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Il segmento testuale revisionismo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 148

Brano: Revelli, Stefano

Con i suoi uomini prese parte a tutte le principali azioni di guerra della formazione, rimanendo ferito nel corso di un attacco al presidio di Dronero della G.N.R..

Nei giorni dell’insurrezione prese parte, alla testa della sua Brigata, alla liberazione di Savigliano e poi a quella di Torino.

P.Bu.M.Ca.

Revisionismo

Corrente teorica e politica del movimento operaio, che si propone di correggere e rivedere gli schemi teorici e le previsioni di Karl Marx (v.) smentite dall’esperienza storica, sostituendoli con un’interpretazione teorica ritenuta più adeguata alla realtà.

Revisionismo classico

Il termine di revisionismo va anzitutto riferito alla posizione assunta da Eduard Bernstein (18501932), uno dei massimi esponenti della socialdemocrazia tedesca (v. Germania), negli articoli scritti tra il 1896 e il 1898 e nel libro I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia (1899). L’importanza della polemica teorica inaugurata da Bernstein, e il dibattito che ne seguì con la partecipazione, fra gli altri, di Karl J. Kautsky (v.) e di Rosa Luxemburg (v.), ha portato all’individuazione e definizione della teoria di Bernstein come revisionismo classico, esempio storico fondamentale di prima revision[...]

[...] dei massimi esponenti della socialdemocrazia tedesca (v. Germania), negli articoli scritti tra il 1896 e il 1898 e nel libro I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia (1899). L’importanza della polemica teorica inaugurata da Bernstein, e il dibattito che ne seguì con la partecipazione, fra gli altri, di Karl J. Kautsky (v.) e di Rosa Luxemburg (v.), ha portato all’individuazione e definizione della teoria di Bernstein come revisionismo classico, esempio storico fondamentale di prima revisione del marxismo.

Bernstein infatti sosteneva la necessità di revisionare gli elementi teorici di previsione di crisi (v.) crescente del capitalismo, di crescente miseria delle classi lavoratrici e di scomparsa del ceto medio, attribuendo al “determinismo economico” di Marx la responsabilità degli errori teorici. Conseguenze politiche della revisione bernsteiniana erano la critica della soluzione rivoluzionaria e la proposta di fare della socialdemocrazia tedesca il grande partito delle riforme sociali che doveva fondare la propria azio[...]

[...]i Marx la responsabilità degli errori teorici. Conseguenze politiche della revisione bernsteiniana erano la critica della soluzione rivoluzionaria e la proposta di fare della socialdemocrazia tedesca il grande partito delle riforme sociali che doveva fondare la propria azione, senza riserve, « sulla teoria della democrazia, cioè sul suffragio universale, con tutte le conseguenze tattiche che ne derivano ».

Nonostante la condanna ufficiale del revisionismo emessa dai congressi socialdemocratici di Hannover (1899), Lubecca (1901) e Dresda (1903), nonché dal Congresso di Amsterdam (1904) della Seconda Internazionale (v.), la revisione operata da Bernstein aumentò la sua

influenza negli anni seguenti, trovando sviluppi ulteriori, fino a identificarsi con la formazione delle correnti riformiste del movimento operaio (v. Riformismo).

In effetti, il dibattito sul revisionismo finiva con l’investire un doppio ordine di questioni: il problema della scientificità del marxismo da un lato; il problema delle riforme e del gradualismo dall’altro. Il primo problema aveva trovato nello stesso Engels (v.) una soluzione che consentiva di salvaguardare la dottrina generale e di revisionarla al tempo stesso: nel 1895 Engels aveva infatti dichiarato che il marxismo era quella concezione dello sviluppo della storia, compendiabile nell’espressione “materialismo storico” (v.), che essendo in grado di predire l’avvento del socialismo come risultato scientifico, non era falsificabil[...]

[...]interpretazione" del marxismo era strettamente connesso al dibattito sulla strategia politica, se doveva essere “rivoluzionaria” o “riformista”, e in ciò appunto consisteva il secondo problema.

Ortodossia e revisione

Il continuo scontro interpretativo e politico si tradusse, nei primi anni del Ventesimo secolo, nella formazione di contrapposte correnti riformiste o rivoluzionarie in seno al movimento operaio.

