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ANTEPRIMA MULTIMEDIALI

Il segmento testuale capitalismo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 1728Analitici , di cui in selezione 55 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Kabaktceff (delegato dei comunisti bulgari e delegato come membro del Comitato della Terza Internazionale) [traduzione dal francese dell'onorevole Misiano], Discorso Kabaktceff in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...] letta dal compagno Misiano. La presidenza prega, quindi, Kabaktcefl di rinunciare alla lettura del testo in francese e di dare, senz'altro, la parola al traduttore. Cosí viene deciso).
MISIANO legge:
« Cari compagni,
« Questa Congresso ha una grande importanza nazionale e internazionale. Nazionale, per la definitiva liberazione del Partito italiano da tutte le tendenze pacifiste e riformiste, ereditate dal periodo pacifica dello sviluppo del capitalismo, e per la costituzione in Partito rivoluzionario del proletariato. Internazionale, perché gli occhi del proletariato del mondo intero sono oggi volti verso l'Italia. I due campi: la borghesia internazionale ed il proletariato internazionale, sanno perfettamente che la parte verso la quale andrà il Partito italiano, farà traboccare per lui la bilancia storica in questo momento. Dopo l'unione delle forze rivoluzionarie del proletariato, in quasi tutti i paesi dell'Europa continentale, in Partiti comunisti, dopo l'unione del Partito comunista con la sinistra del Partito indipendente socialista d[...]

[...]o svanite. L'Italia, nella sua qualità di uno dei piú deboli degli alleati dell'Intesa, è uscita dalla guerra con il bottino piú scarso. La parte del leone è stata fatta dai suoi alleati, dall'Inghilterra in prima fila. La pace imperialista ha distrutto le luminose speranze, con le quali la borghesia nazionalista italiana ingannava le masse durante la guerra. La pace non apre piú alcuna prospettiva, non soltanto per la politica espansionista del capitalismo italiano, ma anche per la sua consolidazione interna: il capitalismo italiano esce dalla guerra piú debole di quando vi è entrato. La borghesia non sa proporre altra uscita a questa crisi economica e finanziaria, all'infuori della costrizione violenta degli operai a lavorare nelle fabbriche sotto regime di sfruttamento e in una miseria sempre crescente; la soluzione che la borghesia propone, costituisce la schiavitú del proletariato. al capitalismo, la sua degradazione fisica e morale progressiva.
Il proletariato italiano, per difendersi e per salvarsi, intraprende una lotta sempre piú decisa e rivoluzionaria. Ha cominciato coll'entrare in sciopero per l'aumento dei salari; e, quando la borghesia ha risposto agli operai con la serrata e il sabotaggio della produzione, allora il proletariato ha trovato rifugio nell'unico mezzo che gli rimaneva: la occupazione delle fabbriche. Questo mezzo di lotta è rivoluzionario per eccellenza: mira alla trasmissione della proprietà sui mezzi di produzione, dalle mani della borghesia a quelle del prol[...]

[...]rsi di questa situazione rivoluzionaria. Il proletariato italiano e il Partito socialista italiano si trovano in questa situazione. Ed è soltanto prendendo in considerazione e tenendo ben calcolo della situazione rivoluzionaria, che essi possono stabilire in modo infallibile il loro dovere. Coloro che negano una simile situazione, coloro che la trascurano, si collocano sul
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piano della borghesia, lavorano per la consolidazione delle basi del capitalismo e della dominazione borghese; lavorano per l'incatenamento del proletariato in uno sfruttamento ancora maggiore.
Qual'è oggi, la situazione internazionale, la situazione degli Stati capitalistici e del mondo capitalista, dopo la guerra imperialista? La crisi economica e finanziaria ha colpito non solamente gli Stati vinti, ma anche gli Stati vincitori. L'Italia è compresa fra gli Stati vincitori; ma, tuttavia, noi la vediamo travagliata da una crisi economica e finanziaria delle piú profonde. La produzione nel mondo capitalista intero, ma soprattutto nei paesi dell'Europa continentale, si tr[...]

[...]n nuovo inciampo per la. produzione, perché porta con sé anche l'aumento dei prezzi delle materie prime e diminuisce contemporaneamente la capacità consumatrice delle classi lavoratrici.
Il fatto che la borghesia si dedica non già alla produzione, ma alla speculazione, che trasforma il capitale industriale in capitale di speculazione e di reddito, è un sintomo che la borghesia ha definitivamente portato a termine il suo compito storico e che il capitalismo é entrata in una fase tale in cui lo sviluppo della produzione e delle forze produttive diviene già impossibile.
La disoccupazione, il caro=viveri e la svalutazione della cartamoneta, che imperversano in quasi tutti i paesi capitalistici del mondo, sono le conseguenze, e nello stesso tempo i sintomi della grande crisi economica che scuote le basi capitalistiche del mondo. La prova irrefutabile dell'espandersi di questa crisi è precisamente l'incessante accrescersi della disoccupazione, del caroviveri e del deprezzamento della moneta in tutti i paesi.
La crisi finanziaria fiorisce ancora piú[...]

[...] della libertà sociale e nazionale dei popoli balcanici e danubiani, i Partiti comunisti di quei paesi, unificati in una fede ed in una Federazione comunista generale, conducono la lotta, in pieno accordo coll'Internazionale comunista.
Altrettanto chiara, giusta e rivoluzionaria è la posizione dell'I.C. nei riguardi della lotta che conducono i popoli coloniali in Asia ed in Africa. In questi paesi la situazione è caratterizzata dal fatto che il capitalismo non è ancora abbastanza sviluppato e che la lotta di classe non si verifica perché i popoli si trovano ancora sotto un regime feudale, dei grandi proprietari feudali. Ma questi paesi, benché ancora all'inizio del capitalismo, si sviluppano già per l'influenza delle leggi economiche del capitalismo: essi si sono trasformati in colonie degli Stati imperialisti. La lotta contro il dominio imperialista straniero è di una immensa importanza per la lotta per la liberazione del proletariato internazionale. Lo sfruttamento dei popoli coloniali è l'ultima sorgente alla quale il capitalismo attinge forza, e con la quale la borghesia sostiene ancora il suo dominio. La liberazione delle colonie significherebbe il crack del piú potente capitalismo, del capitalismo inglese. Il proletariato internazionale che lotta per la sua emancipazione, commetterebbe un delitto verso la propria classe e verso i popoli oppressi che lottano per l'emancipazione nazionale, se non tendesse a questi popoli la sua mano fraterna. L'unione fra il proletariato rivoluzionario ed i popoli oppressi che insorgono e fanno la rivoluzione e la guerra contro l'imperialismo, è una necessità per la vittoria della rivoluzione comunista universale. I Governi imperialisti attaccati dal proletariato nell'interno dei loro paesi e dai popoli oppressi all'esterno, saranno finalmente spazzati v[...]

[...]ortunisti e i riformisti non è una questione prettamente interna, ma al contrario, una questione di importanza internazionale colossale. La lotta contro gli opportunisti ed i socialpatrioti, la lotta per l'epurazione del movimento internazionale operaio da questi traditori, costituisce il dovere piú importante dell'I.C. Se essa non è in grado di assolvere questi compiti, non potrà realizzare il suo grande scopo finale e storico: l'abolizione del capitalismo e la realizzazione della società comunista. L'autonomia può essere sostenuta soltanto da coloro che non vogliono romperla con gli opportunisti e che sotto la maschera della autonomia, vogliono conservarli nel Partito, per continuare insieme la triste opera. Questa è oggi la condotta dei comunisti unitari, dei centristi. Non è vero che il Congresso di Mosca e che il C.E. non conoscano le condizioni speciali dell'Italia. Dopo il Congresso i fatti hanno provato al contrario che la I.C. conosceva perfettamente queste condizioni quando prendeva le sue decisioni concernenti il Partita italiano.
È [...]

[...]o e si è sviluppato l'opportunismo. È noto che Marx ed Engels hanno posto le basi del socialismo scientifico e rivoluzionario nel periodo che corre dal 1848 al 1871, periodo di rivoluzione e di guerra. Le armi teoriche e tattiche del proletariato rivoluzionario internazionale sono state temprate nel fuoco delle lotte rivoluzionarie. Ma dopo lo schiacciamento della Comune di Parigi, è cominciato un periodo relativamente tranquillo di sviluppo del capitalismo, senza guerre e senza rivoluzioni, nella crescente prosperità dell'industria. La generazione dei militanti socialdemocratici, la quale è stata educata durante questo periodo, mentre il movimento proletario si limitava alla azione parlamentare e legale, ha aperto le porte del socialismo all'opportunismo, di cui sono usciti dal suo seno gli apostoli. Nelle loro mani l'Internazionale ha cessato di essere l'organizzazione di lotta della classe per l'emancipazione proletaria e nel momento decisivo, nel 1914, è passata apertamente nel campo della borghesia.
L'imperialismo e la guerra imperialistic[...]



da Georg Lukacs, Problemi della coesistenza culturale in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]rattutto da parte dell'Occidente, si sottolinea di continuo che fino a quando l'Unione Sovietica non avrà rinunziato al suo obbiettivo, cioè il comunismo mondiale, non si potrà mai parlare di vera coesistenza. Sul piano teorico, questo ci sembra un discorso vuoto, mentre sul piano pratico esso significherebbe — per lo meno — il perpetuarsi della guerra fredda. Infatti, chiunque abbia una conoscenza anche approssimativa dell'essenza economica del capitalismo e del socialismo, dovrebbe sapere che entrambi i sistemi, a differenza di precedenti strutture economiche, hanno, in base ai loro stessi fondamenti, un carattere di universalità. Entrambi poterono sorgere soltanto sul fondamento per cui il mondo intero é diventato sul piano economico, e per ciò stesso anche politico, una struttura intrinsecamente interdipendente. In entrambi vi é la tendenza a modellare il mondo secondo la propria forma specifica, né possono rinunziare a questo tentativo obbiettivamente necessario senza contemporaneamente rinunziare a se stessi. Di conseguenza, il problema re[...]

