Brano: Realismo socialista
ni avevano avuto modo di esprimersi e di entrare in contraddittorio con altre teorizzazioni sull essenza e sui compiti della ricerca e della produzione intellettuale in una società socialista: ad esempio, Lunaciarskij (v.) enunciava la necessità di un’arte “proletaria”, specifica della classe operaia e che, come tale, potesse contrapporsi ai prodotti della cultura borghese; Block invece tendeva a circoscrivere l’essenza della cultura proletaria nell’azione e nella lotta rivoluzionaria: da parte sua, Majakowskij (v.) sosteneva infine una posizione più dialettica, affermando che l[...]
[...]ale sovietica negli anni Venti, ma non ebbe più spazio quando si venne imponendo sulla concezione dell’arte e della letteratura proletaria quell’intransigenza burocratica che raggiunse forme aberranti soprattutto a partire dal 1934.
L’arte del regime
Nel volgere di pochi anni vennero infatti condannate anche le posizioni moderate come quelle di Gorkij, al quale fu presto impedito di esercitare ogni tentativo di mediazione, e il concetto di realismo socialista divenne uno degli elementi fondamentali deH’armamentario ideologico dell’età staliniana.
Per queste ragioni, certa pubblicistica occidentale ha spesso considerato il concetto di “realismo socialista” come una trovata di Stalin per assoggettare i letterati sovietici e i comunisti in genere alla sua dittatura. In realtà, il sistema ideologico dello stalinismo fu qualcosa di più complesso di quanto tale pubblicistica abbia saputo mettere in luce. È vero che lo scrittore francese e Premio Nobel André Gide (che partecipò come osservatore straniero al Congresso del 1934), pur riconoscendo lo stato di necessità e di autodifesa in cui si trovava in quegli anni l’Unione Sovietica, si pronunciò decisamente contro i pericoli di una letteratura asservita e avvilita da una nuova forma di c[...]
[...]n luce. È vero che lo scrittore francese e Premio Nobel André Gide (che partecipò come osservatore straniero al Congresso del 1934), pur riconoscendo lo stato di necessità e di autodifesa in cui si trovava in quegli anni l’Unione Sovietica, si pronunciò decisamente contro i pericoli di una letteratura asservita e avvilita da una nuova forma di conformismo comunista, ma non si deve dimenticare che l'affermarsi in Unione Sovietica del concetto di “realismo socialista” segnava anche una presa di posizione ideologica contro i risultati e le proposte artistiche, letterarie e culturali, ritenute “decadenti”, del modernismo occidentale e delle avanguardie.
« James Joyce o il realismo socialista? », era l’angosciante e dogmatica domanda retorica con cui Karl Radek (v.) intitolò la propria relazione al citato Congresso degli scrittori sovietici.
Se infatti l’arte sovietica si dichiarava unica erede della grande arte del passato, nasceva il problema di un rapporto con l’altro erede diretto di quel patrimonio storico: il “modernismo” occidentale. La cultura sovietica non poteva certo associarsi alla violenta repressione che Hitler stava conducendo contro i prodotti “degenerati” dell’arte moderna, né riuscì a far proprie le visioni di aperto interscambio che il realismo cri[...]
[...]egli scrittori sovietici.
Se infatti l’arte sovietica si dichiarava unica erede della grande arte del passato, nasceva il problema di un rapporto con l’altro erede diretto di quel patrimonio storico: il “modernismo” occidentale. La cultura sovietica non poteva certo associarsi alla violenta repressione che Hitler stava conducendo contro i prodotti “degenerati” dell’arte moderna, né riuscì a far proprie le visioni di aperto interscambio che il realismo critico di Bertolt Brecht (v.), Otto Dix, Georg Grosz e altri artisti occidentali avevano instaurato con le vicende dell’avanguardia. La soluzione, semplicistica e anche più funzionale al potere in U.R.S.S., fu perciò quella di ignorare totalmente i prodotti della cultura e dell’arte contemporanea occidentale, imponendone autoritariamente l’ignoranza. La strada intrapresa condusse così il mondo culturale sovietico nel vicolo cieco della critica accanita verso ogni aspetto dell’arte e della cultura dell’Occidente: la falsa alternativa posta da Radek condusse non soltanto a ignorare in U.R.S.S.[...]
