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Il segmento testuale liberista è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 112Entità Multimediali , di cui in selezione 15 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 199

Brano: Einaudi, Luigi

Il corteo del presidente della Repubblica Einaudi attraversa piazza Colonna (Roma, 1948)

ideale di Luigi Einaudi al pensiero politico liberista di tradizione classica inglese, con una rigorosa coerenza nello sviluppare i temi del confronto libero e organizzato tra forze de! lavoro e imprenditori.

Destarono scalpore certi suoi articoli del

1897 e del 1901 sulle agitazioni dei tessitori della vai Sessera nel Biellese, e sul grande sciopero proclamato dai lavoratori genovesi come risposta allo scioglimento della locale Camera del Lavoro da parte delle autorità: Einaudi sostenne in quelle circostanze la necessità e la legittimità dell'organizzazione operaia, riferendosi appunto alle esperienze delle tradeunions inglesi e mettendo l[...]

[...] Biellese, e sul grande sciopero proclamato dai lavoratori genovesi come risposta allo scioglimento della locale Camera del Lavoro da parte delle autorità: Einaudi sostenne in quelle circostanze la necessità e la legittimità dell'organizzazione operaia, riferendosi appunto alle esperienze delle tradeunions inglesi e mettendo l’accento sul significato positivo che la libertà sindacale assumeva ai fini dello sviluppo dello stesso sistema economico liberista. La coraggiosa posizione del giovane economista, le cui argomentazioni erano sorrette da uno stile chiaro, asciutto e incisivo, fece sensazione nel clima di accesa reazione antioperaia di quegli anni. Ma le battaglie che più lo videro emergere con piglio di polemista stringente, furono soprattutto quelle contro il protezionismo statale e i suoi effetti nella crescita dell’industria monopolistica.

Fedele a canoni astratti, per molti versi moralistici e utopistici, di integrale osservanza dei princìpi del libero scambio, fu accanto a Gaetano Salvemini e ad Antonio De Viti De Marco nel rivend[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 443

Brano: [...].

La riforma Gentile

Almeno in un primo tempo il ministro Gentile potè agire con una certa libertà, seguendo un piano di riorganizzazione degli studi che egli stesso aveva delineato nel suo Sommario di Pedagogia generale del 1913 e ripreso nel 1918 in una famosa polemica da lui avuta con il ministro della Pubblica istruzione Berenini contro la “massificazione” della scuola. Esisteva d’altra parte una sostanziale convergenza fra una riforma liberista mirante a eliminare la “zavorra” che affollava le scuole dello Stato e le finalità politiche del fascismo, elitario e antidemocratico.

Si può semmai osservare, alla luce degli sviluppi successivi, come l'autoritarismo gentlliano fosse fin troppo drastico rispetto alle esigenze del regime. Facendo appello all’antiburocratismo e alla velleità di restaurazione di un regime di libera concorrenza, al posto della « indolenza e della passività, della vigliaccheria che l’attuale regime burocratico e monopolistico promuove e favorisce in ogni modo» (E. Codignola), nel tentativo di dare una struttur[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 297

Brano: [...]e il 1944, insieme a Pasquale Saraceno partecipò alla stesura della parte relativa alla finanza pubblica nella formulazione dei Principii dell'ordine sociale per una comunità cristiana.

Più noto come Codice di Camaldoli, in questo testo, com’è noto, venivano fatti fare salti di qualità al pensiero sociale cattolico: fra cui la consapevolezza che il fascismo non potesse essere considerato una parentesi, l’impossibile riproposizione dell’ordine liberista prefascista, l’indilazionabile necessità di operare profonde trasformazioni nello Stato e nell’economia per coordinare tutto all’interesse generale secondo una visione unitaria (v. Democrazia cristiana).

Dirigente democristiano

Dopo il 25.7.1943 Vanoni fu uno dei commissari alle Confederazioni sindacali (v.), dove rappresentò i lavoratori del commercio. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, colpito da mandato di cattura per aver svolto tale funzione, dovette darsi alla clandestinità e prese parte alla Resistenza democristiana.

In seno al partito degasperiano era stato eletto Consiglier[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 298

Brano: [...]ietà, si ispirava ai suoi orientamenti e alle sue indicazioni.

Col governo Pella, Vanoni assunse il ministero del Bilancio e, interinalmente, poco prima che lo cogliesse la morte, anche quello del Tesoro.

Negli ultimi anni egli formulò lo « Schema di sviluppo dell’occupazione e del reddito in Italia nel decennio 195564 », presentato come Piano Vanoni al Congresso della D.C. a Napoli (1954). Si trattava del superamento teorico del principio liberista, sostituito nella società industriale moderna da quello della programmazione “guidata” che, per la prima volta, faceva la sua comparsa nella politica economica italiana. Con questo documento Vanoni affidava agli investimenti pubblici un ruolo importante per il pieno impiego e per il riequilibrio delle zone variamente produttive, oltreché di pareggio della bilancia dei pagamenti e di stimolo all'iniziativa privata.

Lo “schema Vanoni” forse non fece in tempo a consolidarsi nella coscienza politica pubblica, non tanto per le contestazioni mossegli da varie sedi quanto per la sopraggiunta mort[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 483

Brano: [...]ale

Nel primo decennio del nostro secolo le maggiori forze politiche del Commonwealth of Australia erano rappresentate da tre organizzazioni aventi quasi la stessa influenza elettorale. Vi erano due partiti della borghesia: l'uno conservatore, che difendeva gli interessi degli squatters (quindi moderato in politica e protezionista in economia); l’altro che esprimeva invece gli interessi della borghesia cittadina (quindi liberale in politica e liberista in economia; più un terzo partito, laburista, la cui componente di sinistra esprimeva gli interessi dei lavoratori. Questo sistema tripartitico permetteva di tanto in tanto contingenti alleanze trasversali, ma dava luogo a una continua instabilità politica, finché nel 1900 sorse un governo di concentrazione antisocialista, il ministero Deakin che, in obbedienza alle direttive imperiali provenienti da Londra, impose il servizio militare obbligatorio e una politica di armamenti. Il malcontento popolare determinato da queste misure favorì elettoralmente i laburisti, facendoli salire al potere co[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 150

Brano: [...] deH'Assemblea nazionale.