[...] anni fa esaminava questo problema, e che nella «riduzione del lavoro necessario della società ad un minimo» scorgeva uno stato al quale «corrisponde la formazione artistica, scientifica etc. degli individui grazie al tempo divenuto libero per tutti e grazie ai mezzi a disposizione di tutti », giudicava che tale stato potesse esSere realizzato soltanto nel socialismo. Invece — e questo Marx nel 185758 non poteva in alcun modo prevedere — già nel capitalismo si è realizzato un tempo libero socialmente considerevole. Evidentemente, esso viene manipolato in modo conforme ai propri interessi dal capitalismo, che nel frattempo ha sottomesso al proprio dominio l'intera fabbricazione dei mezzi di consumo fino alla organizzazione della vita culturale. Questa contraddizione tra la crescente rilevanza sociale del tempo libero ed il suo vuoto interno parimenti crescente, la sua incapacità di soddisfare realmente gli uomini e tanto meno di conferire alla loro vita un piú alto contenuto, costituisce oggi uno dei problemi culturali centrali nei Paesi capitalistici ad alto livello di sviluppo.
PROBLEMI DELLA COESISTENZA CULTURALE 5
Marx credeva ancora che tale livello delle forze produttive avrebbe potut[...]

[...]eformanti, sia teoriche sia pratiche, del marxismoleninismo nel periodo staliniano hanno come conseguenza che agli uomini che soffrono per il vuoto capitalisticamente deformato del loro ozio, alla base divenuta astratta del loro sviluppo umano, non si profila alcun modello socialista, non viene prospettata una via d'uscita socialista. Inoltre — e ancora una volta si tratta di un fatto di somma importanza — non esiste alcun sostituto immanente al capitalismo per la mancanza di una prospettiva socialista come modello e via d'uscita.
Ai nostri fini, é sufficiente aver indicato ,i contorni più generali di questo nodo di problemi. Abbiamo inteso così soffermare l'attenzione sul fatto che, nell'evoluzione prevedibile dell'immediato futuro i problemi della cultura saranno chiamati a svolgere un ruolo qualitativamente piú rilevante che in epoche precedenti, cioè in uno stadio inferiore di sviluppo del capitalismo
II
Abbiamo definito la coesistenza culturale una forma della lotta di classe. Naturalmente, in tal modo non si é detto nulla di nuovo. Fin da quando sono esistite le classi, la classe dominante ha. sempre cercato di imporre agli sfruttati una concezione del mondo ad essa conveniente. Questa funzione della religione, della scuola etc. é antichissima. Fin dal Medioevo, la pittura in quanto sostituto ed esplicazione della Bibbia fu uno strumento per esercitare in questo senso un'influenza sugli analfabeti. E non c'é dubbio che anche nel campo ideologica in senso più
6 GEORG LUKACS
stretto ta[...]

[...]el materialismo storico — si trovano in errore. La (( esigenza del giorno» per la teoria e la prasSi dei comu
PROBLEMI DELLA COESISTENZA CULTURALE 9
nisti è la conoscenza marxista di ciò che di nuovo si é avuto, dopo la morte di Lenin, nei mutamentti strutturali, nelle tendenze di sviluppo etc. della vita sociale. Vi sono nuovi fenomeni di massa che non possono essere risolti appellandosi a Marx e a Lenin. Già nel 1922, introducendo la NEP nel capitalismo di Stato, Lenin diceva: «Neppure a Marx venne in mente di scrivere anche soltanto una parola in proposito, ed egli è morto senza aver lasciato neppure una citazione esatta o indicazioni inconfutabili. Perciò ora dobbiamo cercare di aiutarci da soli 0. Krusciov nél suo discorso a Bucarest ha applicato questo metodo di Lenin in modo coraggioso ed esatto alla nuova situazione, alle . affermazioni, esatte a suo tempo, di Lenin sul rapporta tra l'imperialismo e l'inevitabilità della guerra. Ciò significa, da un lato, che esiste tutta una serie di fatti nuovi, soprattutto econo mici, sia nel campo [...]

[...]anti il metodo marxista, trasformandone la vitalità e l'apertura in irrigimento. I nuovi fatti della vita possono essere decifrati unicamente mediante una rinascita del metodo marxista, un riesame spregiudicato su questa base, non incorporando acriticamente riflessi borghesi altrettanto acritici del nuovo sviluppo nel metodo staliniano rimasto — nell'essenza — immutato.
III
Potrebbe sembrare che con tale analisi della situazione ideologica del capitalismo e del socialismo Si venga a sottrarre alla coesistenza culturale ogni terreno intellettuale. In realtà, avviene esattamente il contrario: soltanto attraverso questo bilancio critico del presente è possibile spianare la via del futuro, la via verso la coesistenza culturale, che si avrà inevitabilmente. A tal fine, la premessa evidente é la resa dei conti con l'eredità
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staliniana quanto alla concezione socialista del mondo. Ciò, naturalmente, vale soltanto per coloro che sono in grado di comprendere il carattere di concezione generale del mondo proprio del marxismo. Da Max Web[...]

[...]I DELLA COESISTENZA CULTURALE 11
auto recare con sé gravi pericoli anche per gli USA. Di conseguenza, elaborò una politica economica la cui linea fondamentale mirava a evitare le crisi, a creare misure profilattiche per evitare il loro scoppio, etc. Prescindendo dal fatto se questa posizione sia stata assunta con una giusta o falsa coscienza della sua base economica, il suo significato oggettivo risiede nella difesa degli interessi generali del capitalismo nel suo complesso, se necessario anche contro gli interessi di singoli gruppi capitalistici, per quanto potenti ed influenti. Infatti, non c'è alcun dubbio che alcuni di essi, in determinate circostanze, possano essere .interessati allo scoppio di una crisi, anzi, addirittura a provocarla, per raggiungere una più ampia concentrazione delle posizioni di monopolio e distruggere dei concorrenti molesti. Ma la scossa mondiale che si è avuta nel 1929 e dopo ha dimostrato che in tali casi può essere messo in pericolo il sussistere del sistema capitalistico. Per contro, Roosevelt riuscì a realizzare[...]

[...]ratezza, la trasformazione generale della strategia a causa delle armi nucleari, etc., hanno reso ormai obiettivamente sempre più impossibile ignorare tale problema. Tuttavia, dalla morte di Roosevelt in poi, Kennedy é stato il primo, e finora l'unico, uomo poli
12 GEORG LUKACS
fico del mondo capitalistico a riprendere questo programma, in condizioni differenti e assai più sviluppate. E che anche qui si tratti del contrasto di interessi tra il capitalismo nel suo complesso e le singole organizzazioni monopolistiche, é dimostrato con la massima chiarezza dal rapporto tra gli USA e gli Stati dell'America centrale e meridionale: l'attuazione pratica di una stretta collaborazione economica politica, in cui uno sviluppo maggiore, una modernizzazione degli Stati del Centro e del SudAmerica sarebbero di interesse vitale per il capitalismo statunitense nel suo complesso, naufraga sempre per il fatto che potenti gruppi capitalistici sono interessati a determinate situazioni di arretratezza di questi Stati — monoculture, grande proprietà terriera feudale, etc.
Abbiamo indicato soltanto il problema di fondo, giacché la sua realizzazione in tutti i campi della vita internazionale non può essere assolutamente il fine di questo saggio. Basti accennare soltanto alla questione negra, come problema di politica interna, e all'infausto appoggio dato, in politica estera, alle tendenze e ai governi più reazionari del Centro e SudAmerica, p[...]