In Italia, il dibattito sul revisionismo registrò posizioni molteplici: accanto all’insistenza di Antonio Labriola (v.) sulla scientificità del “metodo” di Marx, a conferma della insufficienza di una distinzione pura e semplice fra seguaci dell'ortodossia (v.) e innovatori, emersero posizioni di revisionismo “rivoluzionario”, come la Rivista critica del socialismo di Francesco Saverio Merlino (v.), e di revisionismo “riformista”, con la nuova serie di “Critica sociale?” diretta da Filippo Turati (v.). Esempi ulteriori di questa impossibilità di adottare una distinzione netta tra ortodossia e revisione in senso politico, emersero nelle vicende successive a quel primo di

battito: l’ortodosso Kautsky, che aveva criticato aspramente la revisione di Bernstein, fu altrettanto “riformista” del primo; e l’innovatore Lenin (v.), che apporterà altrettante modifiche “creative” al marxismo, accusò Kautsky di revisionismo dopo esserne stato l’allievo. Da parte sua Georges Sorel, principale teorico del sindacalismo[...]

[...]a sociale?” diretta da Filippo Turati (v.). Esempi ulteriori di questa impossibilità di adottare una distinzione netta tra ortodossia e revisione in senso politico, emersero nelle vicende successive a quel primo di

battito: l’ortodosso Kautsky, che aveva criticato aspramente la revisione di Bernstein, fu altrettanto “riformista” del primo; e l’innovatore Lenin (v.), che apporterà altrettante modifiche “creative” al marxismo, accusò Kautsky di revisionismo dopo esserne stato l’allievo. Da parte sua Georges Sorel, principale teorico del sindacalismo rivoluzionario (v.), propugnava contemporaneamente sia la revisione del marxismo contro le interpretazioni positivistiche che il “ritorno a Marx”.

La critica di Lenin

Se dunque l’invito alla revisiuie del marxismo come invito all’interpretazione creativa ebbe sviluppi molteplici e aprì la strada a posizioni differenziate, già nel 1908 Lenin bollava il revisionismo come movimento internazionale operante nei diversi campi della filosofia, dell’economia e della politica, per costituirsi quale un v[...]

[...] esserne stato l’allievo. Da parte sua Georges Sorel, principale teorico del sindacalismo rivoluzionario (v.), propugnava contemporaneamente sia la revisione del marxismo contro le interpretazioni positivistiche che il “ritorno a Marx”.

La critica di Lenin

Se dunque l’invito alla revisiuie del marxismo come invito all’interpretazione creativa ebbe sviluppi molteplici e aprì la strada a posizioni differenziate, già nel 1908 Lenin bollava il revisionismo come movimento internazionale operante nei diversi campi della filosofia, dell’economia e della politica, per costituirsi quale un vero e proprio socialismo “professorale”, cioè accademico, ostile al socialismo militante e rivoluzionario.

Il successo della rivoluzione socialista d’ottobre in Russia (1917) e l’influenza della corrente bolscevica contribuirono negli anni Venti a una più rigida identificazione tra revisionismo e riformismo. L’affermarsi dello stalinismo (v.) spinse ulteriormente la critica, identificando il revisionismo come “deviazione” teorica (di destra o di sinistra) propria di gruppi sociali piccoloborghesi.

I! revisionismo moderno

Nel secondo dopoguerra, con la destalinizzazione, il termine revisionismo ricomparve nelle polemiche del movimento comunista internazionale. Sia per richiamarne la continuità col revisionismo classico sia per distinguerne la specificità, dopo il XX Congresso del P.C.U.S. (1956) i comunisti cinesi accusarono di « revisionismo moderno » i comunisti sovietici e gli altri partiti comunisti vicini all’U.R.S.S., compreso il P.C.I. guidato da Togliatti. Secondo le accuse dei comunisti cinesi, i revisionisti “moderni” avrebbero preso a protesto le trasformazioni provocate dall’uso della bomba atomica per negare la possibilità della rivoluzione, così come i revisionisti “classici” facevano appello alle trasformazioni del capitalismo per scegliere la via democratica e il gradualismo riformista.

A.Man.

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 667

Brano: [...]o doppio gioco, non ratificò gli accordi pazientemente predisposti da Contarini.

