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Il segmento testuale Verso è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 36Analitici , di cui in selezione 3 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Bruno Bongiovanni, Ritratti critici contemporanei. Maximilien Rubel in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]des oeuvres de Marx, in « L'Homme et la Société », n. 17, 1970, pp. 319323. Per un giudizio piú sfumato dr. JACQUES CAMATTE, Il capitale totale, Dedalo, Bari 1976, pp. 1618.
3 Cosi Rubel definisce la Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico (cfr. MARXENGELS, Opere vol. In, Editori Riuniti, Roma 1976, pp. 5143), scritta a Kreuznach probabilmente nell'agosto 1843, poco dopo il matrimonio di Marx con Jenny von Westphalen. Di parere diverso è PIERRE VILAR, Marx e la storia, in Storia del marxismo, vol. I, Einaudi, Torino 1978, p. 65, che ritiene questo testo del 1843 un arretramento rispetto all'anno precedente.
4 Cfr. Introduction a K.M., Oeuvres. Economie II, cit., pp. xLvLin.
MAXIMILIEN RUBEL 283
des classes laborieuses en Angleterre et en France (1840) del cristiano Eugène Buret, Che cos'è la proprietà? (1840) di PierreJoseph Proudhon ed i Lineamenti di una critica dell'economia politica (1844), geniale opera giovanile di Friedrich Engels, densa di fervidi umori moralistici. Proprio in questo periodo nasce un'ossessione t[...]

[...]democratico, esattamente come agli albori della seconda guerra mondiale Lev Trockij, sul versante leninista rivoluzionario, aveva reagito alle identiche tesi di Bruno Rizzi, opponendo cioè l'ottimismo alla possibilità dell'imminente catastrofe burototalitaria, non respinta sul terreno della teoria 13. Léon Blum scrive infatti che le società directoriales (burototalitarie), che pur potrebbero sorgere in un periodo di transizione, si dirigerebbero verso il socialismo « per l'effetto di una sorta di attrazione democratica »: è persino possibile, secondo Blum, che proprio nell'uRs s, considerata da Burnham il modello dei regimi che ovunque stanno per sorgere, questa transizione è forse cominciata a nostra insaputa. Le tesi di Burnham, come si vede, suscitano un notevole interesse ed un dibattito di livello piuttosto elevato si sviluppa all'interno degli ambienti socialisti francesi 14: come in generale di livello elevato è la qualità degli scritti di coloro che scrivono nell'ultimo scorcio degli anni Quaranta sulla « Revue Socialiste », tra i [...]

[...] tematica della managerial revolution lo conferma — gettano una nuova luce sulla dottrina marxiana della catastrofe sociale, secondo termini che sia gli « ortodossi » che i « revisionisti » (tutti ligi al piú rassicurante ottimismo di partito) erano stati incapaci di prevedere.
20 Introduction a Pages de Karl Marx pour une éthique socialiste, cit., p. 45 (ed. 1970). Questo concetto è stato ripreso da JACQUES CAMATTE negli anni Sessanta: dr. ora Verso la comunità umana, Jaca Book, Milano 1978, pp. 43 ss.
21 Cfr. La Pensée maîtresse du Manifeste communiste, in « Revue Socialiste », n. 1718, 1948; Fragments d'un journal de voyage de Friedrich Engels, n. 27, 1949; Echange de lettres entre Lassalle et Marx, n. 32, 1949; La Russie dans l'oeuvre de Marx et d'Engels, n. 36, 1950.
22 Cfr. Réflexions sur la société diréctoriale, in « Revue Socialiste », n. 44, 1951.
MAXIMILIEN RUBEL 289
Nell'ottobre dello stesso anno, inoltre, Rubel si sente in dovere d'intervenire in polemica con il socialista Robert Mossé che scrive che la teoria di Marx è to[...]

[...]lla protesta antihegeliana ed antistatale in nome della società concreta, protesta che secondo Rubel è in sintonia con l'antihegelismo proclamato da Kierkegaard in nome del l'individuo concreto. Rubel mette in luce l'influenza dell'etica di Spinoza su Marx 3B, il suo passaggio dal liberalismo al comunismo, la critica della burocrazia intesa come élite del sapere esoterico, il passaggio dall'analisi della religione all'analisi della politica attraverso la mediazione di Feuerbach e la critica dell'emancipazione politica in nome dell'emancipazione umana: in Marx, secondo Rubel, la critica diventa lo strumento teorico per eccellenza, atto ad articolare sul piano della coscienza e della conoscenza il progetto etico e rivoluzionario di farsi disertore del vecchio mondo. Con la concezione materialistica della storia, successiva alla critica della politica, Marx approda ad un metodo di indagine che Rubel definisce — con un'espressione a nostro avviso non eccessivamente felice e che forse intende sottolineare il debito contratto da Marx nei confron[...]

