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Il segmento testuale leninismo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 1319Entità Multimediali , di cui in selezione 34 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 650

Brano: [...]lio e dei consigli che venivano dati non fu tenuto alcun conto. Questi documenti, come altri che testimoniavano la rottura fra Lenin e Stalin, saranno resi pubblici soltanto al XX Congresso del P.C.U.S., cioè tra anni dopo la morte di Stalin.

Stalin “leninista"

Fondando quella prassi di falsificazioni nella quale si dimostrerà maestro in parecchie altre circostanze, dopo la morte del capo dello Stato sovietico Stalin divenne inventore del “leninismo”, consistente nel culto strumentale del pensiero e financo della persona di Lenin in forme quasi religiose (come l'imbalsamazione della salma, nonostante l'opposizione della vedova), cui si accompagnava nello stesso tempo un sistematico tradimento: egli coniò infatti il termine “leninismo” per indicare una dottrina dogmatica, antitetica al modo di pensare leniniano ma ben rispondente all'infarinatura teorica di Stalin. Questa ideologizzazione diverrà un vademecum non solo per il comuniSmo russo, ma per i comunisti della Terza Internazionale, quindi su scala mondiale. Stalin si servì del suo “leninismo” anzitutto per liquidare Trotzky che era il maggiore avversario sulla via del potere e, nello stesso tempo, per fissare i caratteri di un partito “monolitico”, destinato a essere un potente strumento di dittatura personale (v. Stalinismo).

Già alla fine del 1924, falsificando l’impostazione di Lenin e tradendo i più elementari princìpi dell'internazionalismo concepito secondo l’analisi marxiana, Stalin lanciò la parola d'ordine del « socialismo in un solo paese », una vera e propria contraddizione in termini, destinato ad avere come sbocco la creazione di uno Stato dittatoriale.

Nel gen[...]

[...] strumento di dittatura personale (v. Stalinismo).

Già alla fine del 1924, falsificando l’impostazione di Lenin e tradendo i più elementari princìpi dell'internazionalismo concepito secondo l’analisi marxiana, Stalin lanciò la parola d'ordine del « socialismo in un solo paese », una vera e propria contraddizione in termini, destinato ad avere come sbocco la creazione di uno Stato dittatoriale.

Nel gennaio 1926 Stalin pubblicò Questioni del leninismo, un testo nel quale, polemizzando contro Zinoviev, Kamenev e la cosiddetta “nuova opposizione” (tutti accusati di “antileninismo”) espose in modo catechistico le proprie tesi (estrapolando parole scritte da Lenin in tempi e situazioni diverse, e con riferimento alla sola Russia) per affermare il ruolo centrale del partito nella dittatura del proletariato, la funzione dei sindacati, dei soviet e delle organizzazioni di massa visti come « cinghie di trasmissione del partito », la possibilità di procedere alla « edificazione del socialismo in un solo paese », quindi la necessità di una dura disciplina interna e di procedere alla collettivizzazione nelle campagne. Interpretando talune affermazioni di Lenin come dimostrazio[...]

[...]nzione dei sindacati, dei soviet e delle organizzazioni di massa visti come « cinghie di trasmissione del partito », la possibilità di procedere alla « edificazione del socialismo in un solo paese », quindi la necessità di una dura disciplina interna e di procedere alla collettivizzazione nelle campagne. Interpretando talune affermazioni di Lenin come dimostrazioni a priori dei princìpi su cui avrebbe fondato la propria politica e presentando il leninismo come « una dottrina proletaria internazionale » (mentre gli oppositori giustamente ne limitavano la portata alla Russia e al suo carattere contadino), Stalin imbalsamò a proprio uso e consumo le idee di Lenin, così come letteralmente aveva fatto della salma.

Fin dal 1925, mentre veniva attuata la N.E.P. (v.) e Kautski invitava i contadini ad “arricchirsi”, Stalin aveva condotto una sanguinosa repressione contro i kulak (contadini agiati) che si opponevano alla collettivizzazione nelle campagne. Quando poi Zinoviev e Kamenev, opponendosi alla tesi staliniana del « socialismo in un solo paes[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 251

Brano: [...]sibilità o la prospettiva di una sua applicazione pratica sembrava immediata.