L’ex ambasciatore Raffaele Guariglia nei suoi Ricordi (Napoli, 1949) attribuirà a questo comportamento di Mussolini le dimissioni del segretario degli Esteri nel gennaio 1926, che furono rese pubbliche tre mesi dopo. Le funzioni di segretario generale, che rappresentavano la necessaria continuità diplomatica italiana, non furono ripristinate.

La politica del « revisionismo »

Potè così svilupparsi liberamente la politica mussoliniana imperniata sul « revisionismo », politica che non avrebbe potuto recare, specialmente in quegli anni, vantaggi all'Italia: non economici, ché anzi si parlava già della completa cancellazione

delle riparazioni; non territoriali, perché di converso non sarebbero mancate pretese sull’Alto Adige e suH’Istria; non politici, perché l’Italia, che ambiva a dominare tra i paesi balcanici, privilegiando poi l’Ungheria a danno degli altri, avrebbe spezzato quell’anello di alleanze col quale Mussolini pensava di accerchiare la Jugoslavia per controllarla. Questa costante nella politica mussoliniana avrebbe portato a una collusione[...]

[...]azione

delle riparazioni; non territoriali, perché di converso non sarebbero mancate pretese sull’Alto Adige e suH’Istria; non politici, perché l’Italia, che ambiva a dominare tra i paesi balcanici, privilegiando poi l’Ungheria a danno degli altri, avrebbe spezzato quell’anello di alleanze col quale Mussolini pensava di accerchiare la Jugoslavia per controllarla. Questa costante nella politica mussoliniana avrebbe portato a una collusione col revisionismo hitleriano, di ben diversa origine e portata.

Nel 1925 Mussolini partecipò alla Conferenza di Locamo (v.), nella quale

« la Germania fu riammessa aH’ovile europeo. Le vennero garantite le frontiere occidentali ed essa fu protetta da patti difensivi. Non c’erano però garanzie analoghe per i vicini orientali per cui, agli occhi dei sovietici. Locamo apparve più come un patto antisovietico che come una riconciliazione europea » (V.M. Turok).

Ma la realtà del sistema di Locarno condusse, più che alla collaborazione fra le due potenze garantite (Germania e Francia), a quella fra le due po[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 74

Brano: [...]zioni programmatiche, rinviandone la definizione ai singoli partiti. Tutte le organizzazioni operaie vennero esortate a usare ogni possibile forma di lotta per conquistare il potere, ma è da rilevare come, per l’influenza dei dirigenti riformisti, questa raccomandazione rimanesse piuttosto nel vago; si andava in realtà accentuando, neH’ambito dell’Internazionale, la tendenza ad abbandonare nella pratica la teoria rivoluzionaria e marxista.

Il revisionismo di Bernstein

In quegli anni divampava nel Partito socialdemocratico tedesco una violenta polemica tra Eduard Bernstein e Karl Kautsky, condotta sulle colonne della Neue Zeit. Sia per le questioni sollevate che per le posizioni emerse nel suo corso, il dibattito ebbe grande importanza storica e teorica nella vita della II Internazionale.

In una serie di articoli intitolati « Problemi del socialismo », Bernstein intervenne chiedendo una revisione di alcune parti della dottrina di Marx, rivelatesi a suo avviso « antiscientifiche ». In realtà egli rimetteva in discussione punti fondamentali[...]

[...]eau socialiste 'International, con sede a Bruxelles), la cui attività cominciò però soltanto quattro anni dopo, sotto la presidenza del belga Vandervelde (dal 1905 entrò a farne parte Lenin) .

VI Congresso

Il VI Congresso dell’Internazionale, svoltosi ad Amsterdam tra il 14 e il 20.8.1904, presenti 476 delegati, dopo un’aspra discussione approvò una risoluzione di Guesde, appoggiata da Bebel e dalla Luxemburg, che condannava decisamente il revisionismo e la partecipazione ai ministeri borghesi. Fu una vittoria delle forze rivoluzionarie, ma quella lotta rivelò anche le solide radici piantate dal revisionismo antimarxista nel movimento operaio. Infatti, tra coloro che votarono contro la risoluzione vi furono leader riconosciuti del movimento come Adler, Vandervelde e Jaurès, mentre gli stessi Kautsky e Plechanov, che pure avevano posizioni di primo piano, si dimostrarono esitanti. Anche su altre questioni (il colo

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 362

Brano: [...]overni.

