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Il segmento testuale filologica è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 576Analitici , di cui in selezione 24 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] F. Alderisio, Riflessioni di A. Gramsci sul concetto della finalità nella filosofia della prassi in Studi gramsciani

Brano: [...]anto intervenga solo occasionalmente, o per lo piú inconsapevolmente, nelle pagine degli autori piú insigni della filosofia della prassi e del materialismo storico, è necessariamente intrinseca e implicita in tale dottrina, ed è particolarmente valida per distinguerla, anche meglio che non si sia fatto neI passato, dal comune indirizzo del naturalismo positivistico o dello schietto materialismo, — sono state pensate e scritte da Gramsci in forma filologica, immediata e intenzionalmente provvisoria, se non proprio di sfuggita; e ciò forse è avvenuto assai piú in considerazione della gran difficoltà del tema e dell'impegno critico da esso richiesto, che non per il misconoscimento o la svalutazione di esso in ordine alla più compiuta. e soddisfacente concezione della natura e della storia nella filosofia della. prassi. E quindi ovvio e naturale per me che il tema di questa comunicazione rispetti e quasi rispecchi nella sua trattazione l'indole e l'andamento delle riflessioni gramsciane che ad esso si riferiscono, fino a la sciare allo stato sempli[...]

[...]to
e nell'immagine — direttamente il rapporto tra il fine e la causa, o il fine e il mezzo (o i mezzi), e può quindi bene sviluppare ed arricchire l'esposizione del pensiero di Gramsci in rapporto al tema propostomi, importa che io esamini anche ciò che egli ha scritto sul detto motivo critico della filosofia d'ella prassi contro la concezione del mondo storico ponente l'uomo « con la testa all'ingiú » . Gramsci dunque, in una lunga riflessione filologica su Marx e Hegel j, comincia con l'avvertire che « nello studio dello hegelismo di Marx » occorre ricordare che questi (il quale ebbe « carattere » — e Gramsci fece pur bene a rilevarlo —« eminentemente praticocritico ») aveva partecipato alla vita universitaria di Berlino pochi anni dopo la morte di Hegel (1831), cioè quando doveva essere ancora vivissimo « il ricordo dell'insegnamento orale di Hegel e delle discussioni appassionate » da esso già suscitate, e soprattutto in riferimento alla storia concreta. E in tali discussioni certamente « la concretezza storica del pensiero di Hegel doveva[...]

[...] scrivendo che « in un certo momento della Rivoluzione francese (quando fu organizzata la nuova struttura statale) pareva che il mondo camminasse sulla testa, o qualcosa di simile ». Egli inoltre (affidandosi ancora ad un suo vago ricordo, per l'impossibilità in cui si trovava di riscontrare le fonti) aggiunse anche che il Croce si sarebbe una volta domandato « di dove i1 Marx abbia preso questa immagine » ; ed in conclusione della sua notazione filologica tornò a scrivere che quella immagine si trovava « certamente in un libro di Hegel (forse la Filosofia del diritto: non ricordo) »; o che piú veramente gli appariva « scaturita da una conversazione tanto è fresca, spontanea, poco " libresca " » . E in una breve nota a questo punto si legge — a proposito sempre della suddetta immagine — che A. Labriola aveva scritto: «Gli è proprio quel codino di Hegel che disse come quegli uomini (della Convenzione) avessero pei primi, dopo Anassagora, tentato di capovolgere la nozione del mondo, poggiando questo su la ragione» ~.
Gramsci dunque aveva colto n[...]

