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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 584
Brano: Piceno, Resistenza nel
centro d’incontri partigiani e di smistamento di prigionieri da imbarcare (antifascista da sempre, la Salvadori era stata arrestata nel
1941 e aveva trascorso alcuni mesi nelle carceri di Ascoli e al confino a Montereale in Abruzzo).
E che dire delle anonime madri di famiglia che a migliaia rischiarono la vita loro e dei loro cari per dare asilo a partigiani e prigionieri, delle ragazze che organizzavano i rifornimenti di cibo per le formazioni combattenti e assicuravano i collegamenti con i Comandi e i nuclei urbani?
Comunque, l'elemento centrale di tutto il movimento di liberazione nel Piceno non fu il C.L.N. regionale, che inevitabilmente aveva mille difficoltà organizzative di collegamenti e di propulsione; non fu il Comando militare del governo badogliano che mandò a « dirigere le operazioni » il generale Salvatore Melia (la cui attività invece, secondo Mario Pianesi e altri testimoni partigiani, « si ridusse a stare il più nascosto possi[...] [...]nti e assicuravano i collegamenti con i Comandi e i nuclei urbani?
Comunque, l'elemento centrale di tutto il movimento di liberazione nel Piceno non fu il C.L.N. regionale, che inevitabilmente aveva mille difficoltà organizzative di collegamenti e di propulsione; non fu il Comando militare del governo badogliano che mandò a « dirigere le operazioni » il generale Salvatore Melia (la cui attività invece, secondo Mario Pianesi e altri testimoni partigiani, « si ridusse a stare il più nascosto possibile in casa dei contadini Latini presso Montelupone ») ; non fu il Comando militare alleato, il cui atteggiamento venne riassunto lapidariamente dal generale Alexander nella celebre frase: « Ces partisans me gènent beaucoup » (Questi partigiani mi infastidiscono parecchio).
L’elemento centrale del movimento di liberazione nel Piceno fu la po~ polazione delle campagne e dei centri urbani, con la sua maggioranza di contadini, con i suoi artigiani, i suoi studenti, le sue donne, i suoi reduci che avevano odiato la guerra fascista. Rastrellamenti, arresti, torture e fucilazioni, cui si aggiungevano i bombardamenti alleati, non indebolirono minimamente l’atteggiamento popolare favorevole alla Resistenza. È vero che, in montagna, le feroci rappresaglie del Monte Ascensione e del San Vicino, di Montemonaco e di Umito, di Sarnano e di Matelica, provocarono un’ ondata di paura; ma anche dove parroci e carabinieri chiedevano ai partigiani di non agire per evitare esecuzioni e distruzioni, la simpatia dei più era per i partigiani. Senza questa[...] [...]suoi reduci che avevano odiato la guerra fascista. Rastrellamenti, arresti, torture e fucilazioni, cui si aggiungevano i bombardamenti alleati, non indebolirono minimamente l’atteggiamento popolare favorevole alla Resistenza. È vero che, in montagna, le feroci rappresaglie del Monte Ascensione e del San Vicino, di Montemonaco e di Umito, di Sarnano e di Matelica, provocarono un’ ondata di paura; ma anche dove parroci e carabinieri chiedevano ai partigiani di non agire per evitare esecuzioni e distruzioni, la simpatia dei più era per i partigiani. Senza questa simpatia, non una sola banda sarebbe sopravvissuta ai rastrellamenti del marzoaprile 1944. Quando le forze tedesche furono costrette alla lenta ritirata verso il Nord, la loro esasperazione ne moltiplicò le efferatezze. Per citare un solo esempio, a Massignano un capitano nazista, ferito a una gamba (come dichiarò) da « contadini
ribelli », ordinò ai fascisti locali di « prendere comunque e a ogni costo i ribelli ». Per contentarlo, furono presi a casaccio dodici contadini da case di campagna vicine al paese, portati di fronte ai tedeschi, quindi seviziati e massacrati atroce[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 452
Brano: [...]stenere i combattenti in Spagna contro i franchisti. Cesare Masina, militante comunista dal 1936, per la sua attività di riunioni e propaganda venne arrestato nel maggio 1937; deferito al Tribunale speciale con altri 16 antifascisti, nell’ottobre 1937 venne condannato a 2 anni e 6 mesi di carcere.
Nel 1940 un nutrito gruppo di giovani entrò a ingrossare le file dei comunisti: fra questi, Aroldo Tolo
melli, che sarà tra i primi combattenti partigiani durante la Guerra di liberazione, quindi dirigente delle S.A.P. bolognesi.
Il 25.7.1943 trovò presente a Funo un’organizzazione comunista solida ed estesamente legata alla popolazione, la quale partecipò in massa alle manifestazioni per la caduta del fascismo.
