Brano: [...]ceversa, nonostante iI gran parlare che se ne è fatto in questi ultimi tempi, se ne sa, in fondo, quanto prima. L'isola con i suoi assillanti problemi continua ad essere vista e giudicata, in generale, secondo gli schemi mentali del passato: pittoresca, geniale ma ingovernabile, per chi la guarda dall'esterno, tormentata e incompresa per chi la sente dall'interno. Ed è inutile, a questo punto, alimentare con nuovi miti il dialogo dei sordi tra « siciliani che non si danno pace per le antiche ingiustizie di cui scontano ancora le conseguenze e « settentrionali » che sono stanchi di sentirne parlare. Non c'è più nulla da ricavare da questa sterile contrapposizione. Vogliamo fare uno sforzo per capirci? Allora sarà meglio accantonare per un momento ciò che è opinabile per attenerci a ciò che è certo. Prima di confrontare le conclusioni a cui si è giunti, converrà, cioè, intendersi. sul punto da cui si è partiti, su quella realtà economicasociale di oggi che è l'inizio obbligato per qualsiasi piano di sviluppo della Regione e, ci sembra, per quals[...]
[...]nti: cioè, in media, 3 occupati per ogni 10 persone economicamente inattive. Secondo le stesse rilevazioni, il reddito medio per abitante veniva stimato a L. 143.633 all'anno, equivalenti a poco più di 200 dollari U.S.A. che è il termine di riferimento adottato dall'O.N.U. per classificare precisamente i paesi. e sottosviluppati ». Se si volesse, poi, osservare più attentamente come è ripartito tra i vari rami di attività il reddito prodotto dai siciliani equale è il livello dei consumi della popolazione dell'isola, il grado di depressione da essa raggiunta non potrebbe che apparire più grave (1).
(1) Secondo uno studio del prof. Guglielmo Tagliacarne (« Moneta e credito », IV trimestre 1959) la percentuale del reddito prodotto in Sicilia, durante il 1958, nei vari rami economici, prendendo come termine di riferimento il totale prodotto per ciascun settore in Italia, fatto uguale a cento., sarebbe tosi ripartita:
Agricoltura e foreste 9,49
Pesca 18,61
Fabbricati 5,14
Industria, commercio, credito, assicurazione e trasporti 3,75
Professio[...]
[...]il 1958 il seguente quadro per la Sicilia:
Radioabbonati 66
Spesa tabacchi 73
Spesa spettacoli 71
Consumo energia elettrica per illuminazione 58
Lettori « Selezione » 62
116 RENATO MIELI
Ma non è sull'intensità della miseria che si deve fissare lo sguardo, anche se umanamente vien naturale farlo; bensì sull'evoluzione in corso. La domanda a cui dobbiamo sforzarci di dare una risposta è se in questi ultimi anni le condizioni economiche dei siciliani siano andate migliorando o peggiorando. E poiché il concetto di « miglioramento » è di per se stesso relativo, presupponendo un confronto nello spazio e nel tempo, sarà bene dire subito che i termini di paragone ai quali intendiamo richiamarci sono rispettivamente la situazione economica nazionale e il quadriennio (19551959), che costituisce una prima parte del periodo previsto per l'attuazione dello « Schema Vanoni ».
Il perché di questa scelta è abbastanza evidente. Non si può comprendere l'evoluzione economica della Sicilia, isolandola dal contesto nazionale. Non si può pensare a un progr[...]
[...] due dati risulta un dislivello dell'8%, che rappresenta la frazione di popolazione siciliana che dovrebbe diventare attiva per raggiungere la media nazionale. Naturalmente poiché sulla media italiana incide la minore occupazione delle regioni meridionali, il dislivello sarebbe ancor più accentuato se si paragonasse la Sicilia al Nord. Ma già da questo primo confronto si ha una misura del divario esistente. Per colmarlo occorrerebbe che l'8% dei siciliani, ossia circa 380.000 persone, cessassero di essere « inoccupati ». È una cifra forte, che dà un'idea della mole del problema da risolvere. Per:, non vi é da lasciarsi impressionare. Intanto va detto che il livello di occupazione non può essere preso come un indice assoluto di progresso. In una determinata comunità che avesse raggiunto, un elevato grado di sviluppo potrebbe diminuire la percentuale della popolazione attiva (per una minore partecipazione ad esempio di vecchi o di donne al processo produttivo) con un compensativo incremento della produttività. Non è questo il caso della Sicilia.[...]
