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Il segmento testuale sindacalismo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 527

Brano: Sindacalismo

diale, cui aderiscono i sindacati dell’U.R.S.S. e degli altri paesi socialisti, nonché organizzazioni sindacali di numerosi paesi capitalisti o ex coloniali (la C.G.I.L. ne ha fatto parte fino al 1984); la Confederazione internazionale sindacati liberi, di orientamento riformista; l'Internazionale sindacale cristiana, cui aderiscono i sindacati cattolici o ispirati dalle altre chiese cristiane (con prevalenza numerica di italiani e francesi).

Il sindacalismo italiano

In Italia, il sindacato di mestiere costituì la prima forma di associazionismo operaio ed ebbe carattere essenzialment[...]

[...]le, cui aderiscono i sindacati dell’U.R.S.S. e degli altri paesi socialisti, nonché organizzazioni sindacali di numerosi paesi capitalisti o ex coloniali (la C.G.I.L. ne ha fatto parte fino al 1984); la Confederazione internazionale sindacati liberi, di orientamento riformista; l'Internazionale sindacale cristiana, cui aderiscono i sindacati cattolici o ispirati dalle altre chiese cristiane (con prevalenza numerica di italiani e francesi).

Il sindacalismo italiano

In Italia, il sindacato di mestiere costituì la prima forma di associazionismo operaio ed ebbe carattere essenzialmente difensivo. A monte di questa esperienza era una lunga tradizione di associazioni fra lavoratori miranti a contrastare e prevenire i disastrosi effetti provocati sul livello di vita delle masse popolari da una rapida industrializzazione attraverso le Società di mutuo soccorso e le Leghe di resistenza. Queste prime forme di sindacalismo coinvolgevano però sol' tanto gruppi di operai particolarmente forti sul mercato del lavoro grazie alla loro elevata professionali[...]

[...]no

In Italia, il sindacato di mestiere costituì la prima forma di associazionismo operaio ed ebbe carattere essenzialmente difensivo. A monte di questa esperienza era una lunga tradizione di associazioni fra lavoratori miranti a contrastare e prevenire i disastrosi effetti provocati sul livello di vita delle masse popolari da una rapida industrializzazione attraverso le Società di mutuo soccorso e le Leghe di resistenza. Queste prime forme di sindacalismo coinvolgevano però sol' tanto gruppi di operai particolarmente forti sul mercato del lavoro grazie alla loro elevata professionalità (per esempio i tipografi, che diedero vita a solide e durature associazioni di mestiere). Quantunque si trattasse essenzialmente di manifestazioni di difesa propria a gruppi di lavoratori specializzati, questa forma di associazionismo contribuì alla formazione di una forte coscienza operaia e di una spiccata solidarietà di classe.

Dai primi anni del secolo XX il sindacalismo riformista costituì il filone principale dellassociazionismo sindacale, come tendenza[...]

[...]icolarmente forti sul mercato del lavoro grazie alla loro elevata professionalità (per esempio i tipografi, che diedero vita a solide e durature associazioni di mestiere). Quantunque si trattasse essenzialmente di manifestazioni di difesa propria a gruppi di lavoratori specializzati, questa forma di associazionismo contribuì alla formazione di una forte coscienza operaia e di una spiccata solidarietà di classe.

Dai primi anni del secolo XX il sindacalismo riformista costituì il filone principale dellassociazionismo sindacale, come tendenza risultante dall’incontro fra le tradizioni di lotta delle leghe operaie e l'ideologia socialista. Si trattava di un sindacalismo la cui base non era più il mestiere ma la classe, aperto quindi a tutti i lavoratori e per sostenere rivendicazioni economiche in una prospettiva non più soltanto meramente difensiva. Il movimento inoltre tendeva a intrattenere stretti rapporti con le formazioni politiche socialiste e riformiste, a organizzarsi federativamente e a porsi il problema del ruolo dello Stato nelle vertenze sindacali, accettando e pretendendo una legislazione di carattere sociale. In Italia la spinta organizzativa si era già espressa nella creazione (dal 1890) di numerose Camere del lavoro (v.) oltre che nelle Fede[...]

[...]del

la Federazione italiana degli operai metallurgici (F.I.O.M.) che, nel 1906, venne costituita a Milano la Confederazione generale del lavoro (v. Confederazione generale italiana del lavoro) con scopi statutari in tutto aderenti all’indirizzo sindacale riformista europeo del momento.

Un altro importante atteggiamento ideologico che influenzò larghi settori del movimento sindacale italiano e francese all'inizio del secolo fu il cosiddetto sindacalismo rivoluzionario.

Nella risoluzione del suo primo congresso In Francia (Amiens, 1906), questo sosteneva che, appartenendo il sindacato all'intera classe operaia, era conseguentemente dovere di ogni lavoratore farne parte; si prefigurava

il sindacato come gruppo di produzione e di ripartizione; si preconizzava, come mezzo d’azione, lo sciopero generale; e infine il sindacato non aveva né doveva avere alcun rapporto con partiti politici.

Il sindacalismo rivoluzionario viene in generale ricondotto, sul piano ideologico, al pensiero politico di Georges Sorel che aveva una rigida concezione[...]

[...]rivoluzionario.

Nella risoluzione del suo primo congresso In Francia (Amiens, 1906), questo sosteneva che, appartenendo il sindacato all'intera classe operaia, era conseguentemente dovere di ogni lavoratore farne parte; si prefigurava

il sindacato come gruppo di produzione e di ripartizione; si preconizzava, come mezzo d’azione, lo sciopero generale; e infine il sindacato non aveva né doveva avere alcun rapporto con partiti politici.

