Brano: [...]er scamparne, Esso non ha mai avuto fede nel Destino. Non ci crede. Miele e fiele non li distingue per via di una consonante; sulle sue labbra hanno lo stesso sapore. E il suo stendardo, quel giglio rosso in campo bianco, non è una stigmate sulla sua coscienza immacolata. E il gonfalone della sua città e della sua fantasia, che di un grumo di sangue ne fa un fiore e lo circonda di silenzio.
Firenze, nel medio evo, arrivava all'altezza di San Frediano; e i ponti, sull'Arno che l'attraversava, sono ancora quelli: dal Cin
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quecento ad oggi, nessuna piena li ha più potuti sradicare. Ce n'è quattro in un chilometro; tutto il mondo .li conosce e li ammira.
Il primo, e il più a nord, é il ponte alle Grazie. Era il 1238 quando Rubaconte da Mandell°, milanese e Podestà dei Fiorentini, presenziò l'inaugurazione. Fu anche il primo ponte in muratura; perciò da allora non ha mai tentennato. Sulle sue pigne, come su quelle di Ponte Vecchio, si eressero delle piccole case dove, invece di botteghe, vi si aprirono oratori. Questo. pont[...]
[...]percui di cotesto mondo industriale, si potevano distinguere la zona giovane e quella antica. L'una, il Quartiere di Rifredi, per la stessa superficie che ricopriva, verso nordovest, fuori della topografia urbana, era destinata ad estendersi nell'avvenire. L'altra, non vecchia ma antica, e nel cui cuore avevano svettato le ciminiere leopoldine, ancorché viva ed attiva, stretta com'era dalle sue case, schiacciata tra il fiume, le colline e San Frediano, aveva chiuso il ciclo della sua espansione. Come gremito della sua gente, questo era il Pignone. Sussisteva un terzo nucleo, a suo modo decentrato, con una seconda grande Fonderia e un moderno Pastificio, nel rione delle Cure, ormai tutto villini, dove gli operai ci lavoravano ma non ci stavano di casa. Ora crescendo le generazioni, ci si partiva ogni mattina dal Pignone, per andare a lavorare non soltanto alle Cure, ma a Rifredi; e travasando sangue a sangue, in una vita ch'era per tutti uguale.
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Il Pignone restava la cittadella operaja; tra la sua gente, gravi[...]
[...] grande Fonderia e un moderno Pastificio, nel rione delle Cure, ormai tutto villini, dove gli operai ci lavoravano ma non ci stavano di casa. Ora crescendo le generazioni, ci si partiva ogni mattina dal Pignone, per andare a lavorare non soltanto alle Cure, ma a Rifredi; e travasando sangue a sangue, in una vita ch'era per tutti uguale.
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Il Pignone restava la cittadella operaja; tra la sua gente, gravitandovi San Frediano e la campagna, vi si mischiava l'artigianato superstite, e gli ortolani e i braccianti, come la plebe. « La teppa », si diceva. Dirimpetto, sulla riva destra del fiume, si trovava, come adesso, il parco delle Cascine che accompagna l'Arno fin là dove riceve nel suo letto il Mugnone. Costi, c'era l'Isolotto, le montagne d'immondizia che gli spazzini venivano a scaricare da ogni parte della città, e parallele le ultime case del quartiere. Un breve tratto deserto e incominciava il suburbio, il contado, coi primi orti di Monticelli, di Legnaja, di Soffiano. L'altro confine era fuori Porta San Fre[...]
