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Il segmento testuale gramsciana è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 594Analitici , di cui in selezione 37 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Eugenio Garin, Gramsci nella cultura italiana in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]soprattutto per le pp. 20233, l'Antologia popolare, Roma 1957, a cura di C. Salinaci e M. Spinella; per altri scritti non raccolti in volume ci si é serviti delle riproduzioni in a Rinascita », vol. 14, 1957, pp. 14658. De La città futura si é usata una riproduzione fotografica del giugno 1952; per Id Grido del Popolo l'esemplare della Biblioteca Nazionale di Firenze. Di proposito non si è fatto alcun riferimento esplicito alla vasta letteratura gramsciana, spesso molto notevole.
(1) M. S. 7688.
GRAMSCI NELLA CULTURA ITALIANA 155
finché non si stabilisce un equilibrio critico, e si studia con profondità, senza però arrendersi subito al fascino del sistema o dell'autore studiato. Questa serie di osservazioni valgono tanto più quanto più il pensatore dato é piuttosto irruento, di carattere polemico e manca di spirito di sistema, quando si tratta di una personalità nella quale l'attività teorica e quella pratica sono indissolubilmente intrecciate, di un intelletto in continua creazione e in perpetuo movimento, che sente vigorosamente l'autocrit[...]

[...]a » (14). In realtà, di nuovo, la forma espressiva è solidale con un modo d'intendere la funzione dello scritto, anzi del pensiero, della riflessione; e, se si vuole usare il termine grave, della filosofia. In una delle sue osservazioni più acute Gramsci cercherà di chiarire il senso di una conversione 'non speculativa' della filosofia nella storia: ed è un testo da tener presente per intendere anche la vicinanza e la lontananza della concezione gramsciana da identificazioni apparentemente analoghe proposte in sede idealistica: l'identità fi
presenta come fenomeno di 'speculazione' filosofica ed é semplicemente un atto pratico, la forma di un contenuto concreto sociale e il modo di condurre l'insieme della società a foggiarsi una unità morale. L'affermazione che si tratti di ' apparenza', non ha nessun significato trascendente o metafisico, ma é la semplice affermazione della sua ' storicità ', del suo essere ' mortevita ', del suo rendersi caduca perché una nuova coscienza sociale e morale si sta sviluppando, più comprensiva, superiore, che s[...]

[...]li. E se, oggi, noi possiamo spesso considerare con occhio distaccato non poche impostazioni e valutazioni che ancor ieri sembravano dominanti; se, a un certo punto, anche i famosi ` conti con Croce ' si possono supporre un capitolo chiuso della storia della nostra cultura — ma non so, per ora, quanto sarebbe serio il farlo — non dovremmo dimenticare il contributo singolare che all'esaurimento dall'interno di tante tesi ha dato proprio l'analisi gramsciana, la quale, sottolineando con singolare energia la solidarietà di certi ideali e di certe visioni con una situazione, ha aperto la strada ad altre scelte e ad altre possibilità. E come sul terreno dottrinale a un certo Hegel, à un certo Marx, a un certo Labriola e, magari, a un certo Machiavelli, oppose un'altra possibilità interpretativa, cosí a un'altra storia d'Italia volle saldare un'altra azione politica. Alla linea nazionalretorica, più che storistica idealistica, più che religiosa clericale, più che liberale conservatrice, e più che conservatrice fascista, intese opporre un'Italia capac[...]

[...]rici, che, come nel caso de La città, mostrano un desiderio di letture piuttosto che letture già fatte. Certo, acuto com'era, Gramsci si rese ben conto che anche in posizioni legate al « positivismo » non mancavano temi fecondi (basterebbero i richiami a Vailati, l'accenno alla teoria della «previsione» in Limentani ecc.). Ma la sua battaglia era altrove.
(19) O.N. 7 (7 giugno 1919).
166 EUGENIO GA1tIN
ramente, per usare ancora un'espressione gramsciana, « la protesta del divenire storico contro ogni irrigidimento e ogni impaludamento del dinamismo sociale ». E prosegue: « la critica marxista all'economia liberale é la critica del concetto di perpetuità degli istituti economici e politici; é la riduzione a storicità e contingenza di ogni fatto, é una lezione di realismo agli astrattisti pseudoscienziati ».
Non é facile staccarsi da questi testi gramsciani, così limpidi e precisi, sul processo storico come effettiva conquista di libertà, contro ogni mistificazione del socialismo, contro ogni esperantismo pseudomarxista che non tenga conto de[...]

[...]5.
GRAMSCI NELLA CULTURA ITALIANA 169
domande reali, essenziali, maturate nella storia d'Italia, individuandole in una comprensione dei rapporti fra le sue molteplici componenti, e non isolandone alcune, a mutilandole per difendere interessi di parte ». E basterà rileggere gli articoli pubblicati sull'Avanti! nel novembre del '19, e riflettere sul sì detto a Cavour, e sul no detto a Giolitti, per comprendere, non solo la maturità della visione gramsciana della storia d'Italia, ma anche la sua vibrante condanna dell'esperantismo e la sua insistenza sulle « traduzioni » nazionali dei grandi moti della storia (25). Il ricorrente richiamo a Kant che decapita Dio, mentre Robespierre decapita il re, non vuole indicare soltanto il rapporto fra una « tranquilla teoria » che cambia le « idee », e una rivoluzione che muta la società: vuol richiamare al problema della traduzione varia in linguaggi nazionali di posizioni dottrinali « equivalenti ». La gramsciana filosofia della prassi, se respinge ogni mistificazione speculativa, rifiuta ogni esperantism[...]

[...]te condanna dell'esperantismo e la sua insistenza sulle « traduzioni » nazionali dei grandi moti della storia (25). Il ricorrente richiamo a Kant che decapita Dio, mentre Robespierre decapita il re, non vuole indicare soltanto il rapporto fra una « tranquilla teoria » che cambia le « idee », e una rivoluzione che muta la società: vuol richiamare al problema della traduzione varia in linguaggi nazionali di posizioni dottrinali « equivalenti ». La gramsciana filosofia della prassi, se respinge ogni mistificazione speculativa, rifiuta ogni esperantismo; traduce il marxismo in italiano, ossia intende rispondere alle richieste maturate lungo la storia italiana in modo ad esse appropriato (26). Non è, insomma, un formulario di risposte prefabbricate, ma un modo di individuare le domande, e un metodo per rispondervi realmente, non evasivamente.
Né Gramsci poneva limite alcuno alla storicità della filosofia della prassi: nata quale « manifestazione delle intime contraddizioni da cui la società é stata lacerata... non può evadere dall'attuale terreno d[...]

[...]28) P. 34, 63, 131.
(29) M.S. 21 sgg., 25, 75 sgg. (per la distinzione forze materialiideologiecontenuto forma, distinzione « meramente didascalica », cfr. M.S., 49).
172 EUGENIO GARIN
garsi criticamente alle « altre storie »: a quelle più valide per intima solidità, esprimenti efficacemente forze e temi di rilievo; così come a quelle dominanti e trionfanti sul piano politico italiano. Uno dei segni del carattere non velleitario della critica gramsciana dei « quaderni » sta proprio nel suo rapporto costante con Croce da un lato, e con le più vistose e rilevanti manifestazioni delle correnti cattoliche e idealistiche dall'altro.
Il fatto che così spesso l'opera di Gramsci si faccia dialogo serrato con Croce, il fatto che le impostazioni discusse, elaborate o respinte si leghino alla situazione culturale creata dal Croce, è segno di forza e di attualità di un pensiero che non lavorava alteri saeculo, ma per questo secolo. L'altro secolo che poi giudica, che indica limiti e ingiusti giudizi, probabilmente non sarebbe mai nato così acuto senza [...]