Il sindacalismo rivoluzionario viene in generale ricondotto, sul piano ideologico, al pensiero politico di Georges Sorel che aveva una rigida concezione della divisione sociale in due classi: i lavoratori e i capitalisti. Non potendosi ipotizzare interessi né valori comuni a queste due classi, l'azione degli organi della classe operaia non poteva essere che totale e rivoluzionaria, in una contrapposizione netta che doveva porsi l'obiettivo di sostituire il potere politico padronale con quello dei lavoratori. Il sindacato non doveva quindi avere fini di resistenza, rivendicativi, economici, ma solo fini sovve[...]

[...]a dai sindacalisti rivoluzionari, ma la mobilitazione si chiuse con una grave sconfitta, sia perché incoraggiò la resistenza organizzata dei padroni sia perché i capi rivoluzionari, quantunque abili nel galvanizzare le masse, non si dimostrarono poi capaci di guidarle politicamente nella

difficile lotta. Nel 1912 gli anarcosindacalisti costituirono una loro organizzazione nazionale denominata Unione sindacale italiana (v.).

Da parte sua il sindacalismo cattolico individuava la propria base associativa nelle corporazioni, cioè in unioni organiche di lavoratori e datori di lavoro operanti in una stessa unità produttiva o in un determinato settore, fondamentalmente basandosi sul principio della collaborazione interclassista. Già dalla fine del secolo XIX la prospettiva del corporativismo cattolico si configurava come essenzialmente istituzionalistica e, nel Congresso dei cattolici italiani del 1903, Giuseppe Toniolo ipotizzò sindacati paralleli di lavoratori e datori di lavoro, che avrebbero dovuto trovare un collegamento a livello dirigenzial[...]

[...] cattolico si configurava come essenzialmente istituzionalistica e, nel Congresso dei cattolici italiani del 1903, Giuseppe Toniolo ipotizzò sindacati paralleli di lavoratori e datori di lavoro, che avrebbero dovuto trovare un collegamento a livello dirigenziale. L’ispirazione interclassista di Toniolo e il suo favore per le soluzioni arbitrali dei conflitti, basate sul principio cristiano della « giusta mercede », rimarranno il contrassegno del sindacalismo cattolico. Nel maggio del 1918 nacque la Confederazione italiana del lavoro (C./.L), della quale facevano parte i cosiddetti sindacati bianchi, cioè cattolici, in grande maggioranza contadini.

Gli anni tra le due guerre

Dopo la prima guerra mondiale si manifestò con particolare vivacità, in seno alla C.G.L., il problema dei rapporti che dovevano intercorrere fra il sindacato e i partiti politici dei lavoratori. Socialisti riformisti, massimalisti e comunisti prospettavano diverse soluzioni possibili: particolarmente importante, la concezione comunista, ampiamente dibattuta aH’interno de[...]

[...] il sindacato come veicolo, «cinghia di trasmissione» delle prese di posizione del partito, ipotizzandone quindi la dipendenza da quest'ultimo sul piano più strettamente politico.

Ma la tendenza a depotenziare politicamente il sindacato, sciogliendo

lo nel quadro di altri soggetti politici, trovò l’applicazione più drastica nel corporativismo di stato, proprio del regime fascista. Questa concezione liquidatrice, che discendeva in parte dal sindacalismo corporativista dei nazionalisti (v. Nazionalismo italiano) avrà come legislatore il ministro Alfredo Rocco (v.), secondo il quale il sindacato, non più classista, attraverso il disciplinamento di tutte le classi produttrici doveva diventare organizzazione integrale della produzione nazionale e racchiudere in sé tutti gli

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 530

Brano: Sindacalismo rivoluzionario

Questa intenzione si rivelò ben presto presuntuosa, in quanto sottovalutava l’influenza del riformismo tra i lavoratori. Dopo qualche mese, nel novembre 1907, all’incontro delle organizzazioni sindacaliste, sotto la spinta di uno dei nuovi e più prestigiosi leader del sindacalismo rivoluzionario, Alceste De Ambris (v.), segretario della C.d.L. di Parma, fu deciso a stragrande maggioranza e con il solo voto contrario di Edmondo Rossoni (v.) di uscire dalla C.G.L. per costituire un Comitato nazionale della resistenza, onde poter aggregare su scala nazionale tutte le vere forze rivoluzionarie. In questa stessa occasione venne deciso di fondare \’“Internazionale”, il più qualificato organo di stampa del sindacalismo rivoluzionario. Un’altra tappa storica dell’azione sindacalista fu rappresentata dallo sciopero generale proclamato a Parma (v.) nel 1908, promosso e diretto da Alceste De Ambris per rispondere alle serrate padronali e alla prepotenza antioperaia in generale. Lo sciopero registrò una mobilitazione risoluta e imponente, ma senza alcun costrutto politico e si concluse con una disfatta. La sconfitta alimentò dure polemiche aH'interno del movimento e le accuse più forti furono rivolte al De Ambris e a Tullio Masotti, altro dirigente sindacalista. Entrambi vennero accusati di aver tenuto una direz[...]

[...]nero accusati di aver tenuto una direzione inadeguata, di non aver saputo indicare sbocchi concreti alla lotta e soprattutto di aver abdicato alle loro funzioni, abbandonando a se stesse le masse nel momento cruciale e più difficile dello sciopero.

Il P.S.I., che si era affrettato a prendere le distanze dallo sciopero fino a impedire atti di solidarietà da parte di C.d.L. dirette dai riformisti, colse l’occasione per condannare apertamente il sindacalismo rivoluzionario, dichiararlo incompatibile con il socialismo ed espellere gli anarcosindacalisti dalla C.G.L. (Congresso di Firenze, settembre 1908). Il fallimento dello sciopero di Parma fece riflettere gli stessi sindacalisti: la forza del sindacalismo rivoluzionario era potenzialmente enorme, ma non doveva essere considerata scontata e tanto meno automatica.

