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ANTEPRIMA MULTIMEDIALI

Il segmento testuale idealisti è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 297Analitici , di cui in selezione 16 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] L. Gruppi, I rapporti tra pensiero ed essere nella concezione di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]scere — vale a dire ai di fuori della storia — e dimentica, dall'altro, la natura creatrice del conoscere che il marxismo ha assunto consapevolmente e criticamente dall'idealismo. Si riproduce cosí il dualismo tra oggetto e soggetto che ca ratterizza il realismo ingenuo ed ogni metafisica.
Estremamente rivelativo è quest'altro passo: « Il " realismo ingenuo" di ogni persona sana di mente, che non è mai stata in manicomio o a scuola dai filosofi idealisti, consiste nel riconoscere l'esistenza delle cose, dell'ambiente, dell'universo, indipendentemente dalla nostra sensazione, dalla nostra coscienza, dal nostro Io e dall'uomo in generale. Questa stessa esperienza... che ha creato in noi la ferma convinzione che esistono indipendentemente da noi altre persone e non semplici complessi delle mie sensazioni dell'alto, del basso, del giallo, del solido, ecc., questa stessa esperienza crea in noi la convinzione che oggetti, universo e ambiente esistono indipendentemente da noi. Le nostre sensazioni, la nostra coscienza, sono soltanto l'immagine del m[...]

[...]ioni dualistiche.
Gramsci si muove, proprio perché leninista, proprio perché gli preme sviluppare il concetto di egemonia in tutti i suoi aspetti — da quello della strategia e della tattica politica a quello della filosofia — nel senso di superare ogni residuo di dualismo, ogni residuo quindi di determinismo meccanico, di metafisica.
La domanda alla quale occorre necessariamente rispondere è se egli non cada, in questo suo sforzo, in posizioni idealistiche.
Ci pare di no. Ci pare che egli si muova nella direzione giusta, ove non si considerino proposizioni staccate (da quelli che sono ancora appunti, redatti per il proprio studio e non destinati al pubblico), ma si colga la linea fondamentale lungo la quale si muove il suo pensiero.
Si prenda ad esempio la proposizione — già da noi citata — che può, tra tutte le altre, suscitare piú dubbi: « " Oggettivo " significa proprio e solo questo: che si afferma essere oggettivo, realtà oggettiva, quella realtà che è accertata da tutti gli uomini, che è indipendente da ogni punto di vista che sia me[...]

[...]le lungo la quale si muove il suo pensiero.
Si prenda ad esempio la proposizione — già da noi citata — che può, tra tutte le altre, suscitare piú dubbi: « " Oggettivo " significa proprio e solo questo: che si afferma essere oggettivo, realtà oggettiva, quella realtà che è accertata da tutti gli uomini, che è indipendente da ogni punto di vista che sia meramente particolare o di gruppo » 1.
Non si presenta essa come una proposizione tipicamente idealistica? Si tratta di vedere che cosa significa per Gramsci accertare una realtà, come si compia l'accertamento.
Per Gramsci la realtà è sempre accertata in modo storico. « La formulazione di Engels che " l'unità del mondo consiste nella sua materialità... dimostrata dal lungo, laborioso sviluppo della filosofia e delle scienze na
1 M. S., p. 54.
174 I documenti del convegno
turali " contiene appunto il germe della concezione giusta, perché si ricorre alla storia e all'uomo per dimostrare la realtà oggettiva » .
« L'uomo conosce oggettivamente in quanto la conoscenza è reale per tutto il gener[...]

[...]punto il germe della concezione giusta, perché si ricorre alla storia e all'uomo per dimostrare la realtà oggettiva » .
« L'uomo conosce oggettivamente in quanto la conoscenza è reale per tutto il genere umano storicamente [la sottolineatura è di Gramsci) unificato in un sistema culturale unitario; ma questo processo di unificazione storica avviene con la sparizione delle contraddizioni interne che dilaniano la società umana » ... « Ciò che gli idealisti chiamano " spirito " non è un punto di partenza ma di arrivo, l'insieme delle sovrastrutture in divenire verso l'unificazione concreta e oggettivamente universale e non già un presupposto unitario, ecc. » j.
E dunque affermando la storicità del conoscere che Gramsci si distingue dall'idealismo; concependo la coscienza come risultato di tutto un processo storico e non come il presupposto di questo processo.
Va dunque affermata, al tempo stesso, la storicità dell'oggetto, che resta invece al di fuori della storia nelle concezioni del materialismo meccanico e del realismo in genere: « noi cono[...]

[...]e siccome l'uomo è divenire storico anche la conoscenza e la realtà sono un divenire, anche l'oggettività è un divenire, ecc. » 2.
La contrapposizione del marxismo all'idealismo, tuttavia, compiuta affermando la storicità del conoscere, resterebbe ancora illusoria poiché anche l'idealismo afferma tale storicità. Bisogna andare ancora piú a fondo per cogliere la distinzione essenziale tra la posizione gramsciana — noi diciamo marxista — e quella idealistica: essa consiste nell'affermare che il processo storico è un processo di azione, in cui teoria e pratica si uniscono, per superare quelle contraddizioni della società che determinano il carattere sovrastrutturale della conoscenza, limitandone quindi la validità obiettiva; per giungere ad una società in cui non essendo piú alienato l'uomo, anche la conoscenza è libera da alienazioni.
Pare a noi quindi che la posizione gramsciana si stacchi da quella idealistica, diventi irriducibile all'idealismo, nello stesso modo in cui il Vico si staccava da ogni possibilità di essere interpretato idealist[...]

[...]ssa consiste nell'affermare che il processo storico è un processo di azione, in cui teoria e pratica si uniscono, per superare quelle contraddizioni della società che determinano il carattere sovrastrutturale della conoscenza, limitandone quindi la validità obiettiva; per giungere ad una società in cui non essendo piú alienato l'uomo, anche la conoscenza è libera da alienazioni.
Pare a noi quindi che la posizione gramsciana si stacchi da quella idealistica, diventi irriducibile all'idealismo, nello stesso modo in cui il Vico si staccava da ogni possibilità di essere interpretato idealisticamente, quando, nella sua polemica anticartesiana, rifiutava di fare del pensiero il criterio della verità, ma tale criterio trovava nell'esperienza.
I M. S., p. 142.
2 M. S., p. 143.
Luciano Gruppi 175
Gramsci naturalmente va oltre e, dalla reciprocità del « vero » e del « fatto » , trae la fiducia che il pensiero sappia guidare Un azione capace di liberarlo dai limiti che lo stringono e la fiducia che l'azione, liberando il pensiero, tragga da questo nuova capacità creatrice, sicché sempre da un nuovo « fatato » proceda un nuovo « vero » e viceversa, in intima unità dialettica.
La stor[...]

[...]formatrice dell'azione politica e i limiti reali di questa, avevano certamente messo meno in rilievo il carattere creativo del conoscere, in un'epoca anzi in cui il conoscere (e cosí l'agire umano) era effettivamente meno creativo. Ciò che caratterizza il marxismo è che in esso giunge a piena maturità la coscienza del carattere creativo del conoscere e dell'agire, e viene superato quanto vi era ancora di astratto, di teologico, nell'affermazione idealistica della creatività del conoscere medesimo. $ in questo senso che « il movimento operaio è l'erede della filosofia classica tedesca D.
Ci pare che il merito di Gramsci stia proprio nell'aver colto questi aspetti decisivi del marxismo e di aver collocato ál punto giusto la storicità della coscienza, collegandola alla lotta per l'egemonia.
« La coscienza di esser parte di una determinata forza egemonica (cioè la coscienza politica) è la prima fase per una ulteriore e progres siva autocoscienza in cui teoria e pratica finalmente si unificano. Anche l'unità di teoria e pratica non è quindi un da[...]

[...]fuori dal partito, fuori cioè da una vasta esperienza collettiva, storicamente formatasi e che storicamente si sviluppa, di pensiero e di azione. In ciò consiste il carattere di partito del filosofare.
Il rilievo che il partito viene ad assumere quando ci si muove lungo questa linea di sviluppo del pensiero marxista, ci pare essere una riprova della validità di questa linea medesima. Ci pare invece che ove si insista, conducendo la polemica antiidealistica, prima di tutto sul carattere di riflesso, di copia del conoscere, anziché sul suo carattere creativo, la funzione del partito si appiattisca.
A riprova dell'argomentazione che abbiamo svolto per dimostrare che il pensiero di Gramsci non può essere in alcun modo ridotto all'idealismo, poniamo un altro quesito. Lenin afferma: « unica " proprietà " deIla materia, il cui riconoscimento è alla base del materialismo filosofico, è la proprietà di essere una realtà obiettiva, di esistere fuori della nostra coscienza » 1.
Negare, come fa Gramsci, che l'obiettività dell'essere consista nel suo « e[...]