[...]bile qui ora — a tutta la rete, fittisima, di rapporti e dibattiti che travagliarono la cultura italiana del primo Novecento, ove la voce di Gramsci — come, per altro verso, quella di Gobetti (e, prima ancora, di Salvemini) — inserirono, proprio sulle linée più avanzate, una nota originale, che appare oggi, nell'esaurirsi di altri temi, singolarmente stimolante. Ed é proprio in questi toni che più giova afferrare il significato della meditazione gramsciana.
«L'Italia — osserva Gramsci — ebbe e conservò... una tradizione culturale che non risale all'antichità classica, ma al periodo dal Trecento al Seicento, e che fu ricollegata all'età classica dall'Umanesimo e dal Rinascimento », ossia, aggiungeremmo noi, attraverso un preciso programma pedagogico politico (31). Fedele a questa impostazione, Gramsci venne articolando la sua visione della storia italiana intorno a Machiavelli e al Rinascimento, al Risorgimento e alla lotta culturale del primo Novecento. E proprio nella sua analisi di questi punti nodali, e nei
cancellato. Malgrado la sua cog[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] E. Garin, Antonio Gramsci nella cultura italiana in Studi gramsciani

Brano: [...]cora, solo articoli di giornale e scritture occasionali su cui sembra pesare perfino la condanna dell'autore 1. Per non dire della questione del « linguaggio », che Gramsci affrontò di proposito, e con tanto acume da sottolineare l'importanza che, almeno come tentativi, avevano a parer suo anche ricerche come quelle del Vailati. Ora, è giusto estendere la ragione contingente di ovvi travestimenti di nomi propri a tutta la terminologia filosofica gramsciana? e, quindi, a tutta una impostazione dottrinale?
A dir vero Gramsci stesso sembrò proporsi il problema, non solo quando ritornò su alcuni testi dei suoi Quaderni rielaborandoli, ma in alcune note metodologiche del 1933. Stese, è vero, per chi intendesse studiare Marx, esse tuttavia non riescono a nascondere un chiaro accento autobiografico. E, comunque, nella loro precisazione e validità debbono pur essere tenute presenti da chiunque affronti lo studio dei volumi gramsciani.
Non a caso Gramsci si proponeva proprio il problema di chi voglia ricostruire la genesi e la struttura di una « conce[...]

[...]se della sua debolezza per fargli fare « cerimonie » che gli « ripugnavano », nel « delirio » parlò per un'intera notte « dell'immortalità dell'anima in un senso realistico e storicistico, cioè come... sopravvivenza delle nostre azioni utili e necessarie e come un .incorporarsi di esse nel mondo di fuori »
Il serrato dialogo con Croce (e con tutto il mondo intellettuale italiano legato alla influenza crociana) percorre cosí l'attività culturale gramsciana, e ne caratterizza bene l'inserzione nella vita nazionale. In Croce Gramsci vede, non solo il grande intellettuale di tipo erasmiano, ma anche l'espressione piú avanzata della cultura italiana contemporanea, quella che ha più presa e maggior efficacia « conformatrice » . Il fatto che Gramsci combatta su quella linea, e a volte si ha l'impressione di una sua volontà di opporsi a Croce punto per punto, giudizio contro giudizio, in tutta la valutazione della storia italiana, in una correzione costante delle posizioni discusse, per uno spostamento sistematico del punto di vista; il fatto che tale[...]

[...]n paese (« una teoria è appunto " rivoluzionaria " nella misura in cui è elemento di separazione e distinzione consapevole in due campi » 2; « si può dire che una gran parte dell'opera filosofica di B. Croce rappresenta f ill tentativo di riassorbire la filosofia della prassi e incorporarla come ancella alla cultura tradizionale»). È sotto questo profilo che va inteso, non solo il rapporto di Gramsci con Croce, ma tutto il modo della discussione gramsciana, e il suo inserimento nella vita culturale del paese. « Come uomo di pensiero fu dei nostri » — scriveva Croce nel '47 3 — « di quelli che nei primi decenni del secolo in Italia attesero a formarsi una mente filosofica e storica adeguate ai problemi del presente... E rivedo qui i frutti di quegli anni: il rinnovato concetto della filosofia nella sua tradizione speculativa e dialettica, non già positivistica e classificatoria, l'ampia visione della storia, l'unione dell'erudizione col filosofare, il senso vivissimo della poesia e dell'arte nel loro carattere originale ». Croce avrebbe potuto [...]

[...]gno eticopolitico, cosí, di contro, Gramsci, da un lato tende a svelare i limiti — e la validità — di una tradizione culturale italiana (di quella tradizione culturale italiana), ma dall'altro indica accanto ad essa i fremiti e le possibilità di un'altra cultura: giacobina, popolarenazionale, non aulica, non distaccata. E la distanza CroceGramsci, pur in tanta vicinanza, non si misura forse mai cosí bene come quando si rifletta sull'osservazione gramsciana 2 a proposito delle due grandi opere storiche crociane, la Storia d'Italia e la Storia d'Europa: in entrambe lo storico presuppone il momento della latta, « del ferro e del fuoco », del rinnovamento, della
rivoluzione » ; studia il momento dell'equilibrio, della riunificazione (Gramsci, è noto, ammette la possibilità di una storia eticopolitica come storia del momento « egemonico », ma per domandarsi subito se quella di Croce sia veramente storia eticopolitica, o non, piuttosto, solo « speculativa » 3).
Impegnarsi puntualmente sul suo medesimo terreno a discutere quella che era la piú chiar[...]

[...]sizione, non astrattamente e in modo velleitario, ma operando sul piano culturale e sul terreno politico nel loro indissolubile nesso. « Se scrivere storia significa fare storia del presente, è grande libro di storia quello che nel presente aiuta le forze in sviluppo a divenire piú consapevoli di se
1 Mach., p. 39.
2 M. S., p. 192.
3 L. C., pp. 1867.
Eugenio Garin 11
stesse e quindi piú concretamente attive e fattive » Nella suggestiva tesi gramsciana si coglie tutta la vicinanza e la lontananza da Croce: si coglie ormai consapevolmente dichiarato il senso di quello che gli accadde di scrivere nel '19, a proposito dei rivoluzionari russi: hanno rotto col passato, ma hanno continuato il passato; hanno spezzato una tradizione, ma hanno sviluppato e arricchito una tradizione » 2. Quello che con efficacia fu detto di Gobetti con un'espressione gobettiana, può dirsi, con piú forza, di Gramsci: « ha letto il Marx di Lenin, non il Marx di Croce: cioè non lo ha messo in soffitta ». Ma converrà dire di piú: Gramsci non ha messo Marx né in soffitta [...]

[...]i si fanno sentire le conseguenze, non solo della situazione tragica in cui Gramsci lavorava, ma anche delle impostazioni da cui partiva e con cui si trovava a combattere. Cosí è in tanti aspetti tutta desanctisiana la condanna « moralistica » di buona parte dell'età umanisticorinascimentale (di un De Sanctis che si va a volte a incontrare stranamente con Walser o Toffanin); ed è di origine desanctisiana il rapporto MachiavelliGuicciardini. Ma è gramsciana, non solo la maniera di parre il problema dell'ambiguità, ossia della pluralità di temi del Rinascimento, ma, soprattutto, la robusta interpretazione di Machiavelli, e
R., p. 63.
2 0.N., p. 7.
3 M. S., pp. 199200.
12 I documenti del convegno
il nesso MachiavelliSavonarola, e, in Machiavelli, il rapporto PrincipeDiscorsi, e tutta la polemica con Croce e con le varie visioni della posizione di Machiavelli. Qui Gramsci ha certo risentito — oltre De Sanctis e Croce — della lettura del libro di Russo; ma ha anche proposto una serie di temi, fondamentali certo per intendere la sua concezione d[...]

[...]scorsi, e tutta la polemica con Croce e con le varie visioni della posizione di Machiavelli. Qui Gramsci ha certo risentito — oltre De Sanctis e Croce — della lettura del libro di Russo; ma ha anche proposto una serie di temi, fondamentali certo per intendere la sua concezione del Moderno Principe, ma non dimenticabili per chiunque intenda ripensare seriamente il significato di Machiavelli e del Rinascimento. Per questo la discussione dell'opera gramsciana andrà condotta su questo argomento col massimo rigore, tanto piú che è molto importante mettere a fuoco, proprio nella valutazione dell'età del Rinascimento e della Riforma, la presentazione del distacco della cultura —e degli « intellettuali » — dalla realtà nazionale, dal popolo, e la prospettiva delle loro vicende e della loro funzione oltre i confini italiani. Ove finalmente la storia della cultura italiana si definisce e prende corpo nell'indagine circa la formazione e le vicende, gli interessi e l'opera precisa, di gruppi definiti di uomini (gl'« intellettuali ») che tendono a costituir[...]