AH’interno del dibattito su tali temi, ripresero quota le forze sindacaliste più unitarie e, al Convegno nazionale di Bologna del maggio 1909 il movimento decise, nonostante la disapprovazione della corrente anarcosindacalista, di rientrare nella C.G.L. (a eccezione dell’orga

nizzazione di Parma che si rifiutò). Questo atteggiamento unitario fu riconfermato in un secondo convegno nazionale dei sindacalisti, svoltosi a Bologna nel dicembre 1910, nel corso del quale fu decisa la co[...]

[...]convegno nazionale dei sindacalisti, svoltosi a Bologna nel dicembre 1910, nel corso del quale fu decisa la costituzione di un Comitato nazionale detrazione diretta, quale strumento di coordinamento dell’attività sindacalista.

Nel 1911 la guerra di Libia mise alla prova le masse popolari italiane (v. Colonialismo e anticolonialismo in Italia). I primi a scendere in piazza contro la nuova avventura coloniale furono i lavoratori influenzati dal sindacalismo rivoluzionario a Milano (dove emerse un nuovo dirigente sindacalista, Filippo Corridoni) e a Venezia, Reggio Emilia, Ferrara, Modena, Parma. La mobilitazione popolare era già altissima quando, a Bologna, il P.S.I. e la C.G. L. il 25.9.1911 decisero di proclamare uno sciopero generale per il 27. Ma si trattava di una decisione tardiva e per di più assunta con molte riserve, senza convinzione e al solo scopo di incanalare le manifestazioni spontanee di protesta, mentre i sindacalisti (tra i quali non mancava peraltro una componente interventista che faceva capo ad Arturo Labriola, Oliviero Oliv[...]

[...]a a porre le premesse per una rifondazione del movimento rivoluzionario. Conquistata la maggioranza in nuove C.d.L. in Romagna, Toscana, Liguria, Lombardia, Piemonte, Lazio, Puglia e avuta l’adesione di alcuni importanti sindacati nazionali di categoria come quelli dei Ferrovieri e dei Lavoratori del mare, i sindacalisti rivoluzionari dimostrarono di poter influenzare gran parte della classe operaia, smentendo quanti

intendevano presentare il sindacalismo rivoluzionario come un movimento limitato a settori agricoli arretrati o al sottoproletariato. D’altra parte, le divergenze emerse di fronte alla guerra di Libia avevano accentuato la spaccatura fra riformismo e sindacalismo all’interno della C.G.L. e, in occasione del Con^ gresso delle C.d.L. aderenti al Comitato nazionale dell’azione diretta riunito a Modena il 23.11.1912, i sindacalisti diedero vita all’U.S.I. rendendo definitiva la frattura con i riformisti (v. Unione sindacale italiana) .

Dal sindacalismo al fascismo

Al Consiglio generale delI'U.S.I., convocato a Parma il 1314.9.1914, questa organizzazione si spaccò in due correnti: quella interventista, di minoranza e capeggiata da Alceste De Ambris, Corridoni, Michele Bianchi (v.), Olivetti, Masotti e Cesare Rossi (v.) ; e quella maggioritaria, antimilitarista e dominata dagli anarchici, che si raccolse intorno ad Armando Borghi (v.), il quale venne eletto nuovo segretario generale delI’U.S.I.. Nel corso della guerra 191518 la componente anarchica, anche se con qualche defezione, rimase coerentemente su posizioni antimilitariste e, a essa[...]

[...]vicina a Mussolini che la sostenne su “// Popolo d’ItaHa”, emerse dopo la fine della guerra, quando ne divenne segretario Alceste De Ambris, sempre più strettamente legato a Mussolini. Il De Ambris non aderì personalmente ai Fasci di combattimento (data anche l’incompatibilità con la sua carica di segretario generale dell’U.I.L., organizzazione sindacale teoricamente apolitica), ma gran parte del gruppo dirigente che stava intorno a lui passò al sindacalismo nazionalista e infine al corporativismo fascista o direttamente al fascismo, condividendone la linea di fondo (Edmondo Rossoni, Tullio Masotti, Ottavio Di naie, Umberto Pasella (v.), Michele Bianchi, Oliviero Olivetti, Sergio Pannunzio, Agostino Lanzillo, Paolo Orano). Alceste De Ambris, dopo una fase di collaborazione con Mussolini e Gabriele D'Annunzio, fu tra i pochi a non aderire al fascismo e a emigrare in Francia.

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 528

Brano: »

Sindacalismo

elementi: gli organizzatori, i tecnici, i lavoratori manuali, uniti insieme dal legame indissolubile rappresentato, secondo la sua concezione, dall’"interesse comune” (v. Carta del Lavoro). In tal modo anche gli insopprimibili antagonismi di classe dovevano trovare un'automatica composizione e disciplina, per assicurare la quale sarebbe intervenuto energicamente lo Stato.

In realtà, la dottrina del corporativismo fascista consisteva in gran parte nella compenetrazione del sindacalismo di Edmondo Rossoni (v.) con il nazionalismo autoritario del Rocco. Già nel 1921 lo statuto del Partito [...]

[...] tecnici, i lavoratori manuali, uniti insieme dal legame indissolubile rappresentato, secondo la sua concezione, dall’"interesse comune” (v. Carta del Lavoro). In tal modo anche gli insopprimibili antagonismi di classe dovevano trovare un'automatica composizione e disciplina, per assicurare la quale sarebbe intervenuto energicamente lo Stato.