[...]capovolto come un saltimbanco, cioè con la testa all'ingiú e con le gambe per aria, e che in tale posa s'affaticasse non solo a muovere sé stesso mediante la testa e le mani, ma a reggere e a portare eventualmente anche qualche altro peso. Ed è ovvio che se non si sta sui piedi, e non si hanno buone gambe, non si può portare in giro il proprio corpo, né si può portare alcunché sulle proprie spalle o sulla propria testa. Ma oltre la vaga indagine filologica, indicata
piuttosto che eseguita — da Gramsci, sull'origine dell'immagine degli « uomini con la testa all'ingiù », e oltre la riferita citazione del Labriola (risalente esattamente .a una fonte hegeliana 1), nulla è possibile trovare, nella filologia marxistica, che di quella immagine in essa pur tanto ripetuta nel senso critico datole da Marx e da Engels valga a scoprirne l'origine e la fonte vera, e forse anche a precisarne storicamente l'esatto senso e valore, tanto positivo nell'uso fattone dallo Hegel, quanto negativo nell'uso a controsenso e a distorsione critica, a cui ben presto quel[...]

[...]ondo questo costruisce la realtà — sich auf den Kopf, das ist, auf den Gedanken stellt, und die Wirklichkeit nach diesem erbaut. — Anassagora aveva per primo detto che il nous governa il mondo, ma soltanto ora l'uomo era giunto a conoscere che il pensiero debba regolare la realtà spirituale. E con ciò si ebbe una splendida levata di sole, e tutti gli uomini pensanti hanno celebrato questa epoca ».
68 1 documenti del convegno
siffatta curiosità filologica (che non è però solo filologica), nella vasta
e ricca ricerca filologicofilosofica intrapresa dal Lukàcs in una sua pregevole opera 1, in cui con grande diligenza e discernimento ha indagato
e ripresentato le fonti del pensiero hegeliano e di quello marxistico, ed ha adoperato assai di frequente, ed a scopo critico, la frase auf den Kopf quasi come un trito ritornello o uno scongiuro.
però un fatto che il nostro A. Labriola, la cui illuminata e profonda ortodossia marxistica è fuori discussione anche rispetto alla revisione critica della filosofia della storia di Hegel, si astenne tuttavia dall'usare — a scopo di critica[...]



da Bruno Bongiovanni, Ritratti critici contemporanei. Maximilien Rubel in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]ITICI DI CONTEMPORANEI
MAXIMILIEN RUBEL
1. L'« Incompiuta » di Marx. — L'apparizione delle Oeuvres di Karl Marx nella « Bibliothèque de la Pléiade », la prestigiosa collana di Gallimard, venne salutata come un « segno dei tempi »I. Per una cinquantina d'anni dopo la sua morte, infatti, Marx era stato, con alterne vicende, pubblicato a cura degli studiosi dei partiti operai: la cultura universitaria aveva per lo piú trascurato l'indagine criticofilologica sul lascito intellettuale marxiano, considerato opera di un agitatore rivoluzionario e non certo di uno scienziato sociale. Le cose in Occidente cambiarono soprattutto dopo il 1945, nonostante le critiche, non sempre piú puntuali e documentate che in passato, che gli scritti di Marx continuarono a subire da una buona parte degli ambienti accademici. Il Marx « economico » della Pléiade — il cui secondo volume venne alla luce proprio nel 1968 — si rivelava subito come il risultato piú appariscente e di piú grande impegno di una ricerca marxologica scrupolosa ed assolutamente originale.
Il prim[...]

[...] la sua morte questa possibilità si allontanò, anche per il gran numero di eredi, spesso in contrasto tra loro: Eleanor Marx, Kautsky, Bernstein, Bebel, Mehring 28. Solo con la rivoluzione del 1917, quando già molti frammenti del grande mosaico erano stati, sia pure in modo disperso, pubblicati nell'ambito della SPD, questa possibilità tornò a farsi concreta. In Russia vi era anche la persona giusta, per erudizione, indipendenza critica, perizia filologica e capacità di ricerca: Rjazanov, lo studioso che già si era dedicato all'esame degli scritti e dei manoscritti marxengelsiani su incarico della socialdemocrazia tedesca. Lenin forní grandi mezzi a Rjazanov, che riuscí a portare a Mosca e ad assicurare agli archivi dell'Istituto MarxLenin, le fotocopie ed alcuni originali della quasi totalità dei testi costituenti il colossale lascito intellettuale di Marx ed Engels, fino a quel momento dispersi negli archivi della socialdemocrazia tedesca ed in archivi e biblioteche private e pubbliche dell'Europa e degli Stati Uniti. Questo enorme lavoro Rja[...]

