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Il segmento testuale liana è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 216Analitici , di cui in selezione 5 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Roberto Pertici, Giovanni Amendola: l'esperienza socialista e teosofica (1898-1905) in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...]irenismo verso posizioni religiose non necessariamente confessionalistiche » e di un impegno diretto nelle questioni sociali e nelle iniziative umanitarie, di cui ha parlato anche recentemente il Bedeschi 2. Nel 1909 Giovanni Amendola, ricordando che « fra il '90 ed il '900 accanto alla corrente dell'indifferenza ufficiale, sorsero in Italia vari centri di esperienza religiosa », esprimerà la convinzione che ad essi « lo storico della cultura italiana di quel periodo dovrà dare molto maggior importanza che non alle manifestazioni di quella scienza accademica, della filosofia ufficiale e della letteratura che trovò fortuna presso il grande pubblico »3. Piú precisamente due anni dopo, rievo
1 Per un'efficace sintesi della storia de « La Capitale » è da vedere l'ottimo repertorio di V. O. MAJOLO MOLINARI, La stampa periodica romana dell'800, Roma, Istituto di Studi Romani, 1963, I, pp. 189191. Su Edoardo Arbib, allora direttore del quotidiano, cfr. G. DI PEJO, Edoardo Arbib, in Dizionario biografico degli italiani, ad nomen.
2 LORENZO BEDES[...]

[...]filoanglosassone, e la formazione di una borghesia, specie meridionale, evangelmassonica, di mentalità spesso attivistica e filantropica, delusa dell'esito tutto amministrativostatuale del processo risorgimentale, incapace, a suo giudizio, di una parallela, profonda riforma eticoreligiosa: ne scaturivano spesso una insoddisfazione, magari non precisata, a sfondo democratico ed un ripensamento critico dei « limiti » della rivoluzione nazionale italiana. Infine va ricordata la grande popolarità che godette in questi ambienti la figura di Francesco Crispi di cui si ricordavano le glorie garibaldine del 1860, la battaglia da sinistra contro il trasformismo di Depretis, l'anticlericalismo ed al contempo la professione di fede in Dio, le esaltazioni dei valori morali, le sdegnose ripulse dell'ateismo materialistico 6. Insomma, nell'adolescenza di Amendola sembrano coesistere anticlericalismo e nuova religiosità, libero pensiero e suggestioni mistiche, azione politica e riforma morale: anche il suo socialismo giovanile è plasmato, in molti aspett[...]

[...]rtesi annoverava anche il « teosofismo »,
« forma di cristianesimo filosofico, d'origine protestante, che ha una certa vita
in America ed in Inghilterra », ne accennava alla diffusione in Italia, anche se mostrava di ritenere che essa, « lontana dal nostro carattere fantasioso meri
dionale », avesse poca possibilità di attecchirvi 11. Negli anni successivi, invece, abbastanza grande fu la diffusione della Società Teosofica: la prima loggia italiana fu fondata a Roma il 22 gennaio 1897 (presidente l'ingegner Gualtiero Aureli) alla diretta dipendenza della Società Teosofica di Londra; il 1° gennaio 1898 cominciò ad essere pubblicata la rivista « Teosofia », mentre il 18 marzo dello stesso anno veniva a Roma Annie Besant, che tenne una conferenza all'Associazione della Stampa. Negli ultimi mesi del 1899, grazie all'attività di un'altra teosofessa, Isabella CooperOakley, si fondava una società teosofica a Firenze, mentre nel 1900 si procedeva alla fondazione delle logge milanese e napoletana. Due anni dopo l'adesione di Amendola, il 1° e 2 [...]

[...]sofia », mentre il 18 marzo dello stesso anno veniva a Roma Annie Besant, che tenne una conferenza all'Associazione della Stampa. Negli ultimi mesi del 1899, grazie all'attività di un'altra teosofessa, Isabella CooperOakley, si fondava una società teosofica a Firenze, mentre nel 1900 si procedeva alla fondazione delle logge milanese e napoletana. Due anni dopo l'adesione di Amendola, il 1° e 2 febbraio 1902, sarebbe stata istituita la sezione italiana della Società Teosofica, che il 17 ottobre 1904 avrebbe inaugurato la sua sede a Roma con un nuovo intervento della Besant. Il discreto successo ottenuto dalla propaganda teosofica in Italia è dimostrato anche dal fatto che al congresso teosofico di Adyar, alla fine del dicembre 1906, la sezione italiana avrebbe presenziato con ben quindici gruppi.
Ma quali furono le motivazioni di fondo che spinsero Amendola sulla
strada della teosofia? Ne parla egli stesso in una lettera alla fidanzata Eva del 6 giugno 1904:
Toute ma vie a été une grande oscillation entre ces deux pois: l'intelligence et l'esprit, accompagnée par les souffrances d'une ame qui a toujours, toujours cherché. A un certain moment, j'ai acquis la connaissance absolue que mon salut était dans le pol de l'esprit. Comment j'en suis venu la? Par les souffrances ininterrompues et la solitude. Dans un milieu riche et joyeux, j'aurai[...]

[...]uire all'indagine psicologica non solo una finalità descrittiva e scientifica, ma soprattutto metafisica: essa poteva essere — a suo giudizio il trampolino per « dimostrare scientificamente l'invisibile », poteva condurre « alla spiegazione finale del vero luogo dell'umanità nell'universo » 15
13 GIOVANNI PAPINI, Franche spiegazioni (a proposito di rinascenza spirituale e di occultismo), « Leonardo », v, aprilegiugno 1907, ora in La cultura italiana del '900 attraverso le riviste, vol. 1, « Leonardo » « Hermes » «Il Regno », Torino, Einaudi, 1960, p. 353.
14 Queste parole di William James sono riportate da Amendola nell'intervista Un colloquio con William James, «La Nuova Parola », Iv, n. 7, luglio 1905, p. 50.
15 GIOVANNI AMENDOLA, Il problema dell'anima nella vita moderna, ivi, Il, n. 3, marzo 1903, p. 209.
VARIETÀ E DOCUMENTI 195
Da molteplici ragioni scaturiva l'interesse di Amendola per Frederick Myers: lo psicologo anglosassone, che era stato fino alla morte presidente della Society f or psychical Research, aveva dato, con la[...]