[...] un ragionevole periodo di tempo (3).
Fin qui si é considerato quello che potrebbe essere il potenziale umano tuttora improduttivo e si é constatato quanto resta da fare in Sicilia per raggiungere il livello italiano in tema di occupazione. Ma se si considera l'attuale stato di cose, per quanto si riferisce all'offerta di lavoro nell'isola, la situazione appare un po' meno preoccupante. Tuttavia non c'è per ora da compiacersene troppo. Oltre ai siciliani « inoccupati », che attualmente non hanno speranza di trovare lavoro, vi sono anche i « disoccupati », ossia i licenziati in cerca di nuova occupazione e le ultime leve in cerca di prima occupazione. Secondo le liste di collocamento, gli iscritti in queste due classi erano passati da circa 200.000 alla fine del 1956 a meno di 130.000 nella primavera del 1959. Stando invece alle stime dell'Istituto Centrale di Statistica, il loro numero corn
(3) Dalle due tabelle di cui sopra, risulta che lo scoperto tra la percentuale delle forze di lavoro in rapporto alla popolazione residente in Sicilia ri[...]
[...]el 1958, rispetto ai dati del CentroNord. Praticamente si può dire che le variazioni registrate in questo periodo non hanno contribuito in misura apprezzabile a coprire il deficit di occupazione in Sicilia rispetto al livello nazionale.
120 RENATO MIELI
plessivo sarebbe passato da 130.000 nel maggio del 1955 a 78.000 nell'aprile dell'anno scorso (4). In entrambi i casi risulta che vi è stata una diminuzione sensibile del numero dei disoccupati siciliani, negli ultimi due anni: una diminuzione. che sembrerebbe, proporzionalmente, molto superiore a quella registrata, durante lo stesso periodo, su scala nazionale, se il calcolo venisse fatto in base ai dati degli Uffici di Collocamento (5). Comunque, una controprova dei miglioramento verificatosi al riguardo in Sicilia, durante gli ultimi anni, ci è data dal rapporto fra occupati e forze di lavoro. Questo rapporto che era del 91,3% nel 1955 è salito nell'isola al 95% nel 1959, mentre contempora
(4) I dati riguardanti la disoccupazione in Sicilia possono essere compendiati nella seguente tabell[...]
[...]ell'ISTAT (a prescindere dalla diversità delle date mensili a cui si riferiscono). Ma poiché a noi interessano le variazioni annuali più che gli ammontari assoluti, si può osservare che secondo i dati delle liste di collocamento gli iscritti alle prime due classi sarebbero diminuiti in media di 30.000 unità all'anno (dal dic. 1956 al marzo 1959) mentre, stando alle rilevazioni dell'Istituto Centrale di Statistica, il numero dei disoccupati e dei siciliani in cerca di una prima occupazione sarebbe diminuito in media di 13.000 unità all'anno (dal maggio 1955 all'aprile 1959) ovvero di circa 30.000 all'anno, se riferito al periodo 19571959. Da ciò si potrebbe desumere, con relativa approssimazione, che dall'inizio del 1957 alla primavera del 1959, la disoccupazione siciliana sia andata diminuendo in media del 15% all'anno, dopo aver seguito una curva ascendente negli anni precedenti.
(5) Analogamente a quanto si è fatto per la Sicilia, si può così compendiare l'andamento del fenomeno della disoccupazione in Italia, in base al numero degli iscrit[...]
[...] la Sicilia e l'Italia sia andato aumentando in valore assoluto, sebbene l'incremento medio siciliano sia stato ogni anno proporzionalmente piú elevato di quello italiano (26,3% contro 17,2%). Ossia dovremmo ritenere che, mentre il contributo medio della Sicilia alla formazione del reddito nazionale si mantiene basso, come risulta dalla percentuale variante dal 5,36% al 5,6%, si sono in qualche modo allungate le distanze tra il reddito medio dei siciliani e quello italiano, nonostante il più intenso ritmo di progresso registrato nell'isola. Ad ogni buon conto, non si può negare che vi sia stato in Sicilia, in questi ultimi quattro anni, un aumento del reddito molto maggiore che nel passato, anche se il divario con le regioni più sviluppate del nostro paese, non si è contemporaneamente
LA CONTRASTATA EVOLUZIONE DELLA SICILIA 125
attenuato, per effetto dei progressi registrati nel CentroNord in conseguenza della favorevole congiuntura.