[...]l marxismo, Sansoni, Firenze 1969. Cfr. anche JuLlus I. LÖWENSTEIN, Marx contra Marxismus, Mohr, Tübingen 1976.
MAXIMILIEN RUBEL 301
6. Marx critico del marxismo. — Nel 1974 Maximilien Rubel ha raccolto in un unico volume una parte dei suoi saggi (soprattutto quelli piú recenti), evidenziando la continuità e la coerenza della sua ricerca 55. I temi affrontati sono vari, ma tutti vengono fatti scaturire da un'indagine che è insieme ricognizione filologica ed interpretazione critica.
a) La leggenda del marxismo. È soprattutto con la breve relazione presentata nel 1970 al convegno di Wuppertal in occasione del 150° anniversario della nascita di Engels che Rubel, ricordando che il termine « marxismo » è nato come invettiva ed ingiuria degli avversari, attribuisce ad Engels la responsabilità storica ed ideologica di avere costituito un pensiero critico in dottrina: credendosi erede, Engels fu in realtà il fondatore. Con questa relazione, che suscitò grande scandalo soprattutto tra i « marxisti » ortodossi e tra gli studiosi dell'Est, Rubel ha ina[...]

[...]l sinonimo della disfatta del movimento operaio, declino della grande speranza di libertà ad esso connessa. Quest'ultimo fenomeno si collega al grande paradosso: l'essere cose accidentata ed ideologizzata la storia delle pubblicazioni del maestro che piú di chiunque altro è stato presente, icona inoffensiva piú spesso che coscienza critica, nel grande dibattito teorico sul significato e sul destino della nostra società.
Come si vede, la ricerca filologica volta al recupero di un pensiero disperso si lega ad un'ipotesi ben precisa, dal punto di vista storico identificabile all'insegna della continuità. Marx non è un magico spartiacque che segna in modo irreversibile la storia, il suo avvento non è l'epifania misteriosa di un miracolo foriero di futuri, inevitabili prodigi. Rubel lo inserisce
304 BRUNO BONGIOVANNI
in quel lungo processo di Au f klärung critica che percorre la storia dell'autoemancipazione dell'uomo, ne mostra i debiti contratti nei confronti di Spinoza e di Hegel, di Feuerbach e dei materialisti del Settecento, nei confronti d[...]



da Alberto Mario Cirese, Lo studio del folklore in Italia in KBD-Periodici: Calendario del Popolo 1951 - numero 84 - settembre

Brano: [...] della borghesia italiana si arrestò nel compromesso con la monarchia. E' molto significativo ad es. che Giosuè Carducci, il quale nel 1860 aveva sostenuto la origine popolare di alcuni generi di poesia, negasse invece dieci anni dopo ogni capacità di creazione poetica agli uomini del popolo.
Si studiò ancora con passione la poesia popolare, ma questa interessò più come forma letteraria che come espressione di sentimenti : venne cioè analizzata filologicamente, stu diando l'evoluzione delle forme metriche (ballata. strambotto, stornello ecc.), la zona geografica di diffusione di ciascuna di esse, il loro rapporto con le forme letterarie delle origini della letteratura italiana (duecento e trecento). Si volle dunque fare la a storia » della poesia popolare : ma.. fu una storia delle sue forme esterne, non la storia dei sentimenti religiosi, politici o familiari che essa manifesta.
In questo secondo periodo, che è stato appunto chiamato filologicostorico e che fu influenzato dal positivismo, le ricerche quasi interamente libresche provocarono i[...]