[...]a destra del fiume, si trovava, come adesso, il parco delle Cascine che accompagna l'Arno fin là dove riceve nel suo letto il Mugnone. Costi, c'era l'Isolotto, le montagne d'immondizia che gli spazzini venivano a scaricare da ogni parte della città, e parallele le ultime case del quartiere. Un breve tratto deserto e incominciava il suburbio, il contado, coi primi orti di Monticelli, di Legnaja, di Soffiano. L'altro confine era fuori Porta San Frediano. Divisi dalle antiche mura, San Frediano e il Pignone potevano tenersi d'assedio. Le colline di Bellosguardo e di Montoliveto, erano i contrafforti. Dalla parte del fiume, che li separava entrambi dal resto della città, il Pignone seguitava San Frediano. Chiusa la Porta, messo un posto di blocco all'altezza di Monticelli, bastava una sentinella all'imbocco del ponte Sospeso, perché il Pignone fosse al riparo dalle offese. Là, a Rifredi, l'apertura dei prati, la zona stessa, distesa come su un'unica lunga strada e sparsa sui due lati, rendevano possibile ogni irruzione. Il Pignone, non potendo operarvi dall'interno, lo si doveva forzare. Fu un assedio che durò gli anni Venti e Ventuno, con colpi di mano, agguati, spedizioni da parte delle Bande Nere, finché la gente del Pignone non si decise essa a una sortita. Questo rappresentò la sua vitto[...]
[...]Il Pignone, non potendo operarvi dall'interno, lo si doveva forzare. Fu un assedio che durò gli anni Venti e Ventuno, con colpi di mano, agguati, spedizioni da parte delle Bande Nere, finché la gente del Pignone non si decise essa a una sortita. Questo rappresentò la sua vittoria, la sua tragedia e la sua capitolazione. Ne fu pieno il mondo, il giorno dopo, della sua impresa disperata.
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C'era tutto il Pignone, cotesta sera; c'era mezzo San Frediano; ed erano venuti, alla spicciolata, o ci si era trattenuti, sulla strada di casa, gli ortolani, i braccianti, di Monticelli e di Legnaja. La gente di via Bronzino, di via dell'Antonella, di via Pisana, che sono nel cuore del Pignone, era sulle soglie degli usci, sulla piazza, davanti alle botteghe, e alla Casa del Popolo appena devastata, col cuore in gola e il sangue avvelenato. I comignoli
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della Fonderia fumavano; i panni dei tintori erano stesi ad asciugare, l'Arno andava lento e grosso per via delle piene di prima vera. Erano le sette di sera e il sole tramontava tutto[...]
[...] i soldini, che dalle loro tasche erano finiti nelle sue mani. « Bona, Masi » gli dicevano. « Ci fai passare a scapaccione? ». «Sicuro, come se il ponte fosse mio », egli invariabilmente rispondeva: e ancora era vivo Umberto I
e Garibaldi scriveva lettere da Caprera: ne aveva scritta una alla "Mutuo Soccorso tra gli Operai del Quartiere del Pignone". « Come non fossi anch'io un sottoposto. Girate dalla Carraja e arrivate a casa per borgo San Frediano, se non ci avete il saldino, o vi pesa pagare ». Ciascuno di loro, egli se l'era visto passare davanti ancora in pancia alla madre, e poi ragazzo che strusciava carponi per non versargli il tributo, e poi giovanotto col primo velocipede e la prima ragazza a braccetto, col primo damo e i capelli tirati sulla testa; tutte le mattine, sempre col fagottino sotto il braccio, e ora vestiti con la tuta che era venuta di moda anche sul lavoro. Conosceva loro e le loro donne; i loro uomini e loro, le fanciulle appena sbocciate e i vecchi col bastone. « Qui, stasera, non mi dice
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[...] lontano, il traghetto dell'Isolotto, un renaiolo sul barcone. Anche sull'Arno, era come non ci fosse nessuno; o per via del riflesso, non si vedeva. Il fiume scorreva con un certo moto; era calato dopo l'ultima piena, ma era ancora alto da coprire metà degli argini. È sempre così, di primavera. Gonfio, ma calmo, quasi verde e ora tutto barbagli; sotto il ponte schiumava un po', siccome fa un balzo alla pescaja di Santa Rosa, quando tocca San Frediano. Dall'altro capo, sullo slargo dove incominciano via dell'Antonella e via Bronzino, c'era la stessa gente di tutte le sere, ma era come se stesse ferma ad aspettare qualcuno o qualcosa che sarebbe dovuto arrivare da un momento all'altro. Era i fascisti che aspettavano: gliel'avevano mandato a dire, non si sapeva da chi, non si sanno mai queste cose, che sarebbero tornati stasera: "E prima di buio, giacché al Pignone si vuol rialzar la testa e lanciano le sfide, questi puzzolenti, queste bucaiole". Ora pretendevano che il Masi gli facesse il saluto. « Abbiamo sistemato San Frediano, con la tep[...]