Nella Guerra di liberazione
Immediato ed esteso fu, sotto la direzione dei più anziani antifascisti, il reperimento di armi subito dopo l’armistizio dell’8 settembre. Particolarmente importante il recupero di una decina di mitragliatrici « Breda » e « Fiat » (con relative munizioni), smontate dai carri armati italiani che i ted[...] [...] esteso fu, sotto la direzione dei più anziani antifascisti, il reperimento di armi subito dopo l’armistizio dell’8 settembre. Particolarmente importante il recupero di una decina di mitragliatrici « Breda » e « Fiat » (con relative munizioni), smontate dai carri armati italiani che i tedeschi, dopo il dissolvimento dell’esercito, avevano concentrato a Castel Maggiore, nella vicina caserma del Genio Ferrovieri. Quelle mitragliatrici, riattate da artigiani locali, saranno armi preziosissime per i primi nuclei partigiani.
Già nell’autunno 1943 alcuni giovani antifascisti di Funo compirono le prime azioni di guerra, tra cui disarmi di fascisti; promossero contatti con gruppi di altre località e li collegarono tra loro. Nel gennaio 1944 le donne^ della frazione, in unione con molte altre e spalleggiate dai partigiani, manifestarono ad Argelato « per ottenere la libera compra del latte, la distribuzione dei grassi e dei generi tesserati », e « contro il sistematico saccheggio di questi generi operato dai nazifascisti ». Manifestazioni dello stesso genere si ripeterono a breve distanza, realizzando una fusione completa fra l’azione economicorivendicativa della popolazione e la lotta armata dei partigiani. Alla terza manifestazione la reazione fu violenta: i fascisti spararono sulla folla ferendo 7 persone, alcune in maniera grave.
Contro i nazifascisti agiva anche una banda di ragazzi, capeggiata dal quattordicenne Tino Fabretti, figlio di un dirigente comunista locale e operante all’insaputa del padre. Il gruppetto riuscì in varie occasioni a eludere la vigilanza delle sentinelle tedesche, asportando sacchetti di munizioni che poi consegnava alle forze della Resistenza.
I partigiani di Funo nel febbraio 1944 disarmarono il presidio della Guardia repubblicana di Argelato, dopo averlo co[...] [...]one fu violenta: i fascisti spararono sulla folla ferendo 7 persone, alcune in maniera grave.
Contro i nazifascisti agiva anche una banda di ragazzi, capeggiata dal quattordicenne Tino Fabretti, figlio di un dirigente comunista locale e operante all’insaputa del padre. Il gruppetto riuscì in varie occasioni a eludere la vigilanza delle sentinelle tedesche, asportando sacchetti di munizioni che poi consegnava alle forze della Resistenza.
I partigiani di Funo nel febbraio 1944 disarmarono il presidio della Guardia repubblicana di Argelato, dopo averlo colto di sorpresa nella Casa del fascio. Il 26 marzo giustiziarono il commissario prefettizio del Comune [Ariatti), reo di collaborare con i tedeschi. Ripetutamen
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 450
Brano: Zanussi, Officine
derie locali. Nello stesso periodo alcuni grandi industriali erano stati indotti a organizzare mense collettive di fabbrica per assicurare ai propri dipendenti, ormai ridotti alla fame a causa vicissitudini belliche, almeno un piatto caldo.
Ciò favorì la Zanussi che produceva gli impianti per mense aziendali. Essa poteva contare su un organico operaio di prim ordine. La scuola professionale di disegno e i laboratori artigiani ,di Pordenone, anche se non riuscivano a produrre cultura, sfornavano giovani bene addestrati a varie lavorazioni, sicché la Zanussi in quel periodo diversificò la produzione dandosi a produrre anche trapani e altri oggetti. Dopo I'8.9.1943 le forze di occupazione tedesca attinsero largamente dalla Zanussi quanto necessitava, ma la ditta, a sua volta, ottenne le forniture di materie prime che di giorno in giorno andavano sempre più rarefacendosi. I prodotti finiti risultavano accettabili all’esterno, meno consistenti all'interno. Con una apposita calandra, tutto il materiale scadente reperibi[...] [...]Maridalmazia e di altri organismi di repressione dal 1941 fecero di Zara una città in stato d’assedio. Pertanto il movimento popolare di liberazione incontrò gravi difficoltà, anche perché mancava del supporto della classe operaia, molto scarsa.
La popolazione italiana era formata in gran parte da famiglie di funzionari e da uomini del regime. Ciononostante, nel giugno 1941 fu creata la prima cellula comunista in città e, nel luglio, i primi partigiani zaratini crearono un accampamento sull'isola Lunga, dove funzionò anche la tipografia clandestina del Comitato distrettuale del Partito comunista che stampava un bollettino intitolato “Radio vijestin (Radionotizie). Un'altra tipografia partigiana fu impiantata nel dicembre a Preko (Oltre), per merito di Cesare Garoffolo, oriundo di Roma. Nel novembre, intanto, 32 combattenti raggiunsero la Lika.