[...]ostra coscienza », significa cadere nell'idealismo?
Si cade nell'idealismo quando si riduce l'essere al pensiero, in modo che ogni storicità, anche se affermata, in realtà si annulla nell'« idea
1 LENIN, Materialismo, cit., p. 243.
Luciano Gruppi 177
assoluta», nello spirito come atto puro e autoctisi — quindi metastorico — a cui inevitabilmente deve giungere l'idealismo portato coerentemente alle sue conseguenze.
Per evitare la conclusione idealistica è indispensabile affermare « una realtà obiettiva, che esiste fuori della nostra coscienza »? In questo caso si eviterebbe il solipsismo per cadere in un'altra contraddizione, che è quella rimproverata al realismo ingenuo, di affermare, evidentemente con il pensiero e quindi includendola nel pensiero, una realtà obiettiva il cui essere sarebbe fuori del pensiero. Ancor piú: si ignorerebbe il carattere sovrastrutturale del conoscere che rende impossibile il concepire una obiettività per sé.
L'uno e l'altro, il solipsismo idealistico e il realismo ingenuo, negano il conoscere come rapporto. [...]

[...]tra coscienza »? In questo caso si eviterebbe il solipsismo per cadere in un'altra contraddizione, che è quella rimproverata al realismo ingenuo, di affermare, evidentemente con il pensiero e quindi includendola nel pensiero, una realtà obiettiva il cui essere sarebbe fuori del pensiero. Ancor piú: si ignorerebbe il carattere sovrastrutturale del conoscere che rende impossibile il concepire una obiettività per sé.
L'uno e l'altro, il solipsismo idealistico e il realismo ingenuo, negano il conoscere come rapporto. L'idealismo perché riduce l'uno dei termini (essere) del rapporto all'altro (pensiero); i'l realismo ingenuo — anche se la cosa appare meno evidente — perché toglie al soggetto la sua soggettività, cioè il suo carattere attivo e quindi lo riduce, nella sostanza, all'oggetto. L'idealismo, come il realismo ingenuo (e a quest'ultimo si rifà il materialismo meccanico nella teoria del conoscere), nega, per le conseguenze inevitabili delle proprie posizioni, il conoscere come rapporto e quindi 'la sua capacità creativa. È dunque ancora una[...]



da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]bra dapprima che Marchesi sia visto da La Penna, prevalentemente, come un idealista, non privo di influssi crociani e gentiliani. « Con alcuni residui positivistici conviveva una larga, sostanziale, importante influenza del neoidealismo contemporaneo. » Il materialismo a cui Marchesi diceva di aderire non era insincero né frutto di un semplice equivoco, ma, specialmente negli anni della maturità,
piuttosto velleitario e superficiale [ ...1. Era idealistica la sua sfiducia nella scienza, idealistica la sua rivalutazione quasi misticheggiante dell'individuo come fantasia, creazione artistica, e come coscienza religiosa. Amava citare da Agostino i tre concetti di tempo: presente del passato, presente del presente, presente del futuro; ma il vero ispiratore non è Agostino e neppure il marxismo con la sua concezione dei rapporti fra conoscenza e prassi: l'ispirazione, sia pure generica, è nell'idealismo contemporaneo: siamo sulla via che porta al concetto crociano della storia che è sempre storia contemporanea, o addirittura all'atto puro di Gentile.
Subito dopo, la collocazione muta alqu[...]

[...]spirato l'aria del tardo positivismo, che diventava sempre piú agnostico [...1; probabilmente alcuni fili uniscono lo scetticismo e l'irrazionalismo di Marchesi col tardo positivismo agnostico e vagamente religioso ».
Non bisogna imputare a oscillazioni o incoerenze del giudizio di La Penna le oscillazioni e le incoerenze che vi furono effettivamente in Marchesi. Io credo, tuttavia, che l'interpretazione di La Penna sia troppo sforzata in senso idealistico, e che Marchesi abbia non soltanto assorbito da giovane, ma sostanzialmente conservato fino all'ultimo un'impostazione ideologica e culturale (e, piú largamente, « umana », psicologica) tardopositivistica. Credo, anche, che di questo tardo positivismo a cui Marchesi appartenne non si debba mettere in risalto soltanto ciò che è, in qualche modo, preidealistico (o meglio prespiritualistico), ma anche ciò rispetto a cui il successivo idealismo e spiritualismo rappresentò una frattura e una svolta. E, pur riconoscendo ovviamente che il tardo positivismo ebbe connotati suoi propri, non dimenticherei che certi aspetti che si trovano nella Weltanschauung di Marchesi sono presenti in alcuni notevoli filoni del positivismo fin dall'inizio.
Sarò costretto a ricordare cose che non costituiscono alcuna novità (fra l'altro, c'è attualmente un rifiorire di studi sul positivismo, e il poco che rammenterò apparirà, ad un tempo, scontato e troppo generico); ma [...]

[...]flusso del neoidealismo e dell'irrazionalismo novecentesco. La condanna del filologismo (quale appare specialmente nella prolusione del 1923, per poi attenuarsi), la preferenza per la critica letteraria monografica o per la storia come « collezione di monografie », erano aspetti della sua personalità che — uso una felice espressione del La Penna, p. 78, a proposito della Storia della letteratura latina — « convergevano con una certa impostazione idealistica ». E infatti, come ricorda ancora il La Penna, la Storia fu lodata da Croce (cfr. Storia della storiografia italiana nel sec. XIX, ir, Bari 19473, p. 197) ed ebbe ottima accoglienza nella cultura italiana degli anni Trenta. Prima ancora, il Seneca era stato accolto da Gentile nella collana di « Studi filosofici » da lui diretta presso Principato, ed era stato recensito assai favorevolmente da Adolfo Omodeo (Tradizioni morali e disciplina storica, Bari, Laterza, 1929, pp. 107117). A sua volta, Marchesi, pur non desistendo mai dalle sue puntate contro la filosofia « incapace di consolare », n[...]

[...]ea nella tradizione latina medievale (Messina 1904): cfr. LA PENNA, p. 18 e n. 10. Sui posteriori rapporti con Gentile, fino alla sdegnata lettera aperta del 1944 (il cui testo, peraltro, fu diffuso con una frase finale non autentica, che poté sembrare un incitamento all'uccisione di Gentile) cfr. FRANCESCHINI, Marchesi, p. 110 ss. Ma discussioni filosofiche, pare sicuro, non ve ne furono. Sull'equivoco per cui molti considerarono ortodossamente idealistica e addirittura crociana la Storia della letteratura latina vedi P. TREvES, Ritratto critico di C. Marchesi, « Nuova rivista storica » LII, 1968, p. 116 ss. (articolo molto dotto e molto ricco di notazioni acute. anche per chi non condivida il punto di vista idealistico del Treves).
IL « MARCHESI » DI ANTONIO LA PENNA 657
pur convintissimo di essere dalla parte del vero, si sentisse troppo poco ferrato filosoficamente per discussioni di questo genere. Ma i suoi amici piú cari, anche quando la generazione propriamente positivistica (alla quale aveva appartenuto il suo maestro Sabbadini) volse al tramonto, egli li ebbe fra uomini accomunati a lui dal « bisogno di Dio », o tra cattolici di spirito aperto, o anche tra idealisti, ma idealisti eterodossi. Fra i primi, oltre il Bertacchi che già abbiamo ricordato, va particolarmente segnalato Eugenio Donadoni, [...]

[...]reves).
IL « MARCHESI » DI ANTONIO LA PENNA 657
pur convintissimo di essere dalla parte del vero, si sentisse troppo poco ferrato filosoficamente per discussioni di questo genere. Ma i suoi amici piú cari, anche quando la generazione propriamente positivistica (alla quale aveva appartenuto il suo maestro Sabbadini) volse al tramonto, egli li ebbe fra uomini accomunati a lui dal « bisogno di Dio », o tra cattolici di spirito aperto, o anche tra idealisti, ma idealisti eterodossi. Fra i primi, oltre il Bertacchi che già abbiamo ricordato, va particolarmente segnalato Eugenio Donadoni, un critico che presenta con Marchesi forti affinità per l'attenzione rivolta, ancor piú esclusivamente che in Marchesi, all'« umanità », al mondo moralepsicologico dell'artista: quanto Marchesi si sentisse affettivamente e intellettualmente vicino a Donadoni (fino a smarrire, bisogna confessarlo, ogni ragionevole senso del limite nell'esaltarne il valore) è testimoniato da un appunto pubblicato da Franceschini (op. cit., p. 16 s.); e a Donadoni va affiancato Attilio Momigliano[...]

