Brano: [...]o » in architettura, alla non accettazione dei programmi di quei movimenti, e nella volontà di proseguire individualmente una attività che non poteva (per i suoi convincimenti) che essere in qualche modo sempre sperimentale, nel rifiuto di un « nuovo » non condiviso come programma, e nel contemporaneo rifiuto (si pensi alle polemiche con Ojetti) di un semplice
« ritorno » a un'inaccettabile « età dell’oro » del classicismo accademico.
Il « neoclassicismo » milanese
Qui interessa fondamentalmente quel rapporto politicacultura (architettura) che (nel caso di Piacentini) sembra necessario ritrovare, più che direttamente nella sua attività personale, all’interno del più generale contesto che interessa altri movimenti, altri protagonisti.
Il « novecento » milanese, il « neofuturismo », il « movimentò moderno » in architettura nelle sue espressioni italiane, la « volgare » modernità della « quantità » della pratica edilizia del regime fascista: sembrano questi i riferimenti di indagine necessari anche per valutare la presenza autorevole, ma n[...]
[...] Venti era indubbiamente parte della più generale adesione al « rappel à l’ordre » (richiamo al l’ordine) che i movimenti artistici europei lanciarono dopo la crisi dei primi anni del dopoguerra: Picasso si cimenterà in dipinti « neoclassici », Le Corhusier aderirà al movimento fascista francese; l’« ordine » sembrava loro essere la dimensione indispensabile e necessaria per ogni nuova costruzione umana.
Nel campo dell’architettura il nuovo « neoclassicismo » milanese sarà guidato da due giovani architetti: Giuseppe De Fi netti (18921951), allievo dell’austriaco Adolf Loos; e Giovanni Muzio (1893) che iniziò nel 1919 le case di via Moscova a Milano.
Queste furono oggetto di critica da parte di « accademici » e benpensanti, secondo i quali « era assurdo costruire nel centro di Milano case anziché palazzi », ma difese da Piacentini su alcune riviste del tempo. Tale movimento (i due protagonisti seppero infatti raccogliere intorno al loro programma giovani architetti, pittori e scultori) rifiutava l’eredità eclettica del passato, nella quale la [...]
[...] ma difese da Piacentini su alcune riviste del tempo. Tale movimento (i due protagonisti seppero infatti raccogliere intorno al loro programma giovani architetti, pittori e scultori) rifiutava l’eredità eclettica del passato, nella quale la « genialità » del singolo artefice era considerata l’unica dimensione' di sviluppo artistico e civile: e proponeva un metodo e una « norma » basati (a loro modo) sulla « ragione ». La « norma » era quella del neoclassicismo (anche milanese) ottocentesco, aH’interno della quale ogni edificio era anzitutto « uno » dei mattoni con cui costruire la stra
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