[...] per quel che riguarda 1'800. Dalle considerazioni su Manzoni (Manzoni di fronte a Tolstoi nel rapporto col popolo) e su Gioberti, al peso attribuito a De Sanctis e alla sua opera, è tutta una serie di nette prese di posizione su argomenti centrali della cultura italiana. Finché ritroviamo il punto nodale costituito da Hegel in Italia, ossia delle posizioni di Spaventa e Labriola, di Croce e Gentile.
E proprio qui si colloca l'originalità della gramsciana filosofia della prassi, col suo giudizio rapido, ma chiaro e indicativo, sul valore di Labriola: («,i1 Labriola, affermando che la filosofia della prassi è indipendente da ogni altra corrente filosofica, è autosufficiente, è il solo che abbia cercato di costruire scientificamente la filosofia della prassi » 1), e la sua polemica condotta su due fronti: da un lato contro la « rinascita » idealistica, e dall'altro contro il positivismo del primo Novecento. E
1 M. S., p. 79.
Eugenio Garin 13
se contro quest'ultimo, contro il suo modo di fraintendere Marx e contro tutti gli atteggiamenti di de[...]



da [Le relazioni] E. Garin, Gramsci nella cultura italiana in Studi gramsciani

Brano: [...]ta » 1. In realtà, di nuovo, la forma espressiva è solidale con un modo d’intendere la funzione dello scritto, anzi del pensiero, della riflessione; e, se si vuole usare il termine grave, della filosofia. In una delle sue osservazioni più acute Gramsci cercherà di chiarire il senso di una conversione « non speculativa » della filosofia nella storia: ed è un testo da tener presente per intendere anche la vicinanza e la lontananza della concezione gramsciana da identificazioni apparentemente analoghe proposte in sede idealistica : l’identità filosofiastoria « porta alla conseguenza che occorre negare la 66 filosofia assoluta ” o astratta e speculativa, cioè la filosofia che nasce dalla precedente filosofia e ne eredita i “ problemi supremi ” cosi detti, o anche solo il 66 problema filosofico ”, che diventa pertanto un problema di storia, di come nascono e si sviluppano i determinati problemi della filosofia. La precedenza passa... alla storia reale dei mutamenti dei rapporti sociali, dai quali quindi... sorgono (o sono presentati) i problemi che [...]

[...]li. E se, oggi, noi possiamo spesso considerare con occhio distaccato non poche impostazioni e valutazioni che ancor ieri sembravano dominanti; se, a un certo punto, anche i famosi « conti con Croce » si possono supporre un capitolo chiuso della storia dèlia nostra cultura — ma non so, per ora, quanto sarebbe serio il farlo — non dovremmo dimenticare il contributo singolare che all’esaurimento dall’interno di tante tesi ha dato proprio l’analisi gramsciana, la quale, sottolineando con singolare energia la solidarietà di certi ideali e di certe visioni con una situazione, ha aperto la strada ad altre scelte e ad altre possibilità. E come sul terreno dottrinale a un certo Hegel, a un certo Marx, a un certo Labriola er magari, a un certo Machiavelli, oppose un’altra possibilità interpretativa, cosi a un 'altra storia d’Italia volle saldare un’altra azione politica. Alla linea nazionalretorica, più che storicistica idealistica, più che religiosa clericale, più che liberale conservatrice, e più che conservatrice fascista, intese opporre un’Italia ca[...]

[...] sviluppato e arricchito una tradizione... In ciò sono stati rivoluzionari » in quanto hanno rivelato» al popolo che « il nuovo Stato era il suo Stato, la sua vita, il suo spirito, ia sua tradizione ». La rivoluzione non va mai contro il moto storico : è il punto in cui il processo rompe gli argini che lo volevano chiudere, in cui gli istituti già elaborati come strumenti si irrigidiscono in barriere: è veramente, per usare ancora un’espressione gramsciana, la

Carlo Cattaneo (per usare la distinzione del Labriola fra « positivo » e « positivistico » ) passasse in Gramsci, è comprensibile. Ma una meditazione approfondita non risulta; il nome di Cattaneo (« giacobino con troppe chimere in testa »,

come lo chiama in una lettera nel ’31) compare nei volumi delle opere una diecina di volte circa, e sempre in riferimenti generici, che, come nel caso de La

città, mostrano un desiderio di letture piuttosto che letture già fatte. Certo,,

acuto com’era, Gramsci si rese ben conto che anche in posizioni legate al « positivismo » non mancavano t[...]

[...]ndo concretamente e positivamente a domande reali, essenziali, maturate nella storia d’Italia, individuandole in una comprensione dei rapporti: fra le sue molteplici componenti, e non isolandone alcune, o mutilandole per difendere interessi di parte ». E basterà rileggere gli articoli pub* blicati sull’Avanti! nel novembre del ’19, e riflettere sul si detto a Cavour,, e sul no detto a Giolitti, per comprendere, non solo la maturità della visione gramsciana della storia d’Italia, ma anche la sua vibrante condanna dell’esperantismo e la sua insistenza sulle « traduzioni » nazionali dei grandi moti della storia3. Il ricorrente richiamo a Kant che decapita Dio, mentre Robespierre decapita il re, non vuole indicare soltanto il rapporto fra una « tranquilla teoria » che cambia le « idee », e una

1 Seguita : « In questo senso si può interpretare la tesi del proletariato tedesco erede della filosofia classica tedesca — e si può affermare che la teorizzazione e la realizzazione dell’egemonia fatta da Ilici è stato anche un grande avvenimento “metafis[...]

[...] le diverse associazioni; uguaglianze e diseguaglianze che valgono in quanto se ne abbia coscienza individualmente e come gruppo ». A proposito di Lenin, è interessante il testo di Croce, Vaginesparse, cit., II, p. 177.

2 L., 255.

3 O. N., pp. 299301; M. S., pp. 6162.Eugenio Garin

409

rivoluzione che muta la società: vuol richiamare al problema della traduzione varia in linguaggi nazionali di posizioni dottrinali « equivalenti ». La gramsciana filosofìa della prassi, se respinge ogni mistificazione speculativa, rifiuta ogni esperantismo; traduce il marxismo in italiano, ossia intende rispondere alle richieste maturate lungo la storia italiana in modo ad esse appropriato1. Non è, insomma, un formulario di risposte prefabbricate, ma un modo di individuare le domande, e un metodo per rispondervi realmente, non evasivamente.

Né Gramsci poneva limite alcuno alla storicità della filosofia della prassi : nata quale « manifestazione delle intime contraddizioni da cui la società è stata lacerata... non può evadere dall’attuale terreno de[...]

[...]ti. Non è difficile « schedare » il materiale dei Quaderni gramsciani lungo queste linee, e ordinarlo per argomenti ad esse riconducibili. D’altra parte questa « storia » doveva sempre legarsi criticamente alle « altre storie » : a quelle più valide per intima solidità, esprimenti efficacemente forze e temi di rilievo; cosi come a quelle dominanti e trionfanti sul piano politico italiano. Uno dei segni del carattere non velleitario della critica gramsciana dei Quaderni sta proprio nel suo rapporto costante con Croce da un lato, e con le più vistose e rilevanti manifestazioni delle correnti cattoliche e idealistiche dall’altro.

Il fatto che cosi spesso l’opera di Gramsci si faccia dialogo serrato con Croce, il fatto che le impostazioni discusse, elaborate o respinte si leghino alla situazione culturale creata dal Croce, è segno di forza e di attualità di un pensiero che non lavorava alteri saeculo, ma per questo secolo. L’altro secolo che poi giudica, che indica limiti e ingiusti giudizi, probabilmente non sarebbe mai nato cosi acuto senza qu[...]

[...]bile qui ora — a tutta la rete, fittissima, di rapporti e dibattiti che travagliarono la cultura italiana del primo Novecento, ove la voce di Gramsci — come, per altro verso, quella di Gobetti (e, prima ancora, di Salvemini) — inserirono, proprio sulle linee più avanzate, una nota originale, che appare oggi, neiresaurirsi di altri temi, singolarmente stimolante. Ed è proprio in questi toni che più giova afferrare il significato della meditazione gramsciana,

« L’Italia — osserva Gramsci — ebbe e conservò... una tradizione culturale Che non risale all’antichità classica, ma al periodo dal Trecento al Seicento, e che fu ricollegata all’età classica dalFUmanesimo e dal Ri
1 A. LORIA, Marx e la sua dottrinay Palermo, Sandron, 1902, p. 64 (da un art. del 1 aprile 1883): «Carlo Marx... è la produzione fatale dell’età... Era il 1840. La vecchia metafisica era morente, il nuovo positivismo non era ancor nato. Era dunque troppo tardi per essere metafìsico, troppo presto per essere positivista. Studioso della filosofia hegeliana, ei tentò ringiovanirl[...]

[...]scismo. Impegnarsi su Machiavelli non era analizzare un momento qualsiasi della cultura italiana: significava prendere posizione su tutte le questioni fondamentali della storia e della politica italiana. E forse non è senza significato che proprio Croce abbia si detto più volte la sua opinione (e soprattutto sul « machiavellismo » ), ma un saggio di ampio respiro su Machiavelli non l’abbia scritto mai; ov’è, in certo modo, la verifica della tesi gramsciana deH’erasmismo di Croce; anche se è da chiedersi se non si tratti piuttosto di un Voltaire senza l’ironia crudele di Voltaire, con la maschera di Erasmo (e di un Erasmo un po’ convenzionale)3.