[...]ogni concezione del mondo corre dei rischi sia che soddisfatta di sé rimanga chiusa in se stessa, sia che sia pronta ad accogliere quanto viene dall'esterno. Che il primo di questi comportamenti conduca all'inaridimento e quindi — in situazioni di crisi — all'incapacità a resistere, può essere facilmente
20 GEORG LUKACS
confermato in base alle esperienze storiche. Del resto, oggi lo possiamo riscontrare come fenomeno largamente diffuso sia nel capitalismo sia nel socialismo. Nell'altro caso, si dimostra che ogni concezione del mondo, proprio perché scaturisce sempre da un determinato essere sociale, é internamente assai sensibile. Per rifarci ad un esempio meno recente: l'assimilazione di L. Morgan da parte di Marx ed Engels rafforzò grandemente il materialismo storico, mentre l'assimilazione di Kant da parte di Bernstein e Max Adler ha largamente e lungamente paralizzato il materialismo dialettico. Ma poiché questo rischio si basa su un'alternativa reale, é impossibile sfuggire ad esso. Ogni fatto importante scoperto, ogni apertura di un nuov[...]



da [Gli interventi] Roberto Battaglia in Studi gramsciani

Brano: [...]propria fiducia nello sviluppo pacifico del mondo ed erano arrivati a proporre un tribunale internazionale per risolvere ogni verRoberto Battaglia

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tenza, per eliminare ogni pericolo di guerra. Il (Labriola condannò recisamente questa illusione, l’illusione di sostituire, egli dice, ai « zig zag della storia un consiglio di savi » ; e colse l'occasione per ribadire che ben diversa era la prospettiva storica tracciata dallo sviluppo del capitalismo e che «fatale» eira iainche l'inasprirsi della questione coloniale. Particolarmente su quest’ultima richiamò pertanto l’attenzione del proletariato, invitandolo a intervenire, ad inserirsi con la propria azione politica nel campo dell’espansione borghese. Certamente, dal punto di vista tattico il Labriola sbagliò nell’indicare il modo di questo inserimento. Ed il suo errore non fu solo contingente, ma ha la propria indubbia origine nella concezione ancora vaga e confusa ch’egli aveva della nuova epoca deirimperialismo. Ecco come, negli ultimi suoi scritti e particolamence nei frammenti delie [...]

[...] alle varie borghesie ». Ed ancora : « La concorrenza è l’assioma della società liberale la quale vi si eserciterà attorno più furiosamente nel nuovo secolo ».

C’è quindi in lui — mi sembra che si possa affermare — l’intuizione che si va verso un’epoca di continui, più approfonditi, « furiosi » contrasti. Tuttavia egli non va al di là di questa intuizione, né arriva a cogliere il profondo mutamento strutturale che subisce in questo periodo il capitalismo. In fondo egli ritiene che la nuova fase sia semplicemente un prolungamento, una continuazione della vecchia fase « liberale ». Né coglie nella nuova struttura del capitalismo quegli elementi che — come dice Lenin — « si stanno movendo in senso opposto ». Da qui deriva quel suo accenno alla probabile « accentuazione della concorrenza » che è formula quanto mai imprecisa od errata; mentre la formula esatta dovrebbe invece riferirsi alla fine della concorrenza e al sorgere del monopolio.

Cosi egli intuendo sollo confusamente le caratteristiche della nuova età, non può additare compiti precisi ai partiti operai. E l'enunciazione in cui attribuisce al movimento socialista una semplice funzione di « contrap528

Gli interventi

peso alla borghesia » è evidentemen[...]

[...]« SÌ tratta di un gigantesco apparecchio industriale che corrisponde a un piccolo Stato capitalista, che è un piccolo Stato capitalista e imperialista perché detta legge all’industria meccanica torinese, perché tende con la sua produttività eccezionale, a prostrare e assorbirle tutti i concorrenti: un piccolo Stato assoluto che ha un autocrate: il' comm. Giovanni Agnelli, il più audace e tenace dei capitani d'industria italiani, un 66 eroe ” del capitalismo moderno. ÌLI capitalismo annienta i suoi 66 eroi ”, il capitalismo sta annientando il comm. Giovanni Agnelli. Il capitalismo è diventato plutocrazia, è diventato alta banca... In pochi mesi rorganizzazione (o lo sfacelo) capitalistica ha compiuto molti passi in avanti; la plutocrazia siderurgica ansaldiana ha rinnovato l’assalto, è passata sopra il cadavere del capitano d’industria ».

Ora non interessa qui tanto verificare se le indicazioni date da Gramsci a proposito della FIAT siano tutte esatte e se la sua analisi si è compiutamente avverata; interessa piuttosto che egli colga cosi chiaramente la sostanza del processo capitalistico, cioè il fatto che nella nuova età è finita l’epoca dei capitani d’industria, [...]

[...]iderurgica ansaldiana ha rinnovato l’assalto, è passata sopra il cadavere del capitano d’industria ».

Ora non interessa qui tanto verificare se le indicazioni date da Gramsci a proposito della FIAT siano tutte esatte e se la sua analisi si è compiutamente avverata; interessa piuttosto che egli colga cosi chiaramente la sostanza del processo capitalistico, cioè il fatto che nella nuova età è finita l’epoca dei capitani d’industria, l’epoca del capitalismo industriale produttivo e s’inizia quella del dominio dell’alta banca, delloligarchia finanziaria.

Cosi il modo con cui egli si avvicina a un’altra caratteristica fondamentale deirimperialismo, al problema dell’espansione coloniale, all’esigenza assoluta che il capitalismo ha in questa fase di lottare per la spartizione dei mercati nel mondo, non è un modo soltanto teorico; ma nasce da un’esperienza diretta che è la vittoriosa lotta condotta dal proletariato contro l’impresa d’Albania. Io non so se Gramsci avesse già530

Gli interventi

letto in quell’epoca il saggio famoso di Lenin sull’imperialismo, ma certo l’impostazione che egli dà alla questione coloniale e il nesso ch’egli stabilisce tra questa questione e la rivoluzione proletaria sono tipicamente leninisti. Egli scrive : « Le popolazioni colonali diventano cosi il piedistallo di tutto l’apparecchi[...]

[...]a sua egemonia.

Ricordo su questo punto una delle sue citazioni più rapide ed illuminanti, allorché egli afferma che nel periodo del dopoguerra « l’apparato egemonico si sgretola e l’esercizio deU’egemonia da parte della borghesia diviene permanentemente difficile ed aleatorio. Il fenomeno viene presentato e trattato con vari nomi ed in vari aspetti secondari e derivati ». C’è qui la traduzione in termini gramsciani del concetto leninista del capitalismo morente, traduzione che nasce daH’interno stesso deH’esperienza pratica di Gramsci. Egli ha letto infatti gli scritti leninisti suirimperialismo quando già la sua coscienza di militante della classe operala era matura e disposta ad accoglierli, ricavando poi dagli stessi scritti l’impulso per una elaborazione ulteriore, per un successivo passo in avanti compiuto a contatto della realità in continuo sviluppo. Si veda a questo proposito l’acuta e puntuale analisi ch’egli fa dello Stato fascista, ponendo attenzione innanzi tutto a quella compenetrazione fra monopolio e apparato statale cui aveva[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] R. Zangheri, La mancata rivoluzione agraria nel Risorgimento e i problemi economici dell'unità in Studi gramsciani

Brano: [...]ende, come sembra,, che il raffronto verta su particolari orientamenti e programmi definiti, mentre quel che Gramsci trae positivamente dell’esperienza francese è niente più, ripeto, che la direttiva generale dell’unione rivoluzionaria di Parigi con i contadini, attraverso l’accoglimento delle loro istanze democratiche. E l’errore appare tanto più nocivo, dal momento che il Romeo ne deriva l’idea stupefacente che per giudicare dello sviluppo del capitalismo italiano si debba assumere come termine di confronto, « secondo la logica di tutta la tesi del Gramsci », scrive, la « via francese » di sviluppo del capitalismo, piuttosto che la « via prussiana », o la « via americana ». Che è una contaminazione fra due concetti, quello

p. 670). Negli appunti del carcere sono difatti corretti precedenti giudizi dello spirito giacobino come astratto e antistorico, per i quali vedi, ad es., L'Ordine nuovo, 19191920, Torino, 1934, p. 15, e nella raccolta di scritti giovanili pubblicata da Rinascita, a. XVI, n. 4 (apr. 1957), le pp. 146151.

1 R., p. 74.374

I documenti del convegno

gramsciano del « giacobinismo » e quello leninista delle « vie di sviluppo del capitalismo », che hanno diversa motivazione e si[...]

[...]ti, quello

p. 670). Negli appunti del carcere sono difatti corretti precedenti giudizi dello spirito giacobino come astratto e antistorico, per i quali vedi, ad es., L'Ordine nuovo, 19191920, Torino, 1934, p. 15, e nella raccolta di scritti giovanili pubblicata da Rinascita, a. XVI, n. 4 (apr. 1957), le pp. 146151.

1 R., p. 74.374

I documenti del convegno

gramsciano del « giacobinismo » e quello leninista delle « vie di sviluppo del capitalismo », che hanno diversa motivazione e si riferiscono a problemi diversi.

Il Romeo non limita la sua critica a questo punto : indipendentemente dalle reali possibilità di attuazione di una riforma agraria, egli si chiede quali effettive prospettive di progresso una simile alternativa avrebbe offerto all’economia italiana. Il Romeo ha il merito di impostare cosi la discussione nei termini giusti, avvertendo che la questione di una rivoluzione agraria, della abolizione cioè dei residui feudali nei rapporti di lavoro e nel regime fondiario, concerne precisamente lo sviluppo del capitalismo, i pro[...]