Nelle formazioni partigiane, gli ex allievi dell’“università leninista” e i loro compagni assunsero quasi tutti funzioni responsabili e di comando, sicché poterono a loro volta educare una più larga schiera di quadri. Tale fenomeno, che permise

di compattare rapidamente, nel corso della Resistenza, un vasto insieme di forze, si proiettò nel dopoguerra: il marxismoleninismo dogmatico insegnato nelle scuole di partito moscovite divenne anche in Italia una specie di nuovo catechismo, mentre le organizzazioni comuniste dirette dai quadri reduci dal carcere e dal confino o rientrati dall’emigrazione, pur sviluppandosi impetuosamente fecero capo a un nucleo di ferreo potere centrale, a sua volta strettamente legato ai dirigenti dell'Unione Sovietica.

Alla fine del 1945, al 5° Congresso del P.C.I. (il primo del dopoguerra) Togliatti poteva annunciare che il partito era vicino a raggiungere il numero di 1.800.000 iscritti, una forza poderosa quale il movimento opera[...]

[...]i delle loro possibilità il modello della “università leninista”, con il risultato di mantenere aH'interno del partito italiano

lo stesso metodo di formazione dei quadri, nonostante l'evoluzione ideologica ufficiale del partito.

Con il 15° Congresso del P.C.I. (1979) questa evoluzione arriverà al punto di sopprimere l'articolo dello Statuto che includeva tra i doveri degli iscritti quello « dell’approfondimento della conoscenza del marxismoleninismo e dell’applicazione dei suoi insegnamenti alla soluzione delle questioni concrete ».

Le Tesi congressuali precisavano a tale riguardo: « Noi non concepiamo il pensiero di Marx, di Engels e di Lenin come un sistema dottrinario, bensì riteniamo da tempo che la formula “marxismoleninismo” non esprima tutta la ricchezza del nostro patrimonio teorico e ideale ». Da notare che la rinuncia al marxismoleninismo non ha intaccato i criteri organizzativi di cui sì è detto (e che pure ne discendevano).

Bibliografia: Antonio Roasio, Figlio della classe operaia, Milano, 1977; Teresa Noce, Flivoluzionaria professionale, La Pietra, 1974; Amerigo CI occhi atti, Cammina frut, Milano, 1972; Sergio Bertelli, Il gruppo, Milano, 1980; Atti del 15° Congresso dei P.C.I., Roma, 1979.

E.Ni.

U.P.I.

Uffici politici investigativi. Gli U.P.I. furono costituiti con Regio Decreto del 6.11.1926 « nel territorio del Regno [come] servizio speciale di investigazione politica avente per scopo la difesa dell’ordine n[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 719

Brano: [...]reazionario sarà spesso concepito in termini di « pellouismo », di « boulangismo », oppure — specie dopo l’esperienza dannunziana — di « nazionalismo » e di « militarismo ». La guerra ( ha ingigantito questi pericoli e ha dato loro una base e una mobilitazione psicologica di massa, nell’una come nell’altra classe, per l’una come per l’altra politica; il fascismo ha il suo simmetrico nel bolscevismo e nella « ubriacatura » rivoluzionaria. « Molto leninismo nasce da questo arditismo », dice Turati alla Camera il 12.9.1919; e rivolge un appello al governo affinché «coadiuvi» la predicazione pacifica dei socialisti (10 settembre).

Quando il leader riformista si esprime in questi termini egli ha già dato un giudizio preciso della situazione e ne ha già inquadrato gli sviluppi lungo le tre linee alternative del leninismo, della democrazia e della « dittatura militare ».7tfmanendo ancora in ombra questa terza soluzione, tutti gli sforzi sono rivolti contro la rivoluzione, in nome di una democrazia conseguente (« democrazia e probità ») sostenuta dai socialisti riformisti. Non vi debbono essere dubbi tra Wilson e Lenin. Il pericolo di una reazione di destra compare solo alla fine, come monito di natura morale: « Se la storia chiama poi i becchini, di chi la colpa », tutto rivolto ai compagni di partito (art. Esiste il Parlamento?, in Critica sociale, 115.1.1919).

Più concreto diventa lo spettro del fascismo [...]

[...]enomeno di debolezza, quindi, di malattia sociale, « di quella faiblesse irritable, come dicono i medici, che può anche condurre, se non sia energicamente curata, alla paralisi progressiva della società come dègll individui »; a cui si può rispondere "solo con il resistere a qualsiasi tipo di violenza, « sia violenza rossa, o bianca, o nera, o gialla o di qualsiasi altro colore » (Turati alla Camera, 21.7.1920).

