Brano: [...]i temi ermeneutici della eredità illuministica, idealistica, materialistica e positivistica: basterebbe ricordare gli schemi dell’evoluzione religiosa dell’umanità dal Comte in poi, le teorie religiose di Fuerbach e del materialismo storico, la scienza del mito e la storia comparate delle religiosi inaugurate da Max Mùller, la etnologia religiosa di un Tylor e di un Frazer, la psicologia del misticismo di un Janet o di un Leuba, la Vdikerpsycholologie del Wundt e la interpretazione sociologica della religione da parte del Durkheim e della sua scuola, la riduzione della religione e sublimazione della sessualità da parte del primo freudismo. Nei vari indirizzi di quest’epoca, per quanto diversi fra di loro per metodi e per risultati, si palesa la innegabile comune tendenza a non riconoscere al rapporto religioso una sua specifica e permanente funzione nella storia culturale deirumanità. In generale, consapevoli o non che ne fossero i singoli autori, la religione e il mito venivano ricondotti ad altro, erano « maschera » di qualche cosa d’alt[...]
[...]in particolare, sembrano aver riacquistato negli animi prestigio e signoria: tanto che da più parti si è parlato di un « ritorno alla religione », quale che sia
(4) Il disatcco di LévyBruhl dalle posizioni prevalenti in Les fonctìons mentàles dans les sociétés injérieures (1910) è segnato dall’intervento alla Societé fran^aìse de philosophie (1929) e dalle opere successive (Le surnaturel et la Nature dans la mentalité primitive, 1931; La mythologie primitive, 1935; L'experience mystique et les symboles chez les primitives, 1938; e soprattutto i Carnets pubblicati postumi nel 1949). Per questo sviluppo del pensiero di LévyBruhl si veda ora G. Gusdorf, Mythe et métaphisique, 1953, p. 187 sg.
(5) Come giustamente osserva il Gehlen, Urmensch und Spat^ultur, Bonn 1958, p. 292, « Gauguin a Tahiti e Nolde a Raboul hanno cercato qualchecosa di più che dei semplici motivi artistici ».MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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poi la consistenza e il significato di questo «ritorno» nei diversi ambienti culturali (6).
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L’anal[...]
[...]rto col razionale (7). L’opera di R. Otto apre in un certo senso in Germania quella epoca culturale che è caratterizzata dalla crisi dello storicismo, dal passaggio dal protestantesimo liberale alla teologia della crisi e all’affiorare di una tematica esistenzialistica: nel 1918 appare infatti il primo volume di Der Untergang des Abenlandes dello Spengler, mentre nel 1919 la prima edizione del Rómerbrief barthiano, inaugurerà, insieme alla Psychologie der Weltaschuungen dello Jaspers, la cosiddetta rinascenza kierkegaardiana. Qualche anno più tardi, nel 1923, J. W. Hauer pubblicherà Die Religionen: ihr Werden, ihr Sinn, ihre Wahrheity opera nella quale già affioravano alcuni temi che dovevano poi, una diecina d’anni più tardi, alimentare — come si è già detto — il « movimento della fede tedesca », capeggiato dallo stesso Hauer. Il Sacro, oltre l’ovvio ed esplicito richiamo alla filosofia religiosa dello Schleiermacher, riprende e sviluppa un tema che già era affiorato in due storici delle religioni, il Marett e il Sòderblom: il tema, cioè,[...]
[...]Mùnchen 1931). La traduzione italiana, del Sacro, com’è noto, fu curata da Ernesto Buonaiuti (Bologna 1926).
(8) R. Otto, Das Heilige, 30a ed., p. 31. Thateron e anyad sono vocaboli che rispettivamente in greco e in sanscrito corrispondono alPagostiniana aliud valde e al ‘tutt’altro’ nel senso di R. Otto. Cfr. R. Otto, Das Gefiihl des Vberweltlichen, 1931, cap. Vili {Das Ganzandere in ausserchristlicher und in christlicher Spe\ulation und Theologie), e p. 229 {Das Aliud valde bei Augustin).MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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Ma il numinoso come alterità radicale che atterrisce, cioè come tremendum, è sperimentato al tempo stesso come alcunché di polarizzante, di cattivante, di fascinante, che invita perentoriamente al rapporto (9). Questo « radicalmente altro » e « ambivalente » costituisce il momento irrazionale della complessa categoria del sacro, nella quale i momenti razionali (morali, estetici, conoscitivi) sono senza dubbio argomento di perfezione e di elevatezza, ma non esauriscono mai la fondamentale irrazionalità[...]
