Brano: PARTITO E PROSPETTIVA
DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA
1. Partito e classe nella battaglia di Bordiga per l'unità del proletariato. — La concezione bordighiana del partito politico della classe operaia ha la sua origine teoricopratica nell'impegno del fondatore del circolo rivoluzionario intitolato a Carlo Marx di ricostituire, negli anni che precedono la prima guerra mondiale, una corrente di sinistra capace di applicare il programma classista al di fuori dei particolarismi municipalistici, e contro il duplice revisionismo riformista e sindacalista. La lotta pressoché esclusiva alla tattica bloccarda e alle « morbose degenerazioni » del socialismo napoletano, che si era lasciato attrarre nello schieramento variopinto delle consorterie laiche, masso[...]
[...]variopinto delle consorterie laiche, massoniche e democrateggianti, indica nondimeno il titolo di merito e, insieme, il punto debole del marxismo di Bordiga e dei suoi giovani compagni meridionali. Essi non pongono infatti la funzione e la natura del partito in termini tatticostrategici adeguati alla maturità raggiunta dalla maggioranza del proletariato, o alla crisi storica delle forze capitalistiche nazionali e mondiali.
La stessa opposizione bordighiana alla guerra si intona, nella forma di un deciso antimilitarismo di classe, all'agitazione antibellicistica del massimalismo di sinistra, piuttosto che identificarsi con la linea leniniana, emersa negli incontri di Zimmerwald e di Kienthal, mirante a trasformare la guerra imperialistica in guerra civile, cioè nella lotta di classe generalizzata: la sola guerra della classe operaia. Si deve convenire che l'elaborazione di Bordiga, anche quando il dirigente socialista napoletano accentua la propria fedeltà all'internazionalismo proletario e prende le distanze dall'inconcludenza di certo massimal[...]
[...]ivo l'insegnamento leniniano secondo cui soltanto il partito della classe operaia è in grado di raggruppare, educare, mobilitare l'avanguardia del : proletariato e di tutte le masse lavoratrici, consentendo di resistere alle oscillazioni piccoloborghesi
e alle tentazioni del corporativismo e dei pregiudizi professionali alle quali singole categorie di lavoratori e operai sono soggette nel regime del lavoro salariato. La rigidità della posizione bordighiana si rivela quando teorizza l'inferiorità delle organizzazioni spontanee, immediate, rispetto al partito politico, che le inquadra e disciplina allo scopo di realizzare la dittatura del proletariato. Il partito in quanto organo e non parte, e prima organo che parte, della classe operaia, si definisce in ragione di princìpi meccanici; il partito, anzi, preesiste alla classe, della quale si reputa l'avanguardia precorritrice. A rigore, per Bordiga, « non si potrebbe nemmeno parlare di classe quando non esista una minoranza di questa classe, tendente ad organizzarsi in partito politico » 2.
Al mi[...]
[...] ai quali essa si affida per la propria salvezza: « Essa ostenterà la piú audace politica democratica e socialdemocratica mentre sguinzaglierà le squadre della organizzazione militare bianca per seminare il terrore nelle file del proletariato » (A. Bordiga, Il fascismo, « l'Ordine Nuovo », Torino, I, n. 320, 17 novembre 1921, p. 2).
2. L'analisi del fascismo nel primo tempo del PCD'I. All'interno di questo discorso si qualifica la ricognizione bordighiana della natura del fascismo, identificato con un espediente di reazione borghese, con un'organizzazione di guardie bianche di cui la borghesia si sarebbe liberata non appena raggiunto l'obiettivo di coinvolgere nella collaborazione di governo i socialdemocratici riluttanti. Secondo il punto di vista comunistico — rifiutato dal partito socialista, che invece persegue con ostinazione « uno stagnamento della situazione entro il ritorno "alla vita normale" che gli lasci continuare la tradizionale opera pacifica a cui è foggiata la sua struttura » —, il fascismo « non è che un altro aspetto della vi[...]
[...]Giappone che con minori sacrifici hanno attraversata la guerra » (ibidem).
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portata della minaccia fascista e del tragico errore commesso dalle vecchie caste dirigenti liberali nel secondare la conquista del potere da parte delle bande mamertiniche all'assalto della macchina statale, si fonda e risolve nella deficienza di una salda analisi socioeconomica, carenza comunque ascrivi bile al bilancio passivo della elaborazione bordighiana.
3. Bordiga e la tradizione bolscevicointernazionalistica. — Alla luce del contrasto, che via via si acutizza con il Komintern, sulla questione del fronte unico si comprende meglio la funzione assegnata da Bordiga alla dialettica del partito di classe con le masse operaie, dialettica che si porrà in termini di divergenza rispetto al centrismo gramsciano. Il diverso modo, da parte di Bordiga e di Gramsci, di impostare e risolvere il problema dell'eredità ideale e storica del socialismo italiano si riflette sul tipo di collocazione internazionalistica che i due dirigenti comunisti attribuiscon[...]