[...]cessivi maturò il suo distacco dalla Società Teosofica. A tale svolta contribuí decisamente l'incontro, avvenuto verso la metà del dicembre 1903, con Eva Kühn, ragazza lituana che dopo aver soggiornato nelle piú importanti città europee, viveva allora a Roma, per apprendere l'italiano e giungere cosí alla laurea in letterature comparate. Fra i due immediatamente sbocciò un amore profondo, che esercitò un notevole influsso sulla personalità amendoliana. Il rapporto con Eva, decisamente avversa all'occultismo, contribuí a sottrarlo alle suggestioni esoteriche, ma soprattutto lo liberò da quella « solitude », da quella « souffrance », da quel « sentiment naturel d'isolement », che avevano fortemente condizionato la sua adesione alla teosofia. Questa vicenda personale si intrecciava con una mutazione intellettuale, che si andava lentamente compiendo nel corso del 1904: Amendola prende lentamente atto delle profonde aporie che sono alla base della sua scelta teosofica; non solo, ma l'occultismo gli comincia a sembrare pericoloso anche moralment[...]

[...]libre et la justice que je savais d'avoir perdue, mais avec laquelle je n'aurai rien en commun. Ma théosophie reste, mais c'est bien different, elle sera la base d'une vie beaucoup plus forte » (Kühn, pp. 6970). Ma se la teosofia era ormai il simbolo di un mero impegno morale, erano inutili le mitologie orientaleggianti, i fumosi misticismi, le dottrine dogmatiche; era senza senso l'affiliazione ad un'organizzazione, come la Società Teosofica italiana, in cui stavano scoppiando continui scandali, in cui si commettevano « azioni enormi, degne di codice penale », soprattutto da parte di quella sorta di « nume tutelare » che era la famigerata Mrs. Oakley. Contro i suoi imbrogli, Amendola insieme a Ferrando, Cervesato, i coniugi Bozzelli ed altri amici condussero nell'estate del 1905 una dura lotta, che sembrò avere un momentaneo successo; ma un intervento della « papessa » Annie Besant domò la ribellione ed allora
« i teosofi onesti che avevano un po' di sale in zucca uscirono disgustati dalla Società »18. Era l'autunno del 1905, ma già da a[...]

[...] Papini in testa. Aveva scritto un saggio per « Il Regno », la cui direzione era da poco passata a Campodonico, strinse amicizia con Giuseppe Vannicola ed iniziò la collaborazione alla « Revue du Nord »: insomma era entrato nel variegato mondo delle riviste di idee.
Anni di pazze sfuriate romantiche quelli della teosofia, ma non anni inutili. In essi trovano una soluzione ingenua e mitologica problemi che restarono al centro della ricerca amendoliana: l'autonomia del sentimento religioso, le motivazioni di fondo dell'impegno morale, un forte interesse per i problemi della psicologia e dei loro rapporti con l'etica. Kant, James e Schopenhauer restarono costanti interlocutori delle riflessioni di Amendola, come pure non lo abbandonò l'interesse per le teorie di riforma sociale di un Ruskin, per le correnti di misticismo religioso, per i new thinkers americani 19 ecc. Ma se non c'era frattura nei temi di riflessione, ve n'era una, decisiva, nel metodo d'indagine. Alla fine del 1906, Amendola scriveva a Papini: « Conosco personalmente i fanta[...]

[...]
18 GUIDO FERRANDO, La Società Teosofica, n, « La Voce », i, n. 17, 8 aprile 1909, p. 66.
19 Il new thought americano annoverava pensatori oggi dimenticati, allora molto noti come Ralph Waldo Trine, Horatio Dresser, Edward Carpenter, Prentice Mulford ecc.
VARIETÀ E' DOCUMENTI 197
NOTA BIBLIOGRAFICA. — Gli anni dell'adolescenza e della prima giovinezza di Giovanni Amendola sono stati senza alcun dubbio i meno studiati dalla storiografia amendoliana. Questa lacuna si è verificata certamente per la difficile reperibilità dei suoi articoli e saggi giovanili, per la scarsezza delle fonti documentarie e per il fatto che l'attenzione precipua degli studiosi è stata rivolta agli anni delle battaglie antifasciste; ma indubbiamente ha pesato anche il carattere eccentrico, inconsueto dell'esperienza giovanile amendoliana, che si svolse per tanta parte, all'interno della Società Teosofica, tanto che, quando se n'è parlato, lo si è fatto con intenti più o meno sottilmente polemici, come da parte del PAPINI, in quello che è il primo, rapido profilo biografico di Amendola, pubblicato nel febbraio 1919 sulla « Vraie Italie, organe de Liaison Intellectuelle entre l'Italie et les autres Pays ». Anche nel bel saggio di PREZZOLINI, che apparve in edizione provvisoria e ridotta su « L'Italia che scrive », febbraio 1924, poi in volume presso l'editore Formiggini nel 1926, ora ristampato nel libro Amendola e «La Voce » ([...]

[...]emente l'attività politica, bisogna arrivare al libro di EVA AMENDOLA KÜHN, Vita con Giovanni Amendola, Firenze, Parenti, 1960 (nel testo sempre citato: Kühn), per avere una prima trattazione, seppure breve e basata sulla memoria più che su documenti, dei primi anni dell'attività culturale di Amendola. Recensendo quest'opera sul « Corriere della Sera », 23 dicembre 1960, EMILIO CECCHI faceva interessanti annotazioni sulla milizia teosofica amendoliana, avvertendo che « in tali manifestazioni giovanilmente approssimative ed elementari non sarebbe stato difficile riconoscere, sia pure in confuso, le precoci preoccupazioni etiche e i segni di un carattere volitivo ed intransigente » (ora in Letteratura italiana del novecento, a cura di P. Citati, Milano, Mondadori, p. 1202). Comunque le pagine migliori dedicate ad Amendola teosofo, prima del recente fiorire di studi amendoliani, sono quelle, bellissime, di GIORGIO LEVI DELLA VIDA nel suo Fantasmi ritrovati, Venezia, Neri Pozza, 1966, p. 175 sgg. Infine, piú recentemente, ALFREDO CAPONE Si è accostato a questa materia e, avendo avuto la possibilità di attingere anche all'archivio della famiglia Amendola, ha potuto tracciare un profilo meno impreciso degli anni 18981905 nel libro Giovanni Amendola e la cultura italiana del Novecento (18991914), Roma, [...]