A questo punto é opportuno fare una prima tappa, al termine della ricognizione effettuata. In sintesi ci sem[...]
[...]ienza va quindi intesa nel senso più largo di utilità pubblica e non di vantaggio aziendale. Ciò non implica affatto che non si debba badare a spese né prendere in considerazione altre scelte che non siano quelle suggerite da un'immediata esigenza sociale. Non è detto cioè, nel caso nostro, che sia socialmente più conveniente, in una prospettiva di sviluppo moderno, di investire senza limiti nell'agricoltura per trattenere un numero superiore di siciliani nelle campagne, dove la redditività, nonostante tutti gli sforzi, resterebbe bassa. Può darsi benissimo che sia più conveniente assorbire una parte degli inoccupati e sottoccupati in attività industriali e terziarie. Per deciderlo, non giova richiamarsi a schemi ideali; meglio affidarsi al calcolo economico del maggior vantaggio collettivo.
Per la Sicilia non ci consta che tale calcolo sia stato fatto finora. Si è accennato a varie soluzioni di massima; ma senza specificare, con
r
LA CONTRASTATA EVOLUZIONE DELLA SICILIA 127
cifre precise, che cosa si proporrebbe di fare. Da tutti è ricono[...]
[...]a straniera), bisognerebbe investire ingenti capitali, allo scopo di modificare non solo le condizioni di lavoro ma anche quelle di vita della popolazione agricola. Si tratta di costruire vie di comunicazione, di sistemare i corsi d'acqua, di procurare acqua potabile e per irrigazione, di bonificare il terreno, di costruire case, stalle, scuole, farmacie, ecc. Un'impresa gigantesca, in poche parole. Fino a qual punto conviene, nell'interesse dei siciliani, impegnarvisi? L'opinione dei rappresentanti più autorevoli è controversa. Tutti concordano nel ritenere che si debba investire una cifra considerevole per trasformare l'agricoltura regionale in modo da porla su un piano di redditività competitiva nei confronti dell'Italia centrosettentrionale e di altri paesi europei. Ma tutti sembrano sottintendere che oltre ad un certo limite, di cui non viene precisata l'elevatezza, é meglio non spingersi, per convogliare piuttosto gli investimenti in altra direzione.
L'ex Presidente della Regione, Milazzo, pensa che ci siano già troppe bocche da sfamare[...]
[...]uppare al massimo la coltura del cotone e del lino, che sono state finora trascurate. Per farlo, occorrerebbe per() che ci fosse la certezza di un collocamento del prodotto. Ora questa certezza non ci sarà — egli sostiene da convinto autonomista — fino a quando non sorgeranno in Sicilia i cotonifici e i linifici °che lavoreranno sul posto il prodotto stesso. Sull'industria del Nord' non ci si può contare; anzi non c'è da fidarsene. Occorre che i siciliani stessi costruiscano un certo numero di stabilimenti (25 o 30 al massimo) di media grandezza per la trasformazione della produzione agricola; soltanto allora sarà possibile procedere a una riconversione dalla coltura cerealicola estentiva, ormai insostenibile, ad una coltura più redditizia, che alimenti una sana attività industriale.
Il suo predecessore, La Loggia, dice che si deve procedere a una trasformazione radicale dell'economia agraria dell'isola, condannata inesorabilmente a decadere se si continua cosi. La trasformazione alla quale pensa non va confusa con la riforma fondiaria : si t[...]
[...] un alto rendimento si deve e verticalizzare » il processo di produzione agricola, coordinando e organizzando non solo la lavorazione dei campi, ma anche la raccolta, conservazione, distribuzione e trasformazione del prodotto. Ma per farlo occorre prima di tutto consorziare i produttori. Questa é la conclusione a cui é giunto La Loggia: conclusione che ci sembrerebbe più convincente se non dubitassimo della volontà di consorziarsi dei produttori siciliani.