1 P., p. 16 (cfr. p. 28 sgg.; L. V. N., pp. 2045, R., p. 6 sgg.).

2 Cfr. L., p. 115 («quando vidi il Cosmo, l’ultima volta nel maggio 1922... egli ancora insistette perché io scrivessi uno studio sul Machiavelli e il machiavellismo; era una sua idea fissa, fin dal 1917, che io dovessi scrivere uno studio sul Machiavelli, e me lo ricordava a ogni occasione » ).

3 Le due « figure » GramsciMachiave[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] C. Luporini, La metodologia filosofica del marxismo nel pensiero di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...] centrali, organici, pienamente definiti, del suo pensiero, dai quali ricevono luce le impostazioni particolari. Non si tratta dunque di tentare alcuna sistemazione estrinseca, ma di rimaner fedeli al concetto fondamentale di Gramsci, in cui egli prosegue A. Labriola, della piena autonomia scientifica e originalità filosofica del marxismo.
3. Questo concetto costituisce la persuasione profonda ed il vero filo conduttore di tutta l'elaborazione gramsciana. Il marxismo non è per Gramsci soltanto un metodo, ma è una filosofia in quanto concezione della realtà (« concezione del mondo ») ed indirizzo dell'agire (ideologiapolitica). Il momento metodico e .il momento « concezione del mondo » si condizionano e provano reciprocamente; non sono separabili
Cesare Luporini 39
senza grave deformazione. La metodologia del marxismo, come si presenta in Gramsci, va rilevata non solo dagli elementi espliciti di carattere metodologico (spunti, osservazioni, ecc.) di cui egli è ricco, anche se essi sono indicativi di alcuni tra i suoi interessi piú originali,[...]

[...]ento attuale di questi punti di partenza. Esso porta in primo piano il problema della situazione di coscienza delle grandi masse, in seno alla lotta economica e politica, il problema della loro unificazione culturale e, in un orizzonte piú ampio o remoto, quello della unificazione culturale di tutti gli uomini. Il marxismo si presenta cosí come riforma intellettuale e morale di massa dei tempi moderni. La parte forse piú nuova della problematica gramsciana si svolge da questa concezione. L'esigenza di far coincidere storicamente tale aspetto con la soluzione dei compiti teorici, scientifici ecc., piú alti e complessi, cioè l'esigenza di una « culturaintegrale » , che, sulla base della classe rivoluzionaria, possieda un'espansività illimitata fra gli uomini, appare perciò essenziale alla dinamica del marxismo, e viene a caratterizzare la sua originalità irriducibile a tutte le precedenti « filosofie ». L'identificazione dialettica operata da Gramsci di filosofia e politica (attraverso i momenti storia, cultura, ideologia) — che ha aspetti qualit[...]

[...] inaccettabile al pensiero di Gramsci, tale da frenare lo sviluppo della « filosofia della prassi » e della sua capacità concretamente riformatrice (in senso intellettuale e morale), rivolta alle grandi masse umane, anche se esso è spiegabile (come altri compromessi teorici impliciti nel settarismo e dogmatismo) con una fase ancora egemonicamente arretrata del movimento reale (rivoluzionario) di cui ii marxismo è espressione.
Nella problematica gramsciana del « senso comune », intesa in siffatta complessità (e quindi nell'opposizione, o nesso dialettico, con la rinnovata nozione di « filosofia ») convergono e si articolano serie molteplici di altri problemi. Innanzi tutto quelli relativi al linguaggio (« nome collettivo »...) e ai « linguaggi » (tecnici, specialistici ecc.), che hanno forte rilievo nel pensiero di Gramsci e risonanze filosofiche particolarmente attuali (e si connettono al riconoscimento della varietà delle metodologie
Cesare Luporini 41
scientificorazionali, secondo i diversi settori di ricerca, e insieme alla questione dei [...]

[...]i è dato a questa parola » (Engels), della fine (ossia, cessata funzionalità sociale e fecondità spirituale) della figura tradizionale del « filosofo individuale », e insieme caratterizza la nascita, in seno al movimento di elaborazione collettiva, del « filosofo democratico » (che concepisce la propria « personalità » come « rapporto sociale attivo di modificazione dell'ambiente culturale »).
È da mettere in rilievo il fatto che l'impostazione gramsciana di tale complesso di problemi non ha solo valore attivo e programmatico (come teoria dell'azione politicorivoluzionaria della classe operaia nelle sue implicazioni più vaste e rinnovatrici), ma si riflette sul corso storico passato della società, approfondendo e allargando le categorie storiografiche del marxismo. Per es., nella critica alla concezione volgare o tendenziosa delle sovrastrutture come « apparenze », concezione inverata nel concetto della loro specifica storicità all'interno del « blocco storico » reale, ossia del sistema strutturasovrastruttura. Per es., nell'implicita applicaz[...]

[...]ia. Alcune ricorrenti, assai suggestive, considerazioni gramsciane di natura categoriale (per es. relativamente alle nozioni di necessità, di possibilità reale) paiono anch'esse riallacciarsi a tale impostazione di fondo, che è quella poi che consente in gnoseologia l'affermarsi piú conseguente del « criterio della prassi » come criterio fondamentale 1. Ciò, che invece non trova posto, ci sembra, almeno direttamente nel quadro della problematica gramsciana, è la dottrina gnoseologica nota sotto il nome di « teoria del riflesso ».
5. Le questioni ora toccate ricevono luce nel pensiero di Gramsci dalla sua concezione del marxismo come assoluto o integrale storicismo. La energia critica del metodo marxista si manifesta nelle pagine di Gramsci attraverso lo sforzo continuo di discriminare i problemi « reali », liberandoli dagli inganni verbali e dagli ideologismi astratti. Ma la possibilità di identificare i problemi reali non ubbidisce a nessun astratto o estrinseco criterio di « realtà », si presenta bensí sempre come possibilità storicamente d[...]

[...]i « reali », liberandoli dagli inganni verbali e dagli ideologismi astratti. Ma la possibilità di identificare i problemi reali non ubbidisce a nessun astratto o estrinseco criterio di « realtà », si presenta bensí sempre come possibilità storicamente data nella prassi sociale. Sorge cioè come giudizio storico inserito e operante nell'azione storicosocialepolitica consapevole. Qui ha la sua radice ultima la complessa, articolata, identificazione gramsciana, a cui si è piú volte fatto cenno, di filosofia e politica. Il
1 Cfr. la II Tesi su Feuerbach, e Lenin, Materialismo e empiriocriticismo, ed. it., pp. 130131.
44 I documenti dei convegno
metodo di Gramsci è il metodo di tale giudicare storico connesso alla azione, quindi alla lotta, che richiede sempre di porsi in condizioni di comprendere (storicamente) le ragioni d'essere, le radici nella realtà (passatopresente), delle posizioni combattute (e in ciò manifesta la propria superiorità). Tale metodo di storicismo integrale (radicalmente opposto allo storicismo speculativo idealistico, fonda[...]

[...]tiva riflessione di Gramsci, il cui ulteriore sviluppo egli indicava nella discussione e nell'approfondimento della tesi di Engels che « l'unità reale del mondo consiste nella sua materialità, e questa è dimostrata da uno sviluppo lungo e laborioso della filosofia e delle scienze naturali » (ove Gramsci intanto accentuava e invitava a considerare il carattere storico della prova).
6. L'importanza d'insieme di' questo aspetto della problematica gramsciana è da collegarsi alla lotta contro le intrusioni di materialismo metafisico nel marxismo (svolta da Gramsci piú specificamente nella discussione del « manuale popolare » del Bukharin). Queste intrusioni costituiscono per Gramsci anch'esse una forma di revisionismo, cui è stato sottoposto il marxismo, sebbene con caratteri e radici di classe (relativi a una fase storica ancora immatura del movimento reale della
Cesare Luporini 45
classe d'avanguardia nella sua capacità di esprimere una autonoma elaborazione e direzione culturale) profondamente diversi da quelli che si trovano alla origine del[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] F. Papi, LA concezione della storicità nel pensiero di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]ne propriamente filosofica dell'opera di Antonio Gramsci è necessario tenere presenti due direzioni egualmente importanti e tra loro naturalmente connesse: per un verso,. come è detto nel riassunto della relazione di Luporini, il <divello in cui le diverse questioni s'incontrano e tendono ad articolarsi », per altro verso, la ripresa radicale del tema dell'autonomia filosofica deL marxismo come generale concezione del mondo, la quale, nell'opera gramsciana, si ritrova sia nella vigorosa messa a fuoco della trama teoretica che sorregge e giustifica questa affermazione, sia nella valorizzazione concreta dell'universalità critica che il marxismo cosí concepito garantisce nei confronti dei problemi della storia e della cultura. Lo studio del primo punto riconduce a quell'importante dialogo che Gramsci stabili con la cultura italiana da un punto di vista originale nei confronti delle correnti e delle idee che s'intrecciavano nel panorama intellettuale italiano, punto di vista che, negli anni del dopoguerra, costituí una delle piattaforme critiche pi[...]

