Brano: Futurismo
come noi a liberare l'Italia dal Papato?
2. Vendere il nostro patrimonio artistico per favorire tutte le classi povere e particolarmente il proletariato d’artisti? 3. Abolire radicalmente tribunali, polizie, questure e carceri?
Se non avete queste 3 volontà, siete dei conservatori, archeologhi clericali polizieschi e reazionari sotto la vostra vernice di comuniSmo rosso ».
Questo disprezzo verso i socialisti riformisti, i futuristi l’avevano ereditato dagli anarcosindacalisti e, teoricamente, da Georges Sorel. Le Réflexions sur la v io! enee di Sorel erano state pubblicate nel 1908 e già nel 1910 Marinetti aveva tenuto a Napoli il discorso sulla Bellezza e necessità della violenza. Tale idea di « violenza » in Marinetti si accompagnava con l’idea niciana del « superuomo », del tutto esplicita sin dal suo primo romanzo Mafarka le futuriste, uscito in quel
lo stesso anno in francese e tradotto subito dopo in italiano da Decio Cinti. Ma di Nietzsche e Sorel s’interessavano a quel tempo un gran numero d’intellettuali e n[...]
[...]e di « un evento lirico »; Carrà, nel suo libretto Guerrapittura, scriverà:
« Oggi il borghese favorevole alla guerra è certamente più rivoluzionario del cosiddetto rivoluzionario neutralista. Egli arrischia e « opera: dunque è rivoluzionario, mentre il cosiddetto anarchico è nocivo alla vita e al progresso, perché nulla alla vita e al progresso sacrifica in realtà ».
Così dunque tramontava, nella sostanza, l’atteggiamento antiborghese dei futuristi. L’esaltazione della macchina, del dinamismo, della modernità, di cui i loro manifesti, a cominciare dal primo, echeggiavano con tanta enfasi, finì in tal modo cori l’identificarsi con le tesi della più attiva e spregiudicata borghesia del Nord la quale, per ragioni
Carlo Carrà. interventista ».
« Manifestazione 1914
evidenti, voleva l’intervento in guerra, contrapponendosi alla più incerta, ritardataria, paurosa borghesia terriera che esitava a gettarsi nell’avventura in quanto non vi scorgeva i vantaggi immediati che tanto interessavano gli industriali dell'Alta Italia.
Non per [...]
[...]sia terriera che esitava a gettarsi nell’avventura in quanto non vi scorgeva i vantaggi immediati che tanto interessavano gli industriali dell'Alta Italia.
Non per nulla la capitale del futurismo fu Milano (v.), allora in piena espansione produttiva. È qui che, appunto, Marinetti aveva sistemato il suo quartier generale ed è qui che l’azione futurista raggiunse i suoi vertici.
Il nazionalismo futurista
Il nazionalismo di Marinetti e dei futuristi, quale degenerazione del patriottismo risorgimentale, era comunque già presente nel manifesto del 1909: « Noi vogliamo glorificare la guerra — sola igiene del mondo
— il militarismo, il patriottismo [...] », vi si affermava. Ma quanto fosse violento lo spirito nazionalistico tra i futuristi e tra molti altri intellettuali d’allora, lo si può già giudicare dalle reazioni che seguirono, nel 1911, l’inizio della guerra libica. In quell’occasione si allinearono sulle medesime posizioni di plauso sia Enrico Corradini (fondatore del Regno e corifeo esasperato dell’oltranzismo patriottardo) che D’Annunzio, sia i futuristi che Giovanni Pascoli.
Anche i soreliani anarcosindacalisti come Arturo Labriola non disapprovarono l'impresa, mentre Giuseppe Prezzolini, sulla Voce, si guardava bene dal riprovare, sia pure blandamente, l’aggressione africana. Il nazionalismo insomma era già il mastice che incollava tutti e tutto, al di là di ogni divergenza letteraria, politica e filosofica.
I futuristi salutarono la guerra di Libia come una « grande ora futurista ». Nell’ottobre di quell’anno, inneggiando alla conquista di Tripoli, Marinetti scriveva un nuovo manifesto, dove si possono leggere alcune delle sue affermazioni più forsennate:
« Siano concesse all’individuo e al popolo tutte le libertà tranne quella di essere vigliacco. [...] Sia proclamato che la parola Italia deve dominare sulla parola Libertà Orgogliosi di sentire uguale il nostro fervore bellicoso che anima tutto il Paese, incitiamo il Governo italiano, divenuto finalmente futurista, a ingigantire tutte le ambizioni nazio[...]
[...]individuo e al popolo tutte le libertà tranne quella di essere vigliacco. [...] Sia proclamato che la parola Italia deve dominare sulla parola Libertà Orgogliosi di sentire uguale il nostro fervore bellicoso che anima tutto il Paese, incitiamo il Governo italiano, divenuto finalmente futurista, a ingigantire tutte le ambizioni nazionali, disprezzando le stupide accuse di pirateria e proclamando la nascita del Panitalianismo ».
Nella guerra, i futuristi vedevano non solo l’impresa patriottica in sé, ma qualcosa di più; vedevano cioè
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