[...]simo, con l'eretico Ernesto Buonaiuti (oltre la testimonianza coraggiosa di Franceschini, vedi anche, per i rapporti intellettuali fra i due a proposito della versione del1'Apologeticum di Tertulliano, l'introduzione di E. Paratore a Minucio Felice, Ottavio, Bari, Laterza, 1971, e a Tertulliano, Apologetico, trad. di E. Buonaiuti, ivi, 1972; ed E. Buonaiuti, La vita allo sbaraglio, a cura di Ambrogio Donini, Firenze 1980, p. 469 e n. 5). Tra gli idealisti il suo amico piú intimo fu Valgimigli (vedi ora Giorgio Valgimigli, C. Marchesi amico di casa Valgimigli, « Belfagor » xxxv, 1980, p. 202 ss.), certo molto piú vicino a Croce di quanto fosse Marchesi, ma non tanto crociano da rinunciare alla fedeltà a Carducci (anche al Carducci critico) e a Pascoli, e a un tipo di critica che era anch'essa « arte sull'arte », benché con uno stile assai diverso da quello di Marchesi (minore tensione retorica, maggiore pericolo di leziosaggine). E in quanto criticoartista, o aspirante tale, apprezzò anche, oltre che per le sue doti di affettuosa cordialità, Fr[...]



da [Le relazioni] E. Garin, Gramsci nella cultura italiana in Studi gramsciani

Brano: [...] 44 mortevita ”, del suo rendersi caduca perché una nuova coscienza sociale e morale si sta sviluppando, più comprensiva, superiore, che si pone come sola 44 vita ”, come sola “realtà ” in confronto del passato morto e duro a morire nello stesso tempo. La filosofia della prassi è la concezione storicistica della realtà, che si è liberata da ogni residuo di trascendenza e di teologia anche nella loro ultima incarnazione speculativa; lo storicismo idealistico crociano rimane ancora nella fase teologicospeculativa ».

3 L., p. 41.

4 Quaderni della Critica, 10, 1948, pp. 789.402

Le relazioni

Non diverso discorso dovrà farsi, del resto, a proposito delle altre opere del Gramsci: le lettere, e, innanzitutto, gli articoli del periodo anteriore all’arresto. Di essi è noto i1 giudizio che l’autore dette nel settembre del 1931 : pagine « scritte alla giornata » e, come tali, destinate a « morire dopo la giornata » 1. In realtà, di nuovo, la forma espressiva è solidale con un modo d’intendere la funzione dello scritto, anzi del pensiero, dell[...]

[...] d’intendere la funzione dello scritto, anzi del pensiero, della riflessione; e, se si vuole usare il termine grave, della filosofia. In una delle sue osservazioni più acute Gramsci cercherà di chiarire il senso di una conversione « non speculativa » della filosofia nella storia: ed è un testo da tener presente per intendere anche la vicinanza e la lontananza della concezione gramsciana da identificazioni apparentemente analoghe proposte in sede idealistica : l’identità filosofiastoria « porta alla conseguenza che occorre negare la 66 filosofia assoluta ” o astratta e speculativa, cioè la filosofia che nasce dalla precedente filosofia e ne eredita i “ problemi supremi ” cosi detti, o anche solo il 66 problema filosofico ”, che diventa pertanto un problema di storia, di come nascono e si sviluppano i determinati problemi della filosofia. La precedenza passa... alla storia reale dei mutamenti dei rapporti sociali, dai quali quindi... sorgono (o sono presentati) i problemi che il filosofo si propone ed elabora.... Se la filosofia è storia della f[...]

[...]n mistico né un metafìsico positivista; è uno storico... » ). Poi vennero altre letture di Marx, letture di Lenin, e, soprattutto, esperienze decisive.

1 L., p. 58.404

Le relazioni

allora effettivamente significativa da noi: con l’interpretazione della storia d’Italia elaborata sotto la spinta dello storicismo crociano. Ai qual proposito, forse, non giova molto chiedersi se per avventura altre voci, soffocate dalla cosiddetta rinascita idealistica, fossero più importanti, e meritassero maggiore attenzione e più equo giudizio. Gramsci non intendeva fare opera di ricercatore erudito: la sua concezione del pensatore e dello storico lo impegnava in una situazione concreta, a scelte reali. E se, oggi, noi possiamo spesso considerare con occhio distaccato non poche impostazioni e valutazioni che ancor ieri sembravano dominanti; se, a un certo punto, anche i famosi « conti con Croce » si possono supporre un capitolo chiuso della storia dèlia nostra cultura — ma non so, per ora, quanto sarebbe serio il farlo — non dovremmo dimenticare il con[...]

[...]tolineando con singolare energia la solidarietà di certi ideali e di certe visioni con una situazione, ha aperto la strada ad altre scelte e ad altre possibilità. E come sul terreno dottrinale a un certo Hegel, a un certo Marx, a un certo Labriola er magari, a un certo Machiavelli, oppose un’altra possibilità interpretativa, cosi a un 'altra storia d’Italia volle saldare un’altra azione politica. Alla linea nazionalretorica, più che storicistica idealistica, più che religiosa clericale, più che liberale conservatrice, e più che conservatrice fascista, intese opporre un’Italia capace di riscattare in tutta la sua storia altre possibilità costantemente vinte, soffocate o mistificate. E proprio perché era un politico e non un filosofo — e con ciò si vuol dire solo che era anche uno storico e un filosofo serio, e non un professore — non si preoccupò di raccogliere in candidi mazzolini temi incontaminati perché a tutti estranei, ma combattè sul1 terreno reale, nella situazione reale, ed affrontò l’unica posizione veramente operante in Italia (e non[...]

[...]icità della filosofia della prassi : nata quale « manifestazione delle intime contraddizioni da cui la società è stata lacerata... non può evadere dall’attuale terreno delle contraddizioni » : anch’essa « provvisoria » in nome della « storicità di ogni concezione del mondo e della vita ». E « si può persino giungere ad affermare che, mentre tutto il sistema della filosofia della prassi può diventare caduco in un mondo unificato, molte concezioni idealistiche, o almeno alcuni aspetti di esse, che sono utopistiche durante il regno della necessità, potrebbero diventare “ verità ” » 2. Avviene, è vero, che « la stessa filosofia della prassi tenda a diventare una ideologia » ; tenda, anch’essa, a concedere « a necessità esteriori e pedantesche di architettura del sistema » e ad « idiosincrasie individuali » ; tenda insomma a farsi « astorica ». Lo sforzo costante di Gramsci è stato quello appunto di opporsi a qualsiasi trasformazione della filosofia deBa prassi in una metafisica o teologia, per svolgerne « uno “ storicismo ” assoluto », inteso come[...]

[...]asi trasformazione della filosofia deBa prassi in una metafisica o teologia, per svolgerne « uno “ storicismo ” assoluto », inteso come « mondanizzazione e terrestrità assoluta del pensiero », come un « umanismo assoluto della storia ».

Per questo l’attività critica, la sola possibile, è impiegata costantemente a risolvere « i problemi che si presentano come espressione dello svolgimento storico » ; e poiché « l’unità della storia, ciò che gl’idealisti chiamano unità dello spirito, non è un presupposto, ma un continuo farsi' progressivo », l’indagine storica è di continuo sollecitata a riesaminare le scelte già operate in funzione di certi modi d’agire, per saggiarne la validità, respingerne l’insufficienza, risolverne la parzialità in un’azione più comprensiva, davvero popolare e nazionale.

1 M. S., pp. 61, 63 sgg., 67.

2 M. S., pp. 9396.410

Le relazioni

Di fronte alla cultura tradizionale, a tutta la vicenda di un paese quale è sboccata nella situazione del presente, di fronte alla cultura presente, la filosofìa della prassi [...]

[...]« storia » doveva sempre legarsi criticamente alle « altre storie » : a quelle più valide per intima solidità, esprimenti efficacemente forze e temi di rilievo; cosi come a quelle dominanti e trionfanti sul piano politico italiano. Uno dei segni del carattere non velleitario della critica gramsciana dei Quaderni sta proprio nel suo rapporto costante con Croce da un lato, e con le più vistose e rilevanti manifestazioni delle correnti cattoliche e idealistiche dall’altro.

Il fatto che cosi spesso l’opera di Gramsci si faccia dialogo serrato con Croce, il fatto che le impostazioni discusse, elaborate o respinte si leghino alla situazione culturale creata dal Croce, è segno di forza e di attualità di un pensiero che non lavorava alteri saeculo, ma per questo secolo. L’altro secolo che poi giudica, che indica limiti e ingiusti giudizi, probabilmente non sarebbe mai nato cosi acuto senza quelle discussioni. La caducità di certi giudizi non è che l’altra faccia della loro storicità: e, mentre l’impegnarsi nel tempo è il segno della responsabilità [...]

