Brano: [...]el suo pensiero doveva trionfare in Europa dopo la grande guerra e aprire l'èra dello sviluppo sociale.
Nelle lunghe ed estenuanti trattative, Nitti ebbe come collaboratori i due ministri degli Esteri, cioè, successivamente, Tommaso Tittoni e Vittorio Scialoja. Entrambi erano di origine, formazione e posizione politica profondamente diverse da quelle del presidente del Consiglio: Tittoni era, in sostanza, un clericomoderato; Scialoja un liberalenazionalista. Le necessità dell'equilibrio governativo e delle alleanze parlamentari rendevano indispensabile, per un radicale come Nitti, scegliere come collaboratori alla politica estera uomini che potessero almeno attenuare l'opposizione delle frazioni di destra dello schieramento dei partiti. Tuttavia, sia con Tittoni come con Scialoja, l'accordo fu perfetto. La stampa nazionalista insisté più di una volta su presunti dissidi tra il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri (16), ma la documentazione che abbiamo potuto utilizzare e che abbiamo prodotto nel corso del nostro lavoro dimostra che questi dissidi erano nei desideri delle destre, ma non furono mai una realtà; se Nitti ebbe screzi con Badoglio e con Caviglia, non ne ebbe mai con Tittoni né con Scialoja. Anche le dimissioni di Tittoni non furono deter
(16) Cfr. per esempio l'articolo L'ostaggio bolscevico nell'Idea Nazionale del 22 ottobre 1919.
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minate da un contrasto o da una diffe[...]
[...]ica ed era un tecnico della politica. internazionale.
Del resto, in confronto al suo predecessore Orlando, Nitti dimostrò la tendenza a servirsi, per le trattative, più di diplomatici. che di uomini politici e di parlamentari, e in tal senso fu sinto matica la sostituzione di De Martino a Crespi come membro della. Delegazione alla Conferenza della Pace. Inoltre, Nitti rivelò una notevole capacità di utilizzare per la sua politica nettamente antinazionalista uomini che erano animati da un istintivo nazionalismo — da Tittoni a Scialoja, da Badoglio a Caviglia, da Mosconi
(17) « Sono qui — dichiarò una volta quando era ministro degli Esteri — per vedere che, almeno in politica estera, non facciamo troppe fesserie » (DANIELE VARL IZ diplomatico sorridente, ediz. inglese, citato da GORDON A. CRAIG and FELIX GORDON, The Diplomats. 19191939, Princeton University Press, 1953, p. 212). Cfr. anche ARTURO CARLO JEMOLO, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino, Einaudi, 1948, p. 653.
(18) CARLO SFORZA, L'Italia dal 1914 al 1944 quale io la[...]
[...]to, diede della propria posizione di fronte a D'Annnuzio una immagine sensibilmente deformata.
Per quanto si riferisce a ENRICO CAVIGLIA, basta leggere il suo libro su Il conflitto di Fiume (Milano, Garzanti, 1948) per rilevare la debolezza del suo pensiero politico, le contraddizioni fra le tendenze nazionaliste e l'avversione contro ogni atto disgregatore della compagine dell'esercito e dello Stato costituzionale.
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sicché il nazionalista Barzilai finiva per adoperare a proposito di D'Annunzio parole che avrebbero potuto essere pronunciate da Nitti: « Non vi é nessuno, per quanto illustrato dalle gesta più nobili, che possa imporsi alla volontà della Nazione »; e ricordava la necessità del pane e della ricostruzione economica.
In Nitti, se tenace fu sempre il perseguimento di fini coerenti con le premesse della sua azione politica antinazionalista, non sempre vi furono, nell'attuazione quotidiana, quella fermezza e quella abilità che sarebbero state necessarie. Lo vediamo, di fronte alle prime notizie della spedizione dannunziana, telegrafare ai generali Pittaluga e Di Robilant: «Ella sa quale é il suo preciso dovere in quest'ora » che non era la formulazione giusta di un ordine, poiché si trattava di precisare se le forze regolari italiane si dovevano opporre o no con la forza, con l'uso delle armi, all'iniziativa di D'Annunzio e all'occupazione di Fiume. Era quella una responsabilità che spettava al presidente del Consiglio, e non c'[...]