Liberismo economico

Nel corso della crisi mondiale del 1929 fu un tenace sostenitore della libera fluttuazione del franco, indi

viduando nella artificiosa deflazione e nella crisi economica prolungata che interessò la Francia fino alla fine degli anni Trenta, una delle ragioni del malcontento popolare e dell’adesione dei ceti medi al programma di Fronte popolare, da lui osteggiato. Coerente con la propria linea liberista, fu quindi uno strenuo oppositore del primo governo frontista di Léon Blum (nel giugno 1936 fu tra i pochi deputati che votarono contro l’istituzione delle 40 ore lavorative settimanali) ; ma si distinse rispetto alla destra e anche alle posizioni dellT\///aA7ce démocratique, al cui gruppo apparterrà fino al patto di Monaco (1938), per un atteggiamento non ideologico, bensì motivato da divergenze programmatiche nei confronti dei partiti della sinistra.

Nell'autunno 1935 si allineò con i socialisti e i radicalsocialisti nella critica all’acquiescienza del primo ministro Lavai nei confronti [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 103

Brano: [...]tanza d’un secolo studiosi di varia tendenza convengono nel riconoscere sostanzialmente, al quadro tracciato dall'enciclica nel tempo dato, una grande suggestione non restringibile al so

lo mondo cattolico, sia per aver cooperato a liberare la questione operaia dalle fumisterie romantiche precapitalistiche assai diffuse fra i ceti moderati, sia soprattutto per il solenne riconoscimento dei diritti degli operai, insieme alla critica al sistema liberista da un lato e a quello collettivista dall'altro.

Nel conto positivo dell’enciclica va posto anche il peso che allora aveva l’alto magistero pontificio allorché, fra l’altro, in tempi di sovversivismo anarcoide proclamava legittimo lo sciopero (con scandalo naturalmente dei conservatori) e intangibile il salario familiare come « giusto » salario dell’operaio. Come pure vi vanno messe le pur prudenti aperture nei riguardi dei regimi democratici e il trauma che esse avrebbero poi determinato in Italia, non solo in campo cattolico. Va infine aggiunto l’esplicito incoraggiamento che, specialment[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 410

Brano: Cabiati, Attilio

m. a Torino il 13.10.1950. Fervente liberista, collaboratore di Luigi Einaudi, del quale costituì all’inizio del secolo il tramite con la turatiana Critica sociale, combattè ogni forma di protezionismo industriale e commerciale e della « Critica » fu collaboratore fin quando non venne assorbito dall’attività scientifica e accademica.

Docente di Economia politica dal

1913 all’istituto superiore di commercio di Torino e dal 1918 all’Università di Genova, fondatore e direttore della Rivista Bancaria, per 26 anni fu collaboratore de « La Stampa » di Torino, scrivendo inoltre sul « Secolo » di Milano, sul «Giornale degli economisti » e [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 126

Brano: [...]anche la costruzione di linee ferroviarie che erano state già progettate e iniziate in Liguria ed in Campania. Le difficoltà finanziarie contribuirono così a rafforzare la presenza di gruppi privati, italiani ed anche stranieri, nella vita economica del paese. Il 1866 fu l'anno in cui esse divennero più gravi: le entrate coprivano ormai soltanto i tre quarti delle spese. Si rese allora necessaria l’introduzione del corso forzoso, di cui anche un liberista come Francesco Ferrara riconobbe la necessità, scrivendo: .

« Nella primavera del 1866 la crisi delle banche immediatamente convertivasi in crisi dello Stato, perché suggellava l’impossibilità di ricorrere a qualunque artificio d'indole puramente finanziaria. E così non solo permetteva il corso forzoso, ma lo imponeva come unico rimedio comune ai bisogni del commercio e alle penurie della finanza [...] ».

Il Ferrara considerava però il corso forzoso come una soluzione solo momentanea. Esso invece rimase fino al 1883, quando si tornò, almeno in parte, alla convertibilità. Le conseguenze [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 139

Brano: [...]formazioni di notevole importanza, soprattutto neH’mdustria siderurgica e meccanica che, dopo avere approfittato della situazione di guerra, si erano trovate più esposte delle altre alle difficoltà della riconversione: alcune di queste industrie erano sfuggite al controllo dei gruppi industriali ed erano passate sotto quello degli istituti di credito. In questi ultimi era perciò venuto ad aumentare il peso degli interessi industriali.

La fase liberista si chiuse nel 1925, quando divenne ministro delle Finanze Giuseppe Volpi di Misurata, sostenitore dell’intervento del

lo stato. La politica inflazionistica subì un brusco arresto nel 1926, quando, nel « discorso di Pesaro », Mussolini annunziò che la lira ve* niva ancorata, rispetto alla sterlina, alla cosiddetta « quota novanta ». Le conseguenze della rivalutazione vennero a pesare soprattutto sulla classe operaia. Mentre i prezzi rimanevano alti, i salari diminuirono nettamente.

Da parte loro, gli industriali superarono le difficoltà create dalla riduzione delle esportazioni con una a[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine liberista, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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