L’accento è ancora contro il « leninismo »,

perché esso rimane, nella diagnosi riformistica, il pericolo principale. Così lo Zi bordi, commentando i fatti dì Palazzo d’Accursio (v.), rileva che « il tragico, orrendo episodio del Consiglio Comunale fu l’occasione a una ripresa borghese formidabile (che) trova momentanei consensi in quella grande zona media neutra di opinione pubblica, senza di cui nessun partito può dominare, perché alcune forme del nrfovimento socialista e proletario bolognese avevano allontanato da sè questa zona, avevano sparso del malcontento nella cittadinanza (...) perché i socialisti han fatto fare troppi s[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 372

Brano: [...] influenza e dirige dal di fuori anche le masse degli altri partiti ».

Il dibattito precongressuale

Il dibattito precongressuale si accentrò su due grandi temi: il partito (sua concezione e struttura) e i rapporti del comuniSmo italiano con l’Internazionale Comunista (che nel suo V Congresso del 1924 aveva invitato i partiti comunisti a ricostruire l’unità della classe operaia e a riorganizzarsi sul modello del partito bolscevico) e con il leninismo.

Contro la bolscevizzazione si era già schierato il Comitato d'Intesa, una vera e propria frazione all’interno del partito, alla quale avevano dato vita nel giugno alcuni deputati (tra cui Fausto Gullo, Bruno Fortichiari, Luigi fìepossi) e alcuni esponenti della « sinistra » [O. Perrone, Carlo Venegoni, V. Girone). Amadeo Bordiga (v.), pur non avendo la paternità diretta dell’iniziativa, aveva manifestato il suo appoggio ai promotori in una lettera all’Esecutivo. La costituzione del Comitato era, in effetti, un atto contrario allo statuto del partito e delTInternazionale, e quest’ultima — [...]

[...]rtDroz (v.), allora suo rappresentante in Italia — ne aveva chiesto l’immediato scioglimento.

L’Esecutivo (di cui facevano parte Gramsci, Pai miro Togliatti e Mauro Scoccimarro) raccolse l’invito dell’I.C. e sospese dal partito i promotori dell’iniziativa. Pur protestando formalmente, Bordiga e i suoi accettarono di sciogliere il Comitato.

La linea del Comitato d'Intesa

La piattaforma del Comitato d’Intesa, per molti aspetti lontana dal leninismo, si articolava in quattro punti:

a) la concezione del partito inteso come « sintesi », « punto di incontro » di elementi diversi e socialmente lontani, organo di classe piuttosto che reparto di avanguardia della classe. Nella pratica, quella tesi comportava una diversa impostazione dei problemi organizzativi e della tattica del partito. Per l’estrema sinistra — come si espressero poi le « Tesi di Lione » criticando quelle posizioni — la funzione del partito non sarebbe stata quella di guidare in ogni momento la classe, sforzandosi di restare in contatto con essa attraverso qualsiasi mutame[...]

[...]ettive in cui esso si era costituito ed operava.

Anche Luigi Longo (v.) si batté contro la tesi di Bordiga, secondo la quale tutte le forze utili alla rivoluzione si sarebbero trovate nel partito. « Ogni tentativo di trovare al di fuori del partito degli alleati — scrisse Longo — rappresenta per Bordiga una deviazione, un compromesso ingiustificabile. Per Bordiga le possibilità rivoluzionarie sono tutte contenute nel Partito comunista; per il leninismo, invece, sono date dagli urti interni del capitalismo, dalle lotte contro l’imperialismo cui sono portati i ceti medi, e, s’intende, in misura prevalente dalla capacità di azione del partito della classe veramente rivoluzionaria, il proletariato ».

Le « Tesi di Lione »

Il Congresso nazionale si sarebbe dovuto tenere verso la metà di settembre o ai primi di ottobre del 1925, ma fu rinviato in seguito a una serie di massicci arresti, tra i quali di maggior rilievo fu quello di Umberto Terracini. Gli stessi congressi provinciali si svolsero tra gravi difficoltà. Quello di Milano fu tenuto [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 519

Brano: [...]nche il frutto di un’esperienza esistenziale direttamente sperimentata e analizzata.