[...]ndentemente dalle reali possibilità di attuazione di una riforma agraria, egli si chiede quali effettive prospettive di progresso una simile alternativa avrebbe offerto all’economia italiana. Il Romeo ha il merito di impostare cosi la discussione nei termini giusti, avvertendo che la questione di una rivoluzione agraria, della abolizione cioè dei residui feudali nei rapporti di lavoro e nel regime fondiario, concerne precisamente lo sviluppo del capitalismo, i problemi economici dell’Italia unita. Di più, intende che alla base dello sviluppo economico moderno è il processo dell’accumulazione del capitale, anche se, come vedremo, non gli sono chiare le condizioni economiche e sociali entro cui l'accumulazione si rende possibile. Si deve dire infine che il Romeo è nel vero quando afferma che, salvo il lavoro del Sereni, gli studiosi marxisti hanno lasciato in ombra la fondamentale problematica del processo di sviluppo capitalistico nell’Italia unita.

Quali dunque le probabili conseguenze sull’economia italiana di una rivoluzione agraria? Essa a[...]

[...]nomiche e sociali entro cui l'accumulazione si rende possibile. Si deve dire infine che il Romeo è nel vero quando afferma che, salvo il lavoro del Sereni, gli studiosi marxisti hanno lasciato in ombra la fondamentale problematica del processo di sviluppo capitalistico nell’Italia unita.

Quali dunque le probabili conseguenze sull’economia italiana di una rivoluzione agraria? Essa avrebbe arrestato, a mente del Romeo, l’incipiente sviluppo del capitalismo nelle campagne del nord, colpendo inevitabilmente « anche le forme di più avanzata economia agraria », cioè, se bene intendo, le medie e grandi aziende a salariati, « per sostituirvi un regime di piccola proprietà indipendente » 1. A questo modo si sarebbe contratto « il profitto agrario, che da noi agisce come la molla principale di tutto il processo » dell’accumulazione. Una simile opinione ha due punti d’appoggio: l’uno relativo alle condizioni dell’economia agraria nel Risorgimento, l’altro consistente in un confronto con lo sviluppo dell’economia francese dopo la rivoluzione borghese.
[...]

[...]a questa trasformazione si sarebbe attuata, nella eventualità di una riforma, se innalzando il mezzadro alla proprietà o abbassandolo a salariato; e non trovo in Gramsci nessuna previsione che il processo si sarebbe svolto nel senso della formazione di una democrazia rurale, come suggerisce Romeo, confondendo fra riforma agraria e formazione di una proprietà contadina, che ne è un caso particolare; mentre non è poi affatto certo che le leggi del capitalismo, rendendosi più ampiamente operanti nelle campagne, si sarebbero astenute dal sottoporre la nuova proprietà contadina al normale processo capitalistico di differenziazione e di « selezione ».

Certo, fra i molti casi possibili, il più improbabile è quello immaginato dal Romeo, che la trasformazione del rapporto mezzadrile avrebbe arrestato lo sviluppo delle zone capitalisticamente evolute. Lo stesso può dirsi per una soluzione del problema della terra nel Mezzogiorno. Ma in proposito bisogna aggiungere che la difficoltà, prospettata dal Romeo, e secondo cui una piccola proprietà coltivatric[...]

[...]o » alle esigenze dell’industrializzazione, ma che fu in effetti la forma imposta a quel tipo di industrializzazione, stentato e distorto come esso riuscì. E del resto, il prezzo dell’espansione industriale, di cui sarebbe assurdo negare la portata positiva nella storia d’Italia, fu non soltanto l’inferiorità economica, e si deve aggiungere civile, del Mezzogiorno, ma ancora l’emigrazione di massa, la disoccupazione cronica, ecc. Un bilancio del capitalismo italiano non può prescindere correttamente da queste voci e voglio dire anche un bilancio strettamente economico.

Per contro, il Romeo non ritiene che la Francia abbia tratto alcun vantaggio da una diversa, democratica soluzione della questione agraria al tempo della rivoluzione borghese, e giunge anzi a credere che a quella soluzione debbano ricondursi le più tarde difficoltà dell’agricoltura francese. La scelta dell’esempio francese deriva, come si comprende, dalla logica della posizione del Romeo, o, per dir meglio, dall’errore logico su cui la sua posizione critica è costruita, e che p[...]

[...]OCCI, Agostino Depretis e la politica interna italiana dal 1876 al 1887, Torino, 1956, p. 439 sgg. Si è del resto osservato giustamente che le misure protettive non avvantaggiarono l’agricoltura : M. BANDINI, Cento anni di storia agraria italiana, Roma, 1957, pp. 3441.Renato Zangheri

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sponde una analoga stagnazione dell’agricoltura italiana, oltreché a cause operanti all’interno del settore agricolo, dovrà riferirsi allenterò corso del capitalismo francese, alla funzione che il risparmio formato nell’agricoltura ebbe nel finanziamento dello sviluppo economico non solo francese, ma europeo e mondiale, e cosi via1.

Il rilievo può valere anche per l’agricoltura inglese, che ha avuto fra il 700 e l’800 il suo travolgente sviluppo, ma anche, in epoca più vicina, la sua paralisi e la sua rovina, per il sopravvento di altre forme di attività economica e speculativa, sicché nel 1946 la Gran Bretagna dipendeva per la metà del suo fabbisogno alimentare dai rifornimenti esteri 2.

Per scendere poi ad una verificazione statistica della tesi d[...]

[...]denza alla diminuizione della popolazione agricola sul totale della popolazione attiva, caratteristica dei paesi industrialmente sviluppati, in Italia si verifica difficoltosamente. Dal 1871 al 1921 la percentuale della popolazione attiva agricola è ferma fra il 57 e il 54, e scio nel 1931 scende al 46,6. Nello stesso anno, in Francia è del 35,62.

Siamo peraltro giunti ad un’epoca, quella contemporanea, in cui si affermano caratteri nuovi del capitalismo mondiale, si attua una nuova ripartizione dei mercati, i movimenti di capitali acquistano diverso significato, e insomma i nuovi dati perdono ogni aspetto di comparabilità. Resta tuttavia, in questo quadro, e s’aggrava, l’inferiorità del capitalismo italiano nella competizione internazionale. Per giungere ai nostri giorni, e seguendo un confronto che, in verità, non offre ormai più elementi probatori, il volume della nostra produzione industriale sul totale deH’Europa occidentale è del 9%, mentre il volume di quella francese è del 14%; il prodotto industriale per abitante, fatto pari a cento il prodotto medio dell’Europa occidentale nel 1955, è di 55 per l’Italia e di 92 per la Francia 3. I rendimenti unitari dell’agricoltura italiana restano inferiori a quelli pur bassi dell’agricoltura francese, e gravemente inferiori a quelli dell’agr[...]



da Jacques Howlett, I comunisti e la lotta contro il colonialismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]64 JACQUES HOWLETT
Imperialism (1902). Lenin conosceva l'opera di Hobson, e, pur riprovando il suo punto di vista « socialriformista borghese », riconobbe che essa offriva « una descrizione eccellente, circostanziata, dei principali caratteri economici e politici dell'imperialismo » (7).
L'analisi sistematica dell'imperialismo, e quindi la sua condanna scientifica, Lenin l'intraprese nell'opuscolo intitolato « L'Imperialismo, stadio ultimo del Capitalismo », scritto a Zurigo nel 1916. L'imperialismo é legato a un'evoluzione del capitalismo per cui quest'ultimo, nel XX secolo, passa dalla stadio dell'esportazione delle merci a quello dell'esportazione del capitale. Vediamo infatti, nei primi anni del secolo, stabilirsi nel mondo la preponderanza monopolista di alcuni paesi ricchi, come la Germania, l'America del Nord, l'Inghilterra. I monopoli (cartelli, sindacati, trusts) appaiono in questa fase recente dello sviluppo del capitalismo, fase che é caratterizzata anche dall'altro importante fenomeno della progressiva concentrazione bancaria. Prodottosi così un enorme eccedente di capitali, i capitalisti aumentano i propri benefici esportando tale eccedente all'estero, nei paesi arretrati. L'esportazione dei capitali é, insieme con i monopoli, una base essenziale dell'imperialismo. È così, continua l'analisi di Lenin, che prima della guerra (191418) i capitali investiti all'estero dai tre principali paesi (Inghilterra, Germania, Francia) ammontavano già a 175200 miliardi di franchi, i quali, al tasso modesto del 5 0/e, doveva[...]

[...]ghilterra, Germania, Francia) ammontavano già a 175200 miliardi di franchi, i quali, al tasso modesto del 5 0/e, dovevano fruttare 810 miliardi all'anno. E Lenin aggiunge : « Ecco una solida base per l'oppressione e lo sfruttamento imperialista della maggior parte dei paesi e dei popoli del mondo, per il parassitismo capitalista d'un pugno di Stati opulenti » (op. cit., p. 168).
L'imperialismo, insomma, corrisponde allo stadio monopolistico del capitalismo; e Lenin riassume così i suoi caratteri fondamentali
(7) LENIN, L'impérialisme stade supérieur du capitalisme, p. 2. Testi riuniti in: Données complémentaires à l'impérialisme di E. VARGA et L. MENDELSOHN. Editions Sociales, Paris 1950.
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 65
1) concentrazione della produzione e del capitale a un grado tale da provocare la formazione dei monopoli;
2) fusione del capitale bancario industriale;
3) esportazione di capitali;
4) formazione di unioni internazionali capitalistiche e monopolistiche, che si spartiscono il mondo;
5) spartizione territor[...]