[...]re in ilio tempore. Questa ontologia arcaica, dominata dal terrore della storia, investe lo stesso ordine rituale, nel senso che il rito resta definito non soltanto dalla riattualizzazione, dalla iterazione e dal ritorno degli eventi di fondazione dei primordi, ma anche dalla ripetizione di modelli rituali che nei primordi furono fondati, di guisa che l’uomo religioso si configura coinè tendenzialmente
(14) Cfr. H. Leichtenstein, Zur Phanomenologie des Wiederholungzwanges und des Todestriebes, in Imago XXI (1935), Heft 4, pp. 466488 e R. Spitz, Wiederholung, Rhytmus, Langweile, in Imago XXIII (1937), Heft 2, pp. 171196.
(15) B. Malinowski, Myth in Primitive Psychology, Londra 1926.
(16) Th. Preuss, Der religiose Gehalt der Mythen, Tiibingen 1933.
(17) p. 18 della trad. it. [Torino, 1948]: l’immagine del «passo indietro» è però di Ortega y Gasset.14
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orientato verso il ripetere rivivendo e un rivivere ripetendo il passato metastorico esemplare, nel quale viene periodicamente riassorbita la proliferazione[...]
[...] di interpretazione alla religione — con tutti i limiti e i pericoli che tale applicazione comporta —, ma di istituire in modo sistematico un paragone fra le condizioni di funzionamento e di successo della terapia psicoanalitica e le condizioni di funzionamento e di efficacia esistenziale del nesso miticorituale nella concreta vita religiosa; con ciò si attinge un punto di vista più alto, che rendendo conto delle differenze non meno che delle omologie promuova una migliore conoscenza della genesi, della struttura e della funzione della religione, e al tempo stesso arricchisca di nuove istanze le prospettive di sviluppo non soltanto della psicoanalisi come tale, ma della scienza dell’uomo nel suo complesso.
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Nel quadro del movimento di rivalutazione esistenziale della vita religiosa il movimento psicoanalitico ha sostenuto una parte non certo marginale o casuale. Fra la coazione a ripetere di carattere nevrotico, l’abreazione che ha luogo nel trattamento psicoanalitico e il rivivere un passato primordiale nel simbolismo miticorit[...]
[...] apprese. D’altra parte sussistono — ed ogni storico delle religioni lo sa — sorprendenti affinità fra temi mitici di civiltà religiose diverse, e anche qui in modo tale che solo a prezzo di sin troppe ingegnose ipotesi diffusionistiche potevano
(31) Per la concezione junghiana del simbolo si veda R. Hostie, C. G. Jung und die Religion, Monaco 1957, pp. 44 sgg. (L’originale in olandese dell’opera dello Hostie porta il titolo Analytische Psychologie en Godsdienst, UtrechtAntewerpen 1955).
(32) In Morte e pianto rituale nel mondo antico, Torino 1958, ho cercato appunto di esplorare, in un concreto esempio storico, il rapporto fra crisi, simbolismo miticorituale e mondo dei valori.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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essere spiegate mediante la trasmissione culturale da un punto alPaltro dello spazio, e da un’epoca ad un’altra. Jung credette di poter spiegare queste imbarazzanti concordanze mediante l’ipotesi di un inconscio collettivo, come deposito di tracce, o disposizioni, o pieghe psichiche, le quali avrebbero determ[...]
[...]enza dell’anima deve limitarsi al suo proprio oggetto... Se essa dovesse anche soltanto come causa ipotetica postulare un Dio, avrebbe implicitamente avanzato l’esistenza di una possibile dimostrazione di Dio, oltrepassando così la sua competenza in modo assolutamente inammissibile. La scienza può essere soltanto scienza: non ci sono dimostrazioni scientifiche della fede» (34).
(33) Ùber die Energeti\ der Seele, 1919, p. 189.
(34) In Psychologie und Alchemìe, 1944, p. 27 sg. (2) C. G. Jung, Aion, 1951, p. 107.24
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In altra sua opera Jung si chiede, se il « se stesso » sia un simbolo di Cristo o se Cristo sia un simbolo del « se stesso » e (35) dichiara di aver optato per questa seconda soluzione, ma si affretta ad aggiungere che tale opzione non ha un valore ontologico, ma soltanto metodologico, concedendo che altri con eguale diritto potrebbe scegliere la prima soluzione: e P. Zacharias, accogliendo prontamente la concessione, ha valutato appunto quali sarebbero le conseguenze teologiche quando si assuma il «[...]
