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Prendeva alimento dal dolore [...] di una felicità ancora repressa. [...] tensione di quella notte, [...] di ciò che gli era venuto a [...] ultimo che [...] era sul punto di [...] suo desiderio la determinazione di un unico [...] forte come la [...] continuata attesa. Ad ogni movimento spingeva [...] e ad ogni sguardo la natura veniva [...] da lievi e sordi rumori, mentre, nella [...] il pensiero aveva le stesse interminabili maree [...] è lontano e morente. Il corpo gli cresceva [...] Istante. Infine tremò in un sussulto [...] come una vampata. /// [...] /// Gli apparve incontaminata, serenamente [...] dei suoi movimenti, dal loro repentino gonfiarsi [...] di nuovo espandersi e afferrare la preda. Finalmente [...] raggiunta. Si aprì in tutta la [...] potenza. Nel corpo senza misura [...] di ogni cosa, era [...] stesso dei suol desideri [...] più vicina a quel tumultuoso e inesorabile [...] oasi in cui, sospesa nel sonno, la [...]. [...] andava [...] inesorabilmente. Nel pulviscolo instabile e [...] un silenzio denso di riverberi, [...] precipitava nel suo gorgo, [...] fulcro della scena, là dove il fianco [...] velato di seta, si piegava morbidamente e [...] come [...] pallide gambe, affondava [...]. Una mano scompariva tra [...]. [...] come a volere trattenere [...] dagli incerti precipizi del sonno, stringeva la [...] un cespuglio, nero sullo sfondo luminescente, iridato, [...] cielo. Intorno ogni sguardo si [...] dai contorni sfocati, in figure tanto labili [...] definita in ogni particolare, nitida in ogni [...] e di forme, era lei, distesa nella [...] gli occhi serrati ancora nella notte, le [...] sospirare lieve che indica il risveglio, un [...] le pieghe della seta sino a scoprire [...] come le onde quiete dei suoi capelli. /// [...] /// Sentì allora di essere [...] spirito insieme. Ridestò ogni [...] più profonda energia stringendosi [...] mentre la natura, dimentica di ogni paesaggio, [...] era sconvolta in continue accensioni. Questa onnipotenza dei sensi [...] resa tale da una irrefrenabile preveggenza, gli [...] terreno con più determinazione di prima. Sospinto oltre ogni limite, [...] mescolava [...] alla terra, alle pietre [...] bianche, ad un simile arcobaleno di macerie, [...] come di lava senza fiamma, della [...] massa densa e incontenibile. Pienamente consapevole di sé, [...] perdita stessa di ogni controllo e i [...] si percepiva come persona e neppure come [...] come accumulo di cose, tante cose in [...]. [...] contaminazione di quella carne dava [...] un piacere infinito. Le fu sopra per [...]. Ma già prima di [...] si svegliò In un urlo lungo e [...] i sogni le avessero già rivelato [...] del mostro. Torcendo [...] corpo verso le ginestre, [...] destata, tentò inutilmente di [...]. La morsa si strinse [...] sino a lacerare, prima lievemente [...] poi con furore, la [...] sue gambe e scoprire, tra rivoli di [...] ossa e [...] nella terra per [...] peso della «cosa», del [...] sul suo sesso sino a [...] a [...] nel proprio desiderio. [...] dei capelli d'oro, dopo [...] battuto [...] come ali, ricadde a [...] il volto. [...] subito spento. La notte era tornata in [...] allo strazio della [...] carne. Tuttavia il mostro, come [...] succo migliore da un frutto aperto ma [...] la [...] violenza. Fu una stretta appassionata che [...] si spinse sino a fendere i capezzoli rosa. Al cedere molle di [...] di donna, affondò sino al cuore. Allora soltanto la [...] percepì il suo trionfo. Di lei avrebbe avuto [...] ogni fantasia, ogni memoria, ogni desiderio, [...]. Le carezze con cui [...] dolcezza e gratitudine con cui [...] fatta [...] finalmente venivano premiate da [...]