[...]Sociales, Paris 1950.
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 65
1) concentrazione della produzione e del capitale a un grado tale da provocare la formazione dei monopoli;
2) fusione del capitale bancario industriale;
3) esportazione di capitali;
4) formazione di unioni internazionali capitalistiche e monopolistiche, che si spartiscono il mondo;
5) spartizione territoriale del globo da parte delle maggiori potenze capitaliste.
Ma il capitalismo generatore dell'imperialismo « agonizza », poiché, attraverso il sistema dei trusts, esso conduce alla socializzazione della produzione. A questa necessaria « agonia » del capitalismo la pratica marxista contribuisce incitando alla liberazione politica dei popoli colonizzati. In « Il socialismo e la guerra », Lenin difende il diritto dei popoli arretrati a disporre di se stessi; e Stalin, nel 1913, precisa questa politica di liberazione : « La rivoluzione d'ottobre — egli scrive (8) — ha scosso l'imperialismo non soltanto nei territori metropolitani, ma anche nei paesi coloniali e dipendenti, minando colà la sua dominazione. La liberazione del proletariato è per sua essenza universalista, e il proletariato non pub liberarsi senza con ciò stesso liberare i popoli oppressi »[...]

[...]lla Rivoluzione d'Ottobre, Pravda 5, 7 novembre 1927.
66 JACQUES HOWLETT
tura e la civiltà in ciò che la cultura e la civiltà hanno di veramente progressivo ».
Qual é il processo di liberazione dei popoli oppressi? Bisogna partire dalle due tesi seguenti (9). Da una parte, la lotta rivoluzionaria condotta dai popoli oppressi contro l'imperialismo è il solo mezzo che essi hanno per liberarsi dall'oppressione e dallo sfruttamento : la crisi del capitalismo nascerà da questi movimenti di liberazione. D'altra parte, un fronte comune di lotta contro l'imperialismo dev'esser formato dai movimenti proletari dei territori metropolitani e i movimenti di liberazione dei territori coloniali; la vittoria non sarà possibile senza questo fronte comune, e questo fronte non potrà formarsi senza l'appoggio dei movimenti coloniali di liberazione da parte del proletariato metropolitano. Quest'appoggio deve consistere nella rivendicazione, nella difesa e nell'applicazione di quella parola d'ordine che è data dal diritto delle nazioni a separarsi e ad esistere co[...]

[...] é la Côte d'Ivoire. Il partito in questione é il già citato R. D. A. (Rassemblement Démocratique Africain), il cui leader, Felix Houphouet, è un uomo potente e di grande prestigio morale nel suo paese. Ma nel 1947 i coloni, sostenuti dall'Amministrazione, cominciarono a provocare degli incidenti in serie che condussero ad arresti e a processi contro i militanti del partito, il quale fini per smembrarsi (27).
Oltre a questa attiva vigilanza del capitalismo, ed ai tre « fattori di rallentamento » già menzionati, esistono altre importanti ragioni che spiegano la lentezza della penetrazione comunista nell'Africa Nera. Le strutture sociali antiche hanno ancora una radice molto forte nella coscienza africana. Nell'africano — ci dicono gli etnografi — l'idea del lavoro é legata a quella del prestigio : « Lo sforzo di chi coltiva, e quello di chi danza in occasione d'una cerimonia religiosa, non sono molto differenti, poiché dal corretto a
(27) V. Les Temps modernes, novembre 1951. D.O.C., Le procès des 400 noirs de Côte d'Ivoire.
I COMUNISTI E LA L[...]

[...]bianchi. Delle due tendenze, la più forte è la prima. Così la Con f érence des Travailleurs d'OutreMer della C.G.T, che ha avuto luogo a Parigi nel 1951, ha chiesto l'estensione ai territori africani degli statuti applicati in Francia a tutti i dipendenti dello Stato, come pure l'uguaglianza tra lavoratori europei e lavoratori coloniali per quanto riguarda le assicurazioni infortuni, gli assegni familiari e la Previdenza Sociale.
E certo che il capitalismo europeo, necessariamente condotto a industrializzare i paesi d'oltremare, non potrà neppure impedire lo sviluppo del sindacalismo africano, la sua organizzazione e il formarsi della nuova coscienza delle masse proletarizzate come classe sociale. Quale che sia dunque l'attuale debolezza della classe operaia africana, pub dirsi che si va precisando un avvenire in cui essa potrà pretendere al suo riconoscimento in quanto tale.
Diciamo, per terminare, che nella preparazione di questo avvenire non si dovrà trascurare lo sforzo di una élite intellettuale africana che é certo ancora giovane e poco [...]

[...]tuttavia di porre in risalto certe differenze del loro atteggiamento di fronte al fatto coloniale. In un articolo il cui titolo è già un programma: u L'unica via d'uscita: l'indipendenza totale. Il solo mezzo: un vasto movimento d'unione antiimperialista » (33), Maghemout Diop esprime nettamente queste distinzioni: l'unanimità circa l'antiimperialismo non impedisce ai comunisti e ai popoli coloniali di avere atteggiamenti differenti di fronte al capitalismo. Gli obbiettivi immediati non sono gli stessi. Per i comunisti, la lotta essenziale è quella contro il sistema capitalista. Per
i popoli colonizzati, é quella contro l'imperialismo. In altre parole, mentre i comunisti preparano la rivoluzione sociale che conduce al comunismo, i yopoli coloniali mirano innanzi tutto alla rivoluzione nazionale.
In regime coloniale « la rivoluzione sociale non può in alcun modo essere anteriore alla rivoluzione nazionale ». Se dunque è vero che i popoli coloniali sono gli alleati naturali delle masse proletarie del mondo, è anche vero che molti africani distin[...]



da Bruno Bongiovanni, Ritratti critici contemporanei. Maximilien Rubel in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]origini degli studi di Rubel, ricordiamo che nel numero precedente della « Revue Socialiste » del 1947 era stato pubblicato un testo di Léon Blum, dal titolo Révolution socialiste où révolution directoriale? ", risposta socialista alle tesi di James Burnham, il cui libro The Managerial Revolution — del quale oggi sappiamo che fu in gran parte un plagio ai danni di un testo allora sconosciuto dell'italiano Bruno Rizzi 12 — nega che il declino del capitalismo debba condurre al socialismo, al posto del quale comparirà, secondo il sociologo americano, un regime totalitarioburocratico la cui classe dominante verrà costituita, come già accade nella Russia sovietica e come si è intravisto nella Germania nazista e nell'America del New Deal, dai managers e dai dirigenti dell'impresa pubblica e privata, destinati ad essere, in luogo del proletariato, i veri becchini della borghesia e del capitalismo. Léon Blum è un po' spaventato dall'ipotesi terrificante di Burnham, ma reagisce, sul versante socialista democratico, esattamente come agli albori della seconda guerra mondiale Lev Trockij, sul versante leninista rivoluzionario, aveva reagito alle identiche tesi di Bruno Rizzi, opponendo cioè l'ottimismo alla possibilità dell'imminente catastrofe burototalitaria, non respinta sul terreno della teoria 13. Léon Blum scrive infatti che le società directoriales (burototalitarie), che pur potrebbero sorgere in un periodo di transizione, si dirigerebbero verso il socialismo « per l'effetto di una [...]

[...]volontarismo » dei Sorel e degli Arturo Labriola 19. Rosa Luxemburg, sia pure in modo imperfetto, secondo Rubel, ha conciliato il determinismo economico e la spontaneità, riprendendo la teoria marxiana della catastrofe ed interpretandola come barbarie. Rosa Luxemburg, testimone e vittima della barbarie della prima guerra mondiale, ha intuito che la tendenza catastrofica (dove per catastrofe s'intende anche il crollo di tutti i valori) insita nel capitalismo poteva condurre al socialismo, oppure, se in uno sforzo eticorivoluzionario e spontaneo i proletari di tutti i paesi non si sollevavano, alla barbarie. Problema ancora attualissimo, secondo Rubel, giacché se prevale il secondo corno del dilemma luxemburghiano è possibile che
15 Karl Marx et le socialisme populiste russe, in « Revue Socialiste », n. 11, 1947.
16 L'edizione del 1948 presso Rivière e quella del 1970 presso Payot.
17 Cfr. ora CLAUDE LEFORT, Elements pour une critique de la bureaucratie, Droz, Genève 1971, pp. 1129.
18 Per le posizioni del gruppo omonimo prima della fondazione[...]

[...]chévisme: partis et conseils, ora in Révolution classe parti. Arguments 4, U.G.E. (Coll. 10/18), Paris 1978, pp. 1129.
290 BRUNO BONGIOVANNI
temi fondamentali di queste esperienze teoriche erano la critica della burocrazia e del totalitarismo, l'investigazione libera, alla luce dei classici (letti senza ricorrere all'apparato liturgico dell'oscurantismo staliniano), su riforme e rivoluzione, su partito e classe, sui consigli, sul movimento del capitalismo moderno, sulla fisionomia storicosociale delle classi, sulla tecnocrazia e sugli intellettuali: davanti all'idolatria del marxismoleninismo inteso come sistema che incarna un potere che si presenta come verità assoluta e davanti alla risoluta negazione di ogni ipotesi socialista in nome della rabbiosa difesa del « mondo libero », si sentiva nettissimo il bisogno di un ritorno critico al discorso marxiano. Ma in che stato era questo discorso? Che cosa se ne sapeva realmente? Può sembrare un paradosso, eppure proprio negli anni in cui il « marxismo », dottrina obbligatoria di Stato per un'enorm[...]

