Brano: Rapallo, Trattato di
ASSOCIAZIONE NAZIONALISTA ITALIANA
COMITATO PER L’ADRIATICO ITALIANO
Italiani ! Difendiamo 0 patto di Londra (a) e la volontà di Homo!
Con te rinunzie (t) VItalia : perderebbe il confine delle Alpi Giulie lasciando aperte le porte alla invasione nemica, e Pola, Trieste e Gorizia sotto il tiro diretto dei medi calibri iugoslavi#
vedrebbe le isole e te olire terre italiane della Dalmazia continuare ad essere, nelle mani del nemico, formidabili basi di attacco, principalissima delle quali Sebenico, donde partì già la flotta austriaca per bombardare Ancona,
lascerebbe indifese, come ebbe a confessate alla Camera lo [...]
[...]bardare Ancona,
lascerebbe indifese, come ebbe a confessate alla Camera lo stesso ministro Sciatoia, le coste romagnole, marchigiane, abhruzzesi e pugliesi.
Queste inique rinunzie, presentate come necessarie per salvare Fiume, erano invece accompagnate dal mostruoso progetto di smembramento (3) della italianissima città che, lasciata accerchiare dalla Iugoslavia, sarebbe stata sottoposta al regime ridicolo di tre diverse sovranità; quella italiana sulle case; quella della Lega delle Nazioni sulle banchine e sul porto, quella iugoslava sulle ferrovie, sui sobborghi e sul porto Baros.
Con queste rinunde, te quali significherebbero Vannullamento della vittoria, VItalia perderebbe il frutto maggiore delta guerra e cioè la sicurezza sulle Alpi e in Adriatico e si troverebbe irreparabilmente bloccata (4) poiché coloro che già dispongono di basi di attacco ad occidente e a mezzogiorno troverebbero disponibili ai loro fini tutto l'Adriatico e lo stesso confine giulio.
Propaganda nazionalista per «l’Adriatico italiano» (Roma,
1919)
[...]
[...]l capo di governo jugoslavo Vesnic e, soprattutto, l’elezione di un nuovo presidente U.S.A. (il repubblicano Harding) indebolirono fortemente la posizione di Belgrado. Per di più, T8.9.1920 D’Annunzio costituì a Fiume un governo (la “Reggenza del Carnaro”), rivendi
candone l’estensione a tutti gli antichi territori veneti della Dalmazia. Con il Trattato di Rapallo, si volle dunque porre fine alle tensioni italojugoslave fissando la frontiera italiana ben più a oriente di quanto previsto dalla “linea Wilson”. In cambio, l’Italia rinunciava alla Dalmazia, salvo Zara e le isole di Cherso, Lussino, Lagosta, Pelagosa. Secondo il Trattato, Fiume doveva restare indipendente.
Quando vennero rese note le clausole del Trattato, grandi proteste si ebbero, per opposti motivi, sia in Italia che in Jugoslavia. Il risentimento nazionale crebbe in ambedue i paesi e venne alimentato dalle vicende successive che coinvolsero Fiume: D’Annunzio, invitato dal generale Caviglia a evacuare la città, si rifiutò di obbedire e arrivò
fino al punto di dichiara[...]
[...]igenti cattolici al cospetto delle crescenti fortune del fascismo, Rapelli rimase quindi un punto di riferimento. Si può dire che nella fase ultima della resistenza organizzata del sindacalismo cattolico, nel 19251926, egli rappresentò insieme ad Achille Grandi (v.) una delle personalità più coerenti, come del resto Guido Miglioli (v.), per altro di segno differente e con esiti diversi.
Membro della Commissione esecutiva della Confederazione italiana dei lavoratori (v.) dal febbraio 1926, nel gennaio dello stesso anno, con
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