[...]5, p. 554.
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carico di ispezionare la Venezia Giulia, erano stati a loro volta ingannati e riferirono tranquillizzandolo. Questo elemento, senza dubbio, entrò nella complessa situazione; ma non la esauriva. Nitti aveva a sua disposizione molte altre fonti d'informazione, comprese quelle che gli fornivano le notizie eloquenti e sintomatiche pubblicate dai giornali sulla preparazione di un'insurrezione nazionalista. Il fatto è che egli tendeva ad acquietarsi delle assicurazioni ricevute e a prospettare in termini ottimistici la situazione; e soprattutto riteneva che il suo compito fosse esaurito e ogni precauzione fosse presa col raccomandare ai comandanti prudenza e vigilanza (23).
Bisogna però aggiungere, per delineare un ritratto non deformato della personalità di Nitti, che questo ottimismo discendeva dall'incrollabile fiducia che egli aveva nella ragione, nell'evidenza dei fatti, nel razionale, da illuminista il cui stile si caratterizzava infatti per accenti quasi volteriani. Era insomma, il suo,[...]
[...], a noi sembra — in base a una concezione che siamo convinti essere al tempo stesso più idealistica e più realistica — che non solo lo sviluppo successivo degli avvenimenti internazionali che ha tanto superato i termini di quella contesa rendendoli obsoleti e mostrandone quindi al fondo il carattere artificioso e l'importanza secondaria, ma anche e soprattutto le vicende interne, con la dimostrazione del male recato all'Italia dalla insurrezione nazionalista, provino la sostanziale giustezza della visione nittiana. A Nitti stava soprattutto a cuore contrastare il passo a quella marea montante, e per far ciò bisognava chiudere la falla che si era aperta sul settore adriatico e che costituiva un serbatoio di ispirazioni e di energie a favore delle destre. Il mito della « vittoria mutilata » esercitava un'influenza deleteria sulla vita politica del Paese (24) e occor
(24) Cfr. G. SALVEMINS, Mussolini diplomatico, Bari, Laterza, 1952, p. 25: « Chi vuole capire la crisi del dopoguerra in Italia. deve tener presente non solo l'esaurimento nervoso prod[...]
[...]per reagire alle provocazioni tollerate da Nitti non regge: la sedizione era già in atto prima ancora che Orlando cadesse, e semmai, durante i suoi dodici mesi di governo, Nitti riuscì a riportare un po' d'ordine, utilizzando uomini che godevano di largo prestigio sia nell'esercito che tra i nazionalisti, come Badoglio e lo stesso Caviglia. Ma non si valuterà mai abbastanza i1 peso che ebbe la vasta mobilitazione, anzi la vera e propria congiura nazionalista e militarista contro la quale Nitti si adoperò: già nel '19 fu fatta una specie di prova generale di quella che tre anni dopo, quando fu sanata la divisione tra ex interventisti ed ex neutralisti e attraverso tale riunificazione le forze dirigenti tradizionali ripresero in pieno il controllo della situazione (28) e puntarono sull'eversione degli ordinamenti parlamentari, doveva essere la « marcia su Roma ». Le destre nazionaliste hanno un bisogno organico di « questioni nazionali » su cui montare le agitazioni: sia per giustificare il programma di riarmo e di potenziamento delle forze armate,[...]
[...]ismo e la « marcia su Roma ». Nella sua biografia di Salvemini, Enzo Tagliacozzo osserva che lo storico di Molfetta accentua fin troppo la sua interpretazione e dà un peso forse eccessivo al fattore militare in paragone a quello economicosociale nella spiegazione del carattere del fascismo (36); siamo d'accordo, purché si avverta che il militarismo non é che uno degli aspetti in cui si manifestano, nel dopoguerra, gli interessi della plutocrazia nazionalista.