Se, in un primo momento, le reazioni negative si tradussero in tentativi di modificare i trattati attraverso veri e propri colpi di mano per mettere le potenze di fronte al fatto compiuto, come avvenne nei casi di Fiume (v. Ronchi, Marcia di), Wilno e Memel, più tardi le proteste si trasformarono in rivendicazioni politiche, in un’esasperata sete di rivincita, nel revanscismo mirante a ottenere la revisione dei trattati di pace.

Il revisionismo (come venne chiamato tale orientamento) diventò un fattore di convergenza e di coagulo del consenso favorendo il sorgere di regimi reazionari di massa che (anche sull'onda del rigetto della ventata rivoluzionaria, sollevata dalla rivoluzione dell’ottobre 1917), richiamandosi a concezioni militari della vita sociale sedimentate e radicatesi negli anni del conflitto, spinsero all’eccesso nazionalismi e irredentismi, approfondendo i solchi che dividevano i popoli europei. Il fascismo (v.) e il nazionalsocialismo (v.) in primo luogo, ma poi anche altri regimi reazionari, affermatisi in paesi a cu[...]

[...]ottobre 1917), richiamandosi a concezioni militari della vita sociale sedimentate e radicatesi negli anni del conflitto, spinsero all’eccesso nazionalismi e irredentismi, approfondendo i solchi che dividevano i popoli europei. Il fascismo (v.) e il nazionalsocialismo (v.) in primo luogo, ma poi anche altri regimi reazionari, affermatisi in paesi a cui era stata affidata una funzione di “cordone sanitario” intorno all’Unione Sovietica, fecero del revisionismo la base della propria politica estera nel vecchio continente, destabilizzandolo sempre più. E quando, il 30.9.1938,

con il Patto di Monaco (v.) venne sancito lo smembramento della Cecoslovacchia, parve davvero che il revisionismo stesse spazzando via l’ordine politicogeografico fissato con il Trattato di Versailles.

S.BI.

Versari, Iris

Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. N. nel 1922 a Portico San Benedetto (Forlì), m. il 18.8. 1944 a Cornia di San Valentino (Forlì).

Figlia di contadini, dopo l’8.9.1943 entrò nella Resistenza romagnola e, a fianco di Silvio Corbari (v.), combattè in una attivissima formazione partigiana. Dopo aver preso parte a numerose azioni di guerriglia distinguendosi per il suo coraggio, rimase ferita a una gamba e dovette curarsi rifugiata in una casa colonica. Qui, a segui[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 210

Brano: [...]o, nel 188081, con Eduard Bernstein (18501932) diresse il giornale Sozialdemokrat. Nel 1881 era a Londra, segretario di Federico Engels. Nel 1883 fondò a Stoccarda la rivista Die Neue Zeit (Tempi nuovi) che avrebbe diretto fino al 1917. Espulso dalla Germania (v.) negli anni della persecuzione contro i socialdemocratici, ritornò a Londra e vi soggiornò dal 1885 al 1888. Al Congresso di Erfurt (1420.10.1891) e per parecchi anni combattè contro il revisionismo di Bernstein, arrivando a pronunciarsi per la dittatura del proletariato, con la sua opera La via del potere (1908).

Il dissenso con Lenin

Insieme a Rudolf Hilferding e a Otto Bauer (v.), nel 1910 costituì nel Partito socialdemocratico tedesco il gruppo di centro che lottava contro i revisionisti, ma che nello stesso tempo era contro la sinistra.

Notevole, fino a quell’epoca, era stato il suo contributo al movimento operaio e alla divulgazione del marxismo. Ma dal 1914, con lo scoppio della prima guerra mondiale, il suo « centrismo » si accentuò fino a non distinguersi dal revisionis[...]

[...]in

Insieme a Rudolf Hilferding e a Otto Bauer (v.), nel 1910 costituì nel Partito socialdemocratico tedesco il gruppo di centro che lottava contro i revisionisti, ma che nello stesso tempo era contro la sinistra.