. Non vi sarebbero stati mai [...] riti di propiziazione, desideri della carne, icone o circoncisioni, [...] più sesso. Sentendo il cuore di [...] quegli ultimi spasimi e, [...] della felice unione, con [...] cercò di colmare i tremiti che parevano [...] ancora miracolosamente intatta della fanciulla. Questa pressione finale scompose [...] lei come [...] fatto tornare in vita. Prima di esplodere in [...] sangue e materia, gli occhi tornarono ad [...] stati capaci di vedere. In quello stesso attimo [...] un dolore crudele e fu consapevole di [...] fatto. Riconobbe il colore di [...] un istante prima di tornare a dimenticare [...] ascoltò dentro di sé la disperata voce [...] delle sue innumerevoli memorie. [...] allo stomaco, la pesantezza [...] corpo, [...] dei pensieri, non erano [...] la doccia. Persino l'acqua gli era [...] di ogni ristoro. La pelle era restata [...] pressione [...] e poi anche sotto [...] che [...] indossava come divisa da [...]. Forse era stato il [...] soffocante del cielo ad [...] di prima mattina. Forse il guasto della [...] aveva lungamente importunato nel sonno ancora pesante [...] gracidare di voci e suoni, lamento tanto [...] più meccanico. E quando infine, per [...] gli occhi, gli era sembrato di non [...] fosse un sacco di sabbia, con le [...] materasso, la carne accaldata e le lenzuola [...] gambe. Armeggiò svogliato intorno alla [...]. Era scura e grande, [...] da libri, carte e mappe; con il [...] dominava [...] ambiente, vasto e quadrato, [...] da studio. Le pareti piene di [...] occupata da un grande divano letto e [...] bagno, un paio di poltrone di pelle [...] finestre con tendine bianche, infissi e pavimento [...] come la porta di ingresso, incastonata tra [...] scaffali. Basta con gli indugi [...] stropicciandosi la faccia e gettando [...] alla macchina da scrivere [...]. Doveva finire [...] per il lunedì. Questo il motivo per [...] prima, si era costretto a [...] nello studio, lasciando sola [...] nulla convinta, Eva, [...] moglie. Da soli sei mesi [...] città, nella zona dei giardini a nord, [...] villino unifamiliare. Lui docente di sociologia [...] laureata in [...]. Si erano sposati a [...] gioco, lei la studentessa, lui il professore [...] faccia rugosa, portamento leggero. Lei appartenente ad una [...] lui abituato a destreggiarsi con il presente. Apri il piccolo frigorifero [...] anche da comodino : un buon bicchiere [...] poi al lavoro. Fece a meno del [...] dalla bottiglia. [...] molto meglio se si vuole [...] il freddo nella pancia. Prima di richiudere, raschiò [...] qualche grumo gommoso e nero che la [...] sportello aveva lasciato sul metallo falso legno [...]. Infine si assestò davanti [...] scrivere, tentando ancora di [...] la gomma che gli [...] le unghie. Il nero, [...] passava da [...] ostinatamente Non fu una operazione [...]. Intanto guardava la cartella [...] lasciata a metà durante la notte, quando, [...] del traffico si erano attutiti. Dannata città, basta un [...] ed è la paralisi. Ma quel giorno, di [...] i semafori erano impazziti quasi dovunque. Ne aveva parlato anche [...] sera con interviste e servizi quartiere per [...]. I tecnici erano stati [...] motivazioni o sulle responsabilità. Glielo aveva raccontato Eva [...] della buona notte, tra qualche lamento per [...] avrebbe dovuto passare da sola. Le unghie gli sembrarono [...]. Soffiò via i vermicelli [...] sul bordo del tavolo. Al momento disponeva di [...] mezzo, ne doveva scrivere almeno altre otto. [...] ALBERTO ABRUZZESE Alberto Abruzzese, nato [...] Roma nel 1942, docente dì sociologia delle comunicazioni di [...] di Napoli, scrive [...] «Il Manifesto», "Il Mattino». Ha pubblicato saggi di [...] («Forme estetiche e società di massa», Marsilio: »Lo [...] il viaggio», Marsilio; «Verso una sociologia del [...] Liguori; «La grande scimmia», Napoleone; ecc. Nel 1984 è uscito [...] romanzo, «Anemia» ed. Theoria, di cui, insieme [...] Achille [...] ha scritto la sceneggiatura [...] versione [...] nel 1986. Sapeva [...] un maestro in questo. Da buon pendolare [...] per impostare un articolo [...] chilo. Supplemento rapido, si intende. Brutta vita [...] pensò Leonardo che di viaggi, [...] tempo, avrebbe voluto farne di ben altri e che [...] per [...] si era deciso a [...] ripiegando [...] dei luoghi e [...]