Tramite aderenti al Movimento popolare di liberazione che prestavano servizio sui piroscafi delle linee costiere, tra la fine del 1941 e la prima metà del 1942 vennero allacciati legami con gli ant[...] [...]in agosto il “Comitato antifascista”, al cui vertice era, fra gli altri, l’italiano Giacomo Olivari.
Di fronte al dilagare del “ribellismo” le autorità militari ricorsero a dure repressioni: nel giugno 1942 venne creato sull’isola di Meleda (Mljet) un campo di concentramento, nel quale finirono 3.000 persone rastrellate nella provincia di Zara. Nella seconda metà del 1942 nei dintorni della città operavano già alcune centinaia di combattenti partigiani. Dall’isola di Eso (Iz) partirono in luglio 250 giovani per raggiungere le formazioni. Altre 296 persone si unirono ai partigiani dopo aver liquidato con un ardito colpo di mano l’equipaggio della nave che li trasportava al campo di concentramento di Meleda.
NeH'inverno 194243 e nei successivi mesi di luglioagosto si registrarono altri massicci arrivi di zaratini nelle file partigiane, mentre in città aderivano al movimento di liberazione, in numero via via maggiore, anche gli italiani, impegnandosi nella raccolta di denaro, viveri, medicinali e altro materiale destinato ai combattenti.
In seguito a manifestazioni organizzate per il I Maggio 1943 (lancio di volantini, esposizione di bandiere rosse ecc.), la polizi[...] [...]olantini, esposizione di bandiere rosse ecc.), la polizia inferse un duro colpo al movimento arrestando oltre 300 persone, compresi diversi dirigenti della Resistenza e perfino alcuni fascisti e ufficiali dell’esercito. Inoltre le truppe procedettero a un rastrellamento a largo raggio sulle isole e nel circondario, trucidando 110 persone, deportandone 502 (fra cui 150 donne) e distruggendo 210 case. Chi riuscì a sgusciare dalla rete raggiunse i partigiani.
L’8 settembre
All'8.9.1943 erano 2.300 i zaratini inseriti nei reparti di combattimento. A quella data la guarnigione militare italiana di Zara contava oltre
10.000 fra soldati e ufficiali. I tedeschi entrarono in città il 10 settembre senza incontrare resistenza, in conseguenza dell’atteggiamento capitolardo degli ufficiali superiori italiani. Più di ottomila militari furono tenuti dai tedeschi nei fortini intorno alla città o impiegati nei lavori forzati, ma in seguito saranno quasi tutti deportati in Germania. Soltanto alcune centinaia di militari raggiunsero l’Italia via mare; a[...] [...]tà il 10 settembre senza incontrare resistenza, in conseguenza dell’atteggiamento capitolardo degli ufficiali superiori italiani. Più di ottomila militari furono tenuti dai tedeschi nei fortini intorno alla città o impiegati nei lavori forzati, ma in seguito saranno quasi tutti deportati in Germania. Soltanto alcune centinaia di militari raggiunsero l’Italia via mare; altri 15002000 fecero in tempo a uscire dalla città, in parte aggregandosi ai partigiani e per il resto proseguen
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 466
Brano: Galassini, Pietro
Galeazzo, Aureliano
Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. N. ad Acqui (Alessandria), caduto a Volpara (Pavia) il
23.12.1944.
Studente di liceo scientifico a Genova, dopo I'8.9.1943 prese parte alla Guerra di liberazione unendosi ai partigiani operanti nella zona di Acqui. Successivamente combattè nella 58a Divisione Garibaldi « Oreste ». Ferito in combattimento, appena guarito riprese la lotta distinguendosi in nuove azioni di guerra.
Durante un grande rastrellamento compiuto dai nazifascisti nel Pavese, resosi conto che un gruppo di partigiani stava per essere accerchiato e sorpreso dal nemico, incurante del grave rischio attirò sulla sua persona il fuoco dei rastrellatori, dando così l'allarme e offrendo ai suoi compagni di lotta la possibilità di mettersi in salvo. Gettatosi poi sul nemico diede la vita nel generoso atto.
Galeotti, Ermanno
N. a Grizzana (Bologna) il 28.7. 1908, m. a Croce del Biacco (Bologna) il 20.4.1944.
Militante antifascista, dopo l'8.9. 1943 partecipò alla Guerra di liberazione, distinguendosi per numerose audaci azioni tra i partigiani del 7° G.A.P.. Mentre scortava un autocarro carico di munizioni[...] [...]hio attirò sulla sua persona il fuoco dei rastrellatori, dando così l'allarme e offrendo ai suoi compagni di lotta la possibilità di mettersi in salvo. Gettatosi poi sul nemico diede la vita nel generoso atto.