Per i comunisti e socialisti il problema non è tanto di un rimodernamento delle tecniche produttive quanto di una maggiore occupazione agricola attraverso una più rigorosa applicazione ed eventuale revisione della legge di Riforma allo scopo di elevare il numero degli assegnatari. Macaluso, 'che é indubbiamente la figura di maggior rilievo tra i dirigenti comunisti siciliani, ritiene che la politica di incre mento della bonifica, di trasformazione e conversione colturale, debba poggiare su tre pilastri:
1° — Ente di Riforma agraria;
2° — Consorzi di bonifica;
3° — Consorzi agrari. Questi tre strumenti, a suo avviso, vanno
completamente rinnovati, se si vuol fare una politica di sviluppo del
l'agricoltura.
Il P.C.I., più che far questione di indirizzo produttivistico o di metodo nuovo, pone la sua candidatura al controllo degli strumenti operativi; e basta. Nessuno può contestare il buon diritto dei comunisti di rivendicare la loro parte di responsabilità ne[...]
[...] come una lontana speranza, ma che, essendo sia pure indirettamente al potere, avrebbero dovuto formulare con impegni e scadenze precise. Dovevano quindi, per forza di cose, accontentarsi di 'esercitare quel tanto di autorità che avrebbe consentito di esaudire almeno in parte ciò che il loro elettorato si attendeva da essi. Ma non era molto; e soprattutto non era sufficiente a produrre quella trasformazione delle condizioni di vita dei contadini siciliani che è una necessità improrogabile per l'isola.
Visto che con quella maggioranza si è dimostrato impossibile impostare un piano, tecnicamente preciso e politicamente realizzabile, vien da chiedersi se ce ne sarebbe un'altra più omogenea per un programma di rinnovamnto dell'economia agraria. L'impressione, finché si rimane nel campo delle ipotesi, è positiva; in sostanza i dirigenti dei principali partiti — D.C., P.C.I. e P.S.I. — non hanno un orientamento inconciliabile per quanto si riferisce allo sviluppo dell'agricoltura isolana. Anzi c'é da ritenere che se dai propositi di massima si pass[...]
[...]ria, possono dar luogo ad un processo patologico, anziché fisiologico. Un accrescimento sproporzionato delle attività terziarie, quanto non corrisponde ad un aumento parallelo di quelle primarie e secondarie, finisce con essere una forma larvata di ridistribuzione delle ricchezze attraverso diaframmi artificiali.
Il metodo migliore per guarire dalla depressione strutturale é l'industrializzazione. Ciò vale per tutte le aree sottosviluppate; e i siciliani lo sanno. Su questo infatti sono d'accordo. D'accordo — intendiamoci — sull'idea, ma non su ciò che si dovrebbe fare per realizzarla.
Qui si entra nel vivo della questione. Tutti dicono di essere per l'industrializzazione in Sicilia; non costa niente affermarlo. E chi non lo vorrebbe? Per:, guardiamoci dalle esagerazioni. Industrializzare: va bene. È giusto che sia, questo, l'indirizzo principale dello sfarzo per lo sviluppo dell'isola. Principale ma non esclusivo. Non passiamo da un eccesso all'altro. Lo sforzo, per essere fruttuoso, va distribuito giudiziosamente. Va concentrato soprattutt[...]
[...]alla Sicilia spetti un contributo proporzionalmente superiore, in virtù di obblighi assunti in precedenza dal governo? Comunque, si voglia giudicarla, questa rivendicazione siciliana, sarebbe certamente meno assillante se il contributo dello Stato, indipendentemente dal titolo di legittimazione, fosse più elevato e adeguato alle necessità dell'isola. Il rimodernamento delle infrastrutture siciliane richiede effettivamente di piú. Però, possono i siciliani dire di aver fatto finora il miglior uso possibile dei mezzi, sia pure insufficienti, di cui disponeva la Regione? Onestamente, quando si sente affermare, senza convincenti smentite, che alcune decine di miliardi giacciono inutilizzati da mesi nelle casse della Regione, un certo senso di disagio è difficile non provarlo. L'on. Lanza, che fu Assessore ai Lavori Pubblici nel governo La Loggia, dichiara, a chi gli chiede una spiegazione in proposito, di non essere mai riuscito ad ottenere dai funzionari di quell'Assessorato una cifra precisa delle giacenze. A quanto ammontino quei fondi nessuno [...]