[...]ntemente compreso anche gli scritti marxiani non pubblicati in quella precedente occasione. Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, l'attività di Rjazanov e la MEGA, in tempi diversi, vennero bruscamente troncate. Si può
39 Cfr. Karl Marx et Flora Tristan, in « La Nef », genn. 1946.
40 Cfr. Karl Marx. Essai d'une biographie intellectuelle, cit., p. 67. Anche questa tematica venne ripresa da JACQUES CAMATTE in Il Capitale totale, cit. e in Verso la comunità umana, cit.
41 Cfr. Gesammelte Schriften von Karl Marx und Friedrich Engels 18521862, Dietz, Stuttgart 1917.
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dire, dunque, che gli scritti meno noti di Marx, negli anni Cinquanta del nostro secolo, fossero proprio quelli del decennio cui aveva lavorato Rjazanov prima del febbraio 1917, tra i quali spiccano, per quantità e varietà, gli articoli sul « New York Daily Tribune ». Avendo presente questa situazione Maximilien Rubel, nel 1960, pubblica uno studio sull'atteggiamento di Marx davanti al bonapartismo 42, un po' per affrontare i temi del periodo in ques[...]

[...] brutale accumulazione capitalistica. Gli studi di Marx sulla genesi storica e sulla crescita del capitalismo sono stati trasformati, soprattutto con l'avvento di Stalin, in ricette economiche per l'edificazione del socialismo: è cosí che lo Stato sovietico, capitalismo d'imitazione per quel che riguarda il materiale tecnologico impiegato, ha in breve tempo utilizzato tutti i metodi di accumulazione descritti da Marx. In questo modo l'Urss, attraverso la dittatura di partito, si è avvicinata alla realizzazione di quel capital sans phrases, privo di ostacoli borghesi, che Marx aveva intravisto ed il suo Stato teocratico, fondato sul doppio terrorismo ideologico e poli
47 Cfr. BRUNO BONGIOVANNI, Introduzione a F. ENGELS, La politica estera degli zar, La Salamandra, Milano 1978, pp. 936.
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tico, ha perfezionato quell'Etat sans phrases che Rubel ha creduto di ravvisare nell'analisi marxiana del bonapartismo.
Ritornano in parte, come si vede, le suggestioni dell'immediato dopoguerra: a proposito dell'uRs s Rubel parla di[...]

[...]segue nel numero successivo. Di notevole importanza anche il numero 11 (1967) sul centenario de Il Capitale e soprattutto il numero del 1969 contenente gli scritti di Marx e di Engels (alcuni inediti in francese)
300 BRUNO BONGIOVANNI
sullo zarismo e sulla comune russa 51. Il numero del 1970, consacrato al comunismo, mette in luce le origini utopiche del pensiero di Marx: il comunismo, si cerca di dimostrare, è poi degenerato in mitologia attraverso la mediazione degli apparati ideologici di Stato. Questo numero contiene testi importanti di Moses Hess, di Max Adler, di Weitling, di Rühle e di Mattick: la presentazione di lavori poco noti o addirittura inediti, con commenti ed annotazioni, è sicuramente uno dei meriti maggiori degli « Etudes ». Nel numero 15 Rubel pubblica il saggio La légende de Marx ou Engels fondateur che indica in Engels il primo ed ancor timido responsabile della costituzione del « marxismo »: in questo numero, oltre a studi importanti di Draper e di Bahne, vi sono anche testi di notevole importanza di Pierre Leroux [...]



da Massimo Mila, Guillaume Dufay, musicista franco-borgognone in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...]a cattedrale durante il 1408 e il 1409. Si ritiene che nel 141718 il giovane Duf ay abbia fatto parte del seguito che accompagnò Pierre Dailly, vescovo di Cambrai, al concilio di Costanza, e là abbia stretto relazioni altolocate che gli permetteranno ben presto di venire in Italia, presso la corte dei Malatesta a Rimini, dal 1419 al 1426. « Charles gentil, c'on dit de Malateste » proclamano le 3 voci unite in accordi di sonorità organistica, nel verso che conclude ogni strofa della ballata Resveillezvous, per le nozze di Carlo Malatesta con Vittoria Colonna, nipote del papa Martino y, nozze avvenute a Rimini il 18 luglio 1423.
Oscura è la sorte del musicista negli anni 142628: sembra che sia ritornato in Francia, forse a Parigi, forse in contatto con la corte di Borgogna nella residenza estiva di Lannoy, di cui salutò i buoni vini e la lieta dimora in una canzone che non è tanto un inno bacchico, quanto piuttosto un malinconico congedo. Sul finire del 1428 lo ritroviamo in Italia, in servizio alla cappella pontificia fino al 1437, con un'[...]