[...]quella di Kafka, di Sartre e, via via, di gran parte della cultura filosofica, artistica e letteraria del mondo europeo ed americano.
Il rifiuto aprioristico di ogni proposta culturale proveniente dall’estero trovava sostegno ideologico nella coincidenza con la lotta che il mondo del “socialismo realizzato” stava conducendo a ogni livello contro il mondo capitalistico, dal quale si sentiva assediato. Fu a partire da tali considerazioni che il realismo socialista giunse ad individuare come qualità più importante e più preziosa, anzi come unica qualità indispensabile a un’autentica arte rivoluzionaria, il contenuto ideologico esplicito dell'opera stessa. La priorità di questo contenuto ideologico esplicito condusse sempre più gli artisti sovietici a considerare il proprio impegno solo come uno strumento al servizio di una trasformazione della società verso il comuniSmo.
Il risultato inevitabile di tale operazione, assolutamente contraddittoria con il concetto stesso di arte, fu che la quasi totalità della produzione artistica sovietica de[...]
[...] eretiche e bor
ghesi venivano considerate quelle tematiche esistenziali, psicologiche e soggettive che si scostavano dai temi celebrativi del lavoro, della lotta rivoluzionaria, della definizione deH’uomo socialista, della costruzione di una nuova società comunista.
Se, per queste ragioni, è comprensibile che la critica occidentale si sia spesso scagliata con vigore polemico nella denuncia dei prodotti educativi, edificanti e retorici del realismo socialista, bisogna anche dire che non mancarono nel mondo comunista alcuni artisti i quali seppero piegare con la forza di un talento artistico autentico le direttive ideologiche loro pervenute. Questo avvenne non solo per artisti di ispirazione comunista operanti fuori dall’U.R.S.S. come i già citati Brecht, Dix, Grosz e inoltre Eluard Heartfield (v.), Rafael Alberti (v.) o, in America, Diego Rivera (v.), Alfaro Siqueiros (v.), Ben Shahn, ma anche nella stessa Unione Sovietica. Esempi significativi furono Ejsenstein nel cinema, Gorkij nella letteratura, Daineka in pittura, Sciostakovic nell[...]
[...].R.S.S. come i già citati Brecht, Dix, Grosz e inoltre Eluard Heartfield (v.), Rafael Alberti (v.) o, in America, Diego Rivera (v.), Alfaro Siqueiros (v.), Ben Shahn, ma anche nella stessa Unione Sovietica. Esempi significativi furono Ejsenstein nel cinema, Gorkij nella letteratura, Daineka in pittura, Sciostakovic nella musica, El Lisinskij nella grafica, Leonidov e Ginzburg nell’architettura.
Influenza esterna all’U.R.S.S.
La vicenda del realismo socialista non coinvolse le arti e la cultura soltanto all’interno dell’Unione Sovietica e dei paesi passati sotto il suo controllo. Intorno al problema ebbe a svilupparsi un dibattito ideale, politico ed estetico coinvolgente numerosi artisti dei paesi occidentali nel dopoguerra fino agli ultimi anni Cinquanta. In quel periodo, segnato dal clima di contrapposizione ideologica della guerra fredda, i temi ricorrenti nel dibattito artistico e culturale tornarono a essere quelli del rapporto tra arte e ideologia, tra politica e cultura, tra impegno sociale e impegno creativo; ed è chiaro che, in[...]
[...]redda, i temi ricorrenti nel dibattito artistico e culturale tornarono a essere quelli del rapporto tra arte e ideologia, tra politica e cultura, tra impegno sociale e impegno creativo; ed è chiaro che, in quelle circostanze, pesarono non poco le valutazioni e i giudizi teorici che continuavano a giungere dall’Unione Sovietica.
In Francia si accesero polemiche tra gli stessi intellettuali comunisti, come quella tra Garaudy, sostenitore di un “realismo senza frontiere” e Aragon (v.), più fedele alle interpretazioni sovietiche. In Italia, la polemica tra Elio Vittorini e Paimiro Togliatti sulle pagine del Politecnico (v.) prese l’avvio proprio dalla necessità di chiarire il rapporto tra politica e cultura, così come il dibattito sul realismo nelle
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