[...]tti di Marx senza, prima o poi, porsi il problema della natura sociale di quello Stato e di quella società che, ufficialmente, al pensiero di Marx si richiamano:.. lo Stato e la società dell'uRs S. Rubel, nel 1957, comincia una riflessione che proseguirà negli anni successivi 46 e che condurrà in piena armonia con i risultati delle sue analisi marxologiche. Rubel comincia con il ricordare che Lenin, a proposito della Russia sovietica, parlava di capitalismo di Stato sorvegliato e diretto dal potere operaio, un potere che si identifica nel partito bolscevico,
44 Cfr. AUGUST THALHEIMER, Sul fascismo, in RENZO DE FELICE (a cura di), Il fascismo. Le interpretazioni dei contemporanei e degli storici, Laterza, Bari 1970. Cfr. anche GIAN ENRICO RuscoNl, La teoria critica della società, Il Mulino, Bologna 1968, pp. 176187.
' Cfr. Karl Marx devant le bonapartisme, cit., p. 160. ..
46 Cfr. La croissance du capital en U.R.S.S. (1957), The relationship of Bolshevism to Marxism (1968), La fonction historique de la nouvelle bourgeoisie (1971), La société d[...]

[...]sti saggi sono ora compresi in Marx critique du marxisme, Payot, Paris 1974, pp. 63168.
MAXIMILIEN RUBEL 297
coscienza « esterna » della classe e veicolo unico della dittatura proletaria. Con la rivoluzione russa, per ammissione del suo massimo artefice, vengono dunque adottati, dopo un primo periodo in cui i Soviet avevano espresso la volontà anticapitalistica di vasti strati dei lavoratori, metodi e sistemi che rappresentano la vocazione del capitalismo a darsi una struttura il piú possibile omogenea e concentrata. Secondo Rubel, però, l'aspetto socialista della rivoluzione, la natura proletaria del potere politico, non è altro che un mito: il bolscevismo si è servito del pensiero di Marx per fare accettare alle masse operaie esigue del 1917 ed a quelle ben piú cospicue dei decenni successivi una corsa alla concentrazione del capitale di una rapidità e di una violenza superiori a quelle della rivoluzione industriale nei paesi occidentali. Marx, secondo Rubel, ha concepito, in pagine profetiche, un sistema capitalistico allo stato puro che è [...]

[...] menscevica fosse quella « ortodossa » e la bolscevica quella « revisionista » 47. Il bolscevismo, secondo Rubel, ha svolto il ruolo giacobino di una borghesia impari al suo compito storico, senza liberalismo e senza regime costituzionaldemocratico, definendo, in forza dell'ideologia « marxista », accumulazione socialista quella che era la consueta e brutale accumulazione capitalistica. Gli studi di Marx sulla genesi storica e sulla crescita del capitalismo sono stati trasformati, soprattutto con l'avvento di Stalin, in ricette economiche per l'edificazione del socialismo: è cosí che lo Stato sovietico, capitalismo d'imitazione per quel che riguarda il materiale tecnologico impiegato, ha in breve tempo utilizzato tutti i metodi di accumulazione descritti da Marx. In questo modo l'Urss, attraverso la dittatura di partito, si è avvicinata alla realizzazione di quel capital sans phrases, privo di ostacoli borghesi, che Marx aveva intravisto ed il suo Stato teocratico, fondato sul doppio terrorismo ideologico e poli
47 Cfr. BRUNO BONGIOVANNI, Introduzione a F. ENGELS, La politica estera degli zar, La Salamandra, Milano 1978, pp. 936.
298 BRUNO BONGIOVANNI
tico, ha perfezionato quell'Etat sans phrases che[...]

[...]smo burocratico 49 — ed invece piú vicino alle analisi condotte da Castoriadis su « Socialisme ou barbarie » — Rubel non ritiene che l'uRss abbia superato lo stadio capitalistico e si situi all'interno di un modo di produzione di tipo nuovo, non previsto da Marx e contrassegnato dall'oppressione della nuova classe tecnoburocratica e dal totalitarismo economicopolitico: l'uRss è caratterizzata dalla croissance du capital, dall'instaurazione di un capitalismo emancipato da ogni ipoteca tradizionalmente borghese e realizzato con il concorso totalitario del dispotismo burocratico. Con Lenin, e ancor piú con Stalin, il proletariato non è stato abolito, ma è stato creato, la divisione del lavoro è stata approfondita, lo Stato è stato perfezionato nei suoi strumenti di controllo e di oppressione, lo scambio monetario è divenuto, nell'intero mercato nazionale, il principale incentivo per ogni lavoro, la gerarchia sociale e professionale è divenuta l'ossatura stessa della nuova società 50. L'URSS non ha realizzato le speranze di Marx, non è sfuggita, sec[...]

[...] aspri contrasti con gli anarchici autoproclamantisi tali, restò sempre sostanzialmente fedele a questa ispirazione, pur privilegiando l'analisi del processo di produzione e la critica del denaro rispetto all'analisi delle forme di associazione civile ed alla critica dello Stato.
c) Il mito dell'Ottobre. Abbiamo già visto in precedenza qual è l'impostazione di Rubel sulla natura sociale dei paesi « socialisti » e sul ruolo del marxismo in essi. Capitalismo statalmanageriale sul piano sociale, dittatura burocratica sul piano politico: il marxismo ed il leninismo non sono altro che le ideologie dell'accumulazione. Il partito rivoluzionario bolscevico si è fatto veicolo del determinismo oggettivo delle forze produttive in un paese estremamente arretrato e privo di una classe dirigente borghese, autonoma dall'autocrazia e dotata di una chiara visione modernizzatrice. Lo scandalo dell'Ottobre non è comunque la trasformazione dell'uRss in grande potenza imperiale, ma il fatto di propagandare come « socialismo » un processo di accumulazione capitalist[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Giuseppe Chiarante in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]to un carattere socialista. Non sarà necessariamente battuta, in questo piccolo angolo di mon do, dato che il movimento della società borghese è ancora ascendente su un'area molto maggiore? » (1). Questa posizione, del resto, fu ripresa infinite volte ed anche accentuata da Engels.
Cosa mai è poi sopravvenuto a confutarla ? Lo stesso Stalin ce lo chiarisce con precisione: « Zinoviev dimentica che la citazione di Marx si riferisce al periodo del capitalismo monopolistico quando il capitalismo nel suo insieme si sviluppava secondo una linea ascendente... Altra cosa è il capitalismo imperialistico, quando il mondo è già stato spartito tra i gruppi capitalistici, quando lo sviluppo a sbalzi del capitalismo esige nuove ripartizioni del mondo già spartito, mediante conflitti militari, quando i conflitti e le guerre tra i gruppi imperialistici che sorgono su questo terreno indeboliscouo il fronte mondiale del capitalismo, lo rendono facilmente vulnerabile e creano la possibilità di aprire una breccia in singoli paesi » (2).
In altri termini, la dottrina leninista sul passaggio del capitalismo alla sua « fase suprema », mentre costituiva la teoria sulla quale si fondava la rivoluzione socialista in un paese arretrato (in quanto punto più debole del fronte imperialistico mondiale), era altresì sufficiente a superare il preconcetto della « simultaneità mondiale » della rivoluzione.
(1) MarxEngels, Carteggio, vol. III, pag. 241.
(2) Stalin, Opere, rol. IX, pag. 107108.
20 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
Pur tuttavia, ed è qui l'elemento decisivo, che significato veniva ad assure la tesi sulla rivoluzione socialista in un solo paese, oltretutto arretrato, all'interno del sistema concett[...]

[...] punto di inizio di un processo sostanzialmente continuo che avrebbe dovuto, necessariamente e a breve scadenza, investire l'Occidente capitalistico e trovarvi il suo reale epicentro. Anche nel brano famoso dello scritto «Sulla parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa », più volte utilizzato da Stalin, non è difficile avvertire questa ambivalenza nella sua posizione: «L'ineguaglianza dello sviluppo economico e politico è una legge assoluta del capitalismo. Ne risulta che è possibile la vittoria del socialismo, all'inizio, in alcuni paesi capitalistici o anche sn un solo paese capitalistico preso separatamente. Il proletariato vittorioso di questo paese, espropriati i capitalisti e organizzata la produzione socialista, si solleverebbe contro il resto del mondo capitalista, attirando a sé le classi oppresse degli altri paesi, spingendole a insorgere contro i capitalisti, intervenendo, in caso di necessità, anche con la forza armata contro le classi sfruttatrici e i loro Stati » (3).
Questa ambivalenza della sua posizione I .gin la risolveva, in[...]