[...]la teosofo, prima del recente fiorire di studi amendoliani, sono quelle, bellissime, di GIORGIO LEVI DELLA VIDA nel suo Fantasmi ritrovati, Venezia, Neri Pozza, 1966, p. 175 sgg. Infine, piú recentemente, ALFREDO CAPONE Si è accostato a questa materia e, avendo avuto la possibilità di attingere anche all'archivio della famiglia Amendola, ha potuto tracciare un profilo meno impreciso degli anni 18981905 nel libro Giovanni Amendola e la cultura italiana del Novecento (18991914), Roma, Ed. Elia, 1974. Interessanti precisazioni sono contenute anche in altri due saggi dello stesso CAPONE: Moderatismo e democrazia nel pensiero di Giovanni Amendola, nel volume collettaneo G. Amendola nel cinquantenario della morte 19261976, Roma, Fondazione Luigi Einaudi, pp. 93144, in particolare a p. 94, e Etica e politica in Giovanni Amendola, in G. Amendola, una battaglia per la democrazia. Atti del convegno di studi con il patrocinio della Regione EmiliaRomagna, Bologna, Forni ed., pp. 4160, in particolare 5960. Si muovono sostanzialmente sullo stesso piano [...]

[...]torico e studioso di filosofia; EMILIO SERVADIO, La ricerca psichica, Roma, Paolo Cremonese ed., 1930, in cui le idee teosofiche sono esposte nel piú ampio quadro della parapsicologia; GIOVANNI BuSNELLI s.J., Manuale di Teosofia, Roma, La Civiltà Cattolica, 1932', in cui è netta .la condanna cattolica della teosofia; H. C. PUECH, Storia delle religioni, XIIEsoterismo, spiriti
smo, massoneria, Bari, Laterza, 1978. Sulle vicende della teosofia italiana si possono vedere: DECIo CALVARI, La teosofia a Roma, « Teosofia » , rI, gennaio 1899, n. 1, pp. 14; GUIDO
FERRANDO, La Società Teosofica, I e n, « La Voce», I, n. 14 del 18 marzo 1909 e n. 17, 8 aprile 1909; ARNALDO DELLA TORRE, Il cristianesimo in Italia dai filosofisti ai modernisti, Palermo, Sandron, s.d., pp. 4023.



da Luigi Salvatorelli, L'azione cattolica in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...]definizione il pontefice riteneva di averla formulata «non senza divina ispirazione»; e precisò di essersi ispirato «ai testi della Sacra Scrittura », cioè a un passo dell'epistola di San Paolo ai Filippesi (IV, 3): «aiuta quelle che lavorano con me nel Vangelo ». Come si vede, San Paolo parlava di donne. La partecipazione dei laici all'apostolato si estende adunque ad ambo i sessi: come, infatti, risulta dalla struttura dell'Azione Cattolica italiana. Tutto ciò si accorda con l'altro richiamo, fatto per essa da Pio XI, al « sacerdozio universale » dei cristiani. Richiamo che forse sorprenderà chi é abituato alla netta, rigorosa distinzione, caratteristica del cattolicesimo, fra clero docente, e popolo, o laicato, discente. Beninteso, nel pensiero del pontefice non c'era nessuna contraddizione fra i due principi, sacerdozio universale del popolo cristiano e clero gerarchico: in quanto che il primo non può né deve essere esercitato se non secondo i dettami del secondo.
L'Azione cattolica, dunque, si proclama antica quanto il cristianesimo.[...]

[...]ici devono costituire, secondo il detto della prima epistola di San Pietro, un sacerdozio capace di offrire ostie spirituali: preghiere, mortificazioni, buone opere. Il loro apostolato, dunque, é di ordine soprannaturale, anche se contribuisce efficacemente al benessere sociale. Con questa nota di trascendenza religiosa si intone. senza sforzo l'oratore immediatamente successivo, l'avvocato Vittorino Veronese, presidente dell'Azione Cattolica Italiana « e principale artefice del congresso », come lo definiva il resocontista dell'Osservatore Romano. Egli invitò i congressisti, con franchezza cristiana, a un esame di coscienza personale, in profondità: a una diagnosi delle proprie resistenze
L'AZIONE CATTOLICA 85
individuali, delle incrostazioni psicologiche della propria personalità, della «routine» inevitabile prodotta dall'affetto alle cose proprie, dissimulato talora pericolosamente dall'attaccamento alla propria terra, alla propria organizzazione. E richiamò la necessità di non perdere un istante di vista alcuni motivi profondi di med[...]

[...]i non perdere un istante di vista alcuni motivi profondi di meditazione: l'u_ miltà di sentirsi nei ranghi, lo sforzo tenace, quotidiano, paziente, di vincere la contraddizione in cui il Salvatore stesso pose i suoi seguaci: « Voi siete nel mondo, ma non del mondo». Era una elevata applicazione del « medice, cura te ipsum », che il Veronese compieva in questo, che potremmo chiamare il suo canto del cigno quale Presidente dell'Azione cattolica italiana.
Al motivo della purificazione individuale, svolto prevalentemente dal Veronese, fu associato quello della spiritualità sociale da monsignor Cardijn, il fondatore della J.O.C. (« Jeunesse ouvrière chrétienne »), istituita nel Belgio ed estesasi felicemente alla Francia: organizzazione fondata sul principio della cristianizzazione del mondo operaio a mezzo degli operai. Mons. Cardijn, con frase suggestiva, definì il momento storico attuale «l'ora più missionaria della storia della Chiesa D. La trasformazione sociale, irresistibile e necessaria, crea problemi che non possono esser risolti senz[...]

[...]ammonimenti del pontefice sui pericoli di ogni concezione (( puramente religiosa » dell'Azione cattolica, non erano sulla
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sua bocca cosa nuova. Già quattro anni innnanzi, per due volte nel corso di otto mesi, Pio XII aveva manifestato la stessa preoccupazione. Parlando il 22 gennaio 1947 ad alcune centinaia di signore e signorine aderenti ai gruppi di « rinascita cristiana» — un movimento o una organizzazione cattolica italiana di cui non ci é accaduto in seguito di sentir menzione — egli aveva affermato risolutamente che «il voler tirare una netta linea di separazione tra religione e vita, tra soprannaturale e naturale, tra Chiesa e mondo, come se non avessero nulla a che fare tra loro, come se i diritti di Dio non avessero valore in tutta la multiforme realtà della vita quotidiana, umana e sociale, é completamente alieno dal pensiero cattolico, é apertamente anticristiano ». Aveva soggiunto che quanta più « oscure potenze » osi sforzano di bandire la Chiesa e la religione dal mondo e dalla vita, tanto più é necess[...]