[...]iginale in cui l’opera di Gramsci si colloca. Quando più volte, a proposito della filosofia della prassi, si richiama a Hegel; quando si collega a De Sanctis — e soprattutto quando cosi largamente lo utilizza — quando reca su Labriola quel giudizio tanto notevole circa la possibilità di un’elaborazione autonoma della filosofia della prassi; quando, infine, polemizza con egual vigore contro i “ mistificatori ” del marxismo, siano essi kantiani, o idealisti, o sociologi positivisti, Gramsci precisa con sicura consapevolezza la propria posizione. De Sanctis e Labriola, piuttosto che Spaventa; e Croce per quanto contribuì a mantener vivi i primi due. Ma dalla guerra mondiale in poi Gramsci ripercorrerà a ritroso, sempre più chiaramente, nella lotta prima, nella chiusa meditazione dopo, il cammino crociano; Croce aveva ritrovato, nel distacco da Labriola e nella revisione deU’hegelismo, una direzione « kantiana » di « forma » non storicizzabile : un « sistema » della « filosofia dello spirito », una « natura umana » assoluta. Gramsci, al contrario,[...]

[...]i « forma » non storicizzabile : un « sistema » della « filosofia dello spirito », una « natura umana » assoluta. Gramsci, al contrario, non si limiterà a rifiutare l’atto spirituale taumaturgico, e solo retoricamente operoso, per ritrovare il positivo e il concreto processo storico, vivo e reale nel lavoro delle società umane. Anche l’ultimo « aroma speculativo » svanirà : nella critica alla doppia mistificazione del marxismo — sia in direzione idealistica che materialistica — e nella elaborazione di una originale « concezione del mondo » si consoliderà nitidissimo un integrale umanismo storico: uomini veri, reali, che vivono convivendo in reali rapporti: mobili, in un processo condizionato insieme e libero.

Limpido e preciso qui Gramsci è veramente nostro 1, ossia di quanti credono nel compito critico di una cultura volta a liberare gli uomini in terra, per costruire una città giusta; per la sua moralità impietosa; per la sua ironica lucidità; per il suo atteggiamento di lotta in un tempo di lotta. Della sua « zuffa » continua con Croce, [...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Sabetti, Il rapporto uomo-natura nel pensiero del Gramsci e la fondazione della scienza in Studi gramsciani

Brano: [...]fredo Sabetti
IL RAPPORTO UOMONATURA NEL PENSIERO DEL GRAMSCI E LA FONDAZIONE DELLA SCIENZA
L'atteggiamento assunto dal Gramsci di fronte a questa ptoblema s'inserisce nella lotta che egli svolge nei suoi Quaderni contro la cultura e le concezioni filosofiche dominanti nell'Italia del tempo in piena coerenza con le premesse metodologiche e ideologiche del suo marxismo. Tuttavia ciò non comporta puramente e semplicemente il rifiuto del pensiero idealistico in merito al problema del valore della scienza, ma implica contemporaneamente una revisione dell'atteggiamento che alcuni esponenti del pensiero marxista avevano avuto nei confronti del problema stesso. S'intende che per il Gramsci il problema non può sussistere sotto il profilo puramente teorico, ma s'inserisce nel processo di organizzazione della cultura in stretta dipendenza dalla situazione storica effettiva quale è determinata di volta in volta dai rapporti strutturali.
In primo luogo occorre tener presente il fatto che per il Gramsci, in quanto marxista, il problema di una scienza de[...]

[...]e all'ambiente sociale e naturale in cui vive e in cui quell'umanità si compie appieno senza differenze e dissidi. Cosí il Gramsci ci appare particolarmente acuto nel fare l'analisi di una certa situazione, che si era venuta a determinare nella cultura italiana tra la prima e la seconda guerra mondiale e nel denunziare le tare di una particolare organizzazione della cultura, di cui ancora oggi risentiamo le conseguenze. K Le correnti filosofiche idealistiche — egli scrive — (Croce e Gentile) hanno determinato un primo processo di isolamento degli scienziati (scienze naturali o esatte) dal mondo della cultura. La filosofia e la scienza si sono staccate e gli scienziati hanno perduto molto del loro prestigio. Un altro processo di isolamento si è avuto per il nuovo prestigio dato al cattolicesimo e per il formarsi del centro neoscolastico. Cosí gli scienziati " laici " hanno contro la religione e la filosofia piú diffusa: non può non avvenire un loro imbozzolamento e una " denutrizione " dell'attività scientifica che non può svilupparsi isolata d[...]

[...]igioso è spento e sopito » 4.
Bisogna d'altra parte riconoscere che « la concezione soggettivistica è, propria della filosofia moderna nella sua forma piú compiuta e avanzata, se da essa e come superamento di essa è nato il materialismo storico, che nella teoria delle superstrutture pone in linguaggio realistico e storicistico ciò che la filosofia tradizionale esprimeva in forma speculativa.... Fa anzi maraviglia che il nesso tra l'affermazione idealistica che la realtà del mondo è una creazione dello spirito umano e l'affermazione della storicità e caducità di tutte le ideologie da parte della filosofia della. prassi, perché le ideologie sono espressioni della struttura e si modificano. col modificarsi di essa, non sia stato mai affermato e svolto convenientemente» 5. Il Gramsci rivendica in tal modo l'origine del materialismo storico, il suo carattere storicistico ed umanistico in contrasto con ogni forma di materialismo meccanicistico negatore implicitamente dell'effet
1 M. S., p. 118 sgg.
2 M. S., p. 139.
3 M. S., p. 138.
4 M. S., p. [...]

[...]materialismo storico, il suo carattere storicistico ed umanistico in contrasto con ogni forma di materialismo meccanicistico negatore implicitamente dell'effet
1 M. S., p. 118 sgg.
2 M. S., p. 139.
3 M. S., p. 138.
4 M. S., p. 138.
5 M. S., p. 139.
246 1 documenti del convegno
tivo valore dell'uomo e ancora legato ad una concezione metafisicoteologica della realtà; egli pone in rilievo l'intimo nesso esistente tra le filosofie a carattere idealistico, che hanno avuto il merito di affermare la centralità dell'uomo di fronte alla realtà della natura, anche se quella centralità hanno concepito in senso puramente speculativo, e il pensiero marxistico, che ha saputo sviluppare quella problematica fino alle estreme conseguenze e superare lo storicismo ancora astratto dell'idealismo per fondare il suo concreto umanesimo.
Ma la valutazione positiva del pensiero idealistico, che fa il Gramsci, non implica l'accettazione di una concezione a carattere « soggettivistico », come egli stesso si esprime, in opposizione al feticismo scientifico e al materialismo deterministico, e quindi l'adesione al punto di vista dell'idealismo per quel che riguarda il rapporto uomonatura; anzi « occorre dimostrare — egli scrive — che la concezione " soggettivistica ", dopo aver servito a criticare la filosofia della trascendenza da una parte e la metafisica ingenua del senso comune e del materialismo filosofico, può trovare il suo inveramento e la sua interpretazione storlcistica [...]

[...]ta fase storica, esprime sul piano concettuale le esigenze di una società divisa in classi, in cui gli intellettuali si pon gono come un'élite, la quale consacra ideologicamente quell'antitesi tra teoria e prassi, a cui corrisponde la divisione tra lavoro intellettuale e
1 M. S., p. 141.
Alfredo Sabetti 247
lavoro manuale e l'esistenza di classi subalterne escluse dalla direzione economica e politica della società. In effetti sia le filosofie idealistiche che quelle che si ispirano al materialismo deterministico e professano una sorta di feticismo scientifico hanno escluso la scienza dalla storia, nel senso che non hanno saputo concepire la scienza stessa come mezzo per dare all'uomo l'effettivo dominio sulla natura, per attuare quell'integrazione dell'uomo stesso nel suo ambiente naturale, che è indispensabile per la realizzazione di una migliore forma di società e per liberare l'umanità da ogni forma di soggezione.
Per il Gramsci, la scienza è, marxisticamente, un processo storico di cui tutte le fasi e posizioni vanno comprese e valutat[...]

[...]perché " resistente " a una volontà estranea, oggi sente di essere responsabile perché non piú resistente ma agente e necessariamente attivo e intraprendente » 1. Cosí la scienza viene ricondotta alla vita e all'attività dell'uomo, viene in altri termini riconosciuto il valore « umano » della scienza, il che significa riconoscere concretamente quella centralità dell'uomo rispetto alla realtà esterna, che le filosofie « soggettivistiche » di tipo idealistico gli riconoscono su di un piano puramente spirituale, senza cioè considerare l'interazione uomomondo dal punto di vista attivo e concreto.
Oggetto della scienza d'altra parte non è il cosmo in sé metafisicamente inteso, ma il rapporto tra l'uomo e la realtà. « Se le verità scientifiche non sono neanche esse definitive e perentorie, anche la scienza è una categoria storica, è un movimento in continuo sviluppo. Solo che la scienza non pone nessuna forma di " ,inconoscibile " metafisico — scrive il Gramsci —, ma riduce ciò che l'uomo non conosce a una empirica " non conoscenza " che non esclud[...]