[...]e individuale o collettiva verso la autonomia morale: successivamente la religione gli si configurò non più come una fase preparatoria, ma come il coronamento e il vertice del destino culturale dell'uomo. Ora ciò che lo aiutò a compiere questo ultimo passo fu proprio l’opera di R. Otto, che — come abbiamo visto — inaugura idealmente l’epoca culturale che stiamo analizzando. Jung
(35) Aion, p. 107.
(36) P. Zacharias, Die Bedeutung der Psychologie C. G. Jungs jiir die christliche Theologie, in Zeitschrift fùr Religionund Geistesgeschichte, V, 1953, pp. 13 sgg.
(37) R. Hostie, op. cit., p. 201, nota 98.
(38) Lettera di Jung al domenicano P. V. White, in White, God and thè unconscious, 1944, p. 260.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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potè infatti stabilire una sorprendente concordanza fra l’esperienza del « vivente rapporto con gli archetipi », quali gli veniva suggeriti dalla sua pratica di psicoterapeuta, e i momenti del numinoso così come R. Otto li aveva indicati nella sua ricerca fenomenologica sul Sacro. Il sentimento di dipendenza, il maestoso, l’effi[...]
[...] passo alla fede e alla teologia. Una posizione del genere non era più incompatibile con la teologia, ed in sostanza manifestava un sostanziale accordo con le note tesi cattoliche circa i « limiti di competenza » della ricerca scientifica in generale (40).
Attraverso il suo condizionamento inconscio, sottolineato con tanto
(39) Si veda, per questa parte dell’influenza di R. Otto, sulla interpretazione junghiana della religione, Jung, Psychologie and Religion, New Haven, 1938 (Psychologie und Religion, Ziirich 1940).
(40) Cfr. R. Hostie, op. cit.y p. 235. Per un più diretto rapporto dell’junghismo con la concreta documentazione storicoreligiosa si veda: Jung e Wilhelm, Das Geheimnis dcr goldenenen Biute, Miinchen 1929 (19443); Jung e Kerenyi, Einfiihrung in das Wesen der Mythologie, AmsterdamLeipzig 1942; Jung, Psychologie und Alchemie, Ziirich 1944; Jung, Ueber MandalaSymboliin Gestcdtungen des XJnbewussten, Ziirich 1950; Aion. Untersuchungen zur Symbolgeschichte, Ziirich 1951. Per la interpretazione junghiana dei simboli cattolici: Jung, Versueh einer psychologischen Deutung des Trinitatsdogmas in Symboli\ des Geistes, Ziirich 1948; Das Wandlungssymbol in der Messe, in Von den Wurzeln des Bewusstseins, Ziirich 1954; Antwort auf Hiob, Ziirich 1952. In quest’ultima monografia lo Jung considera la proclamazione del dogma dell’assunzione corporea al cielo della vergine Maria come « il più importante evento religi[...]
[...]«in certa misura»: poiché non tardò a manifestarsi una differenza strutturale decisiva fra simbolo cristiano e altri simboli miticorituali. Già lo Hòlscher non aveva mancato di notare come il pensiero escatologico del giudaismo si contrapponesse in modo radicale alla concezione ciclica del divenire che fu propria del mondo
(50) G. van der Leeuw, Urzeit und Endzeit, in « Eranos Jahrbuch », XVII (1949), p. 25.
(51) G. van der Leeuw, Phànomenologie der Religion, 19562, p. 438.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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greco (52); e il Lommel, in una prospettiva diversa, aveva sottolineato che i popoli arii mancavano del senso della cronologia, mentre alcune civiltà religiose del vicino Oriente, come l’Egitto, la Persia, Israele, cominciarono ad aprirsi alla coscienza della storia nella forma rudimentalissima di coscienza cronologica delle geneaologie e delle successioni di regni. Il Lommel osservava inoltre che questa nuova sensibilità del tempo germinata nell’Oriente vicino ricevette nella tradizione giudaicocristiana un incremento così decisivo da rendere familiare per noi l’idea che sia databile anche l’evento della incarnazione di Dio (53). Il riconoscimento del particolare carattere del rapporto fra tempo e Cristianesimo giunse a maturazione soprattutto durante gli anni che seguono immediatamente la fine della seconda guerra mondiale. Nel quadro di tale riconoscimento occupa senza dubbio un posto preminente l’opera di Oscar Culmann, [...]