[...]ngregazione dell'Indice (gennaio 1914) di sette opere sue, nonché del quindicinale « L'Action française ».
L'avvento di Benedetto XV segnò una reazione all'« integrali
»: in quanto all'Azione cattolica, papa Della Chiesa lasciò formalmente le cose come stavano, e l'« Unione popolare» seguitò a vivacchiare; ma le altre due organizzazioni piane cessarono di
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fatto di esistere, data la nuova presenza della Confederazione italiana dei lavoratori (Confederazione « bianca ») — fondata formalmente nel 1918, ma avviata da molti anni prima dalle Leghe del lavoro cattoliche —, e del Partito popolare italiano, fondato nel gennaio 1919. Quest'ultimo raccolse sotto D. Sturzo, coi debiti adattamenti, l'eredità della democrazia cristiana murriana.
Il manifesto di fondazione del P.P.I. è del 18 gennaio 1919; il 30 gennaio usci il manifesto programmatico della riorganizzata «Unione popolare », presidente il Dalla Torre, passato poi alla direzione dell'Osservatore Romano. Era il tentativo di affermazione dell'Azione cattolica, dist[...]

[...]o) assumeva il nome di direttore nazionale dell'A.C. —, essa si limitava alla nomina di certe cariche e all'emanazione eventuale di norme generali. Particolare caratteristico: alla «tessera» era sostituita la «pagella d'iscrizione », e gli «ascritti» prendevano íl posto dei « tesserati ». Se si legge con qualche attenzione il discorso del papa, il 4 settembre 1940 (l'Italia era entrata già in guerra), alle rappresentanze dell'Azione cattolica italiana, si avverte il carattere accentuatamente religioso, spirituale, trascendente della rappresentazione fatta dal pontefice dell'A.C.; nonché il vivo incitamento agli ascritti perché «rendano il debito rispetto e pre stino la leale e coscienziosa obbedienza alle Autorità civili e alle loro legittime prescrizioni », mentre di un'azione non diciamo politica, ma sociale (nel senso tecnico della parola), non é cenno.
Terminata la guerra, avviata e impiantata la riorganizzazione del paese, la scena cambia. Nel gennaio '46 una commissione episcopale, con a capo il patriarca di Venezia, card. Piazza, v[...]

[...]ci «é doveroso dare la preferenza alla corrente che per il contenuto del suo programma e per le persone che lo sostengono offre le migliori garanzie di attuare una costituzione coerente con i principi cattolici ». Era con ciò stabilito il rapporto di appoggio e di controllo fra A.C. e D.C.
Il 12 ottobre 1946 — istituita già la repubblica, eletta ed entrata in funzione la Costituente — Pio XII nominò le cariche direttive dell'Azione cattolica italiana. Avv. Vittorino Veronese, Presidente Generale (con due vicepresidenti generali, maschile e femminile); prof. Luigi Gedda, Presidente centrale dell'Unione Uomini di A. C.; dott. Maria Rimoldi, Presidente centrale dell'Unione Donne di A.C.; prof. Carlo Carretto, Presidente centrale della Gioventù maschile di A.C.; prof. Carmela Rossi, presidente centrale della Gioventù femminile di A.C.; sig. Carlo Moro, Presidente centrale degli Universitari di A.C.; sig.na Piera Lado, Presidente centrale delle Universitarie di A.C.; prof. Giov. Batt. Scaglia, Presidente centrale del Movimento Laureati di A.C.[...]

[...]le di A.C.; prof. Carmela Rossi, presidente centrale della Gioventù femminile di A.C.; sig. Carlo Moro, Presidente centrale degli Universitari di A.C.; sig.na Piera Lado, Presidente centrale delle Universitarie di A.C.; prof. Giov. Batt. Scaglia, Presidente centrale del Movimento Laureati di A.C.; sig. Corrado Corghi, Presidente centrale del Movimento Maestri di A.C.
Questa enumerazione servirà a spiegare la struttura «orizzontale» dell'A.C. italiana, mentre quella verticale l'abbiamo indicata già: centrale, diocesana, parrocchiale. E qui sia accennato brevemente come la struttura più organica e unificata dell'A.C. é appunto quella italiana. Negli altri paesi l'aspirazione della S. Sede era di arrivare a una organizzazione unitaria pienamente equivalente; ma questa aspirazione si é realizzata in modo e misura assai diversi da un paese all'altro, e perfettamente forse in nessuno. I più distanti ne rimangono, crediamo, Francia e Germania, ove la molteplicità e l'autonomia delle precedenti organizzazioni hanno radici più salde. A voler dare maggiori particolari, occorrerebbe poco meno di un altro articolo, con poca utilità per lo scopo di orientamento generale.
Con la riorganizzazione del 1946, l'Azione cattolica italiana riprende[...]

[...]one si é realizzata in modo e misura assai diversi da un paese all'altro, e perfettamente forse in nessuno. I più distanti ne rimangono, crediamo, Francia e Germania, ove la molteplicità e l'autonomia delle precedenti organizzazioni hanno radici più salde. A voler dare maggiori particolari, occorrerebbe poco meno di un altro articolo, con poca utilità per lo scopo di orientamento generale.
Con la riorganizzazione del 1946, l'Azione cattolica italiana riprendeva e perfezionava la fisionomia che Pio XI aveva voluto darle: fisionomia di cui sono tratti essenziali l'alto personale dirigente laicale e la stretta dipendenza dalla Santa Sede, due tratti
L'AZIONE CATTOLICA Io'
non contrastanti (come' potrebbe sembrare a prima vista), ma concorrenti.
Le diverse associazioni nazionali — Uomini cattolici, Giovani cattolici, etc. — formanti tutte insieme il corpo unitario dell'A.C. italiana, mantennero anche sotto Pio XII (se non andiamo errati), e anche dopo la riorganizzazione ultima del 1946, un grado notevole di autonomia (ciò vale ancora di p,iù per la A.C. degli altri paesi, come si è già accennato). La Presidenza Generale,. cioè, sotto il Veronese, si poteva ancora considerare un organo di collegamento e coordinamento superiori, piuttosto che di suprema direzione autoritaria. Questo stato di cose appare notevolmente cambiato da quando al Veronese è successo, al principio del 1952, il Gedda. Il cambiamento avvenne, come si vede, appena qualche mese dopo il Congresso intern[...]