In realtà, la dottrina del corporativismo fascista consisteva in gran parte nella compenetrazione del sindacalismo di Edmondo Rossoni (v.) con il nazionalismo autoritario del Rocco. Già nel 1921 lo statuto del Partito nazionale fascista (v.) additava la corporazione come strumento della solidarietà nazionale per lo sviluppo della produzione; Rossoni, segretario della Confederazione nazionale delle corporazioni sindacali, aveva come idea fondamentale quella di un sindacato strutturalmente misto e ideologicamente qualificato come fascista, quindi politicamente unico. L’“unicità” di Rossoni presupponeva il fatto che non esistesse altro sindacato oltre a quello fascista, ii quale però non intendeva assorbire [...]

[...]icamente qualificato come fascista, quindi politicamente unico. L’“unicità” di Rossoni presupponeva il fatto che non esistesse altro sindacato oltre a quello fascista, ii quale però non intendeva assorbire gli altri, bensì distrugger

li. L’alleanza tra fascisti e industria

li produsse invece come conseguenza la sopravvivenza dell'associazione padronale (v. Confederazione generale delTindustria italiana), quindi la riduzione, nei fatti, del sindacalismo fascista a organizzazione di controllo nei confronti dei soli lavoratori. Nel 1925, con il Patto di Palazzo Vidoni (v.), Confindustria e Confederazione delle corporazioni fasciste si spartirono il monopolio sindacale, autoeleggendosi uniche rappresentanti legali, rispettivamente degli imprenditori e dei lavoratori.

Il progredire del corporativismo doveva però passare attraverso l’estinzione di fatto dei sindacati non fascisti e la fascistizzazione della Confindustria: le Leggi eccezionali fasciste (v.) del 1926 e la già ricordata Carta del lavoro del 1927 realizzarono questo piano, abolend[...]

[...] sorta l’attuale Confederazione generale italiana del lavoro (C.G.I.L.). Il programma sindacale varato in quella occasione era unitario e generico, basandosi sulla libertà di espressione, sull’indipendenza del sindacato da ogni partito politico, sulla disponibilità a prendere posizione in merito a problemi politici. Sul piano ideologico, l'unità era tuttavia già incrinata dal fatto che le componenti comunista e socialista pensavano in termini di sindacalismo di classe, mentre quella cattolica continuava a teorizzare in termini interclassisti; le prime due ritenevano inoltre il sindacato come lo strumento dei lavoratori per costruire una società diversa, mentre i cattolici, pur pronunciandosi cautamente a favore di alcune riforme di struttura, erano in realtà contrari a profondi mutamenti sociali.

Il vizio d’origine di quella unità sindacale consisteva quindi nell’essere non tanto l'espressione di una concezione veramente unitaria del sindacato, quanto la proiezione di un momento di collaborazione politica dei partiti nella Resistenza e nei C.L[...]

[...]a favore di alcune riforme di struttura, erano in realtà contrari a profondi mutamenti sociali.

Il vizio d’origine di quella unità sindacale consisteva quindi nell’essere non tanto l'espressione di una concezione veramente unitaria del sindacato, quanto la proiezione di un momento di collaborazione politica dei partiti nella Resistenza e nei C.L.N., situazione destinata a cambiare radicalmente nel volgere di un breve periodo.

C.Pi.S.Pi.

Sindacalismo rivoluzionario

Movimento di lotta dei lavoratori, fondato essenzialmente sulle teorie del sociologo francese Georges Sore/ (v.), secondo il quale il sindacato (v.) era da considerare come la miglior forma organizzativa dei

lavoratori e lo sciopero (v.) generale Tarma più efficace per compiere la rivoluzione sociale. Sorto in Francia all’inizio del secolo XX, il sindacalismo rivoluzionario si estese rapidamente in altri paesi e in Italia, dove venne chiamato anche anarcosindacalismo per la prevalenza che in esso acquistarono ben presto gli anarchici (v.). Si veda anche la voce Sindacalismo.

Il movimento in Italia

Il sindacalismo rivoluzionario italiano in realtà nacque e si sviluppò con caratteristiche sue proprie, autonome e peculiari rispetto a quel

lo francese e tedesco: il movimento si affermò e visse per un lungo periodo all’interno del P.S.I., riuscì a coniugare motivazioni teoriche e azione pratica, assumendo un ruolo specifico e per un certo periodo rilevante nella lotta delle classi lavoratrici. Esso si sviluppò lungo l’intero primo ventennio del seco

lo, coincidendo con l’età giolittiana (v. Giolitti, Giovanni) e con l’avvio della rivoluzione industriale, quindi con l’affermazione del liberalismo (v.)[...]

[...]onaria dei governi di Francesco Crispi, di Antonio Starabba di Rudinì e Luigi Pelloux (si veda nella voce Italia, la cronologia).

Con l’avvento dei governi di Giuseppe Zanardelli e poi di Giolitti, stimati tanto liberaldemocratici da conquistare la stima e perfino la fiducia parlamentare del P.S.I., si ebbe nel Paese una svolta che fu presentata come di “centrosinistra”. Sarebbe certo una superficialità far discendere la fortuna in Italia del sindacalismo rivoluzionario da questo inedito clima di disponibilità socialista nei confronti di Giolitti, ma altrettanto errato sarebbe sottovalutare le interrelazioni, spesso anche strette, esistenti fra i due fenomeni.

In effetti, uno dei primi e più significativi momenti dell’iniziativa sindacalista fu rappresentato precisamente dal tentativo di opporsi all’appoggio dato dal P.S.I. al governo Giolitti. Il gruppo sindacalista cominciò ad assumere autorevolezza da qui, acquistando per la prima volta dignità di movimento. I sindacalisti, da Arturo Labriola (v.) a Enrico Leone e a Walter Mocchi, da Ser[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 526

Brano: [...]do intercorrente tra gli anni che precedono la Prima guerra mondiale e quelli successivi alla conclusione della Seconda. Il protagonista Landy Budd viaggia per il mondo, incontrando grandi capi di stato fra cui Hitler, Goering, Roosevelt, Stalin, Mussolini e partecipando ai principali intrighi internazionali.