[...]ki. E, in effetti, fossero o meno complici nella congiura Zinoviev e Kamenev, è o non è vero che proprio sulla base della loro opposizione si era venuta organizzando quella revitalizzazione. di spinte anarchiche e sovversive che condusse all'assasinio di Kirov ? E quali che fossero le intenzioni di Bukarin, la ripresa dell'economicismo e del gradualismo da lui compiuta non rappresentava nel partito la carta migliore per le resistenze sociali del capitalismo morente e per i tentativi controrivoluzionari ? Era o non era quello, in definitiva, un momento di « estremo pericolo per la repubblica » analogo a quello che condusse in Francia al terrore ?
In terzo luogo, perdere la speranza di una rivoluzione in Occidente significava prepararsi a subire un lungo periodo di accerchiamento capitalistico, ed anzi, prima o poi, una sicura aggressione bellica. Ciò evidentemente spingeva ad accelerare, con ogni mezzo, la costruzione e il consolidamento del sistema economico e politico, e quindi a battere l'opposizione di destra e di sinistra, ormai di fatto co[...]

[...]i ungheresi: «Lo scopo [della dittatura del proletariato] é di creare il socialismo, di eliminare la divisione sociale della società in classi, di fare di tutti i membri della società dei lavoratori, di togliere la base ad ogni sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. Questo scopo non può essere raggiunto di colpo: esso esige un periodo abbastanza lungo di transi
(8) Lenin, Opere, vol. XXIII pag. 354.
34 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
zione dal capitalismo al socialismo, perché la riorganizzazione della produzione è cosa difficile, perché occorre del tempo per operare delle trasformazioni radicali in tutti i campi della vita, perché la forza enorme dei costumi economici piccoloborghesi può essere superata soltanto attraverso una lotta lunga e accanita » (9).
e) Infine, non va dimenticato che lo Stato socialista si viene edificando sotto la pressione della borghesia internazionale che fa gravare su di esso una continua minaccia di guerra; e ciò comporta inevitabilmente restrizioni e sacrifici.
Questo lungo richiamo alle tesi di Lenin e Stalin [...]



da [Le relazioni] P. Togliatti, Gramsci e il leninismo in Studi gramsciani

Brano: [...]ta davanti a noi, ne abbiamo penetrato la sostanza cosi come prima ancora non si era riusciti.

Ora, che cosa vi è in Lenin di fondamentalmente nuovo? Scusate se a questo punto l’esposizione, per esser rapida, dovrà essere per forzaPalmiro Togliatti

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alquanto schematica. Vi sono in Lenin almeno tre capitoli principali, che determinano tutto lo sviluppo della azione e del pensiero : una dottrina deirimperialismo, come fase suprema del capitalismo; una dottrina della rivoluzione e quindi dello Stato, del potere e una dottrina del partito. Sono tre capitoli strettamente uniti, fusi quasi 'l’uno nell’altro, e ciascuno di essi contiene una teoria e una pratica, è il momento di una realtà effettuale in isviluppo, una dottrina, cioè, che non solo viene formulata, ma messa alla prova dei fatti, dell’esperienza storica e che nella prova dell’esperienza storica si sviluppa, abbandona posizioni che dovevano essere abbandonate, conquista posizioni muove, e crea, quindi, qualche cosa.

Lenin restituisce al marxismo questo suo carattere creativo[...]

[...]cia, che permangono, sono conseguenza della incapacità di compiere quel passo, quel salto, anzi, che Lenin compiva, quando partito da un’analisi assai più approfondita della struttura deH’economia capitalistica e nel primo periodo e nel momento del passaggio al periodo successivo, che è quello deirimperialismo, era in grado di definire con precisione il carattere dell’epoca che stava incominciando, di proclamare che era l’epoca del passaggio dal capitalismo al socialismo, dall’èra liberale all’èra socialista.

Di questa mancanza di una decisa prospettiva storica aveva sofferto, in sostanza, tutto il movimento operaio italiano, sin dagli inizi. Ne soffri particolarmente nel primo decennio del secolo, quando il movimento della classe operaia, che aveva oramai passato le prove delle classi eiePaimiro Togliatti

All

mentari, doveva affrontare le prove superiori, le prove, cioè, della organizzazione di una lotta politica la quale avesse delle prospettive rivoluzionarie precise, adeguate alla situazione di quel momento. Le lotte immediate sind[...]

[...]re, con la loro azione, le conseguenze. In questo modo viene a determinarsi la funzione nazionale della classe operaia nello sviluppo del movimento internazionale. Le condizioni stesse del mondo capitalistico, giunto alla fase dell’imperialismo, creano le premesse generali della rottura rivoluzionaria, ma in ogni paese la rottura ha le sue premesse particolari, che vengono dalla sua storia. La classe operaia è in tutto il mondo Faffossatrice del capitalismo. Questa è la sua funzione storica, nel senso più ampio della parola, ed è una funzione che si attua, concretamente, con la soluzione che essa dà ai problemi che nel paese ove essa agisce sono da risolvere. Non si possono conoscere questi problemi se non con una attenta analisi delle strutture economiche, di tutte le sovrastrutture della economia e delle influenze che le stesse sovrastrutture esercitano sopra l’economia stessa e su tutto il complesso del tessuto sociale.

Qui è l’origine dell’attenzione che Gramsci dà alla storia del Risorgimento ed a tutta la storia italiana. Egli ricerca n[...]

[...]a dalla sua metodologia questo modo di intendere la storia. Quello che egli cerca è invece un’esatta definizione di ciò che questi ceti hanno fatto, il che gli deve servire per dare una definizione esatta della struttura della società italiana, quale esce dalla rivoluzione nazionale. Né si può negare che, nei momenti critici della storia, le classi dirigenti possono fare cose diverse. Lenin applicò questo criterio alla analisi dello sviluppo del capitalismo in Russia, e del modo come avrebbe potuto venire risolta, in particolare, la questione agraria, quale era posta dallo sviluppo secolare dell’economia russa, dalla sopravvivenza del regime feudale. Erano possibili due strade; quale avrebbero scelto le classi dirigenti russe? e quale strada sceglie il proletariato? La via che venne scelta dalle classi dirigenti fu l’espressione di un determinato blocco storico, nel quale ebbe un sopravvento, — e avrebbe anche potuto non averlo — il gruppo sociale dell’aristocrazia terriera, alleato in modo particolare, — e anche questa alleanza avrebbe potuto e[...]

[...]o blocco storico, nel quale ebbe un sopravvento, — e avrebbe anche potuto non averlo — il gruppo sociale dell’aristocrazia terriera, alleato in modo particolare, — e anche questa alleanza avrebbe potuto essere diversa — con il ceto capitalistico. A questo blocco storico, cui corrisponde un certo sviluppo di tutti i rapporti sociali, la classe operaia oppone la sua alleanza con le masse contadine per lottare sia contro l’autocrazia, sia contro il capitalismo e crea cosi le condizioni della sua vittoria rivoluzionaria. In questo modo si sviluppano l’analisi storica e l’azione di Lenin, e il pensiero di Gramsci si colloca sullo stesso piano.

La borghesia italiana ha preso il potere ed ha organizzato la società e lo Stato alleandosi a determinate forze e non a determinate altre. Ciò è stato conseguenza della sua natura ed è il fatto di cui bisogna tener conto. Perciò la società italiana, del Risorgimento e postrisorgimentale, ha assunto quel particolare suo carattere. Si è creato un « blocco storico », e quindi particolari condizioni in cui la cl[...]

[...]i germi di parecchi dei mali che più tardi si abbatterono sopra, di noi e che non fu difficile denunciare e respingere quando si manifestarono nel ventennio fascista, ma non era facile intuire^ criticare e respingere quando si presentarono, nel loro germe, in quel periodo lontano.

Risale a quegli anni l’inizio della decomposizione del vecchio blocco politico risorgimentale. E la crisi venne dalle cose, dagli sviluppi economici che spingono il capitalismo italiano sulla via déH’imperialismo, e dal movimento delle masse. La opposizione contadina, che la Chiesa cattolica aveva cercato di organizzare, mantenere viva e dirigere, per farne la propria base di lotta contro lo Stato risorgimentale, e la nuova opposizione operaia tendono a confluire in una generale ribellione ai vecchi ordinamenti politici. Il vecchio modo di muoversi dei gruppi dirigenti borghesi, liberali di nome, di fatto conservatori e reazionari, non è più valido in questa situazione nuova e non è più valida nemmeno la formula dell’opposizione cattolica allo Stato liberale. È una [...]



da Graziadei (relatore), Discorso Graziadei in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]one democratica del « Manifesto dei comunisti » per cui si ritenevano impossibili, da troppi compagni, quelle guerre che invece il Marx diceva che erano inevitabili. (Bene !).
Tale è stata la incomprensione storica del « Manifesto dei comunisti », che per molti compagni il riconoscere la necessità per la borghesia della sua guerra vuol dire accettare la guerra ! Sarebbe come dire che, il riconoscere quella legge storica che secondo Marx pone il capitalismo di fronte all'altra concezione economica, dovesse portare a gridare: « Viva il capitalismo 1 » (Bene).
Dunque la Terza Internazionale attraverso l'esperienza della guerra vi dá un'espressione del marxismo che è veramente quella essenziale del « Manifesto dei comunisti » non quella che fu malamente il
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prodotto di una situazione storica felice, ma, appunto perciò, in regime borghese, necessariamente transitoria.
Si dice: ma nelle tesi della Terza Internazionale c'è del volontarismo, direi quasi c'è del mussolinismo o del d'annunzianismo. (Commenti). Alcuni parlano addirittura di bergsonismo, ignorando che Lenin ha pubblicato tempo fa un'opera magistrale contro il bergsonismo. [...]