[...]ossia con mero compito di sostegno. E questo lo stile acerbo di quelle che gli studiosi tedeschi definiscono « KantilenenMessen », e che vale anche per tutta la produzione profana di Duf ay
e dei suoi contemporanei.
Il fauxbourdon — la famosa « contenance angloise », come viene chiamato nel Champion des dames (146162) di Martin le Franc — era una tecnica di scrittura per voci parallele, portata sul continente dagli inglesi, principalmente attraverso l'esempio di Dunstable (ca. 13801453). Ebbe il merito di accreditare nella composizione polifonica gli intervalli di terza
e sesta, fino allora evitati in favore delle piú perfette, ma insipide consonanze di quinta e di quarta. Ma riportava la polifonia francese, già cosí evoluta e disinvolta nell'autonomia delle parti dopo Guillaume de Machault, al rigido parallelismo obbligato di medioevali or gana. Duf ay se ne serví per la prima volta nel PostCommunio della Missa Sancti Jacobi (ca. 142627), e per un po', negli anni Trenta, gli dura in varie composizioni la scalmana per questo procediment[...]

[...]Una capacità inesauribile di modificare impercettibilmente gli intrecciati sentieri dal canto, paragonabile a quella di cui è permeata la musica orientale. Le grandi composizioni di Dufay, specialmente quelle di maggior respiro come le Messe, sono un caleidoscopio continuo della melodia, che sembra sempre uguale, ruota sempre intorno a un modulo costante, e poi quando si va a vedere da vicino cercando d'individuare ripetizioni e ritorni, non c'è verso di scoprire due passi assolutamente uguali: sembra di voler afferrare acqua con le mani.
Questa regola della variazione perpetua è corretta ma non contraddetta dal forte desiderio di unità che guida Duf ay nelle opere maggiori: ognuna delle cinque sezioni di ogni Messa comincia con un « motivo di testa » sempre uguale (che non ha nulla da vedere col cantus firmus del Tenor). Si tratta d'una formula introduttiva, esaurita la quale la variabilità della melodia riprende i suoi diritti. Naturalmente fanno eccezione le canzoni in forma di ballata e piú ancora quelle in forma di rondeau, dove l'el[...]

[...]tivo e l'andamento dialogico, nella produzione di Dufay.
GUILLAUME DUFAY, MUSICISTA FRANCOBORGOGNONE 165
avesse equivocato sul senso delle prime parole, prendendole per un elogio del coraggio francese, mentre si tratta d'una canzone amorosa. Il testo (che probabilmente non è di Dufay, se nel 1501 apparirà in una raccolta pubblicata da Antoine Vérard, Le Jardin de Plaisance et Fleur de Rhétorique) forma in acrostico (con la prima lettera d'ogni verso, escluse le ripetizioni), il nome Franchoise. (Analogo gioco si trova nella ballata Craindre vous vueil col nome Catalina Dufay.) È un fatto che le canzoni profane del Dufay maturo si allontanano da quella specie di spleen quattrocentesco, tra cavalleresco e trovadorico, che le canzoni giovanili derivavano dall'eleganza mondana, e un po' esile, dell'Ars nova, sia di quella francese (Guillaume de Machault), sia di quella italiana (Landino), che Dufay doveva certamente aver conosciuto.
Pur in chiave di simbolismo galante, la divertente canzone Donnez l'assaut à la forteresse sembra anticipare [...]

[...]dopo che con la Missa Caput (ca. 1440) l'adozione del Tenor (sia gregoriano, sia — in due casi — profano) conferisce alla Messa unità di concezione, cercata anche con l'ingenuo (e personalissimo) espediente di applicare come un sigillo, all'inizio d'ognuna delle cinque sezioni, un incipit sempre uguale e indipendente dal Tenor.
Un po' a disagio nell'abbondanza di parole di Gloria e Credo, che specialmente nelle prime Messe sforza il compositore verso una sconveniente rapidità di sillabazione in un eccesso di « diminuzioni », la variazione melodica di Dufay meglio si giova dell'atmosfera lirica di Benedictus e Agnus Dei, e della concisa indeterminatezza verbale del Kyrie.
La religiosità è veramente la sostanza dell'anima di Dufay, ma non è una religiosità drammatica come quella di Josquin, di Orlando di Lasso e di Victoria; né solennemente pontificale come quella di Palestrina. E un bene intimo, serenamente posseduto, che ha la sua luminosa espressione giovanile nel citato mottetto fiorentino Nuper rosarum flores (1436). Nei capolavori de[...]