Bibliografia: Fine del mondo, Mondadori, Milano, 1950; Fra due mondi, Mondadori, Milano, 1952; La giungla, Mondadori, 1954.

P.Mo.

Sindacalismo

Corrente teorica e movimento organizzato per la difesa degli interessi economici e sociali della forza lavoro contro lo sfruttamento capitalistico. Sorto nei primi decenni del secolo XIX in Gran Bretagna (v.) e gradualmente estesosi in tutto il mondo in concomitanza con lo svolgersi della rivoluzione industriale,

il sindacalismo ha assunto peculiari contenuti ideali e prassi organizzative secondo il livello economico, la composizione sociale e la situazione politica dei singoli paesi e nei diversi periodi storici. Ci si può quindi riferire a un sindacalismo di ispirazione marxista, classista oppure genericamente riformista (v. Riformismo), a un anarcosindacalismo (v. Sindacalismo rivoluzionario), a un sindacalismo corporativo di matrice cattolica e poi adottato anche dal fascismo (v. Corporativismo fascista), a un sindacalismo di tipo laburista (nel caso delle Trade Unions britanniche) e anche a un sindacalismo “giallo”, nel caso di organizzazioni collaborazioniste, guidate da sindacalisti asserviti ai datori di lavoro o addirittura da questi ultimi promosse e finanziate per spezzare l’unità dei lavoratori. La fondamentale struttura organizzativa di base del sindacalismo è in ogni caso costituita dal sindacato (v.) che variamente si articola e opera secondo i principi dai quali è ispirato.

Fin dall’inizio del nostro secolo si sono avuti tentativi per coordinare a livello mondiale le attività sindacali dei vari paesi (v. Amsterdam, Internazionale di). Attualmente esistono tre centrali sindacali mondiali: la Federazione sindacale mon

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 529

Brano: Sindacalismo rivoluzionario

formisti guidati da Filippo Turati (v.). Quantunque al Congresso socialista di Imola (settembre 1902) la frazione riformista conquistasse la stragrande maggioranza dei delegati, nei mesi immediatamente successivi l'iniziativa sindacalista ottenne apprezzabili risultati, sfruttando la debolezza e le sconfitte subite in campo sindacale dai riformisti proprio nel momento in cui correvano relazioni apparentemente così amichevoli tra il P.S.I. e il governo.

Furono mesi di intenso dibattito, di verifiche e di profonde revisioni aH’interno del P.S.I., sollecitati anche daM’emerg[...]

[...]a stragrande maggioranza dei delegati, nei mesi immediatamente successivi l'iniziativa sindacalista ottenne apprezzabili risultati, sfruttando la debolezza e le sconfitte subite in campo sindacale dai riformisti proprio nel momento in cui correvano relazioni apparentemente così amichevoli tra il P.S.I. e il governo.

Furono mesi di intenso dibattito, di verifiche e di profonde revisioni aH’interno del P.S.I., sollecitati anche daM’emergere del sindacalismo rivoluzionario. Nel 1903 i dirigenti del P.S.I., resisi conto dei disagi e delle profonde lacerazioni esistenti aH’interno del partito, della insoddisfazione dilagante fra le masse proletarie, furono costretti a togliere la fiducia data al governo e a prendere atto della capacità del sindacalismo rivoluzionario di aggregare sempre più vaste forze popolari spingendole a battaglie decisive con nuovi strumenti di lotta, quali appunto lo sciopero generale contro

lo Stato e il sistema capitalistico. Alla fine del 1902 Arturo Labriola, trasferitosi a Milano, fu tra i fondatori di Avanguardia socialista, un periodico che contribuì a dare respiro al dibattito sindacalista all’interno del P.S.I.. Il nuovo giornale suscitò grande interesse tra gli intellettuali socialisti e soprattutto tra i socialisti rivoluzionari che facevano riferimento a Costantino Lazzari (v.). Nella sua azione di stim[...]

[...]il sistema capitalistico. Alla fine del 1902 Arturo Labriola, trasferitosi a Milano, fu tra i fondatori di Avanguardia socialista, un periodico che contribuì a dare respiro al dibattito sindacalista all’interno del P.S.I.. Il nuovo giornale suscitò grande interesse tra gli intellettuali socialisti e soprattutto tra i socialisti rivoluzionari che facevano riferimento a Costantino Lazzari (v.). Nella sua azione di stimolo del dibattito teorico del sindacalismo, “Avanguardia socialista” importò dalla Francia (pur senza farle proprie) le idee di Sorel e di Lagardelle, riconoscendosi comunque in proposte e obiettivi più avanzati, anche in forme di lotta più coraggiose e coerenti. Arturo Labriola e il suo giornale divennero così un polo di aggregazione non soltanto delle forze sindacaliste rivoluzionarie, ma anche dei riformisti antituratiani, insoddisfatti della logica “evoluzionistica” del loro leader. Tra il 1903 e il 1904 i sindacalisti guidati da Labriola riuscirono a conquistare la maggioranza nella prestigiosa Camera del lavoro di Milano.

Alt[...]

[...] Milano.

Altri frutti di questa azione furono, al Congresso regionale lombardo del P.S.I., svoltosi a Brescia nel febbraio 1904, la vittoria della mozione sindacalista LabriolaMocchi su quella riformista. Al Congresso nazionale del partito, svoltosi a Bologna nell’aprile successivo, la mag

gioranza sindacalista venne riconfermata, sia pure con l’appoggio determinante della corrente dell'allora massimalista Enrico Ferri (v.).