[...]he la poesia diffusa tra le classi popolari è tutta poesia colta degradata. Bene dunque fu definita la teoria crociana da un critico borghese quando affermò che il Croce inclina sempre più a verso la destra tanto nella scienza politica che nell'estetica » (G. A. BORGESE).
VII. — Non tutti gli studiosi hanno però accettato supinamente la tesi del neoidealismo crociano. Così già Michele Barbi (18671941), continuatore della tradizione letteraria e filologica italiana, sostenne di contro al concetto crociano che non si poteva cambiare di punto in bianco il nome alle cose, e cioè chiamare popolare un tipo estetico, quando invece con popolare si è sempre voluto significare Ciò che è legato al popolo. Altri stu diosi poi, pur accettando in parte l'idea crociana, reagiscono tanto alla grossolana negazione della capacità creativa del popolo, quanto al sottile individualismo di Croce. E ricercano non solo i documenti che provano come un grande numero di poesie, di canti, di leggende, sono nati tra le classi popolari ma precisano meglio anche quella a el[...]

[...]opolari italiane (Emilio Sereni); o tendono a rivelare gli elementi progressivi che si manifestano nella poesia e nelle costumanze nuove delle comunità contadine meridionali (Ernesto De Martino); o si indirizzano a ricercare il folklore operaio o artigiano, quasi del tutto trascurati sino ad oggi tra noi.
Con questi studi è il proletariato stesso che prende a tracciare la storia della propria poesia e dei propri costumi: con una ricerca non più filologica o estetica soltanto, ma ampiamente storica, la quale. vuole identificare sia gli elementi della tradizione invecchiati e arcaici che vanno superati, sia gli elementi progressivi e liberatori che vanno diffusi e valorizzati. E' il proletariato stesso che si vale tanto degli elementi positivi già presenti negli studiosi borghesi (ricordiamo l'affermazione del Pitrè restata senza eco), quanto del" contributo degli studi sovietici,
e si introduce nel quadro degli schemi ideologici tradizionali, rovesciandolo ed affermando la sua funzione di protagonista della storia moderna.
Alberto Mi Cirese
[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] M. Tronti, Alcune questioni intorno al marxismo di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...], negative e positive, che derivano da una simile impostazione. Ammesso che questo compito diventa esclusivo nei confronti di altri, pur importanti, problemi di teoria, occorre vedere fino a che punto ne risulti favorita o inficiata la natura stessa della ricerca teorica. Il pensiero di Marx viene tutto immerso in una particolare atmosfera culturale; e già il problema dell’unità negli « elementi costitutivi dei marxismo » oscilla tra una ricerca filologica e un tentativo di mediazione logica tra concetti per natura diversi, se presi isolatamente (il valore nell’economia, la prassi nella filosofia, lo Stato nella politica).

Accanto a Hegel troviamo a un certo punto David Ricardo. E Gramsci si domanda se la scoperta del principio logico formale della legge di tendenza che porta a definire scientificamente i concetti di « homo oeconomicm » e di « mercato determinato » non abbia valore anche gnoseologico, se non implichi appunto una nuova « immanenza », una nuova concezione della « necessità » e della libertà. E afferma : « Questa traduzione mi [...]

[...]ssi ha incorporato in sé alcuni valori « strumentali » dello stesso metodo speculativo (ad es. la dialettica) \ Perché la dialettica hegeliana è già tutto il metodo speculativo; e proprio questo metodo, in Hegel, giustifica, rende possibile, anzi rende « necessario », il sistema della filosofia speculativa.

Questi concetti ci serviranno in seguito. Affrontiamo invece un problema preciso; uno di quei problemi che sotto una veste apparentemente filologica nascondono un serio contenuto di pensiero. Gramsci dice, per lo più, « filosofia della prassi », quando deve dire marxismo. E credo che siamo d’accordo nel ritenere non casuale la scelta di questa espressione. Certo che oggi chi dice « filosofia della prassi » o non intende precisamente il marxismo, oppure propone una certa interpretazione del marxismo. O è la crociana Filosofia della pratica, oppure quei non meglio precisato « realismo storicocritico » che fa capo a Rodolfo Mondolfo. Ambedue i concetti, credo, di origine gentiliana, del Gentile dei saggi sul marxismo.