[...] ad essere erogati dopo oltre un anno rimangono inutilizzati per un lungo periodo di tempo.
La stessa spiegazione, sebbene con un po' di risentimento per le accuse mosse da alcuni giornali poco benevoli, dà l'on. Corrao, che fu Assessore ai `Lavori Pubblici nei due successivi governi presieduti da Milazzo. È una campagna — egli dice — che specula sulle difficoltà di ordine tecnico, derivanti dalle leggi esistenti, per screditare gli autonomisti siciliani, presentandoli all'opinione pubblica come amministratori incompetenti, che chiedono miliardi al paese e non si accorgono nemmeno di quelli che hanno in cassa e che non sanno spendere.
Fuori da ogni polemica, resta il fatto che un po' di chiarezza su questo argomento non sarebbe sprecata. Che vi siano decine di miliardi nelle Casse della Regione bloccati per lunghi periodi di tempo è da appurare. Ma se tosi fosse — come sembra probabile — bisognerebbe piuttosto che invocare una legge per giustificarsi, individuare un rimedio per correggere uno stato di cose svantaggioso per l'isola. E sarebbe[...]
[...]rigente d'azienda, i risultati sono stati largamente positivi. Occorre, però, attraverso una estesa, per non dire generale, opera di riqualificazione dei lavoratori e di correzione dell'indirizzo, quasi esclusivamente umanistico, della scuola creare quella preparazione moderna che fa tuttora difetto alla popolazione siciliana. E un'opera di gran respiro, che richiede tempo e perseveranza; ma tutt'altro che impossibile. Con il materiale umano dei siciliani si può essere certi di raggiungere sotto questo profilo il livello delle società più progredite.
Economie esterne: altro serio svantaggio. Tutto costa di più in Sicilia rispetto alle regioni più avanzate: a cominciare dalle fonti di energia (scarse le risorse idriche, data la irregolarità delle precipitazioni stagionali e la natura del terreno, e notevole la dispersione degli utenti) per finire con le materie prime e i semilavorati che dovrebbero essere importati (14). La insufficienza delle infrastrutture crea, in partenza, condizioni di inferiorità per un industriale siciliano nei confront[...]
[...]o ignorare. Ma la vera difficoltà é nel fattore umano. Quello che manca in Sicilia sono gli imprenditori. È inutile ripetere che ciò si deve in gran parte all'opera di soffocamento compiuta dall'industria del Nord con la complicità dei poteri dello Stato, dopo l'unificazione nazionale. E vero: il protezionismo imposto per favorire l'affermarsi delle industrie, dislocate nel triangolo settentrionale, lo hanno pagato i meridionali — e tra questi i siciliani — con la contrazione delle loro esportazioni agricole e l'impoverimento della loro economia. Ma anche prima che questo processo di polarizzazione della ricchezza e della miseria nel nostro paese si sviluppasse in pieno, i siciliani avevano già quella propensione a concepire l'economia isolana piuttosto in termini di consumo locale che in termini di scambio. C'é una grande verità nelle parole che il vecchio Prii.cipe del « Gattopardo » rivolge agli intraprendenti patrioti lombardi e piemontesi che cercano di scuoterlo dalla sua aristocratica e distaccata saggezza. Se avessimo voluto progredire e produrre come voi, se avessimo voluto fare anche noi qualcosa, non avremmo aspettato il vostro arrivo. Avevamo tutta l'intelligenza per riuscirvi da soli. Ma non ci interessava. Esatto: i siciliani non erano imprenditori neppure [...]
[...]termini di scambio. C'é una grande verità nelle parole che il vecchio Prii.cipe del « Gattopardo » rivolge agli intraprendenti patrioti lombardi e piemontesi che cercano di scuoterlo dalla sua aristocratica e distaccata saggezza. Se avessimo voluto progredire e produrre come voi, se avessimo voluto fare anche noi qualcosa, non avremmo aspettato il vostro arrivo. Avevamo tutta l'intelligenza per riuscirvi da soli. Ma non ci interessava. Esatto: i siciliani non erano imprenditori neppure un secolo fa, non perché non ne avessero la capacità, ma perché non ne avevano la volontà. La loro concezione della vita, istintiva nel popolo e più o meno meditata nella classe dirigente, era diversa; più vicina a quella maturata in altri climi mediterranei che non nell'Europa occidentale. Dire che non abbiano oggi capacità imprenditoriali, non è un giudizio critico, bensì un riconoscimento di una diversa formazione storica. Non si fa dunque torto a nessuno se si constata che in Sicilia non ci sono gli uomini che abbiano la vocazione e la capacità di diventare [...]
