Brano: [...]liore realizzazione nella « Donna serpente» (192831), opera tratta dalla fiaba di Gozzi.
La musica del regime
Se con la sua opera di musicista e di organizzatore Casella rappresentava uno degli aspetti meno arretrati della ottusa cultura del ventennio, nella quale si deve comprendere anche Mascagni (v.), è chiaro che dal canto suo il regime appoggiava ufficialmente le ali più conservatrici e reazionarie.
Nel 1927, ricevendo un gruppo di musicisti italiani, il « duce » volle mostrarsi sostenitore della composizione e dell’esecuzione di nuove opere e garantire il suo appoggio personale alla « musica moderna ». Tra i musicisti del gruppo ammesso a Palazzo Venezia figuravano, oltre a un Pizzetti sempre più reazionario (tra l’altro, nel 1925 era stato firmatario del « Manifesto della cultura fascista »; v. Cultura e fascismo), Adriano Lualdi, Franco Alfano e Alceo Toni che metteranno la loro mediocre personalità al servizio del regime, sposandone le scelte in campo musicale. Non a caso mancava in quella delegazione Casella: il compositore torinese faceva pur sempre parte di un'« intellighenzia » che ben Io distanziava dall'ottusità di un Toni. Sarà ancora una volta Pizzetti a farsi portavoce delle istanze più conserv[...]
[...]e torinese faceva pur sempre parte di un'« intellighenzia » che ben Io distanziava dall'ottusità di un Toni. Sarà ancora una volta Pizzetti a farsi portavoce delle istanze più conservatrici, firmando appunto con Toni (critico musicale del « Popolo d’Italia» dal 1920 al 1943) un Manifesto antimodernista poi apparso sulle pagine del « Corriere della sera ».
Ma per avere un’idea delle posizioni bassamente nazionalistiche e razziste del gruppo di musicisti di cui si è detto, saranno sufficienti alcuni brani tratti dal libro L’arte di dirigere l’orchestra di Adriano Lualdi, compositore, direttore d’orchestra, critico musicale e infine deputato fascista.
In questa sua opera (Milano 1940) Lualdi lamenta « il dilagare in Italia (e il vano tentativo di imporli al gusto italiano) di nomi e di musiche i più ostrogoti e barbarici — mai barbaro ebbe per noi, come in questo caso, più assoluto classico significato di straniero, intollerabilmente straniero — e delle loro imitazioni nostrane ». Egli esaltava nel contempo « quei musicisti italiani, quegli[...]
[...]ositore, direttore d’orchestra, critico musicale e infine deputato fascista.
In questa sua opera (Milano 1940) Lualdi lamenta « il dilagare in Italia (e il vano tentativo di imporli al gusto italiano) di nomi e di musiche i più ostrogoti e barbarici — mai barbaro ebbe per noi, come in questo caso, più assoluto classico significato di straniero, intollerabilmente straniero — e delle loro imitazioni nostrane ». Egli esaltava nel contempo « quei musicisti italiani, quegli aftisti militanti che, in mezzo al caos, si mantennero fedeli per istinto, per naturale impulso dell’animo all’antico ideale nazionale e latino dell’arte nostra: indifferenti alle lusinghe, agli stupefacenti di questa o quella Circe parigina o americana o austriaca o aleman
Da sinistra: i musicisti Lorenzo Perosi, Pietro Mascagni e Umberto Giordano, membri deH’Accademia d’Italia (1932)
na [...] quegli artisti italiani che per trent’anni, in mezzo al dilagare internazionale ateo e nichilista nel campo dell’arte, furono come le ignorate e talvolta derise vestali del sacro nostro ideale nazionale ». Non meno significativi improperi il Lualdi dedicò alla rivista II Pianoforte, fondata nel 1920 da Guido Maria Gatti, definendola: « La compiacente rivista intorno alla quale si raggruppano tutti i tifosi delle brutte musiche, e i soci e i simpatizzanti nostrani dell’Internazionale atea e bol[...]
[...]sulla « Rassegna Musicale », lasciando ai Ronga, ai Parente e ai Pannain, poi ai Massimo Mila (v.), ai Mantelli e ai Bal
lo il compito di diffondere il loro messaggio di libertà spirituale, anche se di una libertà intesa solo come non ingerenza del regime nella sfera dell'arte e della cultura, idealisticamente considerate separate dalla vita.
Va tuttavia aggiunto che, più o meno vilipese e stroncate dalla critica ufficiale, alcune opere di musicisti stranieri contemporanei (Stravi nsky, Hindemith, Bartók, Milhaud, Honegger, Prokofiev) trovarono sporadica collocazione nei programmi concertistici almeno fino al 1935, anno in cui i freni divennero più stretti per la proibizione, tipicamente fascista, di eseguire musiche di autori appartenenti alle nazioni che avevano proclamato le sanzioni contro l’Italia.
Alla crescente brutalità del governo fascista cominciarono a contrapporsi apertamente i più consapevoli: nel 1935 il critico musicale Massimo Mila che aveva già conosciuto il carcere nel 1929, fu nuovamente arrestato e condannato. Quat[...]