Galeotti, Ermanno
N. a Grizzana (Bologna) il 28.7. 1908, m. a Croce del Biacco (Bologna) il 20.4.1944.
Militante antifascista, dopo l'8.9. 1943 partecipò alla Guerra di liberazione, distinguendosi per numerose audaci azioni tra i partigiani del 7° G.A.P.. Mentre scortava un autocarro carico di munizioni, venne fermato a un posto di blocco fascista. Con prontezza aprì il fuoco,richiamando su di sé la reazione nemica. Da solo resistette fino all’ultimo e, immolandosi, diede ai compagni di lotta la possibilità di proseguire. Alla sua memoria è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare.
Galeotti Bianchi, Gina
Lia. N. a Mantova il 4.4.1913, uccisa dai tedeschi a Milano il 25.4.1945; ragioniere. Attivissima antifascista fin dalla prima gioventù, fu tra gli organizzatori degli scioperi del marzo 1943 a Milano. Arres[...] [...]le, venne liberata con la caduta del fascismo dopo il 25 luglio.
£}opo I’8 settembre partecipò alla Guerra di liberazione nazionale, nelle file della Resistenza, entrando a far parte a Milano del Comitato provinciale dei Gruppi di difesa della donna; si dedicò in particolare al servizio informazioni e all 'assi
stenza alle famiglie dei caduti nella lotta.
Il 25.4.1945, mentre stava recandosi all’ospedale di Niguarda per visitare alcuni partigiani feriti che si trovavano ricoverati sotto false generalità, e con i quali doveva mantenere il collegamento, venne uccisa da una scarica di mitra sparatale da un autocarro tedesco che stava forzando un blocco partigiano.
Era ine' ita di 8 mesi. Cadde, dopo 17 anni di lotta contro il fascismo, nel giorno dell’insurrezione.
Galileo, Officine
Azienda metallurgica sorta a Firenze (v.) tra il 1868 e il 1873. Inizialmente costituita da un nucleo di artigiani specializzati nel campo dell’ottica e della meccanica di precisione, aveva dimensioni ridotte e portava la denominazione di « Officina [...] [...]ti che si trovavano ricoverati sotto false generalità, e con i quali doveva mantenere il collegamento, venne uccisa da una scarica di mitra sparatale da un autocarro tedesco che stava forzando un blocco partigiano.
Era ine' ita di 8 mesi. Cadde, dopo 17 anni di lotta contro il fascismo, nel giorno dell’insurrezione.
Galileo, Officine
Azienda metallurgica sorta a Firenze (v.) tra il 1868 e il 1873. Inizialmente costituita da un nucleo di artigiani specializzati nel campo dell’ottica e della meccanica di precisione, aveva dimensioni ridotte e portava la denominazione di « Officina Galileo ». Nel 1871 partecipò all’Esposizione <Ji Milano guadagnandosi una medaglia d’oro e nel 1873, all’Esposizione Universale di Vienna, ebbe un diploma d'onore. Intorno al 187$; contava 33 operai, aveva tornr a pedale e un bilanciere. Nel 1896 l’officina occupava un centinaio di operai; era stata riorganizzata nella produzione e aveva mutato gestione, assumendo la ragione sociale di Società Anonima Ing. Martinez & C.. Nel 1906 la società fu messa in liquid[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 172
Brano: Novara
Resa dei tedeschi a Novara. In piedi sulla macchina: un parlamentare nazista tra i comandanti partigiani Tia e Ciro (aprile 1945)
con audace colpo di mano la Galleria del Sempione, dove i nazifascisti avevano ammassato 300 tonnellate di esplosivo. Il 22 aprile gli operai di molte fabbriche novaresi scesero in sciopero.
II 26, i garibaldini entrarono in Novara, appoggiati dalla popolazione e soprattutto dagli operai, tra i quali si distinse Gaudenzio Bighiani, della Rotondi, che con un gruppo di compagni di lavoro si impadronì di 5 autoblinde.
A far parte del C.L.N. provinciale era entrata Gisella Floreanini (v.) in rappresentanza dei Gruppi di difesa della donna, mentre il maggiore Luig[...] [...]ne « Adriano Burzi » Ferrovieri, il V Battaglione « Peppino » a Cameri,
I plotone a Bellinzago, 1 plotone a Lumellogno e 1 squadra a Vicolungo.
II contributo dato alla lotta di liberazione dalla provincia di Novara si può compendiare nei seguenti dati: 67 C.L.N. comunali (di cui 48 tripartiti), i più importanti dei quali furono quelli di Omegna, Arona, Villadossola, Domodossola e Verbania (a quest'ultimo si arrenderà la « X Mas ») ; 5.737 partigiani riconosciuti e 1.135 caduti, di cui 66 civili.
