Brano: ROBERTO GUIDUCCI
1.) Dittatura del proletariato e democrazia organica (*).
Usare il termine « culto della personalità » per definire i modi del governo staliniano ha un curioso sapore moralistico. Altri termini, più aderentemente politici, si sarebbero potuti usare, ad es. «dittatura personale ». E ciò anche a costo di prestare il fianco ad una provvisoria soddisfazione dei sociologhi descrittivi alla Monnerot, i quali potrebbero pensare di aver finalmente trovata una verifica a qualcuna delle loro astoricistiche e vuote equazioni di uguaglianza fra tutte le dittature. Del resto il termine « dittatura », come ognuno sa, non ha mai spaventato il forse duro, ma reali stico, linguaggio marxista. La « dittatura del proletariato » fu, dal marxismo, pronosti[...]
[...]rimunerazione dei funzionari di Partito sarà legata in una certa misura ai risultati ottenuti nella realizzazione del piano produttivo.
Questi punti, certo essenziali, esposti dal Congresso in un modo che può sembrare addirittura volutamente trasandato, possono dar luogo alle seguenti rispettive considerazioni:
1) Il passaggio dal « controllo autoritario » al « controllo operativo » segna il cessare del sistema meramente coercitivo del periodo staliniano. Ma il « controllo operativo » non può essere, a sua volta, che un termine di passaggio al raggiungimento del « controllo democratico » che sta alle origini del pensiero marxista e che oggi può assumere una configurazione tecnicoorganizzativa ben più ampia e concreta. Il « controllo autoritario » era, se si può usare l'espressione, esattamente il contrario del « controllo democratico », il suo rovescio. Esso é naturalmente collegato alle forme della « dittatura del proletariato », dove é la classe operaia al potere, attraverso il Partito, che regola e verifica la produzione, volente o nolente[...]
[...]nizzazione nella edificazione economica e culturale », pag. 195) sono dovute non più alla forza delle cose o dell'avversario, ma ad una ancora non completa organizzazione generale.
Ed il Partito ha ancora, come elemento dirigente, da assolvere per intero a questo compito. Ma non più sotto la forma sollecitativa, attivizzante, più o meno generica, (oggi decisamente condannata), ma in senso tecnico specifico. Il peso e l'insufficienza del Partito staliniano si rivelano qui: nell'essere strumento autoritario, di tutela e di controllo, anziché essere strumento tecnicoscientifico di una organizzazione socialista, modernamente concepita.
Staccato dai diretti compiti produttivi, il Partito aveva corso il rischio di girare a vuoto, di assumere una figura astratta, sovrastrutturale. Ma il Partito, inserendosi, come oggi viene stabilito, nell'organizzazione diretta, non può neppure essere il doppio dello Stato, la sua controfigura.
Il suo portarsi a livello operativo deve comportare anche una sua diversa concezione dei rapporti con lo Stato: ridurre l[...]
[...]ra. E si potrebbe aggiungere che il « processo critico » era a sua volta basato su un «processo reale », di modifiche sostanziali, di fatto, il quale, dalla morte di Stalin, ormai si estendeva all'intera Unione Sovietica. Prima che dal Congresso, il processo al « culto della personalità » era stato condotto e verificato dall'attività del paese. Ma se il modo dell'annuncio del nuovo corso (ed il suo linguaggio) è an
cora un modo in certo senso « staliniano » come si può pensare che lo superi di fatto ? Occorre ricordare che una verità che cerca
di esprimersi d'un tratto, per la prima volta, tende a manifestarsi con il linguaggio della vecchia, e perciò non è ancora interamente la nuova verità, ma l'esplicazione della sua potenzialità, il suo
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primo passo, l'antitesi, la negazione. Se i discorsi del XX Congresso ed i dialoghi in corso in URSS non sono l'espressione di una forma, seppur diversa, di stalinismo, ma una prima codificazione di una realtà di fatto, oggettiva, di una nuova impostazione sociale e di civiltà, Krusci[...]
[...]quella di Rajk, oggi non pensiamo che la riabilitazione della politica di Rajk neghi in blocco quella di Stalin.
9) Sulla politica estera e sull'internazionalismo.
La compresenza di ipotesi e di sforzi può, in un razionale coordinamento e in una unitarietà di intenti, cooperare ed anche accelerare il processo cui si vuol tendere, anche piú di una unitarietà forzata e costretta. È quanto, dopotutto, accadde nella « politica estera » del periodo staliniano in cui, pur essendo preminente la linea della conservazione e dell'irrobustimento della « politica interna » (« socialismo in un solo paese »), l'URSS concorse e cooperò alla conservazione della democrazia e alla estensione delle rivoluzioni comuniste negli altri paesi, anche se questo le poté costare di fatto la « guerra mondiale » prima e la « guerra fredda » poi. E la « ricerca della sicurezza », che rimase il carattere saliente di tutta la politica estera staliniana, non si può far ricadere, come fa ad es. volentieri il Deutscher, in una forma di « egoismo » russo via via sacrificante ogn[...]
[...]partitario.
Per i secondi aggiungiamo, per quanto riguarda il contenuto di questo e di altri scritti critici marxisti sullo stalinismo, che non pensiamo assolutamente che siano privi di errori, di valutazioni parziali, ecc. Anzi, pensiamo che errori ci siano e che solo un lungo discorso, qui appena iniziato, possa gradualmente scioglierli se condotto collettivamente.
E per i primi ed i secondi notiamo infine che, se per noi la fine del periodo staliniano è la chiusura di un'epoca oggettivamente costruttiva, non intaccata dai suoi errori che in misura particolare e ristretta, tuttavia l'esperimento che da questi errori possiamo trarre e non dobbiamo perdere é che se la verità non può, in un mondo diviso ed ancora oppresso, essere neutrale e anonima, essa non può neppure essere anonima e neutralizzata perché oppressa. E che per il socialismo unicamente un suo svolgersi in una « storia critica » é la sostanziale garanzia di una sua autentica e risolutiva « critica della storia ».
ROBERTO GUIDUCCI
ARTURO CARLO JEMOLO
Cari amici,
non sono in g[...]