Brano: [...]rarremo conseguenze diverse da quelle che deduce Saba. La posizione dislocata della città, insieme coi tanti malesseri, le dava almeno un vantaggio: certi movimenti di idee e di gusto, che il resto d'Italia aveva già logorati, a Trieste arrivavano come nuovi, con una suggestività, una fruttuosità da spunti appena nati. Così fu, ad esempio, per il verismo. Nella penisola esso si era bruciato coi capolavori di Verga, sublimi tradimenti alla scuola verista. A Trieste, dal contatto del verismo col grande naturalismo europeo, scoccarono ancora i due primi romanzi di Svevo: libri che da soli basterebbero a riscattare tutti gli infortuni di quella scuola, e non soltanto in Italia. Nella penisola il verismo non era riuscito a mettersi d'accordo con la poesia, a meno che non si vo glia considerare il Pascoli come l'ultimo verista provinciale e dialettale, tesi ingegnosa ma discutibile. A Trieste il verismo arrivò ancora in tempo a trovare il ragazzo Saba, già per conto suo disposto a una poetica delle case.
Accantoniamo, per un momento, le prime vaporosità delle Poesie dell'adolescenza: sono in parte gli esercizi di canto di una voce nell'età della muda. Fu la tromba di una caserma salernitana a sonare la sveglia alla poesia di Saba. Ne usci una poesia verista, nel miglior senso della parola. Prima dei Versi militari sarebbe stato difficile trovare, in una lirica italiana non burlesca o matta, una notazione come quella che dipinge il compagno durante una marcia: « Mezza lingua fuori gli pende come a macellato bue ». Gli eventuali e prossimi precedenti di una
ULTIME COSE SU SARA 9
poesia così (si scusi il gioco) fuor dei denti obbedivano a una vanità, a un'ostentazione dello scandalo (il caso più ovvio e vicino era stato quello di Stecchetti). Con Saba, quei tratti rientrano in una specie di, naturalezza poetica. Una materia classicamente spregia[...]
[...]aba si mette dentro alle giorna te in uniforme, elimina l'aneddoto alla De Amicis, afferra gli scorci: e dove un narratore farebbe bozzetti, lui poeta riesce a fare sonetti coi dovuti requisiti lirici.
Qualche anno dopo, l'altra tappa decisiva del Canzoniere é Trieste e una donna. Anche qui, chi volesse cinicamente ridurre l'episodio centrale (la storia del momentaneo abbandono della Lina) al fatto nudo e crudo, troverebbe una trama da bozzetto verista. Dipenderà soltanto da un nostro vizio di lettori quel veder riaffiorare qua e là la presenza di un Verga, al quale Saba forse non ha mai pensato? In alcuni versi, che egli era contento di avere scritti: « Non veduta una tua lacrima cade sulla tovaglia macchiata di vino », il movimento appartiene senza dubbio alla Lina, protagonista della poesia; ma potrebbe essere anche di Santuzza o della Mena. E in quale punto, divenuto irreperibile, di Nedda o di Vita dei campi avevamo sentito prorompere questa rabbia d'amore: « quante lacrime m'ero ribevute alla salute del mio vile cuore! », di una pla[...]
[...]uel « tutto il mondo » scritto in maiuscole? (1). Lasciamo stare: è sicuro invece che la terzina gli veniva da un'altra storia, Dopo soddisfatte, cori una onestà a tutta prova, con una disponibilità di mezzi che nessuno ormai gli poteva contestare, anche le esigenze della « bella » poesia, la sicurezza di avere utilmente speso la propria vita gli era data dalla fiducia, dalla controprova che la sua poesia reggeva al criterio del vero. Il vecchio verista era ormai tranquillo di essere riuscito ad alzare le cose anche al di sopra di ciò che il verismo prometteva: dal vero dell'oggi al vero di tutti i giorni possibili. Si era seduto al tavolo del suo gioco, e gli era parso che tutte le carte fossero contrarie, come dice la poesia Partita. Ma alla fine poteva in buona fede concludere come conclude quella poesia: « Mi levo tra volti amici, conto il mio guadagno ».
Quel criterio del vero, che gli permetteva di ricapitolare tutto il suo lavoro con uno sguardo ancora più rasserenato, l'aveva
(1) Del D'Annunzio poeta teatrale, il Saba degli anni p[...]