Brano: [...]a, inevitabilmente armata, tra fascisti e tedeschi da un lato, e antifascisti dall’altro. Quindi Venezia fu “città della Resistenza”, anche se le organizzazioni antifasciste tennero
conto delle peculiarità del caso veneziano, introducendo tra i loro obiettivi dichiarati la salvaguardia non solo della città e delle attrezzature industriali, ma anche dei numerosi e importanti enti pubblici con i loro archivi.
Peculiarità della Resistenza veneziana
A parte gli aspetti di cui si è detto, la Resistenza armata a Venezia e nel suo territorio nacque con difficoltà, crebbe lentamente e non fu fenomeno immediato né spontaneo, anche se si sviluppò nell’ambito di una generalizzata avversione al fascismo.
Per capire cosa sia stata la Resistenza veneziana, si devono tener presenti due fatti: da Un lato, che ; il 25 luglio e I'8 settembre avevano posto sul futuro corso delle cose quella che sarà chiamata un’“ipoteca conservatrice”; dall’altro, che il filo unificante le diverse vicende resistenziali dipendeva dal rapporto dialettico tra spinte al rinnovamento e spinte alla continuità.
L’ipoteca conservatrice nasceva dalle vicende riguardanti Volpi e Cini, che dimostravano come la struttura di comando del capitalismo veneziano (e veneto) si fosse dissociata dal fascismo e, attraverso Mentasti, intrattenesse rapporti, destinati a intensificarsi[...]
[...]porti, destinati a intensificarsi e a ramificarsi, con il mondo cattolico. Come verrà ufficialmente riconosciuto dal C.L.N. regionale veneto all'indomani della Liberazione, il Cini aiutò finanziariamente la Resistenza con somme considerevoli, appoggiando in tal modo con sincerità di atteggiamento politico e volontà di partecipazione la lotta antifascista. Anche Volpi e Achille Gaggia si mossero in sintonia con Cini, il che rese la Resistenza veneziana più composita e problematica di quanto non sia apparso talvolta.
Fu, questo, un aspetto di fondo della Resistenza veneziana: mentre si impegnava a distruggere il fascismo, otteneva I finanziamenti necessari per la sua stessa esistenza dai maggiori esponenti del capitalismo (cioè da coloro che erano stati i “padrini” del fascismo stesso).
L’esame del rapporto dialettico tra rinnovamento e continuità che contrassegna la Resistenza veneziana (e veneta) dimostra che il concetto che di essa si venne elaborando all’interno delle classi subalterne e della sinistra, ancorché preoccupate della necessaria unità delle forze, non era certo il medesimo degli strati borghesi della società vene
ziana, ma si trovò di fatto a convergere con questo anche a causa dei ritardi con i quali si mosse la classe operaia di Porto Marghera, ritardi che inequivocabili testimonianze attestano enormi, « un certo attesismo » essendo denunciato nelle fabbriche addirittura nel febbraio del 1945. Si può affermare senza timore di smentita che nella Resistenza veneziana non ci fu una “centralità” della classe operaia e, a maggior ragione, si deve dire che non esistette “centralità” neppure nella lotta delle masse rurali. Queste ultime, a parte ben circoscritte zone, ebbero con i partigiani (v.) relazioni spesso limitate al fatto concreto del rifiuto delle leve e degli ammassi, piuttosto che estese a convergenze ideali e politiche. La Resistenza veneziana fu, come quella veneta, un fatto di popolo, non di una frazione o di una particolare organizzazione, e forse più che altrove fu quindi un fenomeno complesso nelle sue mete e nelle sue aspirazioni, diverse, mediabili ed effettivamente in gran parte mediate, ma non procedenti da un’unica volontà.
Inizio della guerra partigiana
Mentre alcuni esponenti dell’antifascismo veneziano (Arduino Cerutti, Renato Maestro, Renzo Sullam) passavano la linea del fronte per andare verso il Sud a impegnarsi nella ricostruzione del nuovo Stato democratico, il C.L.N. provinciale iniziò la propria attività t[...]