Da un'indagine svolta dall'istituto Storico della Resistenza di Novara su un campione di 525 partigiani di tutte le formazioni, risulterà che il 54 per cento di questi erano operai, il 14,4 per cento artigiani, impiegati o commercianti, il 10,3 per cento contadini e braccianti, l’8,5 per cento addetti ai servizi, lo 0,7 per cento liberi professionisti e intellettuali. Il 67,5 per cento dei partigiani aveva meno di 25 anni e il 26,4 per cento meno di ventan
ni. Il 93,1 per cento era originario di Novara e provincia, mentre il 4,7 per cento proveniva da altre provincie del Nord Italia. L’87 per cento aveva come massimo titolo di studio la 5a elementare, mentre
10 0,6 per cento erano laureati. Ben diversa risulterà la ripartizione sociale nella assegnazione delle funzioni dirigenti.
Alla Liberazione, il C.L.N. provinciale assegnò le seguenti cariche: prefetto il professore Piero Fornara; viceprefetti il maestro Cappa e
11 « medico dei poveri » Lazzarino', sindaco di Novara, Cino [...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 585
Brano: [...]lie dell’era attuale, Pienza è però vissuta all'ombra delle grandi famiglie nobiliari: i Piccolomini, i Forteguerri, i Bologna, gli Origo; quindi la sua vita e le sue attività sono state modellate dal potere delia grande proprietà terriera.
Movimento socialista
Solo la diffusione delle idee socialiste, agli albori del 1900, cominciò a scuotere l’immobilismo del potere
agrario e a dare speranza ai mezzadri più poveri, ai braccianti, agli artigiani.
Subito dopo la Prima guerra mondiale sorsero le sezioni socialiste a Pienza e a Monticchiello, le leghe operaie e contadine che assunsero presto uno sviluppo notevole. Nelle elezioni provinciali del 1920 e in quelle comunali del 1921 i socialisti conquistarono tutti i seggi in palio. I mezzadri, gli operai, i coltivatori diretti e gli artigiani si schierarono in stragrande maggioranza a sinistra: i socialisti ottennero 701 voti e i conservatori 207. Per mancanza di collegamenti con i centri operai, il fascismo riuscì a spezzare ogni forma di opposizione, ma negli anni del regime un consistente nucleo di socialisti e di comunisti si mantenne fedele alle proprie idee. Nel 1942, per iniziativa di Alessandro Fabbri ni e Quirino Bonifazi (entrambi minatori dell’ Amiata) si ricostituì un primo gruppo organizzato di militanti comunisti che rappresentò il punto di riferimento per il grande slancio che avrebbero assunto le forze della Resist[...] [...]zione, ma negli anni del regime un consistente nucleo di socialisti e di comunisti si mantenne fedele alle proprie idee. Nel 1942, per iniziativa di Alessandro Fabbri ni e Quirino Bonifazi (entrambi minatori dell’ Amiata) si ricostituì un primo gruppo organizzato di militanti comunisti che rappresentò il punto di riferimento per il grande slancio che avrebbero assunto le forze della Resistenza.
Lotta di liberazione
Pienza ebbe infatti 131 partigiani combattenti e 55 patrioti. Nel suo territorio si svolse, il 6.4.1944, la battaglia di Monticchiello (v.) che segnò l’inizio della riscossa partigiana in provincia di Siena.
Nelle colline intorno a Pienza operò la formazione intitolata a Mario Mencattelli (v.), alla cui memoria sarà conferita la Medaglia d’oro al valor militare. La « Mencattelli » aderiva al Raggruppamento Amiata diretto da ufficiali monarchici, ma il grosso dei partigiani simpatizzava per le idee di sinistra e alcuni di essi già nel corso della lotta si trasferirono sul monte Amiata, entrando a far parte del 7° Distaccamento della Brigata Garibaldi « Spartaco Lavagnini ».
Al momento della Liberazione i partigiani furono impegnati nell'opera di ricostruzione di Pienza, furiosamente bombardata dall’aria e da terra: costituirono un’Amministrazione comunale democratica, avversata dagli Alleati e dagli agrari, organizzarono cooperative e diedero slancio a tutte le forze democratiche. Alle elezioni politiche e amministrative del 1946 Pienza dette la maggioranza assoluta al P.C.I., costituendo un punto di forza del movimento contadino e democratico senese.
La popolazione, soprattutto quella
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 341
Brano: [...]imento operaio e fascismo nell’EmiliaRomagna 19191923, Roma, 1973, pp. 153174.
Sul l’antifascismo e sulla Resistenza armata nel Persicetano, alcune testimonianze sono raccolte da L. Bergonzini nei cinque volumi La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti, Bologna, 19671980 (specialmente nel I e nel V); si vedano inoltre le voci del Dizionario biografico dell'opera a cura di A. Albertazzi, L. Arbizzani, N.S. Onofri, Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (19191945), Bologna, 1985.