[...] pare che questo passo, malgrado la perplessità che può ingenerare la affermazione che l'oggettività senza l'attività dell'uomo sarebbe il caos o il nulla, sia abbastanza chiaro ed esplicito al fine di porre a fuoco la posizione assunta dal Gramsci in merito al valore della scienza e al problema del rapporto uomonatura. Quell'oggettività riportata al pensiero e all'azione dell'uomo non ha nulla a che vedere con l'oggettività della natura risolta idealisticamente nell'attività dello spirito, ma vuole indicate il fatto incontestabile che non può esistere scienza là dove l'uomo non abbia sviluppato i mezzi idonei ad attuare il suo dominio sulla realtà naturale, in cui vive e di cui è parte, e rivendicare alla scienza stessa il suo carattere tecnicopratico senza per questo ridurla ad una mera giustapposizione e somma di nozioni o fatti empirici. u La formulazione di Engels che " l'unità del mondo consiste nella sua materialità dimostrata... dal lungo e laborioso sviluppo della filosofia e delle scienze naturali " contiene appunto il germe della co[...]

[...]umana deve concepirsi anche come storia della natura (anche attraverso la storia della scienza) come la dialettica può essere staccata dalla natura? Forse il Lukàcs, per reazione alle
1 M. S., p. 143
1
252 1 documenti del convegno
teorie barocche del Saggio popolare, è caduto nell'errore opposto, in una forma di idealismo » 1. Per il Gramsci, cosí come per Marx, l'uomo e la natura non sono infatti congiunti soltanto verbalmente, come per gli idealisti (si pensi alla natura concepita come estraniazione dell'autocoscienza o come prodotto dell'idea), ma l'uomo stesso è natura. Si ricordi quanto Marx scriveva a tal proposito nei suoi Manoscritti economicofilosofici del 1844, allorché affermava: « La natura è il corpo inorganico dell'uomo. Che l'uomo vive nella natura vuol dire che la natura è il suo corpo, con cui deve stare insieme in costante progresso per non morire. Che la vita fisica e spirituale dell'uomo sia congiunta con la natura non significa altro che la natura è congiunta con se stessa, perché l'uomo è una parte della natura » 2.
[...]



da Eugenio Garin, Gramsci nella cultura italiana in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]do d'intendere la funzione dello scritto, anzi del pensiero, della riflessione; e, se si vuole usare il termine grave, della filosofia. In una delle sue osservazioni più acute Gramsci cercherà di chiarire il senso di una conversione 'non speculativa' della filosofia nella storia: ed è un testo da tener presente per intendere anche la vicinanza e la lontananza della concezione gramsciana da identificazioni apparentemente analoghe proposte in sede idealistica: l'identità fi
presenta come fenomeno di 'speculazione' filosofica ed é semplicemente un atto pratico, la forma di un contenuto concreto sociale e il modo di condurre l'insieme della società a foggiarsi una unità morale. L'affermazione che si tratti di ' apparenza', non ha nessun significato trascendente o metafisico, ma é la semplice affermazione della sua ' storicità ', del suo essere ' mortevita ', del suo rendersi caduca perché una nuova coscienza sociale e morale si sta sviluppando, più comprensiva, superiore, che si pone come sola ' vita', come sola ' realtà ' in confronto del passat[...]

[...]re ' mortevita ', del suo rendersi caduca perché una nuova coscienza sociale e morale si sta sviluppando, più comprensiva, superiore, che si pone come sola ' vita', come sola ' realtà ' in confronto del passato morto e duro a morire nello stesso tempo. La filosofia della prassi é la concezione storicistica della'realtà, che si é liberata da ogni residuo di trascendenza e di teologia anche nella loro ultima incarnazione speculativa; lo storicismo idealistico crociano rimane ancora nella fase teologicospeculativa s.
(12) L. 41.
(13) « Quaderni della Critica », 10, 1948, pp. 789.
(14) L. 137 (sulla ' frammentarietà', pref. a M.S., XIXXX).
162 EUGENIO GARIN
losofiastoria « porta alla conseguenza che occorre negare la ' filosofia assoluta' o astratta e speculativa, cioè la filosofia che nasce dalla precedente filosofia e ne eredita i ' problemi supremi ' cosidetti, o anche solo il ' problema filosofico ', che diventa pertanto un problema di storia, di come nascono e si sviluppano i determinati problemi della filosofia. La precedenza passa.., a[...]

[...] una nota. Così fu costantemente partecipe al dibatttito culturale anche nel momento della sua segregazione e lo segui fin negli aspetti marginali, in un dialogo serrato con l'altra posizione allora effettivamente significativa da noi: con l'interpretazione della storia d'Italia elaborata sotto la spinta dello storicismo crociano. Al qual proposito, forse, non giova molto chiedersi se per avventura altre voci, soffocate dalla cosidetta rinascita idealistica, fossero più importanti, e meritassero maggiore attenzione e più equo giudizio. Gramsci non intendeva fare opera di ricercatore erudito: la sua concezione del pensatore e dello storico lo impegnava in una
(17) L. 58.
164 EUGENIO GARIN
situazione concreta, a scelte reali. E se, oggi, noi possiamo spesso considerare con occhio distaccato non poche impostazioni e valutazioni che ancor ieri sembravano dominanti; se, a un certo punto, anche i famosi ` conti con Croce ' si possono supporre un capitolo chiuso della storia della nostra cultura — ma non so, per ora, quanto sarebbe serio il farlo [...]

[...]sottolineando con singolare energia la solidarietà di certi ideali e di certe visioni con una situazione, ha aperto la strada ad altre scelte e ad altre possibilità. E come sul terreno dottrinale a un certo Hegel, à un certo Marx, a un certo Labriola e, magari, a un certo Machiavelli, oppose un'altra possibilità interpretativa, cosí a un'altra storia d'Italia volle saldare un'altra azione politica. Alla linea nazionalretorica, più che storistica idealistica, più che religiosa clericale, più che liberale conservatrice, e più che conservatrice fascista, intese opporre un'Italia capace di riscattare in tutta la sua storia altre possibilità costantemente vinte, soffocate o mistificate. E proprio perché era un politico e non un filosofo — e con ciò si vuol dire solo che era anche uno storico e un filosofo serio, e non un professore — non si preoccupò di raccogliere in candidi mazzolini temi incontaminati perché a tutti estranei, ma combatté sul terreno reale, nella situazione reale, ed affrontò l'unica posizione veramente operante in Italia (e non [...]

[...]toricità della filosofia della prassi: nata quale « manifestazione delle intime contraddizioni da cui la società é stata lacerata... non può evadere dall'attuale terreno delle contraddizioni »: anch'essa ' provvisoria ' in nome della « storicità di ogni concezione del mondo e della vita ». E « si può persino giungere ad affermare che, mentre tutto il sistema della filosofia della prassi può diventare caduco in un modo unificato, molte concezioni idealistiche, o almeno alcuni aspetti di esse, che sono utopistiche durante il regno della necessità, potrebbero diventare ' verità ' » (27). Avviene, é vero, che « la stessa filosofia della prassi tenda a diventare una ideologia »;
(25) O.N. 299301; M.S. 6162.
(26) M.S. 61, 63 sgg., 67.
(27) M.S. 96.
170 EUGENIO GARIN

tenda, anch'essa, a concedere « a necesità esteriori e pedantesche di architettura del sistema » e ad « idiosincrasie individuali »; tenda insomma a farsi « astorica ». Lo sforzo costante di Gramsci é stato quello appunto di opporsi a qualsiasi trasformazione della filosofia dell[...]

[...]qualsiasi trasformazione della filosofia della prasi in una metafisica o teologia, per svolgerne « uno ' storirismo' assoluto », inteso come « mondanizzazione e terrestrità assoluta del pensiero », come un «umanismo assoluto della storia ».
Per questo l'attività critica, la sola possibile, é impiegata costantemente a risolvere «i problemi che si presentano come espressione dello svolgimento storico »; e poiché « l'unità della storia, ciò che gl'idealisti chiamano unità dello spirito, non é un presupposto ma un continuo farsi progressivo », l'indagine storica é di continuo sollecitata a riesaminare le scelte già operate in funzione di certi modi d'agire, per saggiarne la validità, respingerne l'insufficienza, risolverne la parzialità in un'azione più comprensiva, davvero popolare e nazionale.
Di fronte alla cultura tradizionale, a tutta la vicenda di un paese quale é sboccata nella situazione del presente, di fronte alla cultura presente, la filosofia della prassi tende, non a rifiuti radicali o a scelte interessate, ma a una visione comprens[...]

[...]9).
172 EUGENIO GARIN
garsi criticamente alle « altre storie »: a quelle più valide per intima solidità, esprimenti efficacemente forze e temi di rilievo; così come a quelle dominanti e trionfanti sul piano politico italiano. Uno dei segni del carattere non velleitario della critica gramsciana dei « quaderni » sta proprio nel suo rapporto costante con Croce da un lato, e con le più vistose e rilevanti manifestazioni delle correnti cattoliche e idealistiche dall'altro.
Il fatto che così spesso l'opera di Gramsci si faccia dialogo serrato con Croce, il fatto che le impostazioni discusse, elaborate o respinte si leghino alla situazione culturale creata dal Croce, è segno di forza e di attualità di un pensiero che non lavorava alteri saeculo, ma per questo secolo. L'altro secolo che poi giudica, che indica limiti e ingiusti giudizi, probabilmente non sarebbe mai nato così acuto senza quelle discussioni. La caducità di certi giudizi non é che l'altra faccia della loro storicità: e, mentre l'impegnarsi nel tempo é il segno della responsabilità di[...]