. Lesse [...] periodo. /// [...] /// Del resto erano anni [...] e convegni, lo costringevano a pensare e [...]. La colpa era [...]. Dieci anni prima, quando [...] alla moda, aveva pubblicato [...] saggio sulle metropoli [...]. Ora ne raccoglieva i [...]. Tuttavia [...] era per lui esaurito [...] costretto a dire sempre le stesse cose. Lasciamo perdere [...] si disse. Diamo una stretta al discorso [...] cerchiamo di trovare [...]. /// [...] /// Già, questione di stile [...] stò il rullo al punto [...] intrecciò le dita [...] prima di co-le mani e [...] piegò con forza verso il petto. Scarso risultato: invece del [...] venne fuori un molle silenzio. /// [...] /// Comunque affrontò i tasti, [...] la giornata per quello che era: una [...]. Non aveva mai saputo [...] davvero: impegnava tre o quattro dita al [...]. Ma andava abbastanza velocemente, [...] stessa velocità [...]. Per la memoria, altro [...]. Di memoria Leonardo quasi [...]. Ed ora si trattava, [...] il titolo di un paio di testi [...] alla fine degli anni settanta. O forse [...] Erano libri importanti, fondamentali [...] mutamenti del rapporto tra spazio e tempo, [...] del vissuto quotidiano, i [...] conflitti tra [...] il fuori. Restò con i due [...] lo sguardo nel vuoto. Meglio rinunciare alle citazioni [...]. Poteva [...] a ridefinire i concetti. Ora era il suo [...] un sacco di roba pesante incollato alla [...]. Davvero non se la [...] per raggiungere gli scaffali. Dette uno sguardo, invece, [...] Finestra. Dietro al bianco delle [...] il grigio del cielo e le sagome [...] di fronte. /// [...] /// In quel momento, nella [...] solo lui Per quanto intellettuale sofisticato, Leonardo [...] prima di tutto pensava alle donne. Stringi stringi, con tutte [...] cittì che aveva accumulato nelle sue ricerche, [...] restava il riferimento più sicuro per argomentare [...] collettive Ma di pulsione, in sostanza, ora [...]. Un desi-derio vago, una [...] gli sembravano venire dal basso ventre, ma Io [...] Una sensazione violenta, non sgradevole, ma di [...]. Anche il cervello ne [...] improvvisi vuoti e troppo labili fantasie Alla [...] nel tirare via il foglio, si accorse [...] funzionamento del rullo era impedito da una [...] ingranaggi Il foglio stesso si comportava da [...]. Cosà pure faticò a [...] dalla [...] risma e a [...] nel rullo. Incredulo controllò le sue [...] che non vi fossero ancora dei rimasugli [...]. Invece sembravano a posta Eppure, [...] aveva ripreso a battere sui tasti, i [...] ogni volta sempre pià appiccicati. I suoni della macchina [...] nulla di secco, di metallico; erano soffici [...]. Le stecche delle lettere [...] giù, si inceppavano, si accavallavano sino a [...] con le mani. No, questa domenica non avrebbe [...] lavorare Sospirò di rimpianti e insofferenze Così, gonfiando il [...] senti la stoffa della camicia [...] sulla pelle, [...] in una vampata di calore [...] e una immediata reazione di mille [...]. E sotto, ai piani [...] deserti, quasi [...] di un tuono. Guardò fuori dalla finestra, [...] bianche, come attratte dai vapori [...] si erano appiccicate ai [...] lasciavano intravedere solo delle forme indistinte A Leonardo [...] di fuori, quelle ombre avessero lievi ondeggiamenti, [...] loro strutture Si stropicciò gli occhi. Ma il contatto delle [...] aggravò il malessere, accentuo la sensazione di [...] malsana E, quando tornò a guardare verso [...] ombre dei palazzi apparvero già più vicine [...] instabili. [...] si mescolò alla nausea. Aveva sempre temuto di [...] I ritmi troppo intensi del suo lavora. SI era sempre domandato [...] il come di un no possibile tracollo [...] Ora [...] sapeva. La stanza, anche la [...] vibrare, a tremare mollemente Chiuse gli occhi, [...] cosà il tumulto di sensazioni [...] lo aveva assalito, di [...] la paura, la rabbia, la disperazione che [...] del corpo gli procurava. Ma appena ebbe chioso gli [...] gli prese il terrore panico di non [...] più riaprire Sentì [...] le palpebre [...] cisposi, molli ma tenaci. Provò un bruciore intenso [...] gli stesse premendo anzi raschiando gli occhi, [...] la vista. Nel buio ebbe la [...] marcia di una foresta [...]