[...]ine mentre nel mondo greco era impossibile l’idea di un’azione divina che si rivela progressivamente nel tempo, e che manifesta in tal modo il suo disegno, il Cristianesimo trasforma il terreno accadere in storia santa (55), scandita nei momenti della creazione, del patto di Dio col suo popolo speciale, deli’incarnazione e della seconda definitiva parusia. La coscienza di questa contrapposi
(52) G. Hòlscher, Die Ursprtinge der jiidischen Eschatologie, 1925, p. 6.
(53) H. Hommel, Dit alte Arien, 1935, p. 34. Cfr. M. Buber, Kònigtum Gottes, 1932, p. 121: «In Babilonia il calendario liturgico poteva compiere il suo eterno ciclo sull’empirico divenire, mantenendosi indifferente al divenire stesso; in Israele invece era la storia a circoscrivere in esso, di propria mano, i segni portentosi di ciò che accade una sola volta, deirirripetibile ».
(54) O. Culmann, Christus und die Zeit, 1945 (19482).
(55) Op. cit., pp. 43 sgg.32
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zione appartiene già al Cristianesimo dei primi secoli, come mostrano le teorizzazioni[...]
[...]di liberazione del profano dal sacro, per entro la civiltà cristiana la progressiva autonomia dell’umano dal divino ha intensificato il suo ritmo, soprattutto dalla Riforma e dal Rinascimento in poi. Noi abbiamo scoperto oggi le « origini » miticorituali del teatro, delle arti figurative, della letteratura, della danza e della musica, il nesso fra mito, teologia, metafisica e filosofia, il passaggio dalla sacralità del gruppo sociale e dalle ideologie teocratiche ai problemi della moderna convivenza democratica, il liberarsi della tecnica e della produzione dei beni economici dall’orizzonte « numinoso » in cui per così lungo tempo si sono svolte e hanno trovato protezione: ma questa nostra scoperta non è nient’altro che la presa di coscienza di un processo che soprattutto la civiltà occidentale ha condotto innanzi, in un riferimento più
o meno mediato col « senso della storia » dischiuso dal Cristianesimo.
Ma ce qualche cosa di più. Non soltanto il Cristianesimo, al pari di qualsiasi vita religiosa, è stato mediatore di res gestite, [...]
[...]io (Public Opinion New Service, 20 marzo 1955), ed altri fatti del genere provano la forza del movimento di « ritorno alla religione »... L!American Institute of Public Opinion riferisce che il 97% degli Americani si identificano con uno dei maggiori gruppi religiosi, e l’80% degli Americani adulti dicono di credere nella Bibbia e nella parola rivelata di Dio. Può es
(62) Del Bultmann è da vedere la conferenza programma Neues Testament und Mythologie (apparsa dapprima in « Beitràge zue Evangelischen Theologie », 1941, e poi in « Kerygma und Mythos I», Amburgo 1951). Il lettore italiano può informarsi dello stato della quistione e della vastissima bibliografia attingendo da A. Vógte, Rivelazione Milo, in «Problemi e orientamenti di Teologia Dogmatica », Milano 1957, I, pp. 827 sgg.; R. Marlé, Bultmann e Vinterpretazione del nuovo testamento, trad. it., Brescia 1958; G. Miegge, L’evangelo e il mito nel pensiero di Rudolf Bultmann, Milano 1956; F. Bianco, Introduzione al problema dello smitologizzamento, nel voi. « Metafisica ed Esperienza Religiosa », Archiv. di Filosofia, Roma 1956, pp. 265 sgg.; F[...]
[...]el mito negli ultimi quarantanni. È senza dubbio merito di questo movimento aver messo in evidenza, in polemica con il superficiale intellettualismo, alcuni temi ermeneutici di notevole interesse e suscettibili di sviluppo e di approfondimento, come p. es. il rapporto della esperienza del sacro con la crisi esistenziale, il nesso miticorituale in cui si articola l’orizzonte del tutt’altro, le motivazioni inconsce dell’esperienza religiosa, le omologie fra terapia psicoanalitica e dinamismo efficace dei simboli miticorituali, il diverso rapporto in cui il tempo e la storia stanno nelle religioni non cristiane e nel Cristianesimo, l’emergere del « senso della storia » per entro il simbolo religioso cristiano. Tuttavia il movimento di rivalutazione non si è reso conto che proprio il processo in virtù del quale il simbolo cristiano è venuto mediando nella storia della civiltà occidentale il « senso della storia » ha avuto come risultato inevitabile la impossibilità di mantenere in buona fede la struttura e la funzione di un orizzonte metastori[...]