[...]eve saper tener conto. Insomma, colmare il divario che esiste nelle capacità imprenditoriali tra le regioni sottosviluppate e quelle progredite è la vera difficoltà. Anche qui la conclusione é sempre la stessa: non si può affidare la soluzione del problema al giuoco spontaneo delle forze economiche. Se si lascia fare ad esse il divario tende ad aumentare. Per correggere lo squilibrio esistente, occorre intervenire con una azione appropriata.
Ai siciliani bisogna riconoscere il merito di aver ideato uno strumento che in teoria ha tutti i requisiti per svolgere tale azione. Questo strumento ideale é la Sofis. Concepita come mezzo di propulsione e non come semplice istituto di credito industriale, la Società Finanziaria Siciliana (società per azioni di cui la Regione detiene la maggioranza), ha appunto per finalità quella di partecipare con funzione pilota al sorgere e al consolidarsi di attività industriali nell'isola. A tale scopo può disporre di un capitale iniziale che ammonterebbe a 13 miliardi e 600 milioni. Però, con una legge che dovrebb[...]
[...]: questa sarebbe la ragione tattica che avrebbe consigliato alla Sofis l'attuale riservatezza. È una spiegazione che non convince, non perché si dubiti dell'interesse che avrebbero quelle forze economiche ad influire sull'opinione pubblica interpretando in un modo particolare i risultati dell'analisi effettuata dall'Istituto Battelle, ma perché non si vede come la Sofis possa ottenere la fiducia dei risparmiatori e soprattutto degli imprenditori siciliani, che dovrebbero impegnarsi in iniziative industriali, senza una chiara idea delle condizioni e prospettive di mercato.
Vi è anche un problema di costume che non pub essere ignorato. È vero, i privati non rivelano in anticipo i loro progetti. Ma l'iniziativa pubblica non é la stessa cosa : ha un'altra funzione, che é precisamente di integrare e sostituire quella privata, quando ciò é necessario nell'interesse della collettività. E l'interesse della collettività non può essere amministrato da pochi in segreto, prescindendo da ciò che ne pensa la collettività stessa. Il controllo dell'opinione [...]
[...]ollettività. E l'interesse della collettività non può essere amministrato da pochi in segreto, prescindendo da ciò che ne pensa la collettività stessa. Il controllo dell'opinione pubblica é inseparabile dalle finalità dì una società come la Sofis; altrimenti non vi sarebbe alcuna garanzia contro il rischio di veder sorgere una nuova potenza economica, con tutti gli inconvenienti che si attribuiscono al monopolio. Bisogna poi tener presente che i siciliani sono molto intelligenti, ma anche diffidenti. Un silenzio di tomba in una materia così delicata, quaIe é quella di promuovere e finanziare attività industriali che possono, anzi dovrebbero, generare lauti profitti a beneficio di un certo numero di imprenditori, si presta a facili e pesanti sospetti.
Ma, lasciando da parte le considerazioni di ordine morale e le riflessioni di natura psicologica, vi è una ragione pratica che rende necessaria la rottura del silenzio. L'ex Presidente Milazzo, accogliendo la richiesta dei sindacati e del P.C.I., aveva annunciato la creazione di un Comitato incar[...]