Per il periodo della Guerra di liberazione (19431945) si segnalano il volume di A. Belletti, Dai monti alle risaie (63a Brigata Garibaldi "Bolero”), Bologna, 1968, 19842 e la rassegna di M. Gandini, La Resistenza nel Persicetano (25 luglio 194322 aprile 1945): appunti bibliografici per una storia da scrivere, in “Strada maestra”, 8 (1975), pp. 144.
M.Gan.
San Giovanni Valdarno
Comune di circa 20.000 abitanti (18 mila nel capoluogo) in provincia di Arezzo (v.) e notevole centro industriale (ferriere, officine ferrov[...] [...]sta lungo il corso superiore dell'Arno, a circa 48 km a sud di Firenze e a 34 km da Arezzo, San Giovanni venne fondata nel 1296 dalla Repubblica fiorentina per fron
teggiare i potentati feudali del Valdarno e delI'Aretino. Fu quindi, oltre che importante colonia agricola e mercato rurale, anche caposaldo per l'espansione e salvaguardia dell'idea comunale e repubblicana. Già nel 1450 vi si fabbricavano chiodi di quadri tramite forgiatura e gli artigiani locali chiedevano al governo fiorentino un intervento doganale a protezione del loro manufatto contro la concorrenza extraregionale. Nel corso dei secoli la città fu in varie occasioni esempio di industriosità e di vita democratica, sì da mantenere vive le tradizioni di libertà nel carattere della popolazione.
Movimento operaio
Le prime manifestazioni operaie si ebbero per la conquista di un posto di lavoro nella vetreria qui sorta tra il 1812 e il 1814. Il 28.2.1864 si costituì la prima Società operaia di mutuo soccorso, seguita da vari circoli socioculturali. Nel 1872 si insediò nel t[...] [...] del lavoro e neH'Unione sindacale, e avendo creato varie cooperative di consumo.
Nel 1919 scesero in lotta i 200 operai occupati nella centrale elettrica della vicina Castelnuovo e il 17 aprile dello stesso anno tutti gli operai del bacino lignitifero sospesero il lavoro per protestare contro gli episodi di sopraffazione fascista avvenuti a Milano contro la sede deII’“Avanti!”. Alla protesta parteciparono i lavoratori di altre industrie, gli artigiani e i commercianti di San Giovanni. Ancora più vigorose furono le lotte per la conquista dell'orario lavorativo di 8 ore giornaliere e per l’applicazione del contratto di lavoro, fino ad arrivare nel settembre 1920 all'occupazione dell'llva e all'autogestione operaia della fabbrica, anche se conclusasi in modo deludente.
Reazione fascista
Il padronato rispose, qui come al
trove, con le spedizioni punitive delle squadracce fasciste, con le manganellature e l’olio di ricino, la devastazione di case operaie e sedi democratiche, cui si accompagnarono arresti e carcerazioni, per sfuggire al[...] [...]berazione
Dopo I'8.9.1943 sorse a San Giovanni Valdarno un Comitato di liberazione, composto da: Osvaldo Bianchi e Italo Grifoni per il gruppo anarchico; Guerrino Isidori (presidente) e Rodolfo Minucci per il Partito d'Azione; Otello Marini, Sergio Mori e Rolando Gragnoli per il Partito comunista; Pietro Bigi e Aldo Bianchi per la Democrazia cristiana; Attilio Brachetti e Galileo Giampieri per il Partito socialista. Nell’autunno 1943 i primi partigiani del comune si portarono sulle pendici del Pratomagno, dove il capitano Rodolfo Chiosi organizzò il nucleo da cui sarebbe sorta la Brigata “Mameli”, operante nell’Alto Valdarno. Questa formazione ebbe 5 caduti (Ugo Cannoni, Varo Failli, Giovanni Biscaro Parrini, Alessandro Corsi e Arduino Chiapolini), 4 mutilati (Dante Grappoli ni, don Giuseppe Nocciolini, Angelo Mascia e Fortunato Venturi) e 2 feriti (Giuseppe Musi e Raimondo Atzeni).
Sul versante opposto al Pratomagno, sui crinali dal Valdarno al Chianti e specialmente nel comune di Cavriglia, operarono invece i partigiani della 3a e 4a C[...] [...]ta la Brigata “Mameli”, operante nell’Alto Valdarno. Questa formazione ebbe 5 caduti (Ugo Cannoni, Varo Failli, Giovanni Biscaro Parrini, Alessandro Corsi e Arduino Chiapolini), 4 mutilati (Dante Grappoli ni, don Giuseppe Nocciolini, Angelo Mascia e Fortunato Venturi) e 2 feriti (Giuseppe Musi e Raimondo Atzeni).