[...]arxista, il criterio la cui ammissione non può che essere totale, e cioè con tutte le implicazioni che ne devono
214 1 documenti del convegno
derivare, e senza il quale, necessariamente, si approda a qualche, piú o meno evidente, deformazione dogmatica. Secondo il mio giudizio tale criterio fondamentale è quello della storicità, e credo che non sarà difficile convenire qui in maniera pregiudiziale che esso svolge continuamente in tutta l'opera gramsciana la sua funzione critica e costruttiva nei confronti di qualsiasi ordine di problemi, da quelli economicopolitici a quelli della linguistica e delle scienze naturali.
Mio compito vuole essere quello di seguire all'interno dell'opera gramsciana quale significato la concezione della storicità assume, attraverso quali concetti o schemi categoriali si articola e a quali conseguenze ciò conduce, in quali limiti si trova ad essere conchiusa, e a quali feconde aperture teoretiche rimanda se venga interpretata nella direzione stessa del pensiero di Gramsci, sostituendo tuttavia ad alcuni dei piú incerti strumenti filosofici, di cui egli obiettivamente disponeva, i risultati speculativamente piú sottili e piú penetranti che la filosofia contemporanea ci offre dal suo repertorio. Il che, a mio parere, non significa, come potrebbe sembrare, u[...]

[...]o di mordente nei confronti delle esperienze fiolosofiche con cui riuscí a pervenire in contatto. In questo senso dialettico e rigorosamente storicistico ha un suo significato particolare l'affermare che il pensiero di Gramsci rappresenta ancora oggi un punto di vista valido per partecipare con criterio critico al grande dibattito ideale che dà il senso spirituale del nostro tempo. E questo significato è dato dalla convinzione che l'affermazione gramsciana intorno alla piena ed autonoma validità filosofica del marxismo vuol dire una cosa piú difficile di quello che si può a prima vista ritenere, e cioè che il marxismo con la sua concezione radicale della storicità, con le categorie in cui essa si articola, tessuto razionale in cui l'esperienza storica si riconosce e tende a una sua universalità organica, può rappresentare il centro metodico capace di comprendere le varie direzioni della cultura, i problemi interni che ciascuna di esse ritrova, le tecniche specifiche che le caratterizzano, di risolvere in una connessione dialettica le « chiusure[...]

[...]tura, il movimento metodico della scienza con i suoi problemi interni, le sue tecniche, quale Gramsci stesso aveva chiaramente individuato 1.
3. Ora che ho cercato di delineare la portata della concezione della storicità nel pensiero di Gramsci seguendone l'interno sviluppo, mi pare giusto tentare di precisarne ulteriormente l'individualizzazione pro cedendo a descriverne il carattere dal punto di vista « al di fuori » della stretta prospettiva gramsciana.
Sempre da Luporini viene osservato giustamente che lo storicismo di Gramsci appare improntato ad un prevalente carattere antropocentrico e che la componente naturalistica, fondamentale in una prospettiva marxista, appare in secondo piano anche se, come abbiamo veduto, non è affatto ignorata. Di questa consapevolezza se ne ha la riprova, ad esempio, quando Gramsci afferma che la scienza nasce da una struttura di bisogni obiettivi. In particolare egli scrive: «Tutta la scienza è legata ai bisogni, alla vita, all'attività dell'uomo. Senza l'attività dell'uomo, creatrice di tutti i valori, anch[...]

[...]a lo sviluppo, sottolineando il carattere drammatico della azione etica e politica che, come libertà, introduce nel mondo il regno che l'uomo liberamente si dà determinando esso stesso la propria essenza come un dato possibile e proprio per questo realizzabile.
Tenute presenti queste osservazioni, che non vogliono che essere richiami schematici di tutto un ordine di problemi estremamente complesso, io penso che partendo dalla stessa piattaforma gramsciana sia possibile, valorizzando e sviluppando quel concetto di storicità che abbiamo veduto prevalente e fondamentale, abbozzare una linea di sviluppo per alcune questioni della cultura contemporanea che all'interno di una certa interpretazione del marxismo non paiono aver trovato utilmente la loro soluzione. Dall'analisi rigorosa dello stesso concetto di sov.astruttura (e anche mettendo in evidenza alcune brevi analisi gramsciane), penso sia necessario mettere in luce il tema fondamentale del razionalismo critico e cioè la concezione dell'autonomia ideale del pensiero — intesa ovviamente come me[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] M. Tronti, Alcune questioni intorno al marxismo di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]iva, il fine volontario dell’azione. Ma costretto nei limiti dell’antitesi astratta

che disgiungeva gli opposti (condizione oggettiva e volontà soggettiva) come se

l’affermazione dell’uno esigesse la negazione dell’altro, seguendo cioè ancora l’abito mentale che Hegel ed Engels avrebbero chiamato metafisico, essi credono che asMario Tronti

307

Non è certo formula episodica come non è facile slogan >la efficace e puntuale espressione gramsciana della « Rivoluzione contro il Capitale ». Quando egli dice : « I bolsceviki rinnegano Carlo Marx », pone un problema fondamentale. Le soluzioni teoriche della II Internazionale avevano prodotto l’opportunismo politico e il tradimento totale, al momento dello scontro decisivo, di fronte alla guerra. La lotta contro quelle soluzioni, la negazione di esse, aveva prodotto il grande fuoco liberatore della Rivoluzione d’ottobre. La scelta era precisa e, forse, anche facile. Comunque era una scelta cosi impegnativa che non poteva restringersi nell’ambito della pratica politica, non poteva rimanere v[...]

[...]ca» 3.

Dunque l’idea di un AntiCroce non è un compito occasionale, con
tingente, dettato da particolari sviluppi culturali, nazionali; esso rappresenta il momento mondiale odierno del marxismo, è il compito storico del marxismo della nostra epoca. Se noi consideriamo oggi « in gran parte esaurite le ragioni di quell’AntiCroce » (riassunto della relazione Luporini), dobbiamo concludere che ne risulta « in gran parte » esaurita la problematica gramsciana intorno al marxismo. La « ritraduzione » della

1 M. S., p. 23.

2 M. S.y p, 199.

3 M. S., p. 200.Mario Tronti

509

filosofìa crociana è infatti la conclusione necessaria che si ricava da tutto

10 schema di premesse che sopra abbiamo esposto. Ma questo schema è

11 fulcro intorno a cui ruota tutta l'interpretazione gramsciana del marxismo. Sono d’accordo nel ritenere che Gramsci ha già scritto l’AntiCroce (Togliatti). Ma credo che proprio questo sia il limite del pensiero di Gramsci.

Ma guardiamo le risultanti, negative e positive, che derivano da una simile impostazione. Ammesso che questo compito diventa esclusivo nei confronti di altri, pur importanti, problemi di teoria, occorre vedere fino a che punto ne risulti favorita o inficiata la natura stessa della ricerca teorica. Il pensiero di Marx viene tutto immerso in una particolare atmosfera culturale; e già il problema dell’unità negli « elementi costitutiv[...]

[...] critica marxiana al procedimento mistificato della dialettica hegeliana, e quindi al metodo del pensiero hegeliano che fa tutt’uno per Marx con il sistema definitivo della filosofia hegeliana; se non si è analizzata e smontata dall’interno l’unica metafisica che Marx temeva, e che era la metafisica dell’idealismo, culminata, coronata e conclusa nel pensiero di Hegel.

Grossi equivoci possono sorgere intorno a questo aspetto della problematica gramsciana. Prendiamo la teoria delle sovrastrutture. « Il materialismo sporico... — dice Gramsci — nella teoria delle superstrutture pone in linguaggio realistico e storicistico ciò che la filosofia tradizionale esprimeva in forma speculativa » 1; « la concezione 66 soggettivistica ”... può trovare il suo inveramento e la sua interpretazione storicistica solo nella concezione delle superstrutture » 2. Che mi pare si possa capire in questo modo : per salvare la concezione soggettivistica occorre darle un’interpretazione storicistica; e questa si ha con la teoria delle sovrastrutture. In questo senso Vid[...]