[...]iginale in cui l'opera di Gramsci si colloca. Quando più volte, a proposito della filosofia della prassi, si richiama a Hegel; quando si collega a De Sanctis — e soprattutto quando così largamente lo utilizza — quando reca su Labriola quel giudizio tanto notevole circa la possibilità di un'elaborazione autonoma della filosofia della prassi; quando, infine, polemizza con egual vigore contro i ' mistificatori ' del marxismo, siano essi kantiani, o idealisti, o sociologi positivisti — Gramsci precisa con sicura consapevolezza la propria posizione. De Sanctis e Labriola, piuttosto che Spaventa — e Croce per quanto contribuì a mantener vivi i primi due. Ma dalla guerra mondiale in poi Gramsci ripercorrerà a ritroso, sempre più chiaramente, nella lotta prima, nella chiusa meditazione dopo, il cammino crociano; Croce aveva ritrovato, nel distacco da Labriola e nella revisione dell'hegelismo, una direzione « kantiana » di « forma » non storicizzabili: un ' sistema ' della ' filosofia dello spirito', una ' natura umana' assoluta. Gramsci, al contrario,[...]

[...] » di « forma » non storicizzabili: un ' sistema ' della ' filosofia dello spirito', una ' natura umana' assoluta. Gramsci, al contrario, non si limiterà a rifiutare l'atto spirituale taumaturgico, e solo retoricamente operoso, per ritrovare il positivo e il concreto processo storico, vivo e reale nel lavoro delle società umane. Anche l'ultimo « aroma speculativo » svanirà: nella critica alla doppia mistificazione del marxismo — sia in direzione idealistica che materialistica — e nella elaborazione di una originale ' concezione del mondo' si consoliderà nitidissimo un integrale umanismo storico: uomini veri, reali, che vivono convivendo in reali rapporti: mobili, in un processo condizionato insieme e libero.
Limpido e preciso qui Gramsci é veramente nostro (39), ossia
(39) Cfr. CROCE, a Quaderni della Critica », 8, 1947, p. 86.
GRAMSCI NELLA CULTURA ITALIANA 179
di quanti credono nel compito critico di una cultura volta a liberare gli uomini in terra, per costruire una città giusta: per la sua moralità impietosa; per la sua ironica lucidit[...]



da Georg Lukacs, Inchiesta sull'arte e il comunismo. Introduzione agli scritti di estetica di Marx ed Engels in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...] questa concezione dell'arte come caratteristica della sua stessa teoria e prassi letteraria. Ma l'idea ne è molto più antica. Essa costituisce già un problema centrale dell'estetica di Aristotele e da allora continua a predominare in quasi ogni estetica — prescin dendo dalle epoche di decadenza. Un'esposizione storica di questa evoluzione non rientra beninteso nei compiti della presente introduzione. Basti accennare al fatto che molte estetiche idealistiche (p. es. quella di Platone) si fondano pure, a modo loro, su di questa teoria. Ancor più importante é la constatazione che quasi tutti i grandi scrittori della letteratura mondiale hanno scritto seguendo, istintivamente o più o meno consapevolmente, la teoria del rispecchiamento, e che i loro sforzi di render chiari a se stessi i principi della creazione artistica sono stati orientati in questo senso. La meta di pressoché tutti i grandi scrittori fu la riproduzione artistica della realtà; la fedeltà alla realtà, l'appassionato sforzo di restituirla nella sua totalità e integrità, denotarono[...]

[...]tà del marxismo sulle ideologie borghesi consiste giustappunto in tale sua capacità di accogliere .criticamente tutta l'eredità della cultura progressista, nell'attitudine ad assorbire organicamente ciò che vi é di grande nel passato. Il marxismo sorpassa questi suoi predecessori solo — ma questo «solo» significa moltissimo sia metodologicamente che riguarda al contenuto — in quanto rende consapevoli le loro aspirazioni, ne elimina le deviazioni idealistiche o meccanicistiche, le riconduce alle loro vere cause e le include nel sistema delle leggi, esattamente cona sciate, dell'evoluzione sociale. Nel campo dell'estetica e della teoria e storia letteraria possiamo compendiare la situazione affermando che it marxismo eleva nella sfera della chiarezza concettuale quei principi fondamentali dell'attività creativa che vivono da secoli nei sistemi dei migliori pensatori e nelle opere dei più grandi artisti e scrittori.
Se desideriamo ora chiarificare alcuni tra i momenti più importanti di tale situazione, si affaccia subito la questione: che :' f c[...]

[...]oseologia del materialismo dialettico: quello dei rapporti tra fenomeno ed essenza. E un problema di cui i1 pensiero borghese, e quindi l'estetica borghese, non hanno mai potuto venire a capo. Ogni teoria e prassi naturalistica collega apparenza ed essenza in modo meccanico, antidialettico, e in questo torbido miscuglio é necessariamente l'essenza che viene messa in ombra, o addirittura scompare del tutto nella maggioranza dei casi. La filosofia idealistica dell'arte e la prassi artistica della stilizzazione scorgono invece talvolta chiaramente l'antitesi tra essenza ed apparenza, ma a causa della mancanza di dialettica o di un'incompleta dialettica idealistica scorgono, solo ed unicamente l'antitesi, ignorando come in seno a questa antitesi viga l'uniti
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G. LUKACS INTRODUZIONE AGLI SCRITTI DI MARX ED ENGELS 47
dialettica dei contrari. Questa problematica é chiaramente visibile in Schiller, sia nei suoi interessantissimi e profondi saggi estetici, sia nella sua prassi poetica. Quanto alla letteratura e alla teoria letteraria delle epoche di decadenza, esse sogliono unire entrambe queste false tendenze: al posta della vera investigazione dell'essenza subentra un gioco di analogie superficiali le quali prescindono dalla realtà non meno della co[...]

[...]coscienza dello sviluppo sociale: ciò non implica una sottovalutazione dell'attività del soggetto artistico, ma anzi una valutazione così alta come mai non vi fu.
Anche qui, come dappertutto, il marxismo non si presenta atteggiandosi a qualche cosa di radicalmente nuovo. Il problema era già sfiorato nell'estetica di Platone e nella sua dottrina dell'imitazione estetica delle idee. Ma anche qui il marxismo rimette in piedi la verità che i grandi idealisti avevano messo sulla testa. Da un lato non ammette, come abbiamo visto, la contrapposizione antitetica di fenomeno ed apparenza, bensì cerca l'essenza nel f enomeno e il fenomeno nella sua relazione organica con l'essenza. D'altra parte quello di cogliere esteticamente l'essenza, l'idea, non é per il marxismo un atto lineare e insieme definitivo, sibbene un processo, un moto, un accostamento passo per passo alla realtà essenziale; proprio perché la realtà più profonda ed essenziale é sempre solo una parte di quella medesima totalità del reale cui appartiene anche il fenomeno superficiale.
Se [...]

[...]co, sviluppandola fino a un livello qualitativamente superiore. D'altra parte pera, proprio perché non ne sono gli iniziatori, ma segnano il coronamento di una lunga evo
58 INCHIESTA SULL'ARTE E IL COMUNISMO
luzione, essi sono i rappresentanti di gran lunga più conseguenti di tale umanesimo.
E se lo sono, lo sono — contrariamente agli abituali pregiudizi borghesi — proprio in base alla loro concezione materialistica del mondo. Molti pensatori idealisti hanno già parzialmente sostenuto principi umanistici analoghi a quelli difesi da Marx e da Engels; molti pensatori idealisti hanno lottato in nome dell'umanismo contro tendenze politiche, sociali e morali avversate anche da Marx e da Engels. Ma soltanto la concezione materialistica della storia é stata in grado di intendere che la vera e più profonda lesione del principio umano, lo smembramento e la mutilazione dell'integrità dell'uomo, é proprio una conseguenza necessaria della struttura economica, materiale, della società. La divisione del lavoro delle società classiste; la separazione tra città e campagna, tra lavoro fisico e spirituale; lo sfruttamento e l'oppressione dell'uomo per opera dell'uomo; la divisione[...]

