Brano: [...] e cioè rosolio, anice e rhum, ed aveva sviluppato una clientela invidiabile. Io avevo cinque anni (incredibile ma vero), di Natale, con l'aiuto della serva e di qualche garzone, confezionavo applicando le etichette e capsule, scrivendo su ogn'uno di esse (perché erano anonime) il contenuto del liquore. L'alcool, ricordo benissimo, costava lire 1.15 al litro. Sentivo in me già l'orgoglio di essere un grande fabricante di liquori e papà un grande grossista di terraglie e cristalli. L'incassi giornalieri erano favolosi, pur non superando mai le cento lire, e quasi tutto bronza, monete grandi che io mi dilettavo a fare coppi (1) da 5 lire. Le mie sorelle crescevano bene, tranne Carolina che, per aver preso latte cattivo da una nutrice, era un poco malandata.
I progetti dei miei genitori erano grandiosi, si progettava la prima chiusura a me in un collegio, e poi la sorella Maria, ma purtroppo, il destino per me non doveva essere tanto benigno, come in seguito narrerò. Comunque io e mia sorella Maria incominciammo a frequentare una scuola privata [...]
[...]perché il barese portava degli articoli correnti, ma ricercati, per esempio delle grosse lan
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gelle di terra cotta di Grottaglie (Taranto) per conservare olio, vino, peperoni in aceto, i piatti per contadini, e tante altre cose, in modo che il cliente da noi trovava tutto. Ai miei articoli avevo aggiunto coltellerie e posaterie di alpacca e falso alpacca.
Il capitale era cresciuto abbastanza. Avevo l'aria di grossista, incominciavo a fornire dei piccoli rivenditori, ad Atripalda ed Avellino. Si rese necessario fittarsi un locale per mettere un magazzino e deposito, e fittammo precisamente quei bassi che attualmente è il magazinetto di Santomauro alla Ferrovia. Preparai dei bei scaffali, con un vetrinone che si girava (unico superstite del magazzino di Benevento). Avevo visto nei grandi depositi di Ginori e Frigerio tutti i campioni degli articoli, col prezzo incollato su ogni articolo. Avevo la mania nel mio piccolo di fare altrettanto, e per ogni articolo che compravo, ne compravo un pezzo in piú, ed appi[...]
[...]tale un successone che tutti i giorni affluivano dalla città diecine e diecine di carrozzelle
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(che allora si pagava cent. 50 la corsa) e caricava ogni famiglia pasta zucchero, riso, olio, liquori, cioccolato, biscotti, sapone, ecct. Le mie previsioni, come sempre, furono superiori ad ogni mia aspettativa, non ho mai dimenticato il famoso motto Volere è Potere.
L'appetito viene mangiando, pensai di diventare grossista, mi nauseava la vendita a minuta, e mi riuscí, come in seguito vi descriverò.
Dopo 18 mesi circa di vedovanza e precisamente il 11 [corr.: 131 novembre del 1911 passai in seconde nozze, iniziando una vita molto piú lavorativa, ma piú ordinata. Feci il mio secondo viaggio di nozze con piú agiatezza del primo, fermandomi due giorni a Napoli sette giorni a Roma. ove in quel periodo vi era una Esposizione Coloniale, ottenni, tramite il sarto Pietro Bonito di Montefusco, residente a Roma, una. camera (via Lucrezic Caro, 47), per lire 3.30 al giorno: camera da letto, salottino e caffè latte al mat[...]
[...] sempre piena di sagrificii, di lavoro, di privazioni, essa non conosceva, nè concepiva il lusso, solo si affacciavano alla mente i primi due rimorsi (se così vogliamo chiamare) per la mia povera Vincenzina e per il mio povero padre, che solamente quando era venuto il momento che potevano godere la vita, la falce crudele della morte mi vietò tale ambito desiderio.
Il lavoro, e gli affari aumentarono senza sosta. L'idea predominante di diventare grossista non mi dava tregua, interpellai la ditta Ciaburri di Napoli, grossista di coloniali e fabricante di liquori, per avere un poco di credito e fare ad Avellino un mezzo grossista, ma tale credito in un primo momento mi fu cortesemente rifiutato. Ed allora per due anni ancora tirai avanti col fornire a tutti i ferrovieri la merce che disponevo a credito mensile, e malgrado alla fin del mese vi fossero diversi morosi, (che man mano cercavo eliminare) gli affari prosperavano sempre in bene. I miei fornitori, (la ditta Ciaburri compresa, quella che mi aveva rifiutato il credito) vedendo die gli acquisti erano di molto aumentati, volle concedermi il credito di lire 750 con cambiali a 306090 giorni. E quello fu l'inizio di iniziare la vendita all'ingrosso, per modo di dire,[...]
[...]inare) gli affari prosperavano sempre in bene. I miei fornitori, (la ditta Ciaburri compresa, quella che mi aveva rifiutato il credito) vedendo die gli acquisti erano di molto aumentati, volle concedermi il credito di lire 750 con cambiali a 306090 giorni. E quello fu l'inizio di iniziare la vendita all'ingrosso, per modo di dire, cioè qualche chilo per ogni articolo, ai piccoli dettaglianti.
Ero molto soddisfatto, avevo l'aria già di un grande grossista: dall'acquisto di kg. 5 cioccolato, incominciavo a ritirare dalla Svizzera (Compagnie Suisse di Lugano) i primi kg. 50 di cioccolato speciale a lire 2.60 il chilo franco Avellino con pagamento a 60 giorni tratta, e così per lo zucchero, caffè, pepe ecct. Durante questo periodo, la mia povera Amelia, zia Angelarosa si occupavano per la vendita a minuto perché erano diventate molto provette, ed io mi incaricavo per la vendita all'ingrosso, e per gli acquisti. La mia casa si allietò del primo figlio Carlo, poi Vincenzina che insieme a Umberto, e Mario venuti dopo, furono cresciuti su sacchi di p[...]
[...]ento pasta, olio e zucchero. Si approssimava la chiamata di altre classi, e prevedendo anche la chiamata della mia classe mi diedi da fare, ed ottenni dall'Ente autonomo fornitore di quell'epoca (una specie di Sepral di oggi) l'incarico di
acquisto dei generi tesserati per detto ente, l'esonero.
Fu verso la fine del 1915 che incominciai a ritirare i primi vagoni di zucchero, riso, sapone ed altra merce in grande quantità: avevo già la veste di grossista, ma mi necessitava lo sbocco della vendita. Che cosa dovevo fare? compilare dei listini, farli stampare? Troppa spesa. Ed allora due tre ore per sera farli a mano, sotto la luce suppletiva di una stearica, compilavo centinaia di listini, piegandoli senza busta, e imbucarli. E gli indirzzi? Con un regalo ai compiacenti guardamerci ferroviari, e nei vagoni di transito, mi segnavo l'indirizzo segnato sui colli provenienti da Napoli, e da altre città, diretti ai rivenditori di provincia, e partivano. Naturalmente occorreva stimolare i nuovi clienti, e su ogni listino settimanale vi era segnato qu[...]