Nella letteratura ma[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Petronio, Gramsci e la critica letteraria in Studi gramsciani

Brano: [...]ell'arte, senza la quale si cadrebbe nel piú trito impressionismo. Presuppone ancora l'esistenza di un gusto, e non, intendo, di una individuale attitudine del critico a cogliere nell'opera d'arte i motivi o i momenti vivi, isolandoli da ciò che arte non è, ma di un gusto ragionato e diffuso, al quale quel critico coscientemente aderisca e di cui si giovi a interpretare le singole opere d'arte, antiche o recenti. E, per non parlare dell'indagine filologica ed erudita, pur essa necessaria, presuppone uno schema storiografico, della storia letteraria e della storia civile, nel quale inquadrare volta per volta autori ed opere, riportandoli a determinati momenti o periodi. Alla educazione del critico letterario contribuiscono, dunque, forse piú ancora che i precedenti critici tecnici, i filosofi di estetica, i teorici del gusto, gli storici; sicché, io direi, alla educazione del critico italiano che si sforzi oggi di ricondurre la propria attività di studioso dei fenomeni letterari ai principi e allo spirito del marxismo, piú che i critici in senso[...]

[...] " animali ", e il Manzoni è " benevolo " verso di loro,
1 L. V. N., p. 79.
Giuseppe Petronio 239
proprio della benevolenza di una cattolica società di protezione degli animali... L'atteggiamento del Manzoni verso i suoi popolani è l'atteggiamento della Chiesa cattolica verso il popolo: di condiscendente benevolenza, non di medesimezza umana... » '.
Un tale giudizio può essere accettato o rifiutato; va, a dir meglio, discusso, concretamente, filologicamente, ad accertare se ed entro quale misura sia esatto e rispecchi la mentalità del Manzoni, quale essa ci si manifesta in concreto nei Promessi sposi. Ma qualora esso risulti esatto, in tutto o in gran parte, esso spiana la via ad un nuovo giudizio estetico del romanzo, o, in genere, dell'opera manzoniana: il giudizio che del Manzoni aveva dato il De Sanctis è tutto legato alla sua distinzione tra « liberali » e « moderati » e « democratici », alla sua persuasione, una cinquantina di anni dopo la pubblicazione del romanzo, che occorresse ora assorbire l'ideale nel reale, come stava infatti f[...]



da Libri ricevuti in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...]E DELLA TERZA, Forma e memoria. Saggi e ricerche sulla tradizione letteraria da Dante a Vico, Roma, Bulzoni, 1979, pp. 321. L'autore raccoglie e aggiorna saggi di circa un quindicennio: una ricerca, condotta lungo tappe assai dislocate nel tempo e nello spazio, sui legami fra scrittura e tradizione letteraria, la « memoria » collettiva che si stratifica nei rapporti continui e necessari con il mutare dei secoli. La capacità di coniugare perizia filologica e saldo ancoraggio alla storia costituisce il precipuo merito del volume, in cui l'autore dispiega sempre un quadro di riferimenti critici ampi e articolati, facendo tesoro delle sue lunghe frequentazioni con la cultura tedesca, francese e americana. A Dante è dedicato un primo gruppo di studi: una lettura del canto di Brunetto Latini, focalizzata sul tema dell'esilio, che ne ricostruisce la fitta trama di prestiti desunti dal Trésor; un esame semanticofilosofico del problema del « disordinato amore » nel Purgatorio; una panoramica della critica delle ultime due generazioni intorno alla fonda[...]