[...]ome se stesse ferma ad aspettare qualcuno o qualcosa che sarebbe dovuto arrivare da un momento all'altro. Era i fascisti che aspettavano: gliel'avevano mandato a dire, non si sapeva da chi, non si sanno mai queste cose, che sarebbero tornati stasera: "E prima di buio, giacché al Pignone si vuol rialzar la testa e lanciano le sfide, questi puzzolenti, queste bucaiole". Ora pretendevano che il Masi gli facesse il saluto. « Abbiamo sistemato San Frediano, con la teppa che c'é, figurati se non pieghiamo il Pignone! ».
San Frediano, l'avevano messo a posto come nemmeno la Pa lizia c'era mai riuscita; e pigliandolo di sotto e di sopra, dalle spalle e di petto; entrandoci attraverso le Mura, o da Ponte alla
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Carraja, o dai viali, o da Porta Romana. Oppure, passando chiotti chiotti dal ponte Sospeso e girando al largo dal Pignone. Era sempre buio; Masi non li aveva mai visti in viso. Ma perché lui si peritava di guardare, non perché essi nascondessero la faccia. Non li guardava, ma li avrebbe potuti riconoscere, anche loro, uno per uno. Tutti dei ragazzi, comunque, che avevano fatto appena in [...]
[...]. La camicia nera aperta sul petto anche di gennaio; o col collo alto che gli pigliava tutta la gola; i pantaloni da soldato, coi gambali, o con le mollettiere. Chi in calzoni a righe, chi vestito di tutto punto, con la lobbia che davvero pareva un signorino. Pochi portavano il fez, cotesto aggeggio lo inalberavano nei cortei; i più erano, come si dice, a zucca vuota. Così, capelli al vento e manganello tra le mani, avevano messo a sedere San Frediano, facendovi irruzione una sera ogni tanto, quando pareva se ne fossero scordati. Fino alla sera della battaglia, che loro erano una cinquantina e si trovarono di fronte altrettanta gente, molta di più. « Un buscherio ». Gli rovesciarono addosso, dalle finestre, l'olio bollente; la teppa di via San Giovanni, ne prese uno e stava per infilarlo alla cancellata del Tiratoio; un altro "fu messo al muro e sorbottato, le donne gli strizzavano i cordoni". Ci fu un morto, ma tra quelli di San Frediano; e dei feriti. Di queste cose non ci si fa mai un'idea; non le scrivono sul
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giorn[...]
[...] quando pareva se ne fossero scordati. Fino alla sera della battaglia, che loro erano una cinquantina e si trovarono di fronte altrettanta gente, molta di più. « Un buscherio ». Gli rovesciarono addosso, dalle finestre, l'olio bollente; la teppa di via San Giovanni, ne prese uno e stava per infilarlo alla cancellata del Tiratoio; un altro "fu messo al muro e sorbottato, le donne gli strizzavano i cordoni". Ci fu un morto, ma tra quelli di San Frediano; e dei feriti. Di queste cose non ci si fa mai un'idea; non le scrivono sul
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giornale, bisogna saper leggere sotto i titoli dove dicono: una rissa, un litigio, la solita cazzottata in via del Leone. Qualche sera dopo, invece di loro, ma in mezzo qualcuno ce n'era, lo dicono questi del Pignone e in San Frediano, venne l'Esercito con l'autoblindo, bloccò via San Giovanni, e circondò piazza Tasso; la Polizia, cosí protetta, fece una retata. Dopotutto, se non al Pignone, chi é in San Frediano che non é schedato ? Tra poco, non importa più essere né ladri né ruffiani; « basta ti bollino per sovversivo ». Pensatela come volete, un ordine ci vuole; sistemato San Frediano, si erano buttati sul Pignone. Un osso un po' più duro.