[...]se miste) stabilendo un limite di tempo per il disinvestimento della quota di avviamento. Si creerebbe in tal modo un meccanismo di riscatto, che darebbe luogo ad un processo di privatizzazione, più o meno automatico. Questo potrebbe essere uno schema per favorire la formazione di imprese private siciliane nel settore della produzione di beni di consumo: schema ingegnoso, senza dubbio, ma — come dire? — un po' troppo teorico. Se gli imprenditori siciliani non hanno dato finora segni di vita, nonostante gli aiuti e gli incentivi messi in opera dalla Regione, é piuttosto ardito pensare che lo faranno nel prossimo avvenire, perché sorretti dalla Sofis. La Cavera che di questo problema si sente investito con il fervore passionale di chi crede di avere una missione da compiere, non si nasconde affatto quanto sia arduo creare una mentalità imprenditoriale tra i siciliani. È come — egli pensa — vo ler dare da mangiare a chi é digiuno da secoli; occorre abituarlo gradualmente. Né si può fare leva sulla sete di ricchezza che in altre parti ha tanta presa sugli uomini. Con i siciliani — afferma La Cavera — bisogna far leva sul senso di giustizia e di dignità. Bisogna ricordarsi che preferiscono restare poveri come sono, piuttosto che essere umiliati da altri. A questo prezzo rinuncerebbero a qualsiasi ricchezza, pur di non vergognarsi di se stessi. Non si deve quindi interpretare l'insufficiente sviluppo industriale della Sicilia come un segno di
154 RENATO MIELI
inferiorità congenita dei siciliani. Chi giudica così sbaglia, e non contribuisce certo a promuovere quello sviluppo della Regione che é nell'interesse anche della nazione.
Ma La Cavera, come si diceva, non si nasconde che, anche a voler usare il metodo più appropriato, l'opera di riforma della mentalità isolana é molto ardua e di lungo respiro. E se non riuscisse? Se nonostante tutto l'impegno appassionato e i mezzi impiegati non si riuscisse a formare una classe imprenditoriale siciliana, quale situazione si verrebbe a creare? È inutile nasconderselo: se l'iniziativa privata siciliana non sarà capace di affermarsi, dovrà ced[...]
[...] certo, bensì in quello dell'opinabile. La scelta di indirizzo che la classe dirigente siciliana è chiamata a compiere non si basa unicamente su un calcolo razionale dei vantaggi e degli inconvenienti prevedibili. Molti altri fattori intervengono nella determinazione di tale scelta; fattori che hanno un'importanza decisiva, anche se sfuggono ad una precisa identificazione da parte di chi é estraneo alla mentalità ambientale, e forse degli stessi siciliani. Sarebbe interessante cercare di comprendere i motivi che dall'esterno sembrano imponderabili ed hanno invece tanto peso all'interno di una società come quella siciliana. Vivide intuizioni si affacciano subito alla mente per analogia con il comportamento di paesi di antica civiltà che si accingono a superare oggi la loro arretratezza economica. E vien fatto di pensare che il valore che si attribuisce al superamento della povertà sia diverso da quello che si attribuisce al passo successivo, ossia alla creazione di una relativa agiatezza. Per chi deve vincere la fame, non c'è prezzo di sacrific[...]
[...]i di dignità e di speranza, che sono l'unico bene rimasto. L'esasperazione del sentimento nazionale o autonomistico in zone economicamente sottosviluppate non é che la testimonianza di questa difesa di un valore insostituibile per chi non ha altro nella vita. Non è quindi inspiegabile, anche se può sembrare sorprendente, che tanta carica di istintiva idealità e di fierezza si accumuli proprio nelle aree depresse. Né deve sembrarci illogico che i siciliani possano mettere nei loro calcoli di ciò che deve farsi per il progresso dell'isola una forte dose di passionalità, talvolta improduttiva. È naturale che sia così; ed é giusto sforzarsi di capirlo, per ren
LA CONTRASTATA EVOLUZIONE DELLA SICILIA 175
dersi conto della complessità del problema, nella viva concretezza dei suoi termini attuali.
* * *
Su un punto, credo, le idee sono chiare per tutti. La Sicilia deve industrializzarsi se vuole risolvere il suo problema di fondo, che è quello di dar lavoro alla massa di inoccupati e disoccupati e di elevare il reddito medio ad un livello per lo [...]
[...]to da tutti.
Ma, per tornare a ciò che non può misurarsi con dati statistici, bisogna riconoscere a questo punto, che il funzionamento della Sofis dipenderà in larga misura dai criteri e dai metodi dei suoi dirigenti. E qui il discorso si sposta necessariamente dall'economia alla politica. Il calcolo di ciò che può essere più utile, qui deve cedere il posto al calcolo di chi può ricavarne un maggior utile. Entrano in giuoco interessi di gruppi, siciliani e non siciliani, che non consentono più di ragionare in astratto per il bene dell'isola. Nella classe dirigente regionale vi é una
156 RENATO MIEL!
divisione di opinioni e convergenza occasionale di interessi, che presenta un'immagine confusa, contraddittoria e quasi incomprensibile di quella società in evoluzione.