[...]mica della critica delle ultime due generazioni intorno alla fondamentale ipotesi di una « ricostruzione totale dell'opera dantesca secondo paradigmi d'irreversibilità », con le implicazioni cronologiche e dottrinali che ciò comporta. Tasso costituisce il riferimento principale di un'altra triade di studi: uno dedicato alla tormentata questione dell'allegoria nella Gerusalemme in base all'esempio della Commedia, oggetto della costante attenzione filologica tassiana e miniera di suggerimenti testuali rielaborati poi con assoluta libertà; un altro sul rapporto di poetica e di stile con il Petrarca, « liquidato come fonte di esempi e di immagini poetiche » dopo 1'Aminta e le Rime, ma al solito assimilato in profondo nella superiore concezione compositiva del poema epico. E infine uno dei saggi piú interessanti, quello sulla critica del Galilei al Tasso, che il Della Terza sottrae a tenaci aporie interpretative in termini diacronici: le giovanili Considerazioni, antimanieriste toscaneggianti e filoariostesche, si ascriverebbero cioè ad una fase di [...]



da Michele A. Cortellazzo, Noterelle e schermaglie. Il guitto Marco. Appunti per un ritratto linguistico di Pannella in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]evisivi; ma la perseveranza del conduttore della trasmissione, Maurizio Costanzo, nel non rispondere alle mie ripetute richieste l'ha impedito.
c) Attività parlamentare: gli interventi alla Camera dei deputati nel dibattito sulla fame nel mondo (20 settembre 1979, 4 e 8 gennaio 1980) e quelli alla seduta inaugurale del Parlamento europeo (17 luglio 1979). I discorsi parlamentari sono citati sulla base dei resoconti stenografici ufficiali e sono filologicamente e linguisticamente i meno affidabili: non solo sui discorsi dei parlamentari viene operata automaticamente e regolarmente una revisione forni1 che cancella le false partenze, i lapsus e tutti gli altri accidenti che capitano nel parlato, ma, in nome della decorosità del linguaggio parlamentare, vi viene effettuata una censura (incredibile nel 1980!), sia pure limitata a singole parole « inaccettabili » e segnalata dai puntini. Per es. un brano del deputato radicale Roccella nella seduta del 4 gennaio 1980, cosí trascritto: « Ho sentito uno sfogo culturale che fa veramente onore al Parlam[...]

[...]ati pronunciati. Come mi ha cortesemente ma fermamente precisato L. Lockefeer, Capo della divisione dell'edizione, della distribuzione e della diffusione del Parlamento europeo, tali resoconti (preziosi tra l'altro per studiare l'interazione linguistica all'interno dell'aula parlamentare, perché danno conto del plurilinguismo in essa operante) « non sono oggetto di una distribuzione esterna ». Da tutto questo si ricava non solo l'inattendibilità filologica degli strumenti che abbiamo a disposizione per ricostruire l'andamento dei dibattiti parlamentari (tanto a Roma quanto a Strasburgo), ma anche l'impossibilità per ogni elettore di venire mai a conoscenza di quello che i suoi rappresentanti hanno veramente detto nelle aule parlamentari.
PIUS JULIUS
(ossia dall'uomo del Guicciardini all'uomo della D.C.)
C'è un'immagine vulgata di Giulio Andreotti: quella di un Talleyrand « nazionale », ministro di tutti i governi e politico di tutte le politiche — di centro destra, di centro, di centro sinistra, di unità nazionale — perché scettico e sornion[...]



da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]a di espressioni personali, di hapax, quasi tutti disconosciuti dal mediocrissimo editore anteriore al
IL « MARCHESI» DI ANTONIO LA PENNA 667
Marchesi, August Reifferscheid. Per la prima volta nella sua vita Marchesi si mise a studiare un testo parola per parola, facendo i conti con la linguistica e la filologia fiorite fuori d'Italia, abbandonando (non nella concezione generale dei rapporti tra filologia e critica letteraria, ma nella tecnica filologica sí) il provincialismo. E non si limitò a far tesoro dei contributi altrui: notò egli per primo molte particolarità, inconcinnità sintattiche, stranezze individuali del latino di Arnobio (ricordo un solo esempio fra i tanti: l'uso di homo = corpus contrapposto all'anima, cfr. p. 51, 1 della 2a ed., e aggiungi ai passi citati dal Marchesi p. 58, 17 s.). Alcuni casi di conservatorismo eccessivo vi sono, e il La Penna ha quasi sempre ragione nel notarli (quasi sempre: io credo ancora, e tornerò eventualmente a discuterne altrove, che a pp. 3, 17; 26, 2527, 1; 399, 4 la lezione tramandata sia gius[...]

