Brano: [...]are che sia stato notevole, ma le applicazioni e le verifiche concrete non sono state per ora numerose. (Orlando ricorda, nell'Introduzione, pp. 389, quelle di Siti, Paduano, Zatti e Fiorentino.)
Per questo mi pare opportuno offrire qui un nuovo esempio di applicazione, che non può essere naturalmente la lettura freudiana di un testo — non ci sarebbe spazio per essa in una recensione — ma un'ipotesi di lettura, che potrebbe diventare freudiana: dell'Aminta di Tasso. Indico schematicamente alcuni punti da cui potrebbe partire e svilupparsi l'analisi.
1. I testi teatrali presentano un problema filologico particolare: ogni loro messa in scena è in realtà un'edizione e rappresenta un incontro tra la volontà dell'autore, le esigenze pratiche della compagnia, l'occasione particolare in cui viene allestito lo spettacolo, il rapporto con un pubblico delimitato e preciso. Ricostruire un testo — come ha fatto egregiamente per l'Aminta Bortolo Tommaso Sozzi —, cercando di risalire all'edizione a stampa o alla redazione manoscritta che meglio rappresentin[...]
[...]to e preciso. Ricostruire un testo — come ha fatto egregiamente per l'Aminta Bortolo Tommaso Sozzi —, cercando di risalire all'edizione a stampa o alla redazione manoscritta che meglio rappresentino l'ultima volontà dell'autore è solo una delle operazioni filologiche richieste da un testo di questo tipo; l'altra, certo non molto agevole (a volte impossibile), è quella che cerchi di ricostruire le singole occasioni di rap. presentazione. Il testo dell'Aminta, come l'abbiamo, porta i segni vistosi di successive integrazioni e va analizzato tenendo conto che alcuni dei brani aggiunti trasformano notevolmente l'assetto tematico del testo e prevedono un cambiamento anche in quella che Orlando chiama la funzionedestinatario. Questo dato filologico dimostra, a posteriori, che anche la struttura originaria del testo non deve essere stata cosí coerente, armoniosa e perfetta come tanti hanno pensato.
2. La storia della fortuna dell'opera, e delle reazioni a essa dei destinatari storici (i pubblici cortigiani di varie città italiane a fine Cinquecento) e [...]
[...]che indichino la direzione giusta per l'interpretazione del testo. E tuttavia il discorso di De Angelis, inevitabilmente sommario e volutamente polemico, soffre di alcune manchevolezze:
a) non si misura con la lettura piú fine, esperta e circostanziata prodotta da un critico che pur si allinea all'interpretazione tradizionale, quella di Mario Fubini (« Aminta » intermezzo alla tragedia della «Liberata*, pubblicata come introduzione all'edizione dell'Aminta, Stamperia Tallone 1967 e anche come saggio a sé sul « Giornale storico della letteratura italiana » 145, 1968, pp. 3852);
b) nello stabilire l'alternativa fra la tragedia che l'Aminta non è ma dovrebbe essere e la favola pastorale che è costretta a essere (un'alternativa in qualche modo parallela a quella posta da Fubini fra la « tragedia » della Gerusalemme e l'« intermedio » dell'Aminta) De Angelis non esplora a sufficienza le caratteristiche intrinseche della favola pastorale, una forma (che possiamo forse, adattando la terminologia di Freud e Orlando a un intero genere letterario, giungere a chiamare « forma di compromesso ») nella quale si realizza un particolare modo letterario, quello « pastorale », come è stato ben messo in rilievo da alcuni studiosi (dei quali, per brevità, ricordo solo Leo Marx, The Machine in the Garden. Technology and the pastoral Ideal in America, New York, Oxford University Press, 1974);
c) nei suoi rinvii a precise caratteristiche della storici[...]
[...] si inserisce, usa formule storiografiche troppo generiche, come « clima della Controriforma » e simili. Non mi pare opportuno, per esempio, parlare della ideologia controriformistica dell'« amore mistico », dimenticando quanta potente sensualità, fortemente corporea, ispirasse gli scrittori manieristici e quale complicato rapporto, fra realtà corporea e slancio spirituale ed estatico, ci fosse nei mistici e in molti poeti del tempo.
3. Il coro dell'Aminta, costituito da pastori, non ha solo la funzione di rappresentare simbolicamente sulla scena il pubblico che sta in platea, di seguire e commentare lo svolgimento della vicenda, di farsi raccontare dai personaggi gli avvenimenti che si sono svolti fuori scena, insomma di essere il primo destinatario dei messaggi impliciti nella favola e di agire da intermediario fra personaggi e pubblico. Se si tiene presente che il pubblico dell'Aminta era, nelle rappresentazioni ferraresi, costituito dal duca e dalla corte, bisogna anche pensare che i personaggi del coro — cosí come alcuni dei personaggi del dramma, riconoscibili come tali dal pubblico e ammessi come tali dalla convenzione pastorale — sono dei cortigiani travestiti da pastori. Per questo è importante l'analisi attenta di tutti i cori, e in particolare di quello esplicitamente ideologico della fine del primo atto (sull'età dell'oro come età dell'amore felice) e di quello, che è un sempice madrigale, alla fine del terzo atto, che i commentatori e i critici hanno trovato « os[...]