Notevole, fino a quell’epoca, era stato il suo contributo al movimento operaio e alla divulgazione del marxismo. Ma dal 1914, con lo scoppio della prima guerra mondiale, il suo « centrismo » si accentuò fino a non distinguersi dal revisionismo che egli aveva sempre combattuto. Di fronte alla Rivoluzione russa dell’ottobre 1917 assunse un atteggiamento assai ostile, al quale Lenin rispose con il saggio La ri

voluzione proletaria e il rinnegato Kautsky, di grande asprezza polemica.

Dopo la rivoluzione in Germania, nel 1918 Kautsky partecipò come sottosegretario agli Esteri ai go

verno EbertScheidemann e curò una pubblicazione di documenti sulle responsabilità della prima guerra mondiale.

Malgrado il pericolo fascista incombente, fu sempre decisamente contrario a stringere accordi unitari con i comunisti; anche dopo l’and[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 3

Brano: [...], Kosta

truppe sovietiche e fu subito designato a far parte, come ministro dell’Agricoltura, del governo detto del Fronte Nazionale. In tale veste attuò la riforma agraria, in base alla quale venne formalmente assegnata ai contadini la terra delle proprietà latifondiste. Fu poi designato ministro degli Interni, ma nel 1948, accusato dal dittatore Rakosi (v.) di connivenza con la Jugoslavia di Tito, fu allontanato dal governo.

L’accusa di « revisionismo »

Il 4.6.1953, in seguito alla morte di Stalin, Rakosi si vide costretto a chiamarlo a presiedere il consiglio dei ministri. In tale carica Nagy rimase sino al febbraio 1956, quando

lo stesso Rakosi, ritenendo di essersi nuovamente consolidato al potere, lo cacciò di nuovo dal governo, sotto l’accusa di « revisionismo ».

In realtà, negli anni trascorsi al governo, Nagy aveva liberato dal carcere e dai campi di internamento decine di migliaia di vittime dello stalinismo e aveva iniziato la riabilitazione dei giustiziati innocenti. All'atto del suo insediamento, aveva denunciato come in sette anni di carcere (dal ’48 al ’55) il Partito comunista si fosse completamente screditato agli occhi dei lavoratori. Se si volevano evitare sommosse anticomuniste del tipo di quella avvenuta poco prima a Berlino, secondo Nagy bisognava porre fine alle illegalità del regime staliniano, di cui Rakosi era l’agente in Ungh[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 312

Brano: [...] II problema agrario della socialdemocrazia nella prima rivoluzione russa del 19051907. Nello stesso anno, con articoli vivacemente critici, attaccò i Saggi intorno alla filosofia del marxismo di Bogdanov, Lunaciarskij (v.) e altri che proponevano di fondere il marxismo con la religione; e scrisse contro le posizioni idealiste di Ernst Mach e Richard Avenarius, non meno pericolose per il movimento operaio.

Nell’aprile 1908 pubblicò Marxismo e revisionismo, dimostrando come il revisionismo fosse un fenomeno internazionale, con profonde radici di classe nella società capitalistica e come sarebbe esistito sino a quando fosse esistito il capitalismo. Scrisse anche II militarismo militante e la tattica antimilitarista della socialdemocrazia.

Nel maggio 1909 diede alle stampe Materialismo ed empiriocriticismo, col quale appuntò ed approfondì la critica alle concezioni filosofiche idealiste e antimarxiste di Mach e compagni.

In una riunione allargata del « Proletari » (21.6.1909) sostenne che il Gruppo parlamentare alla Duma, per tenere alta la bandiera della rivoluzione, dovev[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 644

Brano: [...]unista ».

Gli aderenti alla « Circolare MarabiniGraziadei », riunitisi a convegno a Imola il 21.11.1920, aderirono in massa alla frazione comunista. Dopo la costituzione del Partito comunista d'Italia, Graziadei divenne un esponente della deviazione di destra presente nei primi anni all’interno del partito. Nel 1923 egli, membro del Comitato centrale, pubblicò un'opera in cui criticava la teoria marxista del valore, portandosi su posizioni di revisionismo che manteneva in altre opere successive.

Dopo le leggi eccezionali fasciste del 1926 abbandonò man mano l'attività politica. Successivamente al

VI Congresso delTInternazionale, fu espulso dal Partito comunista d’Italia, con una risoluzione del Comitato centrale dell’ottobre 1928.