[...]icae del 1490 gli attribuisce meriti teorici, forse immotivati. Ma già per Franchino Gaffurio (Practica musicae, 1496) Dufay non è piú che un nome, citato fra altri per osservazioni marginali in merito alle dissonanze, alla notazione, al ritmo. Cosí lo nominano di passata Pietro Aron, nel Toscanello in musica (1523), Spataro nel Trattato di musica (1531), Sebald Heyden (De arte canendi, 1537), Adrien Petit Coclicus (Compendium musices, 1552).
« Verso la fine del xv secolo — scrive il Van den Borren — si vede affluire una tal quantità di musicisti di prim'ordine, che il ricordo del grande antenato non tarda a obliterarsi. La polifonia sempre piú consonante e soave dei Josquin des Près, dei Brumel e dei Pierre de la Rue fa sembrare quella di Dufay come rozza e imperfetta nella sua fattura primitiva, e una nube sempre piú spessa viene ad interporsi tra quest'arte nuova e l'Ars nova, ormai passata al rango di Ars antigua, con cui s'era illustrato il nostro Maestro ».
Cala cosí la notte su di lui, tanto che nel 1880 uno studioso piemontese, F[...]

[...]ene ad interporsi tra quest'arte nuova e l'Ars nova, ormai passata al rango di Ars antigua, con cui s'era illustrato il nostro Maestro ».
Cala cosí la notte su di lui, tanto che nel 1880 uno studioso piemontese, F. Saraceno, imbattendosi nel nome di Dufay in alcune carte dell'Archivio di Stato di Torino, lo prende per un Carneade qualunque e non s'avvede dell'importanza del ritrovamento.
Tuttavia l'eclisse della fama di Dufay dura soltanto fin verso la metà dell'Ottocento. Il romanticismo s'impadronisce del suo nome in maniera fantasiosa ed altamente improbabile con una novella La vieillesse de Guillaume du Fay, pubblicata nel 1837 in un giornale di mode parigino. Fr. X. Haberl ne dà un riassunto, non di prima mano, bensí dedotto da una recensione della « Leipziger Allgemeine Zeitung ». La spassosa invenzione del giornale parigino ci mostra Dufay e il giovane Josquin Desprès a Parigi nel marzo 1465 (Josquin avrebbe avuto 15 anni!), entrambi invaghiti della povera vedova d'un grande sonatore di rebecca, certo Thomas Chevru, ma entrambi os[...]

[...]s a Parigi nel marzo 1465 (Josquin avrebbe avuto 15 anni!), entrambi invaghiti della povera vedova d'un grande sonatore di rebecca, certo Thomas Chevru, ma entrambi ostacolati da bisbetiche governanti e portinaie. Il bambino della vedovella Elena s'ammala e muore nell'incendio delle cortine del suo letto. In preda al delirio Elena canta svagate canzoncine natalizie, come un'eroina di Donizetti. Dufay s'avvede che il canto ad ogni ripetizione è diverso, ma tale che può combinarsi con la versione precedente (il che, incidentalmente, può corrispondere esattamente allo stile di WechselMelodik attribuito dal
170 MASSIMO MILA
Besseler al nostro autore). Dufay comunica la scoperta a Josquin, che conferma l'osservazione. Entusiasmo e abbraccio dei due amici, che cantano insieme a due voci la doppia melodia. « Le contrepoint venait d'être découvert! »
Se da un giornale di mode non si poteva aspettare di meglio, alla critica romantica si deve la prima intuizione della grandezza di Dufay. I due capitoli a lui dedicati da August Wilhelm Ambros nel [...]



da Giovanni Testori, Il Fabbricone in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...]na a ovest.
«Avanti! Tirate! Tirate sù razzi, bombe, madonne e anticristi! Sù, sù che poi ci chiuderanno tutti in manicomio! Ecco a cosa porta il vostro progresso! Come se non ci avesse già pensato 14 guerra a rovinarci i nervi! » — gridò, senza saper a chi, la Redenta mentre spalancava la finestra per prender il pezzo di fesa che, involto in un po' di carta, se ne stava sul davanzale; un'occhiata, ma non più di quella, alle luci che saettavand verso sud, e una al buio
70 GIOVANNI TESTORI
in cui il resto del cielo affondava come in un inferno; quindi, stringendo la carne, si riavvicinò al tavolo; in quello stesso momento un razzo esplose sulla sua testa con più fragore degli altri e fece tremar i vetri.
« Spaccate, spaccate su tutto che poi almeno non ci si pensa
Deve piovere? Niente: l'interesse é che non piova. Le stagioni? L'estate, la primavera, l'autunno? E chi le vede? A rovescio; a rovescio anche quelle; come la gente; come la vita; come tutto! »
Fuori, intanto, le poche gocce cui i razzi avevan permesso di cadere venivan giù [...]