[...]sione del lavoro delle società classiste; la separazione tra città e campagna, tra lavoro fisico e spirituale; lo sfruttamento e l'oppressione dell'uomo per opera dell'uomo; la divisione del lavoro propria dell'ordinamento capitalistico della produzione, tale da sfigurare e frantumare l'uomo: tutti questi processi sono processi economici materiali.
Sugli effetti culturali e artistici di tutti questi momenti hanno già scritto anche dei pensatori idealisti, e non senza grande profonditi e intelligenza, in toni ironici ed elegiaci; ma solo la concezione materialistica della storia di Marx ed Engels poteva scavare fino alle radici del fenomeno. E penetrando fino alle radici essi poterono cessare di limitarsi a criticare ironicamente le manifestazioni antiumanistiche dello sviluppo e dell'esistenza delle società divise in classi, o a lamentarle in tono elegiaco, rievocando nostalgicamente i sedicenti idilli da tempo trascorsi: essi seppero
Iii dimostrare scientificamente da dove proviene e dove é diretto questo processo generale, e come sia poss[...]



da [Le relazioni] C. Luporini, La metodologia del marxismo nel pensiero di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]” empirici, uno specialista della trigonometria, senza che la maggior parte degli altri uomini si occupino di trigonometria ecc. (si possono trovare scienze raffinatissime, specializzatissime, necessarie, ma non perciò “ comuni ”), ma non si può pensare nessun uomo che non sia anche filosofo, che non pensi, appunto perché il

pensare è proprio dell'uomo come tale».

Questo richiamo di Gramsci non ha nulla a che fare con una certa, nota, tesi idealistica. O, se voghiamo, è la traduzione di essa dal cielo speculativo ai suoi termini reali, che saranno sempre, per Gramsci, termini « storicistici ». «Non il “pensiero”, ma ciò che realmente si pensa unisce o differenzia gli uomini » 1, egli dice altrove.

Ora, « ciò che realmente si pensa » non è per Gramsci semplice
mente ciò che si crede di pensare, ma quanto si manifesta nella pratica,

nel pratico operare: tuttavia luno aspetto e l’altro, ciò che si crede di pensare e ciò che effettivamente si pensa operando, costituiscono, tutt’insieme, quella « concezione del mondo» per cui tutti gli[...]

[...]filosofare (non ha nulla a che vedere, ad esempio, con una identificazione verbale di tipo attualistico).

Anche la polemica contro l’idealismo, che si svolge in Gramsci attraverso una serie estremamente differenziata di motivi (legati in gran parte a circostanze della cultura italiana, e specialmente alla discussione col crocianesimo), e conduce altresì a una serie di « traduzioni » e di recuperi dal « linguaggio speculativo » della filosofia idealistica a quello concretamente storicistico del marxismo, è innanzi tutto argomentata e fondata sulla « impotenza della filosofia idealistica a diventare una integrale concezione del mondo» *, valida per tutti gli uomini, nella realtà di oggi; cioè fede e senso comune non di gruppi ristretti,, legati al privilegio sociale, ma dell’intiera umanità associata. Per converso, la polemica di Gramsci contro le penetrazioni nel marxismo di materialismo volgare o metafisico, benché si svolga su un piano strettamente teorico, comporta anche la relativa giustificazione storica di quelle penetrazioni, come caratteristiche di una fase ancora arretrata del movimento reale (rivoluzionario) di cui il marxismo è espressione2.

Alluna e all’altr[...]

[...]egue che il principio teoricopratico dell’egemonia ha anch’esso una portata gnoseologica e pertanto in questo campo è da ricercare l’apporto massimo di Ilic [Lenin] alla filosofia della prassi » \ Un imponente gruppo di problemi teorici, metodologici, storiografici, che si è costretti a tralasciare, si collega a questa affermazione. Sono i problemi relativi alla realtà e storicità delle soprastrutture (la discussione di Gramsci con lo storicismo idealistico è in gran parte legata a questo tema), alla eredità storicoculturale, al nesso fra ideologia, scienza, filosofia, e, ancora una volta, fra filosofia e politica; sono i problemi, soprattutto, relativi alla questione della oggettività (e correlativamente della soggettività, non solo individuale ma di gruppo), intorno ai quali Gramsci, come si è accennato, presenta suggestioni e impostazioni cariche della possibilità di ulteriori svolgimenti. « L’uomo conosce oggettivamente in quanto la conoscenza è reale per tutto il genere umano storicamente unificato in un sistema culturale unitario; ma que[...]

[...] sparizione delle contraddizioni interne che dilaniano la società umana, contraddizioni che sono la condizione della formazione dei gruppi e della nascita delle ideologie non universali concrete ma rese caduche immediatamente dall’origine pratica della loro sostanza. C’è quindi una lotta per l’oggettività (per liberarsi dalle ideologie parziali e fallaci) e questa lotta è la stessa lotta per l’unificazione culturale del genere umano. Ciò che gli idealisti chiamano 44 spirito ” non è un punto di partenza ma d’arrivo, l’insieme delle soprastrutture in divenire verso l’unificazione concreta e oggettivamente universale e non già un presupposto unitario ecc. La scienza sperimentale ha offerto finora il terreno in cui una tale unità culturale ha raggiunto il massimo di estensione... » 2.

È un modo di considerare le cose che pone immediatamente il problema del marxismo come soprastruttura. Ma vi è, dice Gramsci, « una

1 M. Sp. 39.

2 M. S., p. 142.468

Le relazioni

differenza fondamentale tra la filosofia della prassi e le altre filosof[...]

[...]ché dirette a conciliare interessi opposti e contraddittori; la loro “ storicità” sarà breve perché la contraddizione affiora dopo ogni avvenimento di cui sono state strumento. La filosofia della prassi invece non tende a risolvere pacificamente le contraddizioni esistenti nella storia e nella società, anzi è la stessa teoria di tali contraddizioni... » 1. La filosofia della prassi non tende cioè a mettere le «brache al mondo», come le filosofie idealistiche (anche se diversa fu la loro pretesa)2, a presentarsi come sintesi ideale illusoriamente risolutiva dei contrasti reali. All’opposto,, essa è «!la coscienza piena delle contraddizioni, in cui lo stesso filosofo, inteso individualmente o inteso come intiero gruppo sociale, non solo, comprende le contraddizioni ma pone se stesso come elemento della contraddizione, eleva questo elemento a principio di conoscenza e quindi azione» 3.

Qui è il nocciolo del modo in cui Gramsci intende la dialettica, secondo che egli aveva appreso, congiuntamente, dalia sua strenua esperienza di lotta e dalla l[...]



da Cesare Luporini, La metodologia del marxismo nel pensiero di Antonio Gramsci in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]no "entomologhi" empirici, uno specialista della trigonometria, senza che la maggior parte degli uomini si occupino di trigonometria ecc. (si possono trovare scienze raffinatissime, specializzatissime, necessarie, ma non perciò "comuni"), ma non si può pensare nessun uomo che non sia anche filosofo, che non pensi, appunto perché pensare é proprio dell'uomo come tale ».
Questo richiamo di Gramsci non ha nulla a che fare con una certa, nota, tesi idealistica. O, se vogliamo, é la traduzione di essa dal cielo speculativo ai suoi termini reali, che saranno sempre, per Gramsci, termini « storicistici ». « Non il pensiero, ma ciò che realmente si pensa unisce o differenzia gli uomini » (9), egli dice altrove.
Ora, « ciò che realmente si pensa » non é per Gramsci semplicemente ciò che si crede di pensare, ma quanto si manifesta nella pratica, nel pratico operare: tuttavia l'uno aspetto e l'altro, ciò che si crede di pensare e ciò che effettivamente si pensa operando, costituiscono, tutt'insieme, quella « concezione del mondo » per cui tutti gli uom[...]

[...]uova del filosofare (non ha nulla a che vedere, ad esempio, con una identificazione verbale di tipo attualistico).
Anche la polemica contro l'idealismo, che si svolge in Gramsci attraverso una serie estremamente differenziata di motivi (legati in gran parte a circostanze della cultura italiana, e special mente alla discussione cól crocianesimo), e conduce a una serie di « traduzioni » e di recuperi dal « linguaggio speculativo » della filosofia idealistica a quello concretamente storicistico del marxismo, é innanzi tutto argomentata e fondata sulla « impotenza della filosofia idealistica a diventare una integrale concezione del mondo » (28), valida per tutti gli uomini, nella realtà di oggi; cioè fede e senso comune non di gruppi ristretti, legati al privilegio sociále, ma dell'intiera umanità associata. Per converso, la polemica di Gramsci contro le penetrazioni nel marxismo di materialismo volgare o metafisico, benché si svolga su un piano strettamente teorico, comporta anche la relativa giustificazione storica di quelle penetrazioni, come caratteristiche di una fase ancora arretrata del movimento reale (rivoluzionario) di cui il marxismo è espressione. (29).
All'una e a[...]