[...]i comunisti attribuiscono al PCD'I, mentre essi approdavano a scelte tattiche irriducibili. Il proposito gramsciano di un rinnovamento dal basso del movimento operaio mediante la partecipazione delle masse lavoratrici alla direzione degli organi politici e sindacali del socialismo — proposito che non tagliava fuori il recupero ad una alternativa di classe di consistenti settori di militanti e quadri organizzativi massimalisti — e l'intransigenza bordighiana, che non crede all'opportunità di un tale recupero e forse non lo ritiene possibile, si ripresentano nella loro inconciliabilità nel momento in cui Gramsci e Bordiga si interrogano sulla linea da seguire per restituire capacità di azione autonoma alle forze proletarie.
Si riproduce la divaricazione di Gramsci da Bordiga davanti al problema della prospettiva storica della classe operaia in Italia, e alla condanna della « famigliola » socialista italiana, ovvero del blocco delle tendenze socialdemocratiche, riformistiche, sindacalistiche, e pseudorivoluzionarie, apparse in Italia e fuori nel p[...]
[...]el Manifesto, erano il Marx e l'Engels che avevano rotto definitivamente con l'idealismo « borghese », con la democrazia « borghese », con la sinistra democratica anche nelle sue espressioni piú radicali (I primi dieci anni di vita del P.C.I. Documenti inediti dell'Archivio Angelo Tasca, Milano, Feltrinelli, 1967, pp. 212).
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Su questo sfondo spicca la peculiarità della riflessione bordighiana nei riguardi del leninismo e dei problemi che i bolscevichi affrontavano per la conquista rivoluzionaria del potere. La vittoria dei bolscevichi non è per lui un evento in grado di modificare di per sé o integrare l'autentica lezione del marxismo, in cui sono contenuti gli strumenti di analisi della realtà capitalistica e l'orizzonte speculativo invariante per ogni comunista. Il pensiero di Marx offre la bussola per orientarsi nella lotta anticapitalistica, al punto che basta accoglierne le indicazioni per guidare il proletariato alla vittoria. Il bolscevismo russo, che non rappresenta alcuna[...]
[...] maggioranza della classe operaia, le tesi forniscono pretesti dottrinali intesi a provare che il problema non è cosí urgente. Vi è in questo un grave pericolo, di cui l'Esecutivo, senza indietreggiare davanti ad alcun mezzo, avvertirà il partito 12.
La natura della divergenza dall'indirizzo dell'Internazionale non potrebbe essere espressa piú nettamente, anche se i ragionamenti sopra riferiti rendono solo in parte l'originalità della posizione bordighiana davanti al bolscevismo. Un episodio rivelatore, per fare il punto sul rapporto con l'opera di Lenin e con il leninismo, è costituito dalla conferenza Lenin nel cammino della rivoluzione, pronunciata da Bordiga per mandato del partito comunista il 24 febbraio 1924 alla Casa del popolo di Roma. Essa segna, per la sua impostazione generale e per taluni giudizi che vi sono contenuti sulla figura e le tesi di Trotsky, un avvicinamento all'Opposizione russa che negli stessi mesi subiva l'attacco della maggioranza capeggiata nel partito bolscevico da Stalin; e in questo spirito la conferenza sarà le[...]
[...]ettuali » (in A. Bordiga, Lenin, cit., p. 9).
Ï limiti nella comprensione del ruolo di Lenin non inficiano il merito bordighiano di denunciare con prontezza e lucidità l'involuzione staliniana e i pericoli della bolscevizzazione zinovievista, intesa quale subordinazione delle sezioni dell'Internazionale alla logica e agli interessi dello stato sovietico, con la conseguente paralisi di qualsiasi alternativa rivoluzionaria al burocratismo. Quella bordighiana si qualificherà sempre meglio come una battaglia per la rigenerazione dell'Internazionale, presentando, a paragone con le incertezze e l'atteggiamento talvolta ambiguo e contraddittorio dello stesso Trotsky, connotati di maggiore coerenza, sia per i contenuti e il terreno di scontro prescelto, sia per la rivendicazione all'indisciplina. Ciò non impediva di realizzare un collegamento con le tesi trotskyste nel giudizio sulla genesi della crisi attuale del Komintern. Bordiga individua nei vizi di fondo inerenti ai metodi di direzione del comunismo mondiale, e nelle incrinature interne al partit[...]
[...]tazione del complesso fenomeno che fu il bordighismo, se non si risalga alla formazione del socialista napoletano e non si riesamini il tipo di azione e di strumenti propagandistici e organizzativi con cui Bordiga diffonde principi di rigore classista e di netta differenziazione rispetto alle demagogiche enunciazioni del socialismo tradeunionista. Si tratta ora di verificare alla luce di questo approccio il significato e i limiti dell'esperienza bordighiana, al confronto con le contemporanee vicende del movimento rivoluzionario comunista internazionale e con l'elaborazione bolscevica leniniana.
GIANCARLO BERGAMI