[...] se di tanto in tanto l'argomento dei loro discorsi cadeva proprio sulla relazione che il fratello, già da quattro anni, aveva con la sarta. Una sarta per po
IL FABBRICONE 71
vera gente, naturalmente; anche se poi faceva di tutto per mettersi alla moda, copiando e ricopiando i figurini di cui eran piene le riviste che comprava; « Grazia »; « Foemina »; e certe volte « Vogue »; dato che, come diceva, anche il gusto delle operaie adesso si volta verso Parigi.
Quella della carne alla sera, era una delle tante abitudini del fratello che la Redenta non riusciva a giustificare; tanto più che, lei come lei, faticava già molto a mandarla giù a mezzogiorno. Un'ombra di timore, come se preparandola prima e mettendosela tra i denti poi, sentisse chissà che eccessi di somiglianza con la carne umana; fesa, manzo, filetto; tutto uguale; per non parlar di quand'era il fegato che si trovava tra mano. Quel color cupo, quel sangue violastro, quei nervetti! Del resto tutto quel carname cominciava a farle schifo, dal momento in cui se lo vedeva là, ammassa[...]

[...]e, a quella fila di tuoni, aveva fatto un passo indietro, rimase ferma a guardar quel che era successo; il ferro se ne stava ancora li, intatto, a destra della biancheria, ma nel punto in cui vi s'attaccava la spina aveva preso a uscire una specie di fumo azzurrognolo e lieve.
«
Addio! Per oggi é finita... » — disse; tuttavia, prima di riavvicinarsi al tavolo, preferì aspettar qualche altro minuto. Quando poi si decise, il pensiero che le attraversò la testa, oltre all'altro sempre presente, del Sandrino, fu quello dell'Enrico.
« Dove si sarà cacciata, quella bestia ? » — fece rimettendo le mani dentro le maglie, i fazzoletti e le mutande.
Lampi, tuoni; qualche scroscio improvviso; nuove zaffate di aria; mulinelli di foglie; gocce, terra e immondizie.
Sull'ingresso il Tino, il Franchino e l'Enrico saltavano presi dall'emozione; ad ogni lampo che s'apriva nel buio delle nubi, era come se una vipera li mordesse alle caviglie, allora, tra gioia, paura e piacere uno gridava, l'altro imprecava e l'altro ancora aizzava la tempesta a raddopp[...]

[...]ello stesso momento la Redenta, come se tra lei e la stanza del piano di sopra ci fosse stato un improvviso, oscuro rapporto di telepatia o come se il nuovo incrudelirsi del temporale le avesse riportato alla memoria l'ultima lite svoltasi li, nella casa, lite che era stata anche quella una specie di tempesta. S'era avvicinata un'altra volta alla finestra e seguiva lo scrosciar dell'acqua che il vento flagellava senza carità, come se l'intero universo stesse per disfarsi; e lo seguiva con la speranza e col desiderio di poter scorgere nel mezzo, qualche goccia talmente grossa e pesante da non esser più pioggia, ma finalmente grandine, tempesta.
« Parole, improperi, bestemmie... — continuò a pensare, men
A
7e GIOVANNI TESTORI
tre la faccia le veniva rischiarata dai bagliori dei lampi — E per cosa? Per un po' di merda su un manifesto...; «siete stati di certo voi! »; « ah, perché noi saremmo così scemi da venir a fare queste cose, qui, in casa nostra? »; « e allora? »; « è la gente! E' l'odio che han tutti per voi che vi siete venduti ai [...]

[...]minciato a prender atto, pezzo per pezzo, delle devastazioni che il temporale aveva provocato; piante di fiori, cespi d'insalata, pianticine di pomodori, pianticine di patate e file di carote, tutto era stato spiaccicato, divelto, e fin portato lontano; e su tutto si vedevan frammenti di giornali, di manifesti e di carte. Malgrado però s'affannassero a cercarli, dei chicchi di grandine non riusciron a trovare neppur l'ombra. Il Tina allora tornò verso i resti della persiana e, chiamando in aiuto gli amici, tentò di rimuoverli; 'visto che non ne valeva la pena, guardò in su, verso il davanzale, per veder cosa, nel precipitar a terra, la persiana avesse portato via; poi gridò:
« Guardate, ne ha fatto venir giù più di mezzo... ».
Il davanzale si mostrava infatti sfracellato per un buon terzo; sull'alto dello stipite poi, un buco, ben piú grande di quelli che i mitragliamenti aerei avevan lasciato su tutta quanta la facciata, si mostrava così aperto da parer una ferita.
« E' partito anche il gancio... » — fece l'Enrico.
« Allora in un posto o nell'altro dovremmo trovarlo... » — disse il Remigio, riportando gli occhi a terra.
«Già, perché se lo si trova ci servirà a t[...]

[...]I TESTORI
commentò il Tino, guardando i riflessi che i raggi dell'ultimo sole facevano su quel pacifico discendere di gocce.
In quel modo, i ragazzi sull'ingresso e gli inquilini nelle stanze, videro formarsi, piano piano, davanti ai loro occhi la grande forma dell'arcobaleno.
« Guarda! » — disse la nuora dell'Oliva, quando esso si fu tutto disegnato nel cielo.
Il vecchio rispose con un:
« Cosa? » — poi, senza aspettar altro voltò gli occhi verso la finestra e, per chissà quale volta nella vita, vide il segno della tranquillitá e della pace attraversar tutto quanto i vetri: allora si sforzò di sorridere e di dimenticar i Villa, lo scempio che quegli sciagurati del P.C. avevan fatto dei manifesti, i brandelli, il fango, la terra, Satana e la merda.
« Scommetto che quelli di sii stan pensando che é il padreterno... » — fece la Redenta, riportando gli occhi rabbiosi dalla finestra sul tavolo — « Figurarsi! — aggiunse, mentre rovesciava piselli, pezzi di patate, sedano e carote nella pentola piena d'acqua. — Ma se al padreterno interessa[...]