[...]ile soltanto quando una determinata dottrina ha raggiunto la fase « classica » del suo sviluppo. Fino ad allora ogni tentativo di « manualizzarla » deve necessariamente fallire e la sua sistemazione logica risulta apparente e illusoria. Fino ad allora non è possibile una esposizione formalmente dogmatica, stilisticamente posata, scientificamente serena 5. Ecco il motivo profondo che riesce a spiegarci la « forma » specifica che assume la ricerca gramsciana. Egli concepisce il marxismo come una teoria che è « ancora allo stadio della discussione, della polemica, dell’elaborarazione » 6 : ecco perché egli non si accinge a sistemare, a manualizzare questa teoria, ma si accinge soltanto a discutere, a polemizzare e quindi ad elaborare. Il marxismo può diventare una concezione generale del mondo, ma non lo è ancora diventata; può produrre una cultura di massa che abbia quei noti caratteri, ma non l’ha ancora prodotta; può rivendi
1 M. 5., p. 125. Il corsivo è mio.

2 M. S., p. 128.

3 M. S., p. 125.

4 M. S., p. 132.

s M. Sp. 131.

6 M. [...]

[...]direzione egemonica nell’ambito dell’alta cultura, ma non l’ha ancora conquistata.

Il pensiero marxista ha amaramente pagato, con l’atrofia di tutto il suo sviluppo teorico, la cattiva idea di fare del marxismo stesso la nuova Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio. Dobbiamo riconoscere a Gramsci il grande merito di avere negato, in concreto, questa concezione. E per cogliere i risultati più fecondi che scaturiscono dalia ricerca gramsciana, dobbiamo, su questo punto, andare oltre il pensiero di Gramsci. Occorre sostenere oggi che non esiste una « dottrina » marxista. Occorre provare che lo spirito di sistema è per principio estraneo al pensiero di Marx; che non « per puro caso il marxismo è nato sotto forma di aforismo e di criteri pratici », ma per una intrinseca, immanente, logica necessità, intimamente legata alla sua interna natura; che una considerazione sistematica della dottrina non può che produrre un sistema dottrinario di formule fisse e di proporzioni definitive.

Per Gramsci ogni filosofia è una concezione del mon[...]



da [Le relazioni] C. Luporini, La metodologia del marxismo nel pensiero di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]mente l’esigenza di costruire un nuovo ordine intellettuale e morale » \ Nel quadro di tali questioni strettamente saldato all’interesse politico, emerge il costante interesse educativo di Gramsci, non più rivolto ora ai singoli, ma tale che investe tutto il contenuto democratico del comuniSmo come movimento reale: il nesso fra dirigenti e diretti, governanti e governati, educatori ed educati, su cui egli ripetutamente ritorna.

Quella nozione gramsciana del marxismo come « riforma intellettuale e morale » di massa ha anche un altro campo di validità. Essa, collega idealmente il comuniSmo, inteso appunto come movimento reale, ad altri fenomeni storici di un certo tipo, consentendo di cogliere gli elementi di analogia e di segnare nello stesso tempo le radicali differenze (essa serve perciò tanto alla metodologia storiografica quanto alla prospettiva o previsione del futuro, nella cui elaborazione entriamo come parte attiva e volontaria). Vi sono state infatti nella storia altre riforme intellettuali e morali di massa, che avevano profonde rad[...]

[...]biamo riflettuto su noi stessi e sugli altri e vogliamo sapere, in rapporto a ciò che abbiamo riflettuto e visto, cosa siamo e cosa possiamo diventare, se realmente ed entro quali limiti, siamo “ fabbri di noi stessi ”, della nostra vita, del nostro destino1. E ciò vogliamo saperlo “ oggi ”, nelle condizioni date oggi, della vita 66 odierna ” e non di una qualsiasi vita e di un qualsiasi uomo » 2.

Si potrebbe pensare che in questa risoluzione gramsciana dell’uomo' in storia (« l’uomo è un processo e precisamente il processo dei suoi atti » ), sia pure intesa la storia, come si è visto, in un senso « non formale », vada perduta la componente naturalistica del marxismo. E tuttavia questa sarebbe un’interpretazione assai unilaterale, perché incompleta (e diverrebbe tendenziosa), del pensiero di Gramsci.Una volta egli, trovandosi ad adoperare l’espressione « genere umano » (« storia del genere umano » ), si ferma a chiosarla, osservando : « il fatto che si adoperi

1 Ma nello stesso tempo Gramsci ne esamina subito anche le radici storiche (e i[...]

[...]luppo ulteriore della ricerca neirapprofondimento della tesi di Engels che « l’unità reale del mondo consiste nella sua materialità, e questa è dimostrata da uno sviluppo lungo e laborioso della filosofia e delle scienze naturali ». Ove Gramsci commentava dicendo che questa formulazione « contiene il germe della concezione giusta, perché si ricorre alla storia e all’uomo per dimostrare la realtà oggettiva » \ Notazione storicistica squisitamente gramsciana. Eppure solo chi avesse gli occhi bendati di dogmatismo e di scolasticismo potrebbe vedere in essa un qualche allontanamento dalla posizione dei classici (che non fu mai né empiristica, né positivistica, né materialisticovolgare). Proprio lo Engels, nel 1885, concludendo la sua prefazione alla seconda edizione dell’Antiduhring, sottolineava tale complessa storicità della filosofia e insieme delle scienze (delle une in rapporto all’altra) come unico punto di riferimento possibile per liberarsi da qualsiasi visione « metafisica » della natura e « filosofia della natura » 2.

1 M. S., p. 142. [...]

[...]a essa si renderà più agevole questo processo, se non dimenticherà che i risultati, in cui sono sintetizzate le sue esperienze, sono concetti; ma che l’arte di operare con dei concetti non è innata e neppure è acquisita con la coscienza comune di tutti i giorni, ma richiede invece un pensiero realeCesare Luporini

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Il giro del discorso sembra averci allontanato dal punto principale intorno a cui esso verteva, e cioè dall’interpretazione gramsciana del marxismo come « concezione unitaria di massa » e « riforma intellettuale e morale », « riforma popolare dei tempi moderni ». E tuttavia è un allontanamento solo apparente, perché il contenuto critico del marxismo non è concepito da Gramsci come indifferente o superiore e distaccato rispetto alla concretezza del movimento reale di cui esso è la teoria.

L esigenza di far convergere storicamente l’aspetto di « filosofia di massa » del marxismo con la soluzione dei compiti teorici e scientifici più alti e complessi, cioè l’esigenza di una « cultura integrale », che sulla base della classe [...]

[...]erimentale. Appunto imparando a far propri i resultati dello sviluppo della filosofia durante venticinque secoli, essa si libererà da un lato da ogni filosofia della natura che stia a parte e al di fuori e al di sopra di essa, ma anche, d’altro lato, dal suo proprio metodo limitato di pensare, ereditato dall’empirismo inglese » (F. Engels, Antiduhring, trad. it., Roma, 1950,

pp. 1819).

1 Importante, ad esempio, a questo riguardo la nozione gramsciana di quella che è la filosofia di un’epoca : « Dal punto di vista che a noi interessa, lo studio della storia e della logica delle diverse filosofie dei filosofi non è sufficiente. Almeno come indirizzo metodico, occorre attirare l’attenzione sulle altre parti della storia della filosofia; cioè sulle concezioni del mondo delle grandi masse, su quelle dei più ristretti gruppi dirigenti (o intellettuali) e infine sui legami tra questi vari complessi culturali e la filosofia dei filosofi. La filosofia di un’epoca non è la filosofia di uno o altro filosofo, di uno o altro gruppo di intellettuali, d[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] L. Gruppi, I rapporti tra pensiero ed essere nella concezione di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...] egemonia stessa, tra la teoria e la pratica, tra il pensiero e l'essere.
La concezione dell'egemonia è il motivo conduttore di tutti gli insegnamenti di Gramsci. Sviluppando la concezione dell'egemonia Gramsci eredita tutta la preziosa lezione del leninismo e, muovendo da essa, supera le concezioni massimalistiche della lotta per il potere che esistono nel movimento operaio italiano. Questo motivo conduttore, questo tema centrale della ricerca gramsciana, esige che si tenti di svilupparne tutti gli aspetti e le conseguenze, non ultime quelle filosofiche, senza la comprensione delle quali, ci pare, qualche cosa dell'insegnamento di Gramsci sfuggirebbe. E Gramsci ce ne avverte: « La proposizione contenuta nell'introduzione alla " Critica dell'economia politica " che gli uomini prendono coscienza dei conflitti di struttura sul terreno delle ideologie deve essere
1 M. S., p. 11.
Luciano GrupPi 167
considerata come un'affermazione di valore gnoseologico e non puramente psicologico e morale. Da ciò consegue che il principio teoricopratico dell'e[...]