[...]ongetturali sono ragionevoli in quanto che è ben poco quello che si sa con precisione e sicurezza di ciò che si svolge nelle alte e altissime sfere ecclesiastiche. Ci sono i fatti pubblici; la preparazione rimane segreta, e l'interpretazione incerta, almeno fin quando gli svolgimenti ulteriori non l'abbiano chiarita.
In questo caso, chiarimenti ulteriori ci sono stati in quanto, dall'avvento del Gedda in poi, l'ingerenza nella vita politica ita liana dell'Azione cattolica, o di taluni organi e istituti connessi di fatto con essa (e di cui adesso diremo), si è vista intensificata: basti ricordare il caso tipico delle ultime elezioni amministrative romane. In quanto alla maggiore centralizzazione autoritaria da parte del Gedda, ne è una controprova il congedo, dal pasto di presidente degli Uomini cattolici, del Carretto, non in perfetto accordo col Gedda medesimo.
102 LUIGI SALVATORELLI
Dall'unificazione e accentramento sotto la presidenza generale dell'Azione cattolica delle diverse forze e organizzazioni di azione cattolica rimangono tu[...]

[...]r ovvie ragioni. Sono, però, sorte due organizzazioni — al tempo della presidenza Veronese, ma nello spirito della posteriore presidenza Gedda — le quali provvedono alla lacuna, esercitando dal di fuori una influenza diretta sui due campi, e sulle « orga nizzazioni di cattolici» che in essi si muovono. Esse sono le ACLI (u Associazioni cristiane dei lavoratori italiani ») e i Comitati civici. Le prime sono rispetto alla CISL (« Confederazione italiana dei Sindacati liberi ») quello che i secondi sono rispetto alla D.C.
Le ACLI sorsero nel seconda semestre del 1914, contemporaneamente alla fondazione della CGIL, cioè del sindacalismo italiano unitario che prese, nel nuovo regime di libertà, il posta del sindacato unico fascista. E dalle ACLI, o da chi le ispirava e controllava, venne la spinta allo scioglimento dell'unità sindacale, avvenuto nel luglio 1948.
Fu questo un esercizio di influenza «terrestre» veramente capitale. Tuttavia, nell'insieme, ci sembra di pater affermare che le ACLI, pure occupandosi di questioni economicosociali ed[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Trevisani, Gramsci e il teatro italiano in Studi gramsciani

Brano: [...]uel verismo che aveva cominciato a denunziare la corruzione e la decadenza della società borghese, e si era rivelato troppo povera ed ingenua cosa — borghese esso stesso — di fronte a1 travaglio della umanità e allo smarrimento della borghesia che caratterizzavano l'angoscioso e sconvolgitore tempo della guerra e i tormentati anni del dopoguerra. Quanto al teatro di D'Annunzio, esso era franato ormai sotto il peso della sua retorica. La scena italiana, lenta e sospettosa nell'accogliere Ibsen e Shaw — sorda soprattutto ad accogliere il messaggio di Ibsen che tendeva alla ricerca ed alla valorizzazione della personalità umana — si lasciava invadere dal teatro francese, con Bernstein e Bataille da una parte e la pochade dall'altra. Bernstein, « abile alchimista di parole » fra i creatori « per uso industriale » di « un mondo fittizio di avventurieri, di donnine allegre, di vecchi intriganti e di vecchi satiri »; « riduzione meccanica » e « visione artificiosa del mondo, utilissima ai fini del successo, perché offriva un'inesauribile miniera [...]

[...]asconde il belletto e la sfacciataggine », « tanto piú se l'arte di Dina le toglie la patina piú appariscente di volgarità, e le dà in prestito la sua vita artistica », sovrapponendosi, cosí, per eccezione, al « trimme della produzione comica francese », che rispecchiava quel mondo parigino di tabarin e di separés, di cocottes e viveurs, e di profumate alcove, che dai principi del secolo aveva costituito il Nirvana della provinciale borghesia italiana, e tanto piú oggi, per la guerra, solleticava le velleità dei nuovi ricchi.
Questa borghesia era, del resto, la stessa che, quando mostrava piú casalinghe pretese, faceva buon viso alla facile produzione di Dario Niccodemi, che « pur nel suo convenzionalismo sentimentale, aveva, con l'abilità, acquistata nel suo garzonato di autore rotto a tutte le astuzie della scena », saputo sia « drammatizzare spunti e motivi eminentemente legati all'ideologia popolare » sia accattivarsi lo spettatore piccoloborghese con la creazione di una contrapposta mitologia aristocratica.
Sbocciavano, cosí, speran[...]

[...]n gli atti unici di tardo verismo.
I futuristi non avevano portato nel teatro che clownesche stramberie; e, d'altronde, non tarderanno a rivelarsi, in tutta la loro attività, quel « gruppo — come Gramsci disse — di scolaretti, che, scappati da un collegio di gesuiti, hanno fatto un po' di baccano nel bosco vicino e sono stati ricondotti sotto la ferula della guardia campestre ».
In contrapposizione al salottierismo erano sorte, sulla scia benelliana, opere intese ad evadere dalla povertà presente, risalendo al passato nella storia e nei miti. Benelli aveva sconfessato D'Annunzio, ma la discendenza era innegabile. Ora la Cena — che Gramsci definisce « castelletto di cartapesta », con personaggi che erano maschere « dalla gioia canora e dall'anima di legno », — Il Beffardo di Nino Berrini, il Glauco di Ercole Morselli hanno momenti di clamorosa fortuna tra le platee, e non solo italiane — « meteore », postilla Gramsci —; ma per queste opere valeva il giudizio già dato da lui sulla letteratura italiana del tempo: « il passato non vive del p[...]