Cercare di spiegarsi che cosa sia il c milazzismo », non è semplice. Come fenomeno politico si può pensare che all'origine del movimento ci sia stato l'impulso a formare un secondo partito cattolico, piú sensibile alle esigenze locali e capace di sostituirsi, a breve scadenza, a quei partiti d[...]
[...]mi, come in Sicilia, non permette nemmeno che attorno ad un programma si formi una maggioranza stabile e coerente. Il prevalere delle ambizioni personali sulle idee insidia i partiti, perennemente in crisi, e impedisce il raggrupparsi di forze politiche omogenee sulla base di un chiaro indirizzo che si intende perseguire. Cosi non si risolve nulla. Cosi la stessa autonomia regionale finisce per isterilirsi e corrompersi. Contro questa tendenza i siciliani debbono trovare in se stessi la forza di reagire. E inutile che ci si venga a dire che il loro temperamento non lo consente; o che si scomodi la storia per giustificare una mentalità che non riesce ad adeguarsi alle esigenze di una società moderna produttiva, la quale ha bisogno di un forte spirito organizzativo e associativo. Con assoluta sincerità dobbiamo rispondere che non crediamo ad un vero progresso che non sia una riforma del modo di pensare oltre che di vivere. Senza impazienze, che sarebbero ingiustificate, ma senza indulgenze, che sarebbero insidiose, i siciliani debbono rendersi c[...]
[...]te; o che si scomodi la storia per giustificare una mentalità che non riesce ad adeguarsi alle esigenze di una società moderna produttiva, la quale ha bisogno di un forte spirito organizzativo e associativo. Con assoluta sincerità dobbiamo rispondere che non crediamo ad un vero progresso che non sia una riforma del modo di pensare oltre che di vivere. Senza impazienze, che sarebbero ingiustificate, ma senza indulgenze, che sarebbero insidiose, i siciliani debbono rendersi conto che c'è qualcosa da cambiare nel loro costume politico, e che in una civiltà moderna le idee chiare, i programmi realistici e il gusto dell'onestà valgono più dei personalismi, polivalenti e adattabili alle circostanze del momento.
Una delle prime verità che i siciliani debbono a se stessi é di riconoscere che il fine da proporsi non è quello di distribuire l'attuale scarsa disponibilità di beni, ma di incrementare al più presto e al massimo la produzione. L'obbiettivoo per dirla in termini espliciti, è il lavoro. E il lavoro significa fatica, impegno, disciplina e sacrificio prima ancora di significare migliori condizioni di vita. E una legge di natura : bisogna produrre di più per poter consumare di piú. Non basta eliminare le
LA CONTRASTATA EVOLUZIONE DELLA SICILIA 161
ingiustizie di una struttura sociale che ha fatto il suo tempo. E necessario, si, lib[...]
[...]ca di progresso ci vogliono uomini di progresso. Credere che chiunque dichiari di essere autonomista sia davvero disposto a contribuire allo sviluppo dell'economia e al rimodernamento della società siciliana sarebbe una imperdonabile ingenuità. Oltre alle forze di conservazione, che non nascondono di essere tali o che cercano di salvaguardare i privilegi del passato, vi è un ceto che, considerandosi come mediatore naturale e insostituibile tra i siciliani e il resto del paese, fa di questa sua inconfessata vocazione una vera e propria professione. Ieri era con Milazzo, perché si vedeva maltrattato e minacciato, nella propria sopravvivenza, dagli industriali del Nord e dai dirigenti dei partiti di Roma. Oggi è in parte contro, perché spera di ottenere qualche segno di riconoscenza, mettendosi a disposizione di coloro che fino a pochi giorni fa aveva accusato di essere i « nemici » dell'isola. Domani, con altrettanta disinvoltura, potrebbe tornare da capo con un nuovo Milazzo. Niente è definitivo : meno che mai in Sicilia. Cambiano i governi, si[...]