Di questi interessi, di questi ambienti, di questa ideologia, Nitti é il più temibile avversario. Fornito di soda preparazione storica ed economica, conscio dei termini reali dei grandi problemi nazionali della ricostruzione, abituato a guardare più ai fatti che
(35) A. MARPICATI, op. cit., pp. 2425.
(36) ENZO TAGLIACOZZO, Gaetano Salvemini nel cinquantennio liberale, Firenze, La Nuova Italia, 1958, p. 220.
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alle parole, nemico della retorica (37), Nitti é l'uomo di una borghesia moderna che punta sulla liquidazione del militarismo e sullo sv[...]
[...]e ai riformisti. Più di una volta egli espresse l'opinione che i suoi veri avversari fossero i nazionalisti e non i socialisti, anche se questi ultimi
(39) Limitandoci alla questione fiumana, e al solo scopo di dare un'indicazione tipica della confusione di idee che regnava tra i massimalisti, ricorderemo il modo in cui l'Avanti! reagì alla spedizione dannunziana (ediz. piemontese, 28 settembre 1919): titolo su tutta la pagina: « La rivoluzione nazionalista prodromo di quella proletaria »; articolo di fondo: contro chi sostiene che la rivoluzione non si può fare perché c'è l'esercito, « Fiume ci ha dato la prova che l'esercito non è inespugnabile, che l'esercito può passare ai ribelli, che tutto dipende dal saperlo conquistare (...). La lotta di classe è penetrata per opera dei borghesi, apertamente, nell'esercito. Noi ne siamo lietissimi. Mai era avvenuto nulla di più sovversivo fin qui nella storia politica del nostro paese a. È difficile immaginare più colossale e grossolana topica politica che questa di considerare interscambiabili il sovver[...]
[...]abile, che l'esercito può passare ai ribelli, che tutto dipende dal saperlo conquistare (...). La lotta di classe è penetrata per opera dei borghesi, apertamente, nell'esercito. Noi ne siamo lietissimi. Mai era avvenuto nulla di più sovversivo fin qui nella storia politica del nostro paese a. È difficile immaginare più colossale e grossolana topica politica che questa di considerare interscambiabili il sovversivismo socialista e il sovversivismo nazionalista.
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votavano contro di lui; e nutriva la fiducia che questi non si sarebbero uniti ai primi nel tentativo di rovesciarlo (40). Quando ciò avvenne, fu la fine del suo esperimento radicale.
Si è molto insistito sulle agitazioni sociali che caratterizzarono l'anno 1919: in realtà potrebbe a più forte ragione applicarsi al Governo Nitti ciò che Frassati osservò a proposito del Governo Giolitti, che cioè reca meraviglia come il grande fatto storico del dopoguerra, l'immissione del quarto stato" nella vita pubblica italiana, abbia potuto compiersi con i[...]
[...]degli Industriali fondata ' il 9 aprile 1919, Nitti era l'uomo politico che, nella sua veste di ministro del Tesoro, aveva creato, al contrario, l'Istituto dei Cambi, poi soppresso da Orlando (a regolare la materia erano rimaste le banche): Cfr. Louls HAUTECOUR, L'Italie sous le Ministère Orlando. 19171919, Paris, Bossard, 1919, pp. 207 e' 249. Un interessante accenno a legami tra L'Idea Nazionale e la Banca Commerciale, che inclinavano l'organo nazionalista a « una guerra ingiusta ed eccessiva ai jugoslavi », è in un appunto di Bissolati del 24 dicembre 1916, cit. da R. COLAPIETRA, op. cit., p. 241.
(43) F. S. NITT5, Rivelazioni cit., p. 539.
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di fare quel provvedimento con decretolegge. Era un aumento non solo facilmente tollerabile e che non avrebbe agito se non minimamente agli effetti del consumo. Il provvedimento era necessario. Quando io ritirai il decretolegge, dimettendomi, il governo che mi succedette dovette ripresentarlo come disegno di legge. Quelli che essendo favorevoli si erano eccit[...]