. /// [...] /// Con la tensione di [...] facciali riuscì a riaprire le palpebre ed [...] estremo di autocontrollo si costrinse a non [...] a sé, concentrando [...] nuovamente sulla scrittura. Irrigidito nello sforzo di [...] di normalità, sentì che tutto, intorno, lui [...] in un movimento lento e melmoso. Non aveva mai provato conati [...] vomito come questi. Convinto da sempre che [...] può vincere ricorrendo alle sue stesse cause, Leonardo [...] sfruttare il malessere in cui stava sprofondando. Gli parve [...] giusta da sviluppare [...]. Accolse come superstite guizzo [...] soluzione e cercò con l'indice destro la [...] gli serviva per la parola metropoli. Fu a questo punto, [...] cui colpì il tasto della [...] e lo sentì piegarsi [...] e vide la [...] intera mano restare impigliata [...] e appiccicoso della tastiera, fu a questo [...] Leonardo capì che il male non era in [...] di lui Non si trattava di sensazioni [...] tutto intorno a lui, sotto di lui, [...] mani stava [...] molle, si muoveva, si [...] massa. [...] lancinante consapevolezza di ciò [...] gli restituì, anzi moltiplicò ogni energìa. Ma appena tentò di [...] con raccapriccio di essere prigioniero della seggiola, [...] della spalliera e dei braccioli. Dominò un nuovo conato [...]. Fermo [...] si gridò dentro Leonardo [...] fermo. /// [...] /// Prima di compiere qualsiasi [...] pensare. /// [...] /// Ronzii e lamenti si [...] in un fragore generale, sviluppo organico di [...] sotterraneo che aveva sentito venire dalle viscere [...]. La mano! Con movimenti lenti, disperatamente cauti, [...] a [...] spellato in più punti. Comprese allora che, a [...] dei materiali, il progresso della mutazione, [...] delle strutture, [...] dei corpi avrebbero avuto [...] diversa pericolosità. Ora aveva le mani [...]. Ma non ebbe il [...]. La stanza gli apparve [...]. Guardò verso la finestra [...] massa dei palazzi incombere a pochi metri [...]. Doveva fare presto. /// [...] /// Ma come avrebbe potuto [...] Come aprire la porta? Torcendo il collo [...] della sedia già dentro il pavimento di [...]. Sentì i piedi imprigionati [...] al legno del parquet Aveva ancora pochi [...] e poi tutto ciò che lo circondava [...] in una morbida morsa. Riuscì a sfilare i [...] pezzi di corda e di stoffa. Ma capì subito che [...] di sollevarsi dalla sedia , dovendo fare [...] sarebbe affondato [...] Si apri i pantaloni [...] di lino leggero, forse sarebbe riuscito a [...] i fianchi e te gambe. Il lino, seppure già [...] Qualche brandello gli restò appiccicato alle gambe, qualche [...] come fosse cera per [...] durò due o tre [...]. [...] dei gesti, continuamente impediti [...] materiali, Leonardo a tratti vedeva sempre più [...] e sempre più vicine e inarcate la [...] la massa uniforme dei libri. Finalmente aveva fatto in [...] uniche parti del suo corpo ancora appiccicate [...] i glutei e una porzione della spalla. Sperò che la resistenza [...] la pelle e il legno della sedia [...] da [...] ad una eccessiva spinta [...] alzarsi. E sperò anche che [...] comunque una minore viscosità rispetto al legno [...] da non restare immediatamente imprigionato ad un [...]. Guardò la distanza che [...] porta [...]. Avrebbe potuto ancora [...] Solo allora si ricordò di Eva. Vide i suoi capelli [...]