dalla differente rispo-sta [...] Come ho scritto nel mio libretto «Destra [...] Sinistra», [...] ha avuto grande successo di pub-blico ma [...] molto di-scusso in sede critica, il fonda-mento [...] uo-mini di destra e uomini di si-nistra [...] che gli [...] hanno la tendenza a [...] più eguali che diseguali, gli altri, viceversa, [...] diseguali che eguali. Differenza naturale o culturale, [...] Non lo so e non mi inte-ressa [...]. La mia è una constatazione [...]. Che il motore della [...] la lotta per [...] ma la lotta per [...] una proposizione, come ho detto, unilaterale. Nella storia umana concreta, [...] astratta filosofia della storia, le lotte per [...] alternano alle lotte per [...]. Ed è natu-rale che [...] perché la lotta per la superiorità presuppone [...] gruppi che abbia-no raggiunto fra di loro [...]. La lotta per [...] precede di solito quella per [...] superiorità. In una gara atletica i [...] concor-renti che lottano per la supe-riorità sono allineati tutti [...] stesso punto di partenza, ma a questo punto di [...] ciascuno è arrivato attra-verso una lotta per [...] ossia per passare da una [...] inferiore a una categoria superiore. Passare di grado in qualsiasi [...] mi-litare o amministrativa è una lotta per la supremazia [...] per [...] È una lotta per la [...] nel momento in cui si lascia il grado inferio-re, [...] lotta per [...] quando si raggiunge quello superiore. Prima di giungere al [...] per il do-minio, ogni gruppo sociale deve [...] li-vello di parità con i gruppi ri-vali. Per lottare col padrone [...] lo schiavo deve prima lottare per diven-tare [...]. Sinteticamen-te: la stessa lotta [...] crea, quando è vittorio-sa, un rapporto di [...] può non su-scitare, a [...] volta, una nuova lotta [...]. Insisto su questa visione [...] nello stesso tempo più drammatica della storia, [...] la molla del progresso fosse unicamente la [...] superiorità e non anche quella per [...] la stella polare della [...] completa-mente oscurata. Potrebbe [...] credere la tendenza di [...] di partiti di sinistra del mondo, e [...] Italia, come abbiamo modo di constatare ogni giorno, [...] per ragio-ni storiche facilmente com-prensibili, dalle idee [...] stessa ha sempre consi-derato di destra. Riprendendo il detto comune [...] fra destra e sinistra sta scomparendo perché [...] fa quello che ha sem-pre fatto la [...] citano, se pure a torto (ma questo [...] discorso) gli esempi del Pds in Italia [...] laburista in-glese, domandiamoci: «È pro-prio vero che [...] quel che fa la destra, perché ormai [...] della [...] la meta che i [...] si sono sem-pre proposti non solo si [...] ma è anche per il progresso umano [...]. Io sono sempre più [...] pare di [...] fatto capire, che non [...] è vero, ma nella corsa sfrenata e [...] società [...] di mercato, destina-ta a [...] dise-guaglianze, questi ideali siano più vivi che [...]. Per il rifor-mismo di [...] quello di destra un problema di fondo [...]. Occorre però che la [...] fiducia in se stessa e [...] del proprio passato, che [...] non si ripieghi su se stessa, per [...] scritto di recente Michele Ser-ra, al «culto [...]. /// [...] /// Occorre però che la [...] fiducia in se stessa e [...] del proprio passato, che [...] non si ripieghi su se stessa, per [...] scritto di recente Michele Ser-ra, al «culto [...]. (0)
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