[...]redo anch'io che, mentre in qualche punto bisognerà emendare dove Marchesi ha conservato, in qualche altro dovrà avvenire il contrario; e molti resteranno i punti dubbi, nei quali, come dice La Penna (p. 101), « non si sa se attribuire la lezione a un errore di scriba o all'estro del retore ». Ma l'edizione di Marchesi rimarrà sempre una tappa molto importante negli studi arnobiani.
Io suppongo che quella che ho chiamato la sprovincializzazione filologica (e linguistica) di Marchesi si debba anche all'influsso degli allievi dell'università di Padova, di uno soprattutto, il solo vero allievo che Marchesi abbia avuto, Ezio Franceschini, che è poi diventato un insigne medievalista. Franceschini ha sempre parlato di Marchesi come di un maestro « irraggiungibile », che, nonostante la grande umanità e la sostanziale modestia, poco o nulla poteva imparare dai suoi scolari. Tuttavia nel suo Marchesi il Franceschini ci ha narrato un episodio significativo (p. xit s.). Nel 1926, sul finire di una lezione sulla tradizione medievale dell'Etica Nicomachea [...]



da Alfonso Paolella, Varietà e documenti. Semiologia, narratologia e retorica. Una rassegna bibliografica 1975-1979 in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]te posizioni moderne della critica e, ahimé, della semiotica » (p. 20). La partita quindi si gioca sul testo, il solo punto di incontro e terreno valido per verificare qualsiasi modello teorico. Nella tesi proposta da Segre il formalismo si innesta
312 VARIETÀ E DOCUMENTI
su una base storica piú robusta, per la quale i modelli semiologici, che sono anche storici e culturali, subiscono una verifica rigorosa su un supporto piú concreto: il testo filologicamente corretto. La presenza di tali modelli non deve spingere il semiologo a prestare fede cieca alla loro validità assoluta ed oggettiva nonostante la loro articolazione e complessità perché « occorrerà tener conto... che ogni lettura è una forma di `esecuzione' e che nessuna lettura è esente dall'intervento dei codici, linguistici e culturali, del lettore » (p. 37). Coerente al principio della verifica sul testo delle posizioni teoriche, Segre inserisce in tutti i suoi volumi, da I segni e la critica (1969) a Le strutture e il tempo (1974), una elaborazione teorica ed una parte applicativa. [...]