. Era nelle sue stesse [...] Sino [...] dove si estendeva il disastro? Forse la [...] stata ancora toccata. Anche se [...] a salvarsi da quella stanza [...] avrebbe mai potuto [...] in tempo. /// [...] /// Lui aveva pochissime possibilità [...] lei forse. Non poteva perdere tempo [...] aprire. /// [...] /// Leonar-dò cercò con lo [...] appoggiato accanto al letto. /// [...] /// Lo avrebbe raggiunto. Ora doveva pensare ad Eva, [...] salvare Eva, la [...] Eva. Raccolse tutte le forze: [...] braccia e le gambe tese in aria, [...] prima [...]. Fu un azzeccato colpo [...] gli concesse di strapparsi, seppure con una [...] dolore, dalla sedia e correre sul pavimento [...] letto. Ma per lo slancio [...] era dovuto muovere, non calcolò bene le [...]. Si era mosso senza [...] senza prevedere il punto di arrivo. Così [...] balzo gli fece affondare [...] nel letto: il materasso lo inghiottì sino [...]. Sentì sulla carne il [...] delle molle. Riuscì tuttavia a non [...] il corpo e a cercare, cautamente, qualche [...] per mantenersi in equilibrio, evitando pressioni tropo [...] ancora non interamente corrette. Era un annaspare lento. Gli occhi sbarrati sul [...]. Non sarebbe mai più uscito [...] quella stanza. /// [...] /// Tutto intorno tuonava sordamente. Un ultimo sforzo. Sentì la molla del [...] carne, la lana del materasso [...] la pelle quanto più [...] al telefono. Si sentiva mancare, per [...] per la disperazione. /// [...] /// Non doveva commettere errori. Strappò con un solo [...]. Fortunatamente, seppure già morbida, [...] ancora presa sulla forcella. Accostò il microfono [...]. /// [...] /// Avrebbe dovuto [...] la rete telefonica si [...] un magma di cavi. La gola era ormai [...] palato troppo impastato per consentire a Leonardo [...]. /// [...] /// Lo sguardo fisso sulla [...] già penetrata dalla cornetta, [...] sospesa nel vuoto, mentre [...] corpo andava sprofondando nel letto. Il tasto! /// [...] /// Forse poteva ancora [...]. Iniziò una operazione quasi [...] posizione, tra le fitte del dolore, con [...] nel buio quasi totale. Accostò tremando il dito [...] cautamente il tasto, la levetta che bloccava [...]. Quando fu sicuro, aderì [...] e [...] sulla plastica e cominciò [...] molto piano, millimetro per millimetro. Doveva fare lentamente per [...] accelerare la fusione degli ingranaggi. Millimetro per millimetro riuscì [...] levetta ed anche a staccare il dito [...]. Tornò ad ascoltare la [...]. Ne venne una pulsazione [...] respiro rauco, un gracidare cupo e soffocato. La corruzione del meccanismo [...] alcuna risonanza metallica, esprimeva solo disperazione. Leonardo capì che anche [...] a comporre il numero, anche se il [...]. Eva non avrebbe potuto capire [...] sue parole. Vide i suoi capelli [...] la [...] voce Sei cifre, [...] la più lunga: zero. Eva rispose subito, lontana [...]. La [...] voce non aveva più [...] trasmetteva soltanto panico e morte, confusa con [...] oltretomba. Leonardo riuscì a trovare [...] la bocca, ad [...] di fuggire ma, atterrito [...] senza scampo, sconvolto dalla paura di morire, [...] e sprofondò nel magma che lo attanagliava. II filo del telefono gli [...] intorno alla gola, la [...] rese ad [...] nel [...] la stanza si chiuse su [...] lui. /// [...] /// Finalmente sconfitta la meccanica, [...] scrittura, di fulgide immaginazioni, di esasperate passioni, [...] originario della metropoli crescere a dismisura su [...] crudelmente assorbendo ogni altro corpo, ogni altra [...]. Senza più alcuna preoccupazione [...] di forma o di destino. Si muove verso lontani [...]. Cresce ed avanza pensando [...] senza più alcuna espressione che non sia [...] volta ciò che inghiottì nella propria materia. /// [...] /// Alla ricerca di ciò [...] per essere soltanto se stessa. /// [...] /// Alla ricerca di ciò [...] per essere soltanto se stessa. (0)
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