I problemi della milizia politica

II rapporto tra l’adesione alla prospettiva marxistaleninista da parte di un’avanguardia di intellettuali ribelli e la concreta attuazione in Cina di una strategia rivoluzionaria non era tuttavia immediato e meccanico: se Mao ha sempre considerato in modo esplicito e insistente l’« approdo » dei militanti cinesi al marxismoleninismo come la svolta indispensabile all’inizio di un vero processo rivoluzionario in Cina, il passaggio dall’accettazione teorica della nuova ideologia alla serie vasta, articolata e complessa di scelte pratiche necessarie £ consentirle di incidere veramente sulla storia e la società del paese fu lento, graduale e contraddittorio, non meno dello sforzo di ricerca di una prospettiva ideologica contrapposta alla tradizione. Ciò vale tanto sul piano generale quanto sul piano individuale e quindi costituì un problema, sia per il Partito comunista cinese nel suo complesso che per Mao individualmente.
[...]

[...]ma scolastico, isolabili e superabili senza mutare il sistema sociale), subito dopo la fondazione del partito comunista Mao affiancò a tale attività lo sforzo per la formazione di quadri e militanti tra i minatori e i contadini del Hunan.

Come la maggioranza degli altri giovani comunisti, agli inizi della sua attività militante Mao si trovò così ad affrontare il problema della trasmissione della prospettiva ideologica e strategica del marxismoleninismo a una più vasta cerchia di compagni, soprattutto a elementi che appartenessero direttamente alle classi oppresse. Da questo punto di vista la situazione cinese era molto diversa da quella esistente in Europa ai primordi del movimento socialista. Infatti, mentre nei paesi europei (a scadenze diverse, in concomitanza con lo sviluppo del fenomeno dell'industrializzazione e anche secondo il rapporto esistente tra lotte rurali e lotte operaie) l’elaborazione della strategia rivoluzionaria da parte delle forze aderenti alla prospettiva marxista si inserì su un’ondata di lotte operaie (e anche conta[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 662

Brano: [...]niniana del partito e dei suoi rapporti interni, il ruolo attribuito allo stato nelle impostazioni teoriche del fondatore dell’U.R.S.S. contenevano già tutti gli elementi che dimostrerebbero come lo stalinismo non avesse fatto altro che attuare un’impostazione viziata in partenza come totalitaria.

Robert V. Daniels, ad esempio, ha sostenuto che il trionfo di Stalin fu sostanzialmente quello di un individuo che « incarnava tanto i precetti del leninismo quanto la tenacia della loro applicazione ». E lo stesso Zbigniew Brzezinski, divenuto noto come consigliere del presidente degli U.S.A. Carter, ritenne Stalin l’uomo cui spettò di fatto realizzare una dinamica totalitaria del sistema politico che, tuttavìa, esso già esprimeva. Analoga tesi venne sostenuta, nell'emigrazione russa, da Alexander Solzenìcyn, secondo cui « Stalin fu un continuatore, magari inetto, ma coerente e fedele, dello spirito della dottrina leninista ». Sotto questo profilo, Solzenicyn polemizzò con lo storico sovietico Roy Medvedev che, in un ampio studio dedicato allo st[...]

[...]n lo storico sovietico Roy Medvedev che, in un ampio studio dedicato allo stalinismo, sosteneva la tesi di una “rottura”, di una nonconseguenzialità diretta tra i due dirigenti comunisti. Medvedev ricordava anzi gli ultimi giudizi negativi dì Lenin su Stalin e sul suo modo di agire nella direzione del partito, e insisteva piuttosto sulla necessità di rintracciare nelle vicende comprese fra il 1928 e il 1933 « il momento della netta negazione del leninismo e della transizione allo stalinismo ».

Gli anni dal 1928 al 1933 sono considerati da molti studiosi come determinanti per la formazione dello stalinismo: la collettivizzazione forzata, i piani quinquennali e l'assassinio di Kirov (v.) costituirono tutti momenti specifici che caratterizzarono una “rivoluzione dall'alto” imposta in prima persona da Stalin per attuare la modernizzazione del paese e che contennero (secondo tali orientamenti) i germi della violenza e delTautoritarismo esplosi nel corso degli anni Trenta. Molti studiosi angloamericani (fra i quali si possono qui ricordare Robert[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 73