[...]dietro di loro, la sorella del Luciano, quella che lavorava alla S.I.R.C.A. e che, in definitiva, era una delle poche donne del fabbricone con cui senza scambiar parola, riusciva a esser quasi sempre d'accordo; poi il Luigi, almeno se non era andato anche quella sera dalla sarta; e alla fine, dopo tutti gli altri, ma così, senza nessun orario, perché il lavoro lui lo trovava nei momenti più strampalati, il Luciano, quel povero bastando d'un boy, verso il quale tuttavia, assieme alla ripugnanza, una certa simpatia non é che lei non la sentisse...
Una mano appoggiata al davanzale, l'altra che le sosteneva la testa, gli occhi di volta in volta fissi su ciascuno di loro come se di ciascuno volesse capir tutto: cose andate bene e cose andate male; gioie e dolori; difficoltà e segreti; tutto quel che, insomma, durante il giorno gli era capitato o stava per capitargli.
Quella sera però, prima di sistemarsi in quel modo, la Redenta tornò sulla stufa, diede qualche giro di mestolo dentro la pentola, vi gettò un pizzico di sale, poi, come gli occh[...]

[...] le narici e tutt'attorno la testa ed il collo, un velo gialliccio di sudore.
« Calmati papà ».
« Te l'abbiamo detto fin da prima, che non é il caso di arrabbiarsi per quei mascalzoni... »; il Luigi disse mascalzoni cercando di caricar la parola d'una indignazione che la sua natura invece, non pareva concedergli.
Ma il vecchio non accennava a calmarsi; adesso, non che il braccio, era tutto il corpo a tremare come nell'impossibilità di far ciò verso cui si sentiva attratto.
«D'altronde lo sai bene anche tu che noi, da questa parte, non potremo vincere mai... ».
« Si, si, non dico di no — brontolò il vecchio su cui il nipote s'era piegato per asciugar il sudore. — Ma seconda me, un po' di comunioni in meno e un po' di coraggio in piú, domineddio li vedrebbe volentieri »...
A quelle parole l'Oliva padre e l'Oliva figlio si fissaron un momento, presi da un'uguale, duplice impressione, che era di stupore, da una parte, e di compassione, dall'altra; stupore per la forza e la violenza che il vecchio, malgrado gli anni, dimostrava e che fors[...]

[...]la riunione. E poi, quel che m'impressiona, son le maniere che gli son venute... ».
La discussione, avviatasi per invito del padre, sulla esibizione
IL FABBRICONE 91
che, di miliardi, piaceri e lussi, da un po' di tempo, tutti i giornali e tutte le riviste, settimana per settimana, stavan facendo, era finita quasi subito nelle mani del Carlo il quale, oltre a dir in proposito la sua, aveva dimostrato fin dall'inizio d'aver bisogno di piegarla verso quel che, assente com'era l'Antonio, gli sembrava il caso di denunciar chiaramente alla famiglia; la piega, cioè, che il fratello stava prendendo.
«Adesso, sentite, intanto che lui non é qui, perché anche stassera poi, a mangiar fuori, chissà in mezzo a che gente sarà... Lo sfruttano per i muscoli! Muscoli che gli avete messo addosso tu e lei, prima facendolo venir al mondo, poi lavorando come cani per tirarlo grande... ».
« Ha ragione — disse la Liberata, intervenendo per la prima volta, con la sua voce dura e impietosa — Nella nostra famiglia cose del genere non dovrebbero succedere ».
«[...]

[...]o, ci fu un lungo silenzio; quindi il padre, tentando di ricominciar la discussione, disse:
« A sentir voi, sembra che io non esista nemmeno. Dico io, con tutta l'esperienza che ho. Perché, cari miei, quando a esser dei nostri, o per lo meno a non esser dei loro, voleva dire il confino o la galera, voi vi facevate addosso la
A quelle parole la Liberata, che ormai aveva finito di sparecchiare e stava aprendo il rubinetto del lavandino, si voltò verso il Carlo e lo guardò per riceverne l'imbeccata; come vide che il fratello le faceva segno di star calma, diede un colpo di gomito al gruppo delle posate che tinnì acuto e sinistro; quindi, dopo quel breve sfogo di cui aveva avuto un bisogno assoluto, si rimise, senza dir niente, al lavoro.
«Perché, infine, tu cos'hai saputo di preciso? — disse il padre al figlio, che stava aprendosi davanti ii giornale — Parliamone un po' io e te, ma con calma; poi decideremo quel che bisogna fare ».
Vista l'intimità che, con quelle parole, il marito aveva richiesto, la moglie s'alzò dal suo posto e andò an[...]