[...]ufficio storico della sua filosofia divenuta teoria di una classe che sarebbe diventata Stato? Per Ilie' questo è realmente avvenuto in un territorio determinato ». Cfr. op. cit., p. 32 e passim.
(36) Op. cit., p. 39.
LA METODOLOGIA DEL MARXISMO 205 I
riografici, che si è costretti a tralasciare, si collega a questa affermazione. Sono i problemi relativi alla realtà e storicità delle soprastrutture (la discussione di Gramsci con lo storicismo idealistico è in gran parte legata a questo tema), alla eredità storicoculturale, al nesso fra ideologia, scienza, filosofia, e, ancora una volta, fra filosofia e politica; sono i problemi, soprattutto, relativi alla questione della oggettività (e correlativamente della soggettività, non solo individuale ma di gruppo), intorno ai quali Gramsci, come si , è accennato, presenta suggestioni e impostazioni cariche della possibilità di ulteriori svolgimenti. « L'uomo conosce oggettivamente in quanto la conoscenza è reale per tutto il genere umano storicamente unificato in un sistema culturale unitario; ma q[...]

[...] sparizione delle contraddizioni interne che dilaniano la società umana, contraddizioni che sono la condizione della formazione dei gruppi e della nascita delle ideologie non universali concrete ma rese caduche immediatamente dall'origine pratica della loro sostanza. C'é quindi una lotta per l'oggettività (per liberarsi dalle ideologie parziali e fallaci) e questa lotta é la stessa lotta per l'unificazione culturale del genere umano. Ciò che gli idealisti chiamano ' spirito' non é un punto di partenza ma d'arrivo, l'insieme delle soprastrutture in divenire verso l'unificazione concreta e oggettivamente universale e non già un presupposto unitario ecc. La scienza sperimentale ha offerto finora il terreno in cui una tale unità culturale ha raggiunto il massimo di estensione... » (37).
È un modo di considerare le cose che pone immediatamente il problema del marxismo come soprastruttura. Ma vi è, dice Gramsci, « una differenza fondamentale tra la filosofia della prassi e le altre filosofie: le altre ideologie sono creazioni inorganiche perché dir[...]

[...]ddittori; la loro ' storicità' sarà breve perché la contraddizione affiora dopo ogni avvenimento di cui sono state strumento. La filosofia della prassi invece non tende a risolvere pacificamente le contraddizioni esistenti
(37) Op. cit., p. 142.
206 CESARE LUPORINI
nella storia e nella società, anzi è la stessa teoria di tali contraddizioni... » (38). La filosofia della prassi non tende cioè a mettere le « brache al mondo », come le filosofie idealistiche (anche se diversa fu la loro pretesa) (39), a presentarsi come sintesi ideale illusoriamente risolutiva dei contrasti reali, All'opposto, essa è « la coscienza piena delle contraddizioni, in cui lo stesso filosofo, inteso individualmente o inteso come intiero gruppo sociale, non solo comprende le contraddizioni ma pone se stesso come elemento della contraddizione, eleva questo elemento a principio di conoscenza e quindi di azione » (40).'
Qui è il nocciolo del modo in cui Gramsci intende la dialettica, secondo che egli aveva appreso, congiuntamente, dalla sua strenua esperienza di lotta e[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] F. Alderisio, Riflessioni di A. Gramsci sul concetto della finalità nella filosofia della prassi in Studi gramsciani

Brano: [...]spiritualistici dell'altra. La filosofia della prassi, nel suo fondatore, ha rivissuto tutta questa esperienza, di hegelismo, feueibacchismo, materialismo francese, per ricostruire la sintesi della unità dialettica: " l'uomo che cammina sulle gambe ". Il laceramento avvenuto per l'hegelismo si è ripetuto per la filosofia della prassi, cioè dall'unità dialettica si è ritornati da una parte al materialismo filosofico, mentre l'alta cultura moderna idealistica, ha cercato d'incorporare ciò che della filosofia della prassi le era indispensabile per trovare qualche nuovo elisir» 1 (di lunga vita per la classe di. cui la cultura idealistica è stata ed è l'esponente).
È facile qui rilevare che Gramsci intuiva nella concezione hegeliana — a parte la cattiva riuscita di essa in una sorta di uomo capovolto, che cammini sulla testa delle idee, e non sulle gambe dei bisogni e delle forze reali — una sintesi di due momenti della vita e del pensiero, e vedeva pure, in corrispondenza o analogia col laceramento avvenute nella scuola hegeliana, anche un laceramento avvenuto nella filosofia. della prassi, spesso degenerata in pregiudizio o superstizione materialistica e deterministica. Onde egli avvertiva che se la filosofia della prassi[...]

[...]lla storia, dovette limitarsi a dare solo alcune interessanti indicazioni piú che altro +filologiche, che potevano soltanto preludere ad una necessaria trattazione teoretica, ma non soddisfarla, né ancor meno eluderla. Tuttavia quanto egli riuscí a considerare sull'argomento fu segno per lui di un chiaro e fermo
i M. S., p. 101. Qui G. ricorda i concetti di « Provvidenza » e di « fortuna » come sono stati adoperati speculativamente dai filosofi idealisti italiani, specialmente dal Croce, del quale occorreva vedere il libro sul Vico, « in cui il concetto di Provvidenza è tradotto in termini speculativi, e in cui si dà inizio all'interpretazione idealistica della filosofia vichiana ».
60 1 documenti del convegno
orientamento, e tale orientamento è sempre valido e necessario per la migliore intelligenza e il piú sicuro quanto necessario sviluppo della filosofia della prassi.
Ed ecco ora l'osservazione piú diretta e calzante sul concetto della finalità, lasciataci da Gramsci nei suoi « quaderni », per quanto anch'essa sia rimasta alla fase di una semplice obiezione polemica e di una vaga e generica presa di posizione teoretica. E un'annotazione avente per titolo « La teleologia » 1 e fa parte delle molteplici critiche che Gramsci scrisse cont[...]

[...]lo sperare che possa un giorno nascere un Newton, il quale renderebbe concepibile anche la sola produzione di un filo d'erba secondo leggi naturali, che nessuna veduta finalistica abbia. ordinata »), poiché mezzo secolo dopo, nella persona di Darwin, sarebbe sorto questo « Newton dei fili d'erba » (p. 436). Lukàcs ignora certamente il lavoro di approfondimento occorso a B. Spaventa per congiungere insieme l'evoluzione del Darwin col dialettismo idealistico dello Hegel (lavoro che Spaventa « cornpié da sé » nel 1864, e cioè appena un quinquennio dopo l'apparizione del capolavoro di Darwin; e del felice congiungimento dell'evoluzione naturalistica con la dialettica del pensiero Antonio Labriola altamente lodò il suo antico maestro in una lettera a Engels del 14 marzo 1894).
Felice Alderisio 69
bile trattare la filosofia della storia « sulle nude tre dita dell'Idea in sé, Idea fuori di sé e Idea in sé e per sé, senz'altro » (o, in altri termini, soltanto « sulla testa delle Idee, o dello Spirito », come suonava il ritornello critico dei marxis[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Martano, Il problema della autonomia della filosofia della prassi nel pensiero di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]azione (scientifica rispetto all'utopismo filantropico) dei mezzi di lotta, l'etichetta di « materialismo » divenuta via via quasi l'esclusivo segnatalo dell'ortodossia; in un secondo momento l'idealismo fece il suo tentativo di riscatto e di rivendicazione, con una tendenza correttiva dello hegelismo e cioè in direzione antimetafisica ed antiteologizzante. L'acuta analisi gramsciana considerò anzi «combinazione piú rilevante » tra le due quella idealistica per « intellettuali puri », mentre la combinazione ortodossa si rivelava piú conforme all'aspettativa di uomini legati all'attività pratica.
La spiegazione del fenomeno è ovviamente intuitiva, se si consideri l'imprescindibilità del legame che col mondo culturale avverte l'intellettuale, e il bisogno che avverte invece l'uomo politico di uno stimolo all'azione: e s'intende facilmente come la filosofia della prassi abbia avvertito l'inderogabile necessità, diagnosticata da Gramsci, di fare i conti con la cultura (filosofia classica tedesca) e con le masse.
Con la cultura la filosofia della[...]

[...]o, relazione, o meglio ancora realtà della persona che si identifica con la coscienza mediante il superamento del concetto di individualità. Ma si trattò di balenio intuitivo iniziale, se si pensa alla ricaduta finale renouvieriana nella metafisica monadologica.
Piú precisa e scevra da preoccupazioni metafisiche (in quanto fiorita sul tronco del psicologismo brentaniano) sorgeva un'identica istanza nel pensiero di Edmund Husserl, che contro gli idealisti propose la sostituzione dell'io trascendentale col soggetto personale, coscienza concreta. Per Husserl la coscienza è unità di io e mio (ossia insieme di autocoscienza ed eterocoscienza), e la sua posizione altamente critica sta nell'affermazione che « non si può dire nulla di un ente se non in quanto se ne ha coscienza, giacché la sua esistenza è costituita dalla coscienza stessa ». Ma quando Husserl non sa sottrarsi alla tentazione di una descrizione f enomenologica del contenuto coscienziale e riprende l'antico refrain del l'io persistente nel mutare dei suoi stati, e finisce con lo strapp[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine idealisti, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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