Come in San Frediano, anche al Pignone abitavano dei fascisti; e mentre in San Frediano erano in diversi, ma quando c'era da bussare si eclissavano, al Pignone, i fascisti si contavano sui diti, e al contrario, erano i più coraggiosi. Essi, guidavano le spedizioni. È così, dove c'é più api c'è più miele. Specie con Folco Malesci. Con l'ingegnere. Avrà avuto venticinque anni, nemmeno; non ancora di leva, era andato al fronte volontario. Era un animo irrequieto; negli ultimi tempi della guerra si era fatto aviatore. Poi era stato a Milano, era stato a Fiume. Era stato anche all'estero, aveva viaggiato. Conosceva Mussolini di persona. Sembra che D'Annunzio gli scrivesse come Gariba[...]
[...]che a questo, il padre Malesci, in virtù dei suoi quattrini, aveva posto riparo. Folco continuava per la sua strada, pigliava la gente a tu per tu, gli tirava due schiaffi: « Vai, fila! »
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gli diceva. E chi si ribellava, questa era la voce, lo aspettava, calato il sole, e lo tuffava dentro le caldaie della tintoria. Tutte cose che si sentivano dire, che prove ne vuoi avere ? Gli altri mettevano a posto San Frediano; e Folco e i suoi amici, loro tre soli, qualcuno di rinforzo ogni tanto, avevano sparso il terrore da Monticelli a Legnaj a. Entravano negli orti e facevano piazza pulita. Oppure, certe mattine, all'alba, quegli ortolani, partivano come al solito coi barroccini per andare al mercato; e sparivano: loro, il ciuco, il barroccio e quanta c'era sopra. Era la seconda volta nel giro di due anni che succedeva; la gente del Pignone mormorava il nome dell'ingegnere, i giornali puntavano sulla teppa di San Frediano, e la Polizia, erano passati due anni, non aveva cavato un ragno dal buco. Folco era semp[...]
[...]nforzo ogni tanto, avevano sparso il terrore da Monticelli a Legnaj a. Entravano negli orti e facevano piazza pulita. Oppure, certe mattine, all'alba, quegli ortolani, partivano come al solito coi barroccini per andare al mercato; e sparivano: loro, il ciuco, il barroccio e quanta c'era sopra. Era la seconda volta nel giro di due anni che succedeva; la gente del Pignone mormorava il nome dell'ingegnere, i giornali puntavano sulla teppa di San Frediano, e la Polizia, erano passati due anni, non aveva cavato un ragno dal buco. Folco era sempre più spavaldo. Smilzo com'era, sembrava di gomma, gli andava tutto bene. Ma perché presentava la faccia; perciò non si poteva credere che i due ortolani li avesse fatti sparire lui. Nemmeno al Pignone ci credevano sul serio. In un certo modo, lo temevano e lo rispettavano. Una notte che lo avevano aggredito mentre tornava a èasa, sembra con l'intenzione di seppellirlo sotto la spazzatura dell'Isolotto, non si sa come, eppure riuscì a liberarsi, e senza uno sgraffio, senza una lividura. Da allora, era di[...]
[...]o. Tuttavia, a fondare il Fascio del Pignone non s'era azzardato. Doveva essere la sua rabbia e la sua pena; era la sola cosa che minacciasse e non si decidesse a fare. E ora, siccome dopo l'ultima spedizione contro la Casa del Popolo, quelli del Pignone non si sa, loro, cosa vogliano fare, Folco gli ha mandato a dire, che verrà una di queste sere, quando va giù il sole e con una squadra, la Disperata o le Fiamme Nere, come tre mesi fa in San Frediano. « Una di coteste sere può essere stasera, s'annusa nell'aria, non bastasse il resto, figlioli. E una domenica nata male. Scoppiata quella bomba, dicono in mezzo a via dei Tornabuoni: qui non si può sapere, qui si sa quello che chi passa ti vuol raccontare, e meno si sa meglio si vive: la città
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é deserta e come sottosopra, é una contraddizione. Chi é stato? Gli anarchici, chi vuoi siano stati ? ». E loro fascisti l'hanno presa per un'offesa personale. Dianzi, come il vento, avevano perfino i soldini belI'e contati, non hanno neanche segnato il passo, quattro o cinque di q[...]