[...]eva sconfessato D'Annunzio, ma la discendenza era innegabile. Ora la Cena — che Gramsci definisce « castelletto di cartapesta », con personaggi che erano maschere « dalla gioia canora e dall'anima di legno », — Il Beffardo di Nino Berrini, il Glauco di Ercole Morselli hanno momenti di clamorosa fortuna tra le platee, e non solo italiane — « meteore », postilla Gramsci —; ma per queste opere valeva il giudizio già dato da lui sulla letteratura italiana del tempo: « il passato non vive del presente, non è elemento essenziale del presente... non è elemento di vita ma solo di cultura libresca e scolastica ». Perciò esse non erano poesia.
Solo importante tentativo di rinnovamento della scena italiana fu, in quegli anni, il teatro del « grottesco », nel tempo stesso in cui sorgeva l'astro pirandelliano.
Del grottesco dice Gramsci: « Questi giovani adempiono pure a un compito: rendere intollerante la vecchia moda del teatro romantico da appendice » e riescono anche a quello di portare ad un tono piú elevato la recitazione, perché « spoltriscono i facili schemi irrigiditi degli attori ». Della commedia capostipite, La maschera e il volto di Chiarelli, piace a Gramsci, nel 1917, la spregiudicatezza con cui l'autore, costruendo la macchina convenzionale che regge i tre atti, non nasconde la v[...]

[...] pensiero astratto che tende a concretarsi sempre in rappresentazione, e, quando riesce, dà frutti insoliti nel teatro italiano, d'una plasticità e d'una evidenza fantastica mirabile ».
A questo punto, evidentemente, si prospetterebbe il tema « Gramsci e Pirandello », tema fortemente impegnativo, specie dopo gli accenni tenuti nel saggio di Carlo Salinaci pubblicato, nel 1957, in Società, e che, investendo il tema generale della poetica pirandelliana, esula dai confini di questa comunicazione.
Qui, restando nel campo delle critiche teatrali, bisogna anzitutto precisare che nel quinquennio 19161920, Gramsci conobbe di Pirandello: ha ragione degli altri, che è del 1915, Pensaci Giacomino, Liold e Il berretto a sonagli, che sono del 1916, Il piacere dell'onestd, del 1917, Cosí è (se vi pare) e Il giuoco delle parti del 1918, L'innesto, del 1919, Tutto per bene e Come prima, meglio di prima del 1920; conobbe, cioè, il Pirandello che precedette i Sei personaggi e l'Enrico IV, che sono del 1922; il Pirandello, cioè, non ancora completamente ri[...]

[...]erà piú tardi le chiassate degli studenti clericali torinesi alla prima di Liolà, quando — nei tempi dell'accanimento della Civiltà cattolica e dei critici teatrali cattolici contro Pirandello — osserverà che, in effetti, il grande scrittore siciliano si stacca dal verismo borghese e piccoloborghese del teatro tradizionale perché la concezione umanitaria e positivistica del verismo non era anticattolica; e, invece, la tendenza filosofica pirandelliana, qualunque ne siano il contenuto, i limiti, la coerenza, è sempre
indubbiamente anticattolica ».
Nel chiudere la prima parte di questa comunicazione riguardante le recensioni teatrali, mi si permetta di osservare che ai critici d'oggi Gramsci offre lezioni di costume e di stile.
Caratteristica della sua critica teatrale è il suo antiintellettualismo. Il linguaggio di Gramsci è semplice: familiare il tono; chiara l'esposizione del fatto e limitata all'essenziale. I giudizi non cadono dall'alto ma emergono spontanei dal discorso come naturale conseguenza di senso comune. Cosí quando stronca,[...]

[...]male, quando ha da dir male, e il male e il bene quando ha da dire insieme male e bene.
Gramsci pone su un piano della massima importanza sia il fattore del complesso artistico sia quello della singola interpretazione. Egli vede il primo solo nella perfetta struttura ed armonica completezza. Della. compagnia comica GalliGuastiBracci, di cui nomina nel tempo stesso i migliori fra i cooperatori secondari, scrisse che essa è « l'unica compagnia italiana che meriti veramente questo nome, poiché presenta organicità. di ruoli e graduazioni di capacità che, pur lasciando agio ai principes di. mettere in rilievo le loro doti speciali, non nuoce all'insieme e dà risalto anche alle parti secondarie » : dice, anzi, che queste, se alacri ed intelligenti, non solo non fanno diminuire la personalità dei maggiori, ma la mettono, forse, maggiormente in risalto. (Si pensi come tutto questo possa apparirci lontano e sfocato nel tempo, innanzi alle varie striminzite e sbilenche compagnie che oggi si formano lavoro per lavoro!).
294 1 documenti del convegno[...]

[...]e la dignità dell'arte sua, non abusa di queste droghe piccanti. E si tiene nei limiti dell'umanità normale, riuscendo lo stesso, e anzi più efficacemente, a far risentire l'angoscia piú profonda e la gioia piú spirituale ».
Talvolta egli censura l'eccesso di quella ricca dote che è cosí tipica e tradizionale dell'attore italiano, lo spirito di improvvisazione, stimolato dalle ragioni particolari, soprattutto diremmo geografiche, della scena italiana. « Le rappresentazioni solite, di ogni giorno, — egli scrive nel 1917 — non dànno mai occasione a una espressione di sé completa. Sono frammentarie, incerte, provvisorie: le abitudini del teatro italiano obbligano gli attori ad una varietà di interpretazione che non può non es sere a danno della profondità, della compiutezza. C'è sempre un po' di dilettantismo, di nomadismo, di improvvisato nei nostri attori. Le elaborazioni minuziose, capillari, sono ignorate. L'intuizione può supplire in parte, ma non riesce mai a dare quella pastosità intensa di luci che dà la preparazione, il lavoro criti[...]

[...] di assicurare la funzionalità ininterrotta degli spettacoli; a tener « caldo », come si dice in gergo, « il locale », condizione prima perché i capolavori possano giungere al pubblico; Gramsci, nel suo realismo, ne aveva la perfetta comprensione.
La seconda parte di questa comunicazione riguarda l'atteggiamento di Gramsci di fronte al teatro considerato come fatto economico, con contributi ancora validi nell'attuale fase della vita teatrale italiana. Piú particolarmente ci riferiamo ad un gruppo di articoli che, scritti in occasione di una agitazione della categoria capocomicale contro gli esercenti di teatro, considera l'organizzazione pratica, cioè economica, del teatro come fatto avente fine in se stesso e per la sua influenza sull'espressione artistica.
La prefazione posta alla pubblicazione di Letteratura e vita nazionale avverte, per quanto riguarda le cronache e critiche teatrali, che esse offrono un quadro pressocché completo della vita teatrale torinese di quel periodo. In verità, data, come vedremo, la particolare organizzazio[...]