Brano: [...]a storia del partito bolscevico, del pensiero e delle opere di Lenin, del pensiero e dell’azione di Stalin [...]. Non ebbero quindi nessuna esitazione rt^M'appoggiare senza riserve il Comitato centrale del partito bolscevico nella sua opera intransigente contro l’opposizione tutti coloro che seppero riferirsi con studiosa attenzione, tanto alla precedente esperienza del movimento rivoluzionario russo quanto ai principi teorici del marxismo e del leninismo. Di questi principi Stalin aveva dato, nel 1924 e all'inìzio del 1926, una esposizione classica nei due scritti sui Principi e sulle Questioni del leninismo. Lo studio concreto dell'esperienza e della dottrina del bolscevismo fu la via seguita da Togliatti, che per poterla battere rapidamente com

pì anche lo sforzo necessario per impadronirsi con inconsueta rapidità della lingua russa. [...]. Si sapeva poi che Stalin era l'uomo cui bisognava ricorrere per avere indicazioni precise, chiare, semplici per la soluzione delle questioni più difficili ».

Le « precise, chiare, semplici » indicazioni staliniane effettivamente furono fatte proprie da Togliatti per lunghi anni, tanto che ancora nel giugno 1953, ossia alcuni mesi dopo la morte di Stali[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 294

Brano: [...]oppio della rivoluzione russa si schierò entusiasticamente per una radicalizzazione del movimento « contro la guerra e contro la democrazia intesista ». Nel novembre 1917 si schierò a favore di Lenin e del sistema sovietico che esaltò come « autodemocrat\a », come « democrazia integrale in antitesi con la tendenza accentratrice del socialismo di Stato » (Volontà, 1.6.1919). Tale posizione, che interpretava in senso tradizionalmente libertario il leninismo e il bolscevismo, fu dal Berneri riveduta tra il 1920 e il '21 alla luce di una ponderata conoscenza degli sviluppi della Russia rivoluzionaria. Mentre tuttavia criticava il « bolscevismo statolatra » (Umanità Nova, 4.6.1922), egli ribadiva la solidarietà internazionalistica degli anarchici (v.).

Sviluppava intanto una critica del

marxismo che univa confusamente i motivi della tradizione proi^ dhoniana con jl revisionismo di destra. Nel 1925 pubblicò uno studio dal titolo: Un federalista: Pietro Kropotkin (Roma, ed. Fede), nel quale svolgeva la tesi del federalismo come sistema di autog[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 334

Brano: [...]tivamente bisogna dire che — fra tutti i movimenti di questo tipo — quello italiano si distingueva per una maggiore concretezza e per un più stretto legame con le masse operaie. Tra questi estremisti, nel movimento operaio internazionale vi furono quelli che si rinchiusero nel proprio guscio e non parteciparono nemmeno al processo di formazione deH'Internazionale comunista e dei partiti nei propri paesi. Vi furono altri invece che, conosciuto il leninismo, accet

tarono — se non in tutto, in parte— quella dottrinarla mescolarono alla loro dottrina originaria e parteciparono — chi solo per breve tempo, chi più a lungo — al movimento comunista. Così accadde per Bordiga, così accadde per Gallacher, in Inghilterra, che aveva fatto^ parte del gruppo estremista di Silvia Pankhurst.

Nella suac« Storia della sinistra comunista » Bordiga ha tentato di delineare le origini italiane che fecero capo a lui, rifacendosi addirittura a una sinistra marxista che si sarebbe organizzata in Italia tra il 1906 e il 1912. In realtà, per quanto lo concerne pers[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 541

Brano: [...]il suo sfrenato antioperaismo Io spinse fino a farsi redattore quasi unico, pur di sopperire alla mancanza di notizie, di un foglio quotidiano, il British Gazette, così come il terrore del comuniSmo

lo spingeva a dichiarare, il 20.1.1927, al termine di una visita a Roma: « Se fossi stato italiano, sono sicuro che sarei stato intieramente con voi dal principio alla fine della vostra lotta vittoriosa contro i bestiali appetiti e le passioni del leninismo ». Parlava del fascismo il quale, in quegli anni, sembrava muoversi nell’alveo della tradizionale amicizia con l’Inghilterra. Ben altro, apertamente razzista, fu invece il suo atteggiamento, negli stessi anni, verso il nazionalismo indiano, ed il suo massimo dirigente, Gandhi, che egli tacciò di « spregevole fachiro ». In questo caso, però, era in questione l’impero britannico, riguardo al quale ebbe a dire, nel luglio 1934: « Rappresenta per me l’alfa e l’omega. Ciò che è buono per l’impero britannico, è buono anche per me ». Ciò spiega anche come il suo atteggiamento verso il nazismo fosse [...]


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Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine leninismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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