[...]tinnì acuto e sinistro; quindi, dopo quel breve sfogo di cui aveva avuto un bisogno assoluto, si rimise, senza dir niente, al lavoro.
«Perché, infine, tu cos'hai saputo di preciso? — disse il padre al figlio, che stava aprendosi davanti ii giornale — Parliamone un po' io e te, ma con calma; poi decideremo quel che bisogna fare ».
Vista l'intimità che, con quelle parole, il marito aveva richiesto, la moglie s'alzò dal suo posto e andò anche lei verso il lavandino, pronta a ricevere, uno per uno, i piatti, le fondine e i bicchieri che la figlia le avrebbe passato perché li asciugasse; e così facendo, ripensò, come sempre faceva in quei casi, a quando il marito le aveva gridato il giorno in cui avevan dovuto decidere il nome da dare al primogenito: « Antonio? — aveva gridato — E perché, Antonio? Perché si chiamava così tuo fratello? Ma, a me, i nomi dei santi non piacciono... ». Viste, però, le sue insistenze, il marito aveva finito con l'arrendersi: « se proprio tu ci tieni, ecco, chiamiamolo Antonio; ma ho paura che quel nome non gli port[...]

[...] si tratta di metter su casa, ognuno dalla sua parte e per il suo destino; e la stessa, identica cosa la penso anch'io ».
Se, tuttavia, la possibilità di sposarsi e lasciar la Redenta non l'aveva mai sfiorato finché della Margherita s'era sentito innamorato, appena quell'amore s'era trasformato in abitudine, gli era parsa un fatto pressoché inevitabile.
Di non esser più innamorato, il Restelli lo sapeva benissimo; abituato a una dura chiarezza verso se stesso, egli l'aveva prima sentito poi, piano piano, compreso; ma di pari passo aveva sentito e compreso che quella donna ormai era entrata nella sua vita e che uscirne non avrebbe potuto se non per morire; un'abitudine la quale, in omaggio a ciò che in proposito era sempre stata una sua precisa convinzione, si dimostrava più forte dell'innamoramento stesso; se dunque d'esser innamorato non poteva più dirlo, d'amarla ancora e d'amarla con il quieto e tenace affetto con cui amava le abitudini più radicate e profonde della sua vita, lo poteva e lo doveva. Le due stanze, per esempio, in cui l[...]

[...]conservato il frizzo del dopopioggia, frizzo che sarebbe durato per tutta la notte, se dalle raffinerie del Pero non fosse cominciata, lenta ma inesorabile, l'infiltrazione degli odori.
Si trattava d'un tanfo che in poco riusciva a infettare e a corrompere tutta quanta I'aria. Cosi la fiamma che dalle finestre più alte del fabbricone, come da tutte le case minime e le cascine di Roserio, di Vialba, di Musocco e della Certosa, si vedeva brillare verso nord, non diventava altro che il segnale d'un fuoco nauseante e malefico, fuoco che si ripeteva ogni sera con la monotona rego, larità d'un fatto meccanico, né più né meno dell'odore, quasi che
98 GIOVANNI TESTORI
ogni sera, quelle povere, grandi caserme, addossate l'una all'altra, dovessero immergersi, invece che nella pace del sonno, nella melma e nel fango. Che però malgrado l'ora, quella sera, nel fabbricone, qualcuno stesse questionando, tutti quelli che per le più diverse ragioni non potevano ancor dormire, l'avevano capito da certe parole che s'eran alzate, di tanto in tanto, come de[...]

[...]a o addirittura ha trovato, come era chiaro che il figlio aveva trovato, una tal fonte di guadagno, in che modo convincerlo a voltar indietro le maniche e a lavorare ?
Mentre l'ago passava e ripassava, ora di qua, ora di lá, lungo la trama della maglia più gialliccia che bianca, in modo che il buco apertosi nella parte più bassa restasse chiuso il più tempo possibile, la Schieppati si chiedeva come avesse potuto metter al mondo un figlio così diverso dagli altri; perché gli altri, se ci pensava... Magari diversi eran anche loro, ma diversi per quel che riguardava il colore dei capelli e degli occhi, il carattere e la forma della faccia, perché per il resto...
Ed ora, eccoli lá, buttati giù tutti e sei, a dormire: quattro
IL FABBRICONE 101
nella prima stanza, con un posto vuoto; vuoto perché, naturalmente, il Sandrino non era ancor tornato... No, era meglio, meglio che non pensasse dove e con chi adesso si trovava, perché se si fosse lasciata andare a quei pensieri... Quel giorno poi, col temporale che c'era stato!
« Figurati Edvige se[...]