[...]licazione di Letteratura e vita nazionale avverte, per quanto riguarda le cronache e critiche teatrali, che esse offrono un quadro pressocché completo della vita teatrale torinese di quel periodo. In verità, data, come vedremo, la particolare organizzazione del teatro italiano in quel tempo, la vita teatrale di Torino era strettamente legata a quella di Milano, di Genova, di Bologna e di Roma: e quindi era parte integrante della vita teatrale italiana. Possiamo dire, senza preoccupazioni, che le note di Gramsci hanno un valore di testimonianza e di giudizio su piano nazionale.
Fu, come è noto, quello della guerra e dell'immediato dopoguerra, un periodo di grande prosperità economica per qualsiasi genere di spettacolo. Certo, i locali piú affollati erano i caffèconcerto, dove si river
sava la gente favorita dalle nuove e facili fortune di guerra e, durante la guerra, i privilegiati sottrattisi al servizio militare, spettacolo poco
edificante per i combattenti che venivano in licenza dal fronte (tanto che, dopo Caporetto, intervennero lim[...]

[...]n documento quanto mai significativo: una sottoscrizione promossa dall'Associazione
Giulio Trevisani 303
Proprietari ed Esercenti di teatro, iniziata da Chiarella, con L. 5.000, ed altrettante da Zerboni, « per arginare le continue pretese delle leghe rosse ».
Credo che il contributo dato da Gramsci fra il 1917 e il 1919 allo studio del teatro come fatto economico sia di notevole importanza e che, nell'attuale naufragio della vita teatrale italiana, le sue intuizioni possano servire da bussola.
Il fatto economico è da lui sempre considerato nella sua inscindibilità dal fatto culturale ed artistico; e molti suoi passi vanno meditati.
Là dove egli dice che il teatro, come organizzazione pratica di uomini e di strumenti di lavoro non ha potuto sfuggire dalle spire del maelström capitalistico, aggiunge: « Ma l'organizzazione pratica del teatro è nel suo insieme un mezzo di espressione artistica: non si può turbarla senza turbare e rovinare il processo espressivo, senza sterilire l'organo " linguistico " della rappresentazione teatrale ». [...]



da Libri ricevuti in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]e. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, traduzione di Mili Romano, Torino, Einaudi, 1979, pp. 524.
BRONISLAW BACZKO, L'utopia. Immaginazione sociale e rappresentazioni utopiche nell'età dell'illuminismo, traduzione di Marghe rita Botto e Dario Gibelli, Torino, Einaudi, 1979, pp. XII460.
MARIALUISA BALDI, Filosofia e cultura a Mantova nella seconda metà del Settecento. I manoscritti filosofici dell'Accademia Virgiliana, Firenze, La Nuova Italia, 1979, pp. 234.
BRUNO VALERIO BANDINI (a cura di), Storia e storiografia. Studi su Delio Cantimori, Atti del convegno tenuto a Russi (Ravenna) il 78 ottobre 1978, Roma, Editori Riuniti, 1979, pp. 240.
HERCULINE BARBIN detta ALEXINA B., Una strana confessione, memorie di un ermafrodito presentate da Michel Foucault, traduzione e nota introduttiva di Brunella Schisa, Torino, Einaudi, 1979, pp. xiv124.
GIORGIO BARONI, Giuseppe Ungaretti, Firenze, Le Monnier, 1980, pp. 184.
ROLAND BARTHES, Frammenti di un discorso amoroso, traduzione di Renzo Guidieri, Torino, Einaud[...]

[...]duzioni di Marta Fattori, Andrea Giardina, Michele Sampaolo, Carlo Santaniello, Emanuela Scribano, RomaBari, Laterza, 1979, pp. VIII402.
HEINRICH BÖLL, Intervista sulla memoria la rabbia la speranza, a cura di René Wintzen, traduzione dal tedesco di Maria Teresa Mandalari, Bari, Laterza, 1979, pp. 216.
ID., Rosa e dinamite. Scritti di politica e di letteratura 19521976, a cura di Italo Alighiero Chiusano, Torino, Einaudi, 1979, pp. xiv224.
GIULIANA BONACCHI GAZZARINI, Il « Circolo di Scornio » e la cultura toscana dell'Ottocento, prefazione di Giorgio Luti, Poggibonsi, Lalli, 1979, pp. 199.
FRANCESCO PAOLO BOTTI, La nobiltà del poeta. Saggio su Leopardi, Napoli, Liguori, 1979, pp. 212.
PIERRE BOULEZ, Pensare la musica oggi, traduzione di Luigi Bonino Savarino, Torino, Einaudi, 1979, pp. 210.
SAMUEL BOWLES HERBERT GINTIS, L'istruzione nel capitalismo maturo, traduzione di Vittorio Mortara, Bologna, Zanichelli, 1979, pp. VI314.
CECIL M. BOWRA, La poesia eroica, traduzione di Beniamino Proto, 2 voll., Firenze, La Nuova Italia, 1979, pp[...]

[...]o, Reggio Calabria, Casa del libro, 1979, pp. 66.
MATTEO COLLURA, Associazione indigenti, Torino, Einaudi, 1979, pp. 106.
GIOVANNI COMOTTI, La musica nella cultura greca e romana, Torino, Edt, 1979, pp. xiv112.
LIBRI RICEVUTI 497
DOMENICO CONSOLI, La scuola storica, Brescia, Editrice La Scuola, 1979, pp. 228.
FRANCO CORDERO, Passi d'arme, Torino, Einaudi, 1979, pp. 434.
MANLIO CORTELAZZO PAOLO ZOLLI, Dizio.nario etimologico della lingua italiana, 1/AC, Bologna, Zanichelli, 1979, pp. XXVIII308.
GIULIO CORTINI MARGHERITA FASANO PETRONI, Fisica e matematica con il calcolatore tascabile, 2 voli., Torino, Loescher, 1980, pp. 102 e XII40.
MAURIZIO CUCCHI, Le meraviglie dell'acqua, Milano, Mondadori, 1980, pp. 92.
MARTIN DAMUS, L'arte del neocapitalismo, a cura di Luciana Zingarelli, RomaBari, Laterza, 1979, pp. 246.
CLAUDIO DE BONI ELENA DE PAOLIS MARIO ISNENGHI, Quaderni. I/itinerario nei linguaggi antologia italiana per i bienni, con la collaborazione di Francesca Alinovi, Pio Baldelli, Giangaetano Bartolomei, Alfredo De Paz, Giovann[...]