Sul versante opposto al Pratomagno, sui crinali dal Valdarno al Chianti e specialmente nel comune di Cavriglia, operarono invece i partigiani della 3a e 4a Compagnia della Brigata Garibaldi “Vittorio Sinigaglia” (forte di oltre 200 effettivi) che si distinsero per le numerosissime azioni condotte contro le forze tedesche in marcia verso il fronte e contro i presidi repubblichini della zona, nonché nel sostenere le popolazioni minacciate di strage dai tedeschi. Tra i caduti della 3a Compagnia “Chiatti” si ricordano: il partigiano sovietico Nicolay Bujanov
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 489
Brano: Appendice
Visto il valoroso comportamento dei partigiani, la popolazione di Monteprato consegnò loro un ingente quantitativo di armi che erano state abbandonate nella zona, da un reparto dell'esercito italiano, fin dal 1 '8.9. 1943. La sconfitta subita dal nemico veniva intanto annunciata da Radio Londra nei seguenti termini: « Forze partigiane appoggiate da fuoco di mortai respingevano un forte attacco tedescocosacco alle posizioni tenute dai partigiani nel Friuli Orientale ».
I combattimenti si protrassero accaniti fino al 31 agosto e si conclusero con la cacciata di tedeschi, cosacchi e fascisti dalla zona di Nimis, Attimis e Faedis che, insieme ai comuni circostanti, costituirono la Zona libera del Friuli (v.). Da quel momento il Battaglione Mortai seguì le sorti della “Natisone” in Friuli e poi in Slovenia nel crudo e tragico inverno 194445.
Comandata da Mario Fantini [Sasso) e Giovanni Padoan [Vanni), la “Natisone” fu infatti duramente provata: su un organico di circa
5.000 partigiani combattenti ebbe 1.343 caduti, 546 feriti o[...] [...]sero con la cacciata di tedeschi, cosacchi e fascisti dalla zona di Nimis, Attimis e Faedis che, insieme ai comuni circostanti, costituirono la Zona libera del Friuli (v.). Da quel momento il Battaglione Mortai seguì le sorti della “Natisone” in Friuli e poi in Slovenia nel crudo e tragico inverno 194445.
Comandata da Mario Fantini [Sasso) e Giovanni Padoan [Vanni), la “Natisone” fu infatti duramente provata: su un organico di circa
5.000 partigiani combattenti ebbe 1.343 caduti, 546 feriti o congelati e numerosi dispersi. Essa fu forse l'unica formazione partigiana italiana colpita dalla perdita di molti combattenti deceduti per fame e altre gravi privazioni.
Per far fronte alle varie necessità operative il Battaglione Mortai venne anche suddiviso in squadre di mortaisti aggregate a diversi reparti. Esso partecipò a tutti i maggiori combattimenti della Divisione, molte volte attaccando autocolonne e presìdi nemici con i soli propri effettivi. I suoi uomini furono in alcuni casi richiesti dal Comando del IX Korpus del N.O.V.J. come is[...] [...]un nuovo istituto: il Bauhaus. In questa nuova scuola venne data una parte di preminenza all’artigianato, mentre venivano lasciate in secondo piano le “arti maggiori” (pittura e scultura non erano neppure insegnate}. Esistevano invece corsi di tessitura, ebanisteria e altre arti attinenti l'architettura e l'arredamento. Come correlazione a questi, esisteva un corso di forma [Formiehre).
Tuttavia, mentre tutti i corsi “pratici” erano tenuti da artigiani, per i “Formiehre” Gropius chiamò Paul Klee (v.), Wassili Kandinskij, Oskar Schlemmer e Gerhardt Marcks. C’era poi un corso propedeutico sui princìpi basilari della progettazione [Vorkurs) diretto da Johannes Itten, poi da Josef Albers e da Lazio MoholyNagy. Dopo due anni gli allievi diventavano “artigiani”, ma era previsto un terzo anno, durante il
quale potevano fare pratica architettonica.
Negli anni seguenti si aggiunsero altri corsi: ad esempio, nel 1921 un corso libero di tipografia, nel 1922 le lezioni di scenografia e coreografia di Oskar Schlemmer e nel 1923 il corso di fotografia diretto da Laz
io MoholyNagy.
Fra il 1924 e il 1929 gli architetti del Bauhaus lavorarono moltissimo in Germania, suscitando negli ambienti più conservatori e legati a un tipo di capitale arretrato violente polemiche. Importanti realizzazioni furono le Siedlungen (nuovi quartieri) berlinesi di Bru[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 190
Brano: Avasinis
liberazione. Ma lungo la strada pedemontana, da Pinzano a Cavazzo e a Tolmezzo, transitavano ancora colonne tedesche che avevano scelto, per la loro ritirata, quel percorso ritenuto più sicuro dai mitragliamenti aerei e dalle molestie dei partigiani.
