Brano: [...]o totalmente nuovo rispetto ai disordinati e impotenti tentativi del Governo precedente.
Di fronte all'agitazione prodottasi in Italia per Fiume, non vi erano che due strade: l'annessione o l'accordo attraverso le trat
(3) Cfr. ibid., p. 302.
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tative. La prima avrebbe isolato I'Italia . dalle potenze alleate e l'avrebbe posta in una situazione insostenibile sull'arengo interna
zionale, mentre avrebbe incoraggiato le correnti nazionaliste e, per converso, avrebbe esacerbato l'opposizione socialista; la seconda era la strada della pace, ma presentava un pericolo: quello di eccitare il militarismo a tentare di rovesciare il governo parlamentare. Nitti non ebbe esitazione nell'imboccare la seconda di queste due strade, ma dovette perciò guardarsi dalla minaccia dell'estremismo di destra.
Con le potenze alleate, i rapporti mutarono nel corso dei dodici mesi della permanenza di Nitti al Governo. Abbiamo documentato altrove con quanta diffidenza e fra quali pregiudizi il nuovo Ministero fu accolto in Francia e, quindici giorni dopo[...]
[...]. 298301). Tutto ciò dimostra che, scrivendo più tardi le sue Rivelazioni su Fiume (Roma, De Luigi, 1946), PIETRO BADOGLIO, nel clima politico mutato, diede della propria posizione di fronte a D'Annnuzio una immagine sensibilmente deformata.
Per quanto si riferisce a ENRICO CAVIGLIA, basta leggere il suo libro su Il conflitto di Fiume (Milano, Garzanti, 1948) per rilevare la debolezza del suo pensiero politico, le contraddizioni fra le tendenze nazionaliste e l'avversione contro ogni atto disgregatore della compagine dell'esercito e dello Stato costituzionale.
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sicché il nazionalista Barzilai finiva per adoperare a proposito di D'Annunzio parole che avrebbero potuto essere pronunciate da Nitti: « Non vi é nessuno, per quanto illustrato dalle gesta più nobili, che possa imporsi alla volontà della Nazione »; e ricordava la necessità del pane e della ricostruzione economica.
In Nitti, se tenace fu sempre il perseguimento di fini coerenti con le premesse della sua azione politica antinazionalista, non sempre vi furono, nell'attuaz[...]
[...]ropria congiura nazionalista e militarista contro la quale Nitti si adoperò: già nel '19 fu fatta una specie di prova generale di quella che tre anni dopo, quando fu sanata la divisione tra ex interventisti ed ex neutralisti e attraverso tale riunificazione le forze dirigenti tradizionali ripresero in pieno il controllo della situazione (28) e puntarono sull'eversione degli ordinamenti parlamentari, doveva essere la « marcia su Roma ». Le destre nazionaliste hanno un bisogno organico di « questioni nazionali » su cui montare le agitazioni: sia per giustificare il programma di riarmo e di potenziamento delle forze armate, sia per avere una leva mediante la quale tentare, al momento opportuno, di sollevare l'insurrezione contro il governo parlamentare. Ciò in Italia come in Francia o in Jugoslavia. Infatti, se il conflitto per Fiume, in gran parte artificiosamente gonfiato dopo la guerra, costituì la bandiera dei nazionalisti italiani, non è da credere che le stesse resistenze ad un'equa e moderata soluzione del conflitto non vi fossero da parte de[...]
[...] a guardare più ai fatti che
(35) A. MARPICATI, op. cit., pp. 2425.
(36) ENZO TAGLIACOZZO, Gaetano Salvemini nel cinquantennio liberale, Firenze, La Nuova Italia, 1958, p. 220.
IL GOVERNO NITTI E LA QUESTIONE ADRIATICA 179
alle parole, nemico della retorica (37), Nitti é l'uomo di una borghesia moderna che punta sulla liquidazione del militarismo e sullo sviluppo industriale e finanziario. Impresa ardua, la sua, di conciliare le tendenze antinazionaliste con i compiti di capo di un governo borghese nella torbida situazione del dopoguerra (38); del contrasto tra le opposte esigenze possono essere assunti ad esempio ed espressione i due discorsi parlamentari del 13 e del 16 settembre 1919, l'appello ai lavoratori e quello agli uomini d'ordine, ai gene rali, alle autorità costituite. La sua sconfitta é la sconfitta di una visione moderna, radicale, dei compiti della borghesia: la borghesia già mira a una soluzione tutta diversa, che le assicuri il riacquisto dei margini politici ed economici perduti con le trasformazioni strutturali portate nel [...]
[...]zione che esse avevano fiducia in lui, tanto é vero che i socialisti poterono partecipare alla manovra che fece cadere il suo Governo; inoltre va tenuto presente un elemento a cui Nitti non accenna nemmeno, e cioè che il suo Governo si trovò costretto a cercare l'appoggio parlamentare e la stessa collaborazione ministeriale dei popolari, i quali d'altronde costituirono, entro il suo Gabinetto, i rappresentanti sia pure indiretti di certe istanze nazionaliste, e non esitarono a staccarsi da lui e a farlo cadere quando divenne più precisa la prospettiva di una politica di riavvicinamento all'Unione Sovietica da essi considerata con orrore. Ma la sostanza del racconto e del giudizio di Nitti resta pur sempre accettabile.
A Nitti succedette Giolitti: il quale, se condusse a conclusione
(44) Ibid., pp. 54344.
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la vicenda fiumana, inaugurò però una politica di patteggiamenti con le destre, e particolarmente con i fascisti, che doveva costituire una premessa della « marcia su Roma » (45). « Dopo la guerra — ha scritto uno studioso di[...]