[...]ti del Pignone, son rientrati dal centro con gli occhi che gli sbuzzavano dal viso: « Gavagnini ce lo pagano caro », hanno gridato. « Diglielo ai tuoi amici, ruffiano! ». Io non ho amici, lui aveva pensato. Né voialtri, né loraltri, son solo. « Digli che non s'azzardino. Digli che ci andiamo noi a cercarli stasera ». E sembra, ora, che una per una, si siano vuotate le case, di lá dal ponte.
Ecco, il sole è digiá mezzo affogato in Arno, dopo l'Indiano. Come tutte k sere, il cielo é un fuoco, percui ci si vede meno che se fosse mezzanotte. I due carabinieri di guardia al ponte, quelli dalla parte del Pignone, non si distinguono proprio, forse più che il riflesso li coprono i piloni. Ma si vede quella gente che sta ferma sulla piazza.
« Cosa stanno per tramare ? », si domandava il Masi.
Egli era più vecchio di quanto non sembrava; al Pignone lo dovevano capire, invece di star 11 fermi a guardarlo, lontani quant'è lungo il ponte che pareva l'avessero più di sempre e soltanto con lui. Era più vecchio dei suoi sessant'anni e dei suoi capelli [...]
[...]no la sorpresa e sottolineavano la loro irresolutezza.
« Che si fa ? ».
« Ci hanno tirato un'imboscata ».
« Qualcuno li ha avvisati ».
«Ma siamo stati noi ad avvisarli! Non ci perdiamo in considerazioni ».
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Questo era il Pomero che si aggiustava la fascia intorno alla vita.
« Non bisognava venirci dal ponte ».
« Si doveva entrare dalla parte di Legnaja ».
« Come ci si arrivava? ».
« Allora attraverso San Frediano ».
«Dietro alla porta ce ne saranno altrettanti ».
« Qui non si può restare », disse il Pomero. Bestemmiò, poi disse: «Saranno qualche centinaio, questi cenciosi ».
«Allora, Malesci, che si fa? ».
« Si va avanti, come che si fa? Siamo rimasti anche troppo qui a indugiare ».
Colui che aveva parlato non era Folco, ma un altro di quelli che il Masi vedeva per la prima volta. Gli stava quasi di fronte, al fianco di Folco, ed era un ragazzo come Folco, di sicuro non aveva trent'anni. Era alto, magro, un biondino si poteva dire del tipo che era, anche se il berretto all'inglese gli copriva la [...]
[...] aiuto che gli si poteva dare. Nondimeno: « Tarbé! », gridò. « Torna indietro ».
Si era fatto silenzio: nell'aria limpida della sera, non volava una rondine, un moscone; si poteva sentire, lieve, uno sciacquio, l'Arno che urtava contro gli argini, che andava calmo e veloce sotto il ponte, tutto verde ora e via via sempre meno screziato dalla spuma di cui si ricopriva, precipitando dalla pescaja, lá dove, cento metri distante, costeggiava San Frediano e le prime case del Pignone.
« Torna indietro, Tarbé! ».
La voce di Folco, risuonò irata e supplichevole insieme. E la folla, assiepata a meta del ponte, per un momento disorientata, sembrò esplodere nella sua carica di odio, di disperazione. Ancora trattenendosi compatta, si agitò in un mulinare di gesti, di grida, parve fare eco alle parole di Folco.
« Torna indietro ».
« È meglio per te ».
« Non ti ci provare ».
Erano urli che la rabbia stroncava; minacce che la provocazione di Tarbé rendeva tragicamente ridicole. E digià, inumane. Egli avanzava, puntando la rivoltella contro di loro[...]