I piccoli paesi, attraverso i quali passavano le colonne ordinate in pieno assetto di guerra, erano o apparivano deserti. Solo dai costoni delle montagne di Avasinis, nel punto in cui la pedemontana muta versante tra questo paese e Trasaghis, un gruppo di partigiani con una mitragliatrice pesante cercava di ostacolare il passaggio delle truppe germaniche. La reazione del nemico fu immediata e violenta. Fatta tacere la mitragliatrice con alcuni colpi di mortaio, un reparto in ordine sparso prese d'assalto il paese. Gli uomini avevano fatto in tempo a mettersi al sicuro in montagna (la popolazione era ormai abituata alle violenze tedesche); le donne, i vecchi ed i bambini avevano continuato le loro faccende o si trovavano nelle strade a curiosare. Ma questa volta i soldati tedeschi sembravano invasi da bestiale furia omicida. Ogni casa venne rastrellata co[...] [...]di 83, Domenica Rodolfo di 81, Giovanni Cucchiaro di 76 e Caterina Rabassi di 75. La strage durò più di un’ora: Poi l’ordine di un ufficiale vi pose fine. L'azione di rastrellamento continuò fino all'ultima casa. Molti riuscirono a fuggire; altri si nascosero nei luoghi più impensati. Circa una quarantina di donne furono prese in ostaggio, rinchiuse nelle stalle e minacciate di essere uccise se si fossero ancora verificati attacchi da parte dei partigiani. Poi cominciarono i lamenti dei feriti; alcuni erano riusciti a trascinarsi sino ai loro letti, ove morirono dissanguati.
Qualcuno agonizzò tutta la notte invocando senza che altri potessero portargli aiuto. Tra i feriti c’era anche il parroco Francesco Zossi. Anch'egli era stato allineato nel cortile della canonica assieme alle donne e ad alcuni vecchi che aveva ospitato. Un tedesco gli aveva sparato a bruciapelo, con un gesto istintivo dòn Zossi s’era coperto il volto con le mani. La pallottola gli colpì la sinistra e deviò. Cadde, ebbe l'accortezza di imbrattarsi il volto di sangue e di[...] [...] concorso all’avvento del fascismo. Gli episodi squadristici vi furono scarsi e improntati alla vecchia politica dei «mazzieri» (v.) òperanti al servizio di alcuni notabili e industriali locali (ad Altavilla, Solofra, Montella), oppure manifestazione di spavalderia di piccoli gruppi camorristici. Specialmente nef primi anni del regime, l’opposizione di fondo al fascismo, la non adesione degli intellettuali e dei ceti popolari, operai, contadini, artigiani, fu tale che, a controllare la provincia ec a tentare di fascistizzarla, fu inviato come prefetto politico uno dei capi dello squadrismo italiano, il console T. Tamburini di Firenze.
Nel periodo della crisi Matteotti (v.) la maggioranza del personale politico della provincia fu all’opposizione, compresi gli esponenti locali del Partito liberale (Rubieili e Amatucci), i gruppi di ispirazione liberale (Tedesco, Sinibaldo Tino), i giovani intellettuali capeggiati da Guido Dorso (v.) e i nuclei socialisti di Ariano (Vinciguerra), Solofra (Vincenzo Napoli) e Altavilla Irpina (Ferdinando Cianciu[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 665
Brano: [...]affermare che i contadini presenti nelle formazioni partigiane combattenti andassero dal 20 per cento a un massimo che in certi casi superava il 70 per cento (come, per esempio, in Romagna, dove le brigate partigiane erano formate in gran parte da bracciànti, mezzadri e piccoli proprietari).
Una statistica sulla composizione sociale delle formazioni del Corpo volontari della libertà non esiste, se non per alcune località: a Ravenna, su 7.270 partigiani, 2.320 erano braccianti agricoli e 3.240 contadini. Le altre classi e gli altri ceti sociali erano rappresentati da: 345 artigiani, 163 casalinghe, 34 commercianti, 27 carabinieri e guardie di finanza, 256 impiegati, 57 marinai, 810 operai, 50 professionisti, 3 sacerdoti, 250 studenti, 35 ufficiali in s.p.e. e in congedo, 127 non accertati.
In un altro studio accuratamente compiuto da Mario Giovana |5er una parte delle formazioni « Giustizia e Libertà » del Piemonte, su un totale di 6.181 partigiani risultano: 1.859 operai (30%), 1.283 contadini (20%), 738 artigiani (11,7%), 707 studenti (11,2%), 541 impiegati (8,4%), 331 professionisti (5,3%), 259 commercianti (4,1%), 103 casalinghe (1,6%), 102 impiegati statali (1,6%), 54 sottufficiali di .carriera (0,8%), 38 industriali (0,6%), 4 sacerdoti (0,06%).
Queste cifre, che testimoniano come — per la prima volta nella storia d’Italia — i contadini abbiano partecipato attivamente a una guerra civile combattendo dalla parte delle forze della libertà, non dicono tutto. Infatti i contadini non condussero soltanto la lotta armata, ma seppero svolgere una larga e possente azione di massa, fatta di scioperi e di [...]
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Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine artigiani, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili. |
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