[...]punto perché la Terza Internazionale ha un con
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tetto ben chiaro di che cosa è la democrazia sul terreno dei rapporti interni, la Terza Internazionale vi dice che anche sul terreno internazionale la cosidetta democrazia borghese per i popoli, è una pura fantasia: non c'è democrazia nel Trattato di Versailles, come non c'era nel Trattato di Brest Litowski.
Vi sono alcune grandi nazioni ed alcuni grandi capitalismi che schiacciano in nome del capitalismo tutti gli altri, sia nei paesi piú piccoli come nelle colonie. Ebbene, di fronte a questo fatto storico, che il capitalismo è stato accresciuto dalla guerra, appunto per questo la Terza Internazionale dice: come sul terreno interno nego la democrazia borghese, perché voglio quella del proletariato, cosí nel campo internazionale nego la democrazia delle nazioni e dico che alcune nazioni sono sfruttate, le colonie piú di altri paesi, ed a queste tendo la mano, perché la lotta del socialismo è contro il capitalismo, cioè la lotta contro l'apparente e falsa democrazia borghese internazionale. (Bene !).
E su questo terreno nasce la tesi sulle questioni coloniali e nazionali, che non voglio discutere ora, ma che mi riserbo di discutere, se altri ne parlerà.
Ed infine, se questi sono i concetti della Terza Internazionale, concetti completamente marxistici, ecco perché è nello spirito stesso, nell'animo stesso, nella necessità stessa della Terza Internazionale, la lotta, non contro gli uomini — è un'assurda interpretazione del punto 7° —ma contra la concezione riformista socialdemocratica, socialpacifista.[...]

[...]bisogna approfittare delle circostanze e coloro che dicono che le circostanze vanno lasciate alla borghesia per essere risolte? Tra coloro che dicono di armare gli animi e coloro che dicono di disarmarli? Tra coloro che vogliono la preparazione militare e quelli che vi rinunziano, tra coloro che vogliono conquistare il potere politico al piú presto possibile e gli altri che credono che il marxismo sia una cosa meccanica che deve attendere che il capitalismo abbia dato luogo a tutte le sue leggi di accumulazione, per poi tra venti, trenta, quaranta anni andare alla conquista del potere politico?
Tra queste due concezioni esiste un abisso, ed è appunto perché la Terza Internazionale lo sa, attraverso l'esperienza di quattro rivoluzioni, che dice: dovete scegliere, o da una parte, o dall'altra ! (Commenti animatissimi e prolungati).
Io vi ho esposto, molto sommariamente, abusando forse anche un po' della vostra pazienza, quelli che sono, secondo me, i caratteri tipici dei principi e delle tesi fondamentali della Terza Internazionale, ma la colpa,[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] P. Togliatti, Il leninismo nel pensiero e nell'azione di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]ista. Dei grandi lavori teorici, vengono allora conosciuti l'Imperialismo, Stato e rivoluzione, la Ripoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky, le relazioni e le tesi per il I e per il II Congresso dell'Internazionale comunista, quindi l'Estremismo, e i discorsi al III Congresso, che ne sono quasi un commento. Meno noti Che fare?, Due tattiche e Un passo avanti e due indietro. Difficilissimi a trovare e quindi quasi sconosciuti Lo sviluppo del capitalismo in Russia e L'empiriocriticismo 1 . Si può ritenere che nel 1922, quando si recò nell'Unione sovietica, Gramsci già fosse a conoscenza di tutti questi scritti. Da essi risultavano le tesi fondamentali del leninismo, circa l'analisi dell'imperialismo e il carattere del periodo storico aperto dal passaggio a questa fase suprema della economia capitalistica, circa la natura dello Stato borghese e della dittatura proletaria, il carattere della Rivoluzione di Ottobre e dello Stato sovietico e circa le fondamentali questioni della strategia e tattica rivoluzionarie del partito della classe operaia.[...]

[...]ne proletaria e socialista non avrebbe potuto compiersi, secondo costoro, se non in quei paesi e in quel momento in cui la economia
1 Mach., p. 114.
Palmiro Togliatti 23
capitalistica avesse toccato il piú elevato punto del suo sviluppo. Lenin respinge questa proposizione e apre a tutto il marxismo la strada di un nuovo sviluppo creativo affermando che condizione della rottura rivoluzionaria è lo sviluppo e lo scoppio delle contraddizioni del capitalismo giunto alla fase imperialistica. Questa tesi, che trovò la sua dimostrazione nell'Ottobre 1917, era, per i bolscevichi russi, il punto di arrivo di tutta la lotta politica e ideale da essi condotta, dall'inizio del secolo, contro l'autocrazia zarista e contro le diverse varianti dell'opportunismo nel movimento operaio. Per il rimanente movimento operaio e socialista fu una rivelazione, una scoperta di eccezionale portata, le cui conseguenze forse solo oggi possiamo valutare appieno. Si comprende ii grido quasi di liberazione che è nell'articolo scritto da Gramsci il 5 gennaio 1918 e che ha un[...]

[...]l'attenzione, se si vuole trasformarla. L'intelligenza è pessimista. L'ottimismo incomincia dalla volontà.
4. — Parte essenziale di tutta la dottrina leninista della rivoluzione
e del pensiero di Gramsci è, in questo quadro generale, la determinazione della nuova posizione che la classe operaia viene ad assumere, internazionalmente e in ogni paese, nel momento in cui si apre, per la stessa maturità oggettiva della struttura borghese del mondo (capitalismo, imperialismo, colonialismo), la fase del passaggio a una nuova struttura e a un nuovo ordinamento sociale. La classe operaia diventa classe nazionale, perché esistono le condizioni di un nuovo blocco storico, cioè di un nuovo rapporto tra la struttura e le sovrastrutture. Questo nuovo rapporto è reso necessario dallo sviluppo delle forze stesse della produzione e ha quindi inizio un movimento attraverso il quale la nuova classe viene organizzando la propria egemonia e il proprio avvento al potere.
Quale relazione si stabilisce, quindi, tra la situazione internazionale e i rapporti nazionali[...]

[...] solo sfruttando circostanze esterne, ma senza fare opera di radicale rinnovamento, come le classi dirigenti italiane nel Risorgimento.
Nella pratica, come vennero attuati da Gramsci questi grandi principii direttivi? La politica di alleanze da lui elaborata e proposta, e che fa pernio sulla soluzione della questione meridionale attraverso la unità politica delle masse contadine e popolari meridionali con la classe operaia nella lotta contro il capitalismo e lo Stato borghese, è di diretta derivazione leninista, come tutto il modo di trattare la questione contadina. Non rimane qui traccia alcuna di ristretto strumentalismo corporativo, di puro appoggio reciproco tra due gruppi sociali allo scopo della realizzazione, da parte di ciascuno di essi, di un suo programma di riven
28 I documenti del convegno
dicazioni. L'alleanza esce dalla struttura di tutta la società italiana e crea le condizioni di un nuovo blocco storico dirigente. La formazione di una volontà collettiva nazionalepopolare è riconosciuta impossibile, « se le grandi masse dei co[...]

[...]are 2. Il marxismoleninismo non solo estende questa concezione, ma la rinnova. Dalla esperienza sia delle rivoluzioni borghesi, sia dello stesso parlamentarismo, deriva la nozione del partito come strumento del potere e per la conquista di esso. La classe borghese non si serve solo di questo strumento, che per essa è sussidiario, per attuare e mantenere il suo dominio. Questo parte dal mondo della produzione. Neanche la classe operaia, quando il capitalismo è giunto a un certo grado del suo sviluppo, si serve soltanto del partita politico per contrastare il dominio borghese e prepararne la caduta, anche perché si muove nell'ambito degli istituti borghesi. Il partito però diventa per essa lo strumento principale. La consapevolezza della propria funzione storica, trasformatrice del mondo e creatrice di libertà, tocca infatti nella classe operaia il punto piú alto, perché, col possesso della dottrina marxista, essa giunge a conoscere esattamente che cosa vi è, nelle creazioni dei precedenti rivolgimenti storici, di permanente e degno di essere cons[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine capitalismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---siano <---socialismo <---socialista <---italiana <---italiano <---marxista <---Pratica <---comunista <---comunisti <---marxismo <---Ciò <---socialisti <---Dialettica <---ideologia <---Filosofia <---Stato <---Diritto <---Lenin <---comunismo <---leninismo <---fascismo <---italiani <---abbiano <---Così <---leninista <---marxisti <---Logica <---ideologico <---imperialismo <---Partito <---Russia <---Francia <---Gramsci <---Perché <---ideologica <---materialismo <---Ecco <---Marx <---italiane <---riformista <---fascista <---ideologiche <---ideologici <---ideologie <---Meccanica <---capitalista <---gramsciana <---storicismo <--- <---Sociologia <---opportunismo <---realismo <---riformismo <---socialiste <---sociologia <---Basta <---Trotzki <---gramsciano <---idealismo <---metodologico <---riformisti <---sindacalismo <---Dinamica <---Engels <---La lotta <---Mi pare <---Mosca <---Psicologia <---Scienze <---Sistematica <---Stalin <---Storiografia <---capitalisti <---cristiana 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