[...]ine of signs, Indiana University, Bloomington, tr. it. Contributi alla dottrina dei segni, Milano, FeltrinelliBocca, 1979; SEGRE, Cesare 1969: I segni e la critica. Fra strutturalismo e semiologia, Torino, Einaudi; 1974: Le strutture e il tempo. Narrazione poesia modelli. Torino, Einaudi; 1977: Semiotica storia e cultura, Padova, Liviana; 1978: Discorso, « Enciclopedia Einaudi », Vol. Iv: CostituzioneDivinazione, Torino, Einaudi; 1979: Semiotica filologica. Testo e modelli culturali, Torino, Einaudi; SKLOVSKIJ, Viktor 1925: 0 teorii proxy, Moskva, tr. it. Una teoria della prosa, di M. Olsoufieva, Bari, De Donato, 1966; Teoria della prosa, trad. di C. De Michelis e R. Oliva, Torino, Einaudi, 1976; 1959: Chudozestvennaja proza, Moskva, tr. it. Lettura del «Decameron ». Dal romanzo d'avventura al romanzo di carattere, trad. di A. Ivanov, Bologna, Il Mulino, 1969; TOMAïEVSKIJ, Boris 1928: Teorija Literatury. Poetica. Leningrad, 1928, tr. it. Teoria della letteratura, trad. di M. Di Salvo, Milano, Feltrinelli, 1978; TonoRov, Tzvetan (a cura di) 1965[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] P. Togliatti, Il leninismo nel pensiero e nell'azione di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]vimenti strategici e tattici, dettati da una situazione particolare. La sua verità sta nel metodo
Palmiro Togliatti 19
e il metodo è unito inseparabilmente al contenuto, perché è metodo marxista e leninista, cioè guida all'azione rivoluzionaria nelle condizioni in cui si compie il passaggio dal mondo borghese al mondo socialista. Di qui discende il suo legame col leninismo, che è la dottrina rivoluzionaria di questo passaggio.
2. — La ricerca filologica sulla conoscenza che G. ebbe delle opere di Lenin presenta alcune difficoltà. Non è sempre possibile, infatti, stabilire in modo preciso quando egli poté conoscere e studiare determinati scritti di Lenin e quindi quali di essi ebbero maggiore efficacia diretta su di lui nei singoli momenti.
Certo è che persino il nome del grande capo rivoluzionario russo era sconosciuto o quasi, nel movimento operaio, prima della prima guerra mondiale. Incominciò a essere conosciuto dopo l'incontro preliminare di Lugano del 1914 e dopo le conferenze internazionali di Zimmerwald (1915) e di Kienthal (1916). N[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine filologica, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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<---positivismo <---realismo <---socialiste <---umanesimo <---Alessandro D'Ancona <---Antonio Gramsci <---Bibliografia <---Capitale <---De Sanctis <---Dei <---Del resto <---Dinamica <---Ecco <---Etica <---Fisica <---Francia <---Kant <---Lukàcs <---Pascoli <---Psicologia <---Scienza politica <---Scienze naturali <---Sistematica <---Stalin <---Stilistica <---Teoretica <---Togliatti <---comunismo <---cristiano <---dell'Istituto <---dell'Ottocento <---dualismo <---etnologia <---filologiche <---filologici <---formalismo <---giacobinismo <---gramsciane <---hegeliano <---idealisti <---leninista <---marxiana <---marxiano <---materialista <---metodologico <---mitologia <---monismo <---naturalismo <---nazionalismo <---psicologia <---riformismo <---riformista <---riformisti <---spiritualismo <---umanisti <---volontarismo <---Althusser <---Ambrogio Donini <---Antonio Labriola <---Archivio <---Bergson <---Bernstein <---Bollettino <---Bulzoni <---Chiesa <---Cosa <---D.C. <---D.O.C. <---Divina Commedia <---Dogmatica <---Editions Sociales <---Editori Riuniti <---Etnologia <---Etudes <---Eugenio Garin <---Fenomenologia <---Filosofia della storia <---Folklore <---Forme <---Francesco De Sanctis <---Gerusalemme <---Giambattista Vico <---Gianluigi Melega <---Giorgio Pasquali <---Giornale storico della letteratura italiana <---Giosuè Carducci <---Giulio Andreotti <---Già <---Graf <---Guicciardini <---Hegel <---Il Mulino <---Il Saggiatore <---Il lavoro <---La Nuova Italia <---Lenin <---Lingua <---Lockefeer <---Meccanica <---Mouton <---Nuova Italia <---Ordine Nuovo <---PCI <---Partito <---Payot <---Però <---Problemi <---Psicanalisi <---Quale <---Rivista trimestrale <---Russia <---Semantica <---Semiologia <---Seneca <---Seuil <---Shakespeare <---Sorel <---Storiografia italiana <---Strasburgo <---Studi <---Sulla <---Talleyrand <---Traité <---Trotzki <---U.R.S.S. <---Viene <---Voglio <---antagonismo <---antropologia <---azionisti <---biologico <---centralismo <---conservatorismo 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