[...] il concetto di
1 M. S., p. 39.
2 E. ENGELS, Ludovico Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, Mosca, Ed. in lingue estere, 1947, p. 18.
3 M. S., p. 4.
12.
168 I documenti del convegno
egemonia si ricollega a quello dell'unità tra essere e pensiero, questa stessa unità non può che essere concepita in polemica, da un lato, con l'idealismo, e, dall'altro, con il materialismo volgare.
Su questo aspetto della polemica gramsciana contro il materialismo volgare vorremmo soprattutto fermarci, prima di tutto perché la critica all'idealismo ci appare piú scontata e assimilata; in secondo luogo perché la polemica tra marxismo e materialismo volgare è, per molti aspetti, una polemica interna al movimento operaio e i conti, a un certo punto,. bisogna farli in casa; e in terzo luogo perché in genere molte delle critiche che si rivolgono al marxismo andrebbero in realtà indirizzate al materialismo meccanico.
Gramsci non manca di sottolineare la funzione positiva che il determinismo meccanico può svolgere in certe situazioni. [...]

[...]nosciamo la realtà solo in rapporto all'uomo e siccome l'uomo è divenire storico anche la conoscenza e la realtà sono un divenire, anche l'oggettività è un divenire, ecc. » 2.
La contrapposizione del marxismo all'idealismo, tuttavia, compiuta affermando la storicità del conoscere, resterebbe ancora illusoria poiché anche l'idealismo afferma tale storicità. Bisogna andare ancora piú a fondo per cogliere la distinzione essenziale tra la posizione gramsciana — noi diciamo marxista — e quella idealistica: essa consiste nell'affermare che il processo storico è un processo di azione, in cui teoria e pratica si uniscono, per superare quelle contraddizioni della società che determinano il carattere sovrastrutturale della conoscenza, limitandone quindi la validità obiettiva; per giungere ad una società in cui non essendo piú alienato l'uomo, anche la conoscenza è libera da alienazioni.
Pare a noi quindi che la posizione gramsciana si stacchi da quella idealistica, diventi irriducibile all'idealismo, nello stesso modo in cui il Vico si staccava da ogni[...]

[...]rxista — e quella idealistica: essa consiste nell'affermare che il processo storico è un processo di azione, in cui teoria e pratica si uniscono, per superare quelle contraddizioni della società che determinano il carattere sovrastrutturale della conoscenza, limitandone quindi la validità obiettiva; per giungere ad una società in cui non essendo piú alienato l'uomo, anche la conoscenza è libera da alienazioni.
Pare a noi quindi che la posizione gramsciana si stacchi da quella idealistica, diventi irriducibile all'idealismo, nello stesso modo in cui il Vico si staccava da ogni possibilità di essere interpretato idealisticamente, quando, nella sua polemica anticartesiana, rifiutava di fare del pensiero il criterio della verità, ma tale criterio trovava nell'esperienza.
I M. S., p. 142.
2 M. S., p. 143.
Luciano Gruppi 175
Gramsci naturalmente va oltre e, dalla reciprocità del « vero » e del « fatto » , trae la fiducia che il pensiero sappia guidare Un azione capace di liberarlo dai limiti che lo stringono e la fiducia che l'azione, liberando [...]

[...]o richiamarci al fatto che l'unità tra essere e pensiero non è data meccanicamente, ma si compie storicamente, per rilevare come, man mano che si sviluppa la capacità egemonica della classe, si attua anche la consapevolezza dei rapporti di produzione e di scambio, delle leggi obiettive che li regolano e quindi la capacità di dirigerli basandosi su quelle leggi.
Naturalmente anche il concetto di materia si evolve e approfondisce nella concezione gramsciana.
Lenin può apparire del tutto vicino al vecchio materialismo meccanico quando afferma che il « pensiero è una funzione del cervello » e nulla piú; quando non si pone la questione del salto qualitativo che pur si compie tra i processi fisiologici del cervello e un processo che è difficilmente analizzabile coi soli mezzi di indagine della fisiologia, quale è il pensiero. Ci pare che il salto dialettico che si compie dai processi fisiologici del cervello al pensiero debba essere ricercato nel fatto che il pensiero è un rapporto. Su questo carattere del pensiero, come rapporto, Gramsci insiste n[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] R. Dal Sasso, Il rapporto struttura-poesia nelle note di Gramsci sul decimo canto dell'Inferno in Studi gramsciani

Brano: [...]omette a Tatiana Schucht una « nota dantesca » a proposito di una sua « piccola scoperta » sul X canto dell'Inferno: uno spunto critico, individuato molti anni addietro, era giunto a maturazione 1.
L'interesse di Gramsci per il X canto ha, infatti, una storia non breve: lo accompagna, si può dire, lungo tutte le tappe della sua formazione intellettuale. Anche.se solo verso il 1929 esso prende corpo e si inserisce nella piú completa problematica gramsciana, con molta probabilità lo spunto risale ai tempi degli studi universitari. E non a caso, pensiamo, quando in carcere riprende l'indagine sul X canto il suo pensiero subito ricorre a Umberto Cosmo, col quale svolge un'affettuosa ma ferma polemica, al quale invia la « nota dantesca » e che vorrebbe rivedere per poter impegnare ancora qualcuna « di quelle discussioni che facevamo talvolta negli anni di guerra passeggiando di notte per le vie di Torino » 2. Appunto agli ultimi tempi della prima guerra mondiale risale il primo scritto (a nostra conoscenza) in cui Gramsci accenni esplicitamente a q[...]

[...]ro Del Lungo sulle Cronache fiorentine di Dino Compagni, dove il Del Lungo per la prima volta fissò la data della morte di Guido Cavalcanti » 1.
Si tratta dell'opera Dino Compagni e la sua Cronica (la cui terza parte era apparsa nel 1887): ma la relazione è ancora indiretta perché, come nota Gramsci, il Del Lungo non aveva collegato la datazione della morte di Guido con il X canto 2. Benché sia impossibile stabilire la data esatta della lettura gramsciana, essa è comunque anteriore al 1918. La definizione del problema si ha invece con sicurezza, sempre per ammissione di Gramsci, quand'egli può leggere La poesia di Dante di Croce.
1 L. C., p. 166.
2 L. V. N., p. 18.
126 I documenti del convegno
Quando? Anche questo è difficile stabilirlo. Tra i libri del carcere si trova la terza edizione dell'opera crociana, del 1922. A Turi il volume deve per forza essere entrato dopo il luglio del 1928, un anno prima dei primi appunti sulla questione. Ma se si tiene presente che dell'argomento egli aveva parlato in una lettera di « molto tempo » anterior[...]

[...]velata o positiva o mitologica o come altrimenti si vuol dire ».
Le ultime pagine della Vita di Dante di Cosmo indicano invece come il suo autore si sia allontanato di molto da quel « terreno comune » : indicano adesione a quanto di mistico vi è nel mondo dantesco e addirittura concludono con un'invocazione all'al di là. Il fatto che tali pagine siano, forse, state dettate da entusiasmo verso il « divino poeta » non nega, anzi conferma, la tesi gramsciana che l'adorazione di un classico diviene adesione al suo contenuto ideologico ed è possibile per una sostanziale debolezza ideologica e filosofica dello studioso. Come era possibile, con tale cultura pronta a ogni cedimento, riformare moralmente e intellettualmente un paese come il nostro, malato da secoli proprio di insicurezza ideale, e di profondo scetticismo? Né a Gramsci pareva, dun que, un caso che il vecchio professore avesse accettato di compilare, insieme a un fervente cattolico, il Gerosa, « un'antologia di scrittori latini dei primi secoli della Chiesa per una casa editrice cattolic[...]

[...]un ,filisteo classico come Rastignac, per dimostrare, in modo drammatico e fulminante e sia pure demagogico, che i rappresentanti di un gruppo sociale subalterno possono fare le fiche, scientificamente e come gusto artistico, a ruffiani intellettuali come Rastignac »2, Gramsci trascina nella condanna una porzione non modesta né di scarso rilievo della cultura italiana, e non solo un caso limite. Questo è il primo contenuto critico della « nota » gramsciana, che coincide con la sua. battaglia ideale, culturale e politica piú generale. Alla cultura retorica dominante per decenni nel nostro paese (e certo neppure ora, anche se travestita, scomparsa), che di Dante stesso ha fatto un mito, spesso senza comprenderlo nella lettera, una specie di icone mummificata, Gramsci contrappone la funzione rinnovatrice e moderna della classe operaia, la visione critica e scientifica di cui è portatrice.
5. Anche il crocianesimo aveva condotto una dura battaglia contro la_ « scuola storica », sulla base di una metodologia critica e dialettica. Era. logico quindi[...]