Gli scritti di Graziadei furono ripubblicati nel 1948 a Roma, sotto il titolo Il capitale e il valore Critica dell’economia marxista. Nel suo libro autobiografico Memorie di trentanni, scritto dopo il suo ritorno nelle file del Partito comunista italiano, racconta i. principali episodi della sua attività po[...]

[...]e Critica dell’economia marxista. Nel suo libro autobiografico Memorie di trentanni, scritto dopo il suo ritorno nelle file del Partito comunista italiano, racconta i. principali episodi della sua attività politica dal 1890 al 1920. Il volume è stato pubblicato dalla casa editrice del P.C.I. nel 1950.

Bibliografia: La teoria del valore di C. Marx, base viva e vitale del comuniSmo, « L’Ordine Nuovo », n. 34, 115 aprile 1924;

H. Duncker, il revisionismo marxista di Graziadei, « Lo Stato Operaio », n. 10, novembredicembre 1928, Parigi.

Graziadei, Corrado

N. a Sparanise (Caserta) l’11.8. 1893; avvocato. Militante nella Gioventù socialista dal 1907, nel 1921 si iscrisse al Partito comunista. Segretario della Federazione comunista di Caserta dal 1922 al 1926, dopo la promulgazione delle leggi eccezionali venne confinato e ripetutamente incarcerato a Lucera, Manfredonia e Foggia.

Riacquistata la libertà nel 1940, ricostituì clandestinamente la Federazione comunista di Caserta. Arrestato con altri 48 antifascisti durante il periodo del go[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 666

Brano: [...]eparatissimo sull’argomento anche prima di andare al potere, quindi in dovere di assegnarsi, insieme a numerosi altri, anche il ministero degli Esteri, perché dalle colonne de « Il Popolo d’Italia » aveva largamente trattato la politica^ internazionale, fin dall’epoca dell’interventismo (v. Interventisti) che poneva le basi alle successive e quasi uniche sue idee in fatto di politica estera: quelle della « vittoria mutilata » e del conseguente « revisionismo ».

Bisogna riconoscere che il suo sempre ribadito concetto di far meglio valutare agli Alleati l'importanza del contributo italiano al conflitto e le sue sanguinose perdite, che conducevano a incessanti richieste di rivendicazioni territoriali, fece breccia nel patriottismo e nel nazionalismo di particolari categorie di italiani, ed ebbe più importanza di quello che normalmente si rileva. È stato quindi detto giustamente che « la politica estera fascista » (insieme alla persistente e violenta avversione aliai lotta di classe socialcomunista) « appare un elemento catalizzatore del regime » [...]

[...], mentre apparentemente ne accreditavano le richieste.

Facendosi paladino delle nazioni perdenti, per avere da esse un appoggio alla sua politica revisionistica, mentre se la prendeva con gli Stati vincitori che avevano dettato i patti di Versailles, Mussolini dimenticava però che alle prime risalivano le perdite sanguinose che egli non cessava di ricordare, lamentando l’impari ricompensa che per tali sacrifici l’Italia aveva avuto. Quindi il revisionismo che tornava utile al capo di partito non era la miglior strada per il capo di governo.

Dino Grandi (v.) e Galeazzo Ciano (v.), i due uomini che si avvicendarono a Mussolini nelle responsabilità di dirigere il ministero degli Esteri, erano creature sue, ma egli non esitò a rimuoverli quando gli parve che trasgredissero le sue mutevoli direttive, e forse a ciò

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 585

Brano: [...]meccanismo bellicista messo in moto dalle dittature di Hitler e di Mussolini, preannunciando con accenti quasi profetici l'avvicinarsi del conflitto mondiale, su quelli concernenti la revisione ideologica^ e programmatica del socialismo l’accostamento agli schemi del « pianismo » e l’importanza data da Rosselli al ceto medio nel quadro del futuro assetto sociale del paese, provocarono gli sbandamenti più vistosi del leader del movimento verso un revisionismo di marca piccoloborghese; linea peraltro contrastata, sulle pagine della rivista stessa, da Lussu, Levi, Augusto Monti e da quanti altri in genere, nelle file deH’emigrazione giellista e in Italia, scorgevano l’avventatezza di un indirizzo che avrebbe condotto il movimento a far propri i

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ri


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine revisionismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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