[...]'avrebbe mai e poi mai sfiorato; doveva esser stata la sarta. Figurarsi! Lei la conosceva bene quella specie di mezz'ebrea là, che in tanti anni in cui era
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stata l'amica del fratello, non s'era mai degnata di fargli un regalo che era un regalo. Cosa c'era dentro prendergli una camicia, un golf, una cravatta? Niente di niente. Mentre lui, non passava festa che non si preoccupasse di prenderle e mandarle qualcosa di sempre diverso e particolare. Questo, a parte il conquibus nudo e crudo che, di tanto in tanto, doveva lasciarle sul tavolo. Affari suoi; e, per quelle cose li, una volta che contento era lui, contenti eran poi tutti.
Ma l'offesa di sentirsi dire che, per tirar insieme quanto occorreva all'affitto e al riscaldamento, lei poteva anche andar lá, ad aiutar due o tre ore al giorno, la sua bella Margherita o se no, farsi dar da lei dei lavori che poteva poi confezionar li, in casa; quell'offesa come mandarla giù?
Idea della sarta anche quella; poteva giurarlo. Si, ma allora, avrebbero avuto un bell'aspettare t[...]

[...]n quei pensieri, tanto che li per li non si senti in grado di dirsi se era la stessa di prima che, esaurito lo scopo, se ne partiva o invece una che arrivava proprio in quel momento.
Trattenne il respiro per un attimo poi fece: « Saran i damerini del centro! Vengon qui con le loro amiche, magari prese su al Parco e ai Bastioni! Perché son diversi in tutto, loro, ma quanto alla patta son come e peggio di noi »; e solo quando il rombar del motore verso via Mambretti l'avverti che la macchina se ne stava andando, si girò nel letto, sperando di poter chiudere finalmente 'sti benedetti occhi.
L'illusione durò qualche minuto; in quel sopore la Redenta riuscì a lanciar la solita quotidiana bestemmia alla memoria del suo Andrea e a lanciargliela come se l'avesse li, davanti, in quell'interminabile agonia in mezzo all'acqua, alla neve, ai fischi delle pallottole, al sangue, e alle bombe; poi lo sbatter d'una portiera e il rimandarsi d'alcuni saluti, proprio davanti a casa e infine un
IL FABBRICONE t03
passo che attraversava gagliardo tutto l'or[...]

[...]ermetterò mai d'insultar nostra madre... ».
L'Antonio s'era avvicinato al fratello e pareva sovrastarlo con tutto il peso della sua mole.
« Perché se quel che impari sui tuoi giornali, e sulle tue riviste é tutto qui, puoi anche far a meno di leggerle! — aggiunse, restando nella stessa posizione — E poi, faccio forse qualcosa contro te e contro le tue idee? E allora! ».
Il Carlo che per un attimo era sembrato sul punto di smarrirsi, si spostò verso la finestra e invece di rispondere, disse:
IL FABBRICONE 105
« Ma come fai, spiegamelo, come fai a vivere in mezzo a quei maiali? ».
« Necessità di mestiere — ribatté l'Antonio con molta sicurezza; quindi, aggiunse — Del resto le mie idee tu le sai; la vita è una sola e convien passarla il meglio possibile... ».
« E allora, giù corruzioni, giù tradimenti! ».
« Ma chi corrompe ? Chi tradisce ? ».
« Voglio sperare che saprai cosa dicono intorno di quel porco del tua presidente... ».
« E allora? ».
« Allora, allora! » — ribatté il Carlo.
«E poi — incalzò l'Antonio, senza lasciar respiro[...]

[...]icia, gli zigomi tesi e gli occhi fissi, essa guardò per un attimo l'Antonio, poi disse:
« E' vero: fin al sangue ».
Quando, alla fermata di largo Boccioni, il Sandrino scese dal tram, l'una e mezza era già passata e il fetore che veniva dal Pero, mescolandosi all'umidità, aveva reso l'aria irrespirabile; salutati in fretta e furia i due amici con cui, prima e dopo il temporale, aveva girovagato per il Parco, il ragazzo prese a camminar subito verso casa, pieno d'una stanchezza e d'uno stordimento contro cui poco poteva quel che pure aveva li, in tasca, e che gli assicurava oltre ai pasti per un giorno o due, il cambio dei calzoni, giusto come quelli che, verso sera, aveva visto al Carrobbio, nelle vetrine dell'« Araldo ».
Quando poi, percorsa Via Aldini, arrivò al fabbricone, trovò sull'ingresso la Candida che stava baciandosi con uno di cui non
106 GIOVANNI TESTORI
gli fu possibile veder niente; poiché al rumore dei suoi passi lo sconosciuto si girò subito, mostrando cosí solamente la schiena. Tl Sandrino guardò per un attimo la moto