[...]li, 1979, pp. XXVIII308.
GIULIO CORTINI MARGHERITA FASANO PETRONI, Fisica e matematica con il calcolatore tascabile, 2 voli., Torino, Loescher, 1980, pp. 102 e XII40.
MAURIZIO CUCCHI, Le meraviglie dell'acqua, Milano, Mondadori, 1980, pp. 92.
MARTIN DAMUS, L'arte del neocapitalismo, a cura di Luciana Zingarelli, RomaBari, Laterza, 1979, pp. 246.
CLAUDIO DE BONI ELENA DE PAOLIS MARIO ISNENGHI, Quaderni. I/itinerario nei linguaggi antologia italiana per i bienni, con la collaborazione di Francesca Alinovi, Pio Baldelli, Giangaetano Bartolomei, Alfredo De Paz, Giovanni Falaschi, Graziano Pampaloni, Gianni Poli, MessinaFirenze, D'Anna, 1980, pp. 920.
ESTER DE FORT, Storia della scuola elementare in Italia, I, Dall'Unità all'età giolittiana, Milano, Feltrinelli, 1979, pp. 242.
MAURIZIO DELLA CASA, Lingua testo significato. Teoria e metodo di educazione all'analisi e alla pratica del discorso, Brescia, La Scuola, 1979, pp. 644.
MARCELLO DEL VECCHIO, La fenomenologia dell'assurdo in Albert Camus, Firenze, La Nuova Italia, 1979, pp. XVI314.[...]

[...] testo significato. Teoria e metodo di educazione all'analisi e alla pratica del discorso, Brescia, La Scuola, 1979, pp. 644.
MARCELLO DEL VECCHIO, La fenomenologia dell'assurdo in Albert Camus, Firenze, La Nuova Italia, 1979, pp. XVI314.
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CARLA DE PASCALE, Il problema dell'educazione in Germania. Dal neoumanesimo al romanticismo, Torino, Loescher, 1979, pp. 246.
ALFREDO DE PAZ, Dada, surrealismo e dintorni, Bologna, Cooperativa Libraria Universitaria Editrice, 1979, pp. 201.
FRANCESCO DE SANCTIS, Saggi critici, a cura di Luigi Russo, 3 volumi, Bari, Laterza, quarta edizione 1979, pp. LI372, vi410, vi376.
ANTONIO DESIDERI, Scriv[...]

[...] Liguori, 1980, pp. 172.
JULIA KRISTEVA, Eretica dell'amore, a cura di Edda Melon, Torino, La Rosa, 1979, pp. x116.
L. LAINI G. PEDROJETTA U. WIPFLI, Un'analisi di testo per l'insegnamento (U. Foscolo: « Il proprio ritratto »), Friburgo, Seminario di italiano, 1979, pp. 652.
SILVIO LANARO, Nazione e lavoro. Saggio sulla cultura borghese in Italia (18701925), Venezia, Marsilio, 1979, pp. 296.
STEFANO LANUZZA, L'apprendista sciamano. Poesía italiana degli anni settanta, Un saggio introduttivo con i confronti antologici da G. Barberi Squarotti a S. Folliero, MessinaFirenze, D'Anna, 1979, pp. 192.
ANTONIO LA PENNA, Concetto Marchesi. La critica letteraria come scoperta dell'uomo. Con un saggio su Tommaso Fiore, Firenze, La Nuova Italia, 1980, pp. 136.
MICHEL LEIRIS, Biffures, prefazione di Guido Neri, traduzione di Eugenio Rizzi, Torino, Einaudi, 1979, pp. 280.
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PRIMO LEVI, La chiave a stella, Torino, Einaudi, 1979, pp.[...]

[...] Bari, Interventi culturali, 1979, pp. 208.
ADELIA NOFERI, Il gioco delle tracce. Studi su Dante, Petrarca, Bruno, il Neoclassicismo, Leopardi, l'Informale, Firenze, La Nuova Italia, 1979, pp. vi370.
DOLF OEHLER, Pariser Bilder I (18301848). Antibourgeoise Ästhetik bei Baudelaire, Daumier und Heine, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1979, pp. 302.
DAVID R. OLSON, Linguaggi, media e processi educativi, a cura di Clotilde Pontecorvo, traduzione di Liliana Salvadori, Torino, Loescher, 1979, pp. 224.
SALVATORE ONUFRIO, Sorel e il marxismo, Urbino, Argalia, 1979, pp. vIII382.
MARIO PADOVAN, Omaggio ad Albert Einstein, Trieste, International centre for theoretical Physics, 1979, pp. 40 non numerate.
LUCIO PAGNONCELLI, Sistema formativo e educazione degli adulti, Torino, Loescher, 1979, pp. 270.
PAOLO PARRINI, Fisica e geometria dall'Ottocento a oggi, Torino, Loescher, 1979, pp. 252.
HENRY PARRIS, Una burocrazia costituzionale. L'evoluzione dell'amministrazione centrale inglese dal Settecento a oggi, traduzione di Maria Pia Lunati Figurelli, p[...]



da Sergio Solmi, Distrazioni in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]ntratte guaine spingono

i duri falli giallastri. Quanto nel mondo animale si polarizza almeno potenzialmente in dolore e piacere, in bene e male negli stadi cosiddetti superiori della coscienza, in questa società vegetale cessa di aver senso, si appiana e si eguaglia in un unico flusso costante, quasi una pietrificazione organica che perennemente ritrasforma e identifica vita e morte nell’implacabile sovrapporsi dei suoi strati. Il filo della liana che avviluppa, la spina che trapassa, la ventosa che sugge non sono più strumenti di sofferenza o di voluttà, ma semplici laboriosi organi di conservazione e di trasmissione. Forse questo inferno vegetale rappresenta, rovesciato, quel punto supremo dell’estasi mistica dove bene e male, trionfo e vergogna, il letto dell’amore e la ruota del supplizio, sono la stessa cosa.

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COLORI. Di contro all’eguale cielo estivo, d’un chiaro freddo cobalto impresso su di un invisibile nero (« l’azur, qui est du noir » diceva Rimbaud), il fogliame immobile dei pioppi, d’un verde spento sotto una bi[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine liana, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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