[...]e, appunto « per essere compreso, ha bisogno di riflessione, di ragionamento; che agghiaccia per la sua rapidità e intensità, ma dopo esame critico ».
A Gramsci pare dunque « che questa interpretazione leda in modo vitale la tesi del Croce su la poesia e la struttura della Divina Commedia. Senza la struttura non ci sarebbe poesia e quindi anche la struttura ha valore di poesia ».
6. Ma quali obiezioni potrebbero venir mosse all'interpretazione gramsciana e alle conclusioni che ne trae?
L'episodio di Cavalcante, risponderebbe il Croce, non ha intima vita appunto perché rinvia a qualcos'altro per essere capito. Se esso ha bisogno di una delucidazione successiva, di una didascalia, vuol dire che quel dramma non ha superato la fase della intenzionalità, non si è espresso poeticamente. E, quindi, che la fantasia di Dante in quel momento si è annebbiata e si è lasciata inaridire dalle esigenze strutturali: ragione di piú per affermare che la struttura è qualitativamente distinta dalla poesia. Farinata non ha bisogno della spiegazione strutturale p[...]



da [Gli interventi] Paolo Spriano in Studi gramsciani

Brano: [...]e il leninismo nel quale è detto : « ... un grande interesse nei dibattiti di oggi sembra avere il puntò circa la funzione che alla classe operaia era attribuita dal movimento torinese dei consigli di fabbrica». E non per risollevare alcune questioni che, è vero, il movimento operaio italiano, in particolare il movimento comunista ha chiarito, ma piuttosto per cercare di individuare, attraverso il conforto di una indagine concreta, la concezione gramsciana della pdlitica. Essa è appunto, come già ha ricordato il prof. Garin, una continua lezione realistica, un aderire di ogni affermazione generale a momenti e movimenti reali delazione. Credo che, applicando tale metodo a questo problema particolare, noi riusciamo a (liberarlo da ogni astrattezza ed a ricondurlo in quei termini essenzialmente politici in cui Gramsci e il gruppo deW Ordine Nuovo lo intesero.

Potremo cosi evitare quellopera di sollecitazione arbitraria dei testi che proprio Gramsci ripudiava e che si tende, da qualche parte, a fare a sue spese su alcune proposizioni assunte com[...]

[...]ima della guerra mondiale. Varrà 'la pena di ricordare, infatti, che gli articoli gramsciani dell’Ordine Nuovo, stesi nel fuoco della lotta, in una situazione quale quella del ’19’20, che non ho qui bisogno di richiamare (anche dopo quanto è stato detto da alcuni relatori e da alcuni intervenuti nella discussione), erano rivolti precisamente a quegli operai538

Gli interventi

torinesi, « in carne ed ossa », per usare una famosa espressione gramsciana, scritti per loro, sulla base della loro esperienza vissuta.

Uno studio sul periodo in cui un proletariato moderino si forma a Torino ed assume via via, con esemplare linearità, i suoi caratteri tipici di proletariato particolarmente omogeneo, concentrato, raccolto prevalentemente attorno alla produzione della grande industria meccanica, rivela alcuni elementi sintomatici. Fra tutti — a parer mio — forse il più significativo è quello di un mancato incontro profondo, rivoluzionario, tra le idee socialiste (e l'organizzazione del Partito) da un lato, ed il moto spontaneo che nasce spesso pre[...]

[...]la chiarificazione che deve sollevare in mezzo .alile masse, si mostra capace di mordere niella reale esperienza, nella psicologia stessa delle masse operaie torinesi. Non è casuale — in proposito — che contro il sindacalismo si muova la più veemente polemica di Gramsci, in questo periodo1 dell’Ordine Nuovo. Si guardi infatti quanta acutezza di giudizio, quanto equilibrio storico, pur nel fuoco di una polemica politica, contenga una affermazione gramsciana sull’Ordine Nuovo del 1919, mossa dalla preoccupazione, del presente, di indicare proprio nei sindacalisti il maggiore grado di errore, tendente a mettere in guardia la classe operaia torinese dal ripetere esperienze negative di questo tipo. Dice Gramsci appunto nel 1919: «Negare e combattere lo Stato è fatto politico tanto quanto inserirsi nell’attività generale storica che si unifica nel Parlamento e nei Comuni, istituzioni popolari dello Stato... I sindacalisti lavoravano fuori dalla realtà e quindi la loro politica era fondamentalmente errata; i socialisti parlamentaristi lavoravano nell'[...]

[...]acalisti, allo stesso modo che, durante la guerra, furono ridotte ad organi di collaborazione di classe dai riformisti.

Si potrebbe ritrovare questo punto di partenza nello stesso modo come si sviluppò la discussione in seno al gruppo dell’Ordine Nuovo, volta a cercare in (Italia il germe che corrispondesse al Soviet russo. Ma, pur540

Gli interventi

restando nell’angolo visuale che ho scelto per questo breve intervento, la predicazione gramsciana si rivela subito con una preoccupazione essenziale, che giustamente ci ricordava l’on. Togliatti : educare il moto spontaneo che sorgeva da questi istituti, creati davvero dalla storia del movimento operaio, « indirizzarlo, purificarlo » — sono parole del Gramsci dei Quaderni —, dargli quell’elemento di direzione che era prima mancato e che aveva segnato una vicenda di insuccessi ricorrenti; purificarlo alimentandolo, per farne una scuola di educazione politica.

Di qui la impostazione di Gramsci, democratica, sul Consiglio, contro la impostazione, burocratica, dei sindacati; di qui quella [...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine gramsciana, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---Gramsci <---marxista <---italiana <---Dialettica <---Filosofia <---italiano <---marxismo <---gramsciano <---Pratica <---siano <---materialismo <---storicismo <---Marx <---socialismo <---socialista <---Ciò <---comunista <---idealismo <---ideologia <---ideologico <---ideologie <---Logica <---Scienze <---gramsciane <---Storiografia <---crociano <---ideologica <---italiani <---Engels <---Lenin <---Metafisica <---capitalismo <---leninismo <---leninista <---metodologia <---socialisti <---umanesimo <---marxisti <---realismo <---Feuerbach <---Stato <---crociana <---gramsciani <---hegeliana <---hegelismo <---Hegel <---ideologici <---italiane <---positivismo <---Del resto <---Russia <---Scienze naturali <---abbiano <---comunisti <---fascismo <---riformismo <---De Sanctis <---Diritto <---Labriola <---Ordine Nuovo <---Risorgimento <---comunismo <---idealisti <---liberalismo <---metodologica <---metodologico <---mitologica <---psicologico <---teologico <---Benedetto Croce <---Dinamica <---Dogmatica <---Estetica <---Meccanica <--- <---Poetica <---Sistematica <---Sociologia <---crocianesimo <---d'Italia <---determinismo <---dogmatismo <---giacobinismo <---ideologiche <---metodologici <---positivisti <---revisionismo <---sociologia <---umanismo <---Antonio Labriola <---Ecco <---Francia <---Gobetti <---Machiavelli <---Pensiero filosofico <---Perché <---Retorica <---Scienza politica <---Sulla <---artigiani <---bolscevismo <---engelsiana <---fatalismo <---filologica <---filologico <---gnoseologica <---gnoseologico <---hegeliano <---illuminismo <---marxiana <---marxiste <---meccanicismo <---riformista <---riformisti <---sciana <---Agraria <---Antonio Gramsci <---Cattaneo <---Cosa <---Cosmo <---Così <---Diplomatica <---Etica <---Gli <---Il lavoro <---La Critica <---Lukàcs <---Manzoni <---Mi pare <---Mosca <---Psicologia <---Salvemini <---Teologia <---Togliatti <---Trotzki <---Umberto Cosmo <---biologico <---capitalista <---cristianesimo <---crociane <---d'Europa <---dinamismo <---dualismo <---economismo <---empirismo <---esistenzialismo <---leniniana <---materialista <---metodologiche <---naturalismo <---nell'Unione <---ottimismo <---parallelismo <---psicologia <---sciano <---sindacalismo <---socialiste <---sociologico <---teologia <---Bernstein <---Bukharin <---Carlo Marx <---Come <---Dico <---Dio <---Economia politica <---Editori Riuniti <---Energie Nuove <---Eugenio Garin <---Filologia <---Filosofia della storia <---Folklore <---Francesco De Sanctis <---Gnoseologia <---Ilici <---Inghilterra <---Linguistica <---M.S. <---Nord e Sud <---Note sul Machiavelli <---Partito <---Più <---Presso <---Principe-Discorsi <---Problemi <---Quale <---Rinascita <---Scienze sociali <---Stalin <---Statica <---Stilistica <---Torino <---URSS <---anarchismo <---antagonista <---apriorismo <---astrattisti <---biologica <---biologiche <---dell'Avanti <---dell'Istituto <---dell'Italia <---dell'Ordine <---desanctisiana <---dilaniano <---economisti 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