Nel 1904 il sindacalismo rivoluzionario registrò d’altronde importanti successi, sia sul piano teoricopolitico che su quello dell’azione: lo sciopero generale del settembre, proclamato dalla Camera del lavoro di Milano in risposta agli eccidi (v.) di Castelluzzo e Buggerru (v. Cagliari), raccolse vasti consensi, mobilitando per cinque giorni — sia pure in forma puramente dimostrativa — le masse proletarie di mezza Italia. Questo sciopero mise al tempo stesso in risalto l’inconciliabilità esistente fra la strategia sindacalista e quella riformista: mentre Turati, pienamente appagato del carattere protestatario della d[...]

[...]to di carattere rivoluzionario da spingere fino alle sue estreme conseguenze.

Queste radicali divergenze nell'impostazione strategica, oltre a indebolire e soffocare le potenzialità del movimento contribuirono a rafforzare il governo Giolitti, capace da un lato di tenere agevolmente sotto controllo la situazione, dall’altra di usare queste agitazioni per far convergere sulla propria politica le forze conservatrici liberali e cattoliche.

Il sindacalismo rivoluzionario continuò ad allargare la base di consenso tra i lavoratori (dopo quella

di Milano, i sindacalisti conquistarono le Camere del lavoro di Ferrara, Parma, Piombino e altre ancora), ma sul piano politico la sua influenza rimase assai limitata: alle elezioni dell'ottobre 1904, volute da Giolitti proprio per sfruttare gli effetti dello sciopero sull'opinione pubblica bempensante, fu eletto un solo sindacalista: Eugenio Dugoni (v.), dirigente mantovano che peraltro pochi anni dopo passerà al riformismo. Al Congresso socialista dì Roma (ottobre 1906) la mozione sindacalista venne de[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 245

Brano: [...]g, costituì l’elemento intellettuale più vivace del socialismo partenopeo. Dal maggio 1898, costretto a espatriare, fu in Svizzera, ospite di Maffeo Pantaleoni; poi a Losanna presso Vilfredo Pareto. Mandava intanto corrispondenze all’« Avan

ti! », al « Roma », alla « Rivista popolare », al « Giornale degli economisti » e alla « Riforma sociale ». Quando dovette lasciare la Svizzera si trasferì a Parigi, dove conobbe e frequentò il teorico del sindacalismo rivoluzionario Georges Sorel (delle cui idee fu poi uno dei divulgatori e mediatori in Italia), lo storico deH’economia Charles Gide, Jean Grave, Paul Lafargue e strinse amicizia con Alfred Bonnet, redattore del « Devenir Social ». Nel 1900, in vista deH’amnistia, rientrò in Italia e da quel momento ebbe inizio il suo ruolo nell’arengo politico italiano.

Il « sindacalismo rivoluzionario »

Rientrato a Napoli, il suo primo passo fu la campagna promossa su « La propaganda » insieme a Longobardi, Leone, Guarino, Lucci e altri ancora, campagna che nel novembre 1900 portò a un’inchiesta ufficiale sulla vita amministrativa napoletana. Quello stesso gruppo, sull’onda del successo conseguito, fu eletto poco dopo in Consiglio comunale e diede vita alla Borsa del lavoro, il cui statuto, come ne! 1902 quello della successiva Camera del lavoro (v.), fu stilato appunto dal Labriola.

Già a Parma (1895) egli aveva fatto la sua apparizione tra gli « intransigenti », ma l[...]

[...]el 1901, con un opuscolo in cui attaccava le tesi di Filippo Turati. Cogliendo l’occasione dell’uscita di « Avanguardia socialista » (in cui si ritrovò con Soldi, Mocchi, Friedrichsen), si trasferì a Milano, cercando in un ambiente di più vasta risonanza la sede per organizzare quel fermento di convinzioni che, vedendo nel sindacato l’organo di una effettiva alternativa di classe allo stato borghese, si andò qualificando sotto l’appellativo di « sindacalismo rivoluzionario ». La campagna antiriformistica delr« Avanguardia » riscosse un primo successo al Congresso socialista di Bologna (1904) con i consensi ivi raccolti dall’o.d.g. Labriola Mocchi, in cui si affermava la validità dello sciopero generale come arma di lotta « contro lo Stato ed il Governo ». Lo sciopero generale fece il suo primo, imponente esperimento, su proposta della Camera del lavoro di Milano, a metà settembre dello stesso anno e segnò l’apice del successo sindacalista.

Nel 1906 al Congresso socialista di Roma, e a fine anno a Milano, al Congresso costitutivo della Con

[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 412

Brano: [...]le cooperative (di produzione, lavoro e consumo), ai Comuni rossi, e inviava al Parlamento un proprio deputato (Berenini), corrispondeva in città il proletariato e sottoproletariato dei borghi, disperso in diversi e spesso precari mestieri, poco incline a forme organizzative stabili, dalle tradizioni ribellistiche. Questa disomogeneità si rifletteva nel campo sindacale: alla riformistica Camera del lavoro di Borgo San Donnino si contrapponeva il sindacalismo rivoluzionario della Camera del lavoro di Parma (v. Anarchici).

I contrasti tra le due C.d.L., riguardanti forme organizzative e metodi di lotta, si acuirono dopo il 1906, quando la C.d.L. di Parma (dominata dagli anarcosindacalisti) non volle entrare nella appena costituita Confederazione generale del lavoro guidata dai socialisti riformisti, e soprattutto a partire dal 1907, quando Alceste De Ambris

(v.), divenuto in quell’anno segretario della C.d.L. di Parma, dopo aver promosso una serie di scio* peri vittoriosi (da quello delle bustaie allo sciopero agrario), organizzò in polemica [...]

[...]entarono due zone distinte, ma espressero due linee opposte, a tal punto che lavoratori della Bassa si iscrivevano a Parma, mentre lavoratori di Parma preferivano iscriversi a Borgo San Donnino. Nel 1917 la C.d.L. di Borgo San Donnino aprì una propria sede in città, in Borgo Tommasini, mentre la C.d.L. di Parma aveva la sua nell’Oltretorrente, in Borgo delle Grazie.

Lo sciopero generale agricolo del 1908 fece di Parma il simbolo nazionale del sindacalismo rivoluzionario. Proclamato per la mancata applicazione dei patti del 1907 e per l’atteggiamento intransigente degli agrari, che dopo gli scioperi del 1907 si erano dati una struttura più solida, lo sciopero del 1908 continuò per due mesi, fu di estrema durezza e coinvolse anche la città. Oltre a organizzare treni di crumiri, gli agrari formarono vere squadre armate, mentre la forza pubblica attaccava gli scioperanti. Lo sciopero si concluse, dopo scontri in città, con l’occupazione della C.d.L. di Parma da parte della forza pubblica, per cui Alceste De Ambris dovette rifugiarsi all’estero.
[...]

[...]ittà, con l’occupazione della C.d.L. di Parma da parte della forza pubblica, per cui Alceste De Ambris dovette rifugiarsi all’estero.

Il fallimento dello sciopero, dovuto anche alla frattura tra riformisti e sindacalisti rivoluzionari (la C.d.L. di Borgo San Donnino non vi aveva partecipato), fu seguito da una dura reazione padronale e da una stasi del movimento sindacale, soprattutto della corrente riformista. Nonostante questa sconfitta, il sindacalismo rivoluzionario riprese immediatamente vigore e anzi si rafforzò: nel 1911 si conclusero favorevolmente le lotte di diverse categorie operaie urbane (mentre, nelle campagne, l’introduzione da parte padronale dei rapporti di com

*

Crumiri protetti dalla cavalleria lavorano alla mietitura durante lo sciopero dei braccianti di Torrile San Polo (Parma) nel giugno 1908

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 553

Brano: [...]mento. In seguito al processo di industrializzazione la provincia ha registrato negli ultimi decenni un decremento nel numero degli abitanti, con fenomeni marcati di spopolamento della montagna e della collina a favore della popolazione del capoluogo.

Movimento operaio e contadino

I primordi del movimento operaio e contadino nella provincia di Piacenza furono caratterizzati dal dualismo, spesso aspro e violento, tra socialismo riformista e sindacalismo rivoluzionario (v. Anarchici) che, nelle campagne piacentine, ebbe una delle aree di maggiore diffusione dopo Ferrara e Parma. In seguito alla rottura del monopolio sulla proprietà della terra (precedentemente goduto, fino al 1851, dall’aristocrazia e dal clero), l’affermazione della proprietà agraria borghese creò anche nel Piacentino le premesse per una trasformazione dell'agricoltura in senso capitalistico, provocando la graduale disgregazione dell'economia contadina e la proletarizzazione di larghe fasce di popolazione rurale. Questo processo, pressoché concluso ai primi del nostro secolo[...]

[...]ttività manifatturiera cittadina, ma i più andarono a ingrossare le fila dei braccianti agricoli che, da 21.694 che erano nel 1901, passarono a 27.890 nel 1911. Questa massa di giornalieri di campagna, trovando lavoro soltanto per un breve periodo dell'anno, viveva in uno stato di miseria cronica e molti erano costretti a emigrare. Fra i giornalieri e gli obbligati, che in certe zone erano ai limiti della sopravvivenza, si diffuse rapidamente il sindacalismo rivoluzionario (o anarcosindacalismo).

A Piacenza le prime forme di associazionismo risalgono al 1857: in

quest’anno venne fondata la Società di Mutuo Soccorso per Piacenza e sua Provincia, inizialmente composta di soli borghesi, ma poi estesa anche ad altre classi. Nel 1861, con l’adesione di operai e artigiani, si formò l'Associazione Operaia Piacentina (poi « di Piacenza ») che aveva carattere democratico ed era guidata da mazziniani accesi. A questa, dal 1863, costituita per sotterranea manovra del prefetto e protetta dal governo, venne subito contrapposta un’altra società operaia, di tendenza moderata.

Alla fine de[...]

[...]nza nel 1894; altri ne sorsero, soprattutto in vai Tidone, dopo la caduta del governo Crispi e l'avvento di Giovanni Giolitti.

Nel 1899 iniziò le pubblicazioni Piacenza Nuova, organo del socialismo

locale, ma l'attività dei circoli socialisti venne presto scavalcata dalle organizzazioni economiche dei lavoratori. Alla fine del 1900 risultavano costituite leghe a Castel San Giovanni e nei comuni limitrofi al capoluogo.

Riformismo e anarcosindacalismo

La prima grande ondata di scioperi agrari si ebbe nel 1901, nelle valli del Tidone e dell’Arda, nonché nelle campagne intorno a Piacenza, per abolire l’obbligazione delle donne, ridurre l'orario di lavoro a 10 ore, aumentare i salari.

I dirigenti della C.d.L. e del P.S.I. (fra cui Sabino V arazza ni, primo deputato socialista piacentino) disapprovavano gli scioperi nelle campagne, di cui temevano lo spontaneismo incontrollabile e il carattere troppo aggressivo. Di fronte a tale atteggiamento le leghe contadine decisero di uscire dalla C.d.L. riformista e di costituire una Federazione pr[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 682

Brano: [...]lle città sovraffollate, specchio delle contraddizioni della società e serbatoio inesauribile di povertà e contrasti.

Socialisti e rivoluzionari

Nel 1901 venne fondato da M. Hillquit, V. Berger ed E. Debs il Partito socialista americano, che raccoglieva diverse organizzazioni e posizioni, vivendo la sua impetuosa crescita fino al 1912, anno della sua grandiosa affermazione elettorale. A livello sindacale i socialisti sostenevano un tipo di sindacalismo industriale (con l'unità dei lavoratori della stessa industria) contro il sindacalismo di mestiere. Pur essendo presente in quasi tutte le realtà del Paese, questo partito non riuscì tuttavia a produrre una teoria che saldasse i successi elettorali a un progetto di trasformazione socialista della società.

Nel 1905 nacque a Chicago, dalla convergenza di diverse organizzazioni, il sindacato rivoluzionario Industriai Workers of thè World (I.W.W.) in netto contrasto con le posizioni riformiste dell'A.F.L.. Quest'ultima aveva inoltre stretto forti relazioni con gli esponenti del grande capitale e uomini politici, aderendo alla Federazione Civica Nazionale (N.C.F.) che era stata f[...]

[...]cipali successi vennero ottenuti nell'Ovest e nelle zone agricole del Sud e del MidWest durante i giganteschi scioperi di Lawrence (1912) e Patterson (1913), attraverso un intenso lavoro di propaganda per \’azione diretta, con forme di organizzazione dal basso nel luogo di lavoro, con la mobilitazione attraverso scioperi e boicottaggi, superando la mediazione po

li leader socialista Eugene Debs

liticapartitica e il vincolo contrattuale. Il sindacalismo rivoluzionario (v.) tuttavia non attecchì tra la classe operaia americana, la sua prospettiva rimase minoritaria e, ben presto, venne ridotto al silenzio.

Gli anni della guerra mondiale accelerarono le forze centrifughe e disgreganti aH'interno della sinistra americana, minando definitivamente la precaria coesione della dirigenza. Il Partito socialista, a differenza di ciò che era accaduto nelle socialdemocrazie europee, assunse una linea di forte opposizione alla guerra, avviando una campagna antimilitarista in tutto il Paese. Per questo motivo il governo scatenò una violenta repressione,[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 596

Brano: [...]
Sorel, Georges

N. a Cherbourg (Francia) il 2.11. 1847, m. a BoulognesurSeine (Francia) il 27.7.1922; ingegnere e sociologo.

Nel 1867 si laureò in Ingegneria alla École Polytechnique di Parigi e fino al 1892 lavorò come ingegnere al Servizio Ponti e Strade; si dimise poi dall’incarico per potersi dedicare pienamente ai suoi studi. Redattore della rivista socialista

l'Ère nouvelle (189394), fu un prolifico autore, principale teorico del sindacalismo rivoluzionario (v.). Amico e corrispondente di Benedetto Croce, fu largamente conosciuto anche in Italia attraverso le traduzioni di alcuni suoi libri: Le Procès de Socrate (1898), Contribution a l’étude profane de la Bible (1889), L’avenir socialiste des syndacats (1898), La décomposition du marxisme (1908) e Réflexions sur la violence (1890). Questa sua ultima opera, la più famosa e discussa, fu tradotta in italiano nel 1912.

Gli scritti di Sorel, sia quelli della sua prima fase di ortodossia socialista (189397) che i successivi, quando divenne critico del marxismo (18981903), alimentaro[...]

[...]cinò così ai giovani monarchici dell’Action frangaise (v.), nei quali ravvisò un utile strumento di rottura col passato e di rinnovamento politicoculturale della Francia. Questo incontro con la destra si realizzò gradualmente dopo il 1910 e culminò nell’adesione di Sorel al monarchico Circolo Proudhon, una sorprendente metamorfosi da inquadrarsi forse nella delusione provata da Sorel con il venir meno della tensione rivoluzionaria tra i capi del sindacalismo francese.

La Prima guerra mondiale (che egli criticò) lo vide ritirarsi dalla scena politica attiva, ma la rivoluzione russa del 1917 gli diede nuovi entusiasmi, anche se non mancarono in lui ondeggiamenti e contraddizioni. Dai suoi scritti di quel periodo, soprattutto in Plaidoyer pour Lénine (Arringa per Lenin) risulta che egli accolse con entusiasmo la presa del potere dei bolscevichi, considerandoli restauratori dei destini del proletariato. Anche l’occupazione

delle fabbriche in Italia fu da lui seguita con viva partecipazione, come una moderna forma di autogestione aziendale.

i[...]

[...]ti e contraddizioni. Dai suoi scritti di quel periodo, soprattutto in Plaidoyer pour Lénine (Arringa per Lenin) risulta che egli accolse con entusiasmo la presa del potere dei bolscevichi, considerandoli restauratori dei destini del proletariato. Anche l’occupazione

delle fabbriche in Italia fu da lui seguita con viva partecipazione, come una moderna forma di autogestione aziendale.

in Italia il pensiero di Sorel ebbe notevole influsso sul sindacalismo rivoluzionario e, per un certo periodo, su Benito Mussolini (v.).

A.Per.

Sorgoni, Angelo

N. a Recanati (Macerata) il 3.3.1879, m. ad Ancona l’8.2.1964; maestro elementare.

Militante socialista, nei primi anni del secolo si prodigò nell’attività educativopropagandistica e associativa tra le masse, secondo un’impronta positivista, umanitaria e anticlericale. Nel 1908 fondò la Camera del lavoro di Recanati, divenne segretario della Sezione del partito socialista di Ancona e, quando si costituì nel 1911, segretario della Federazione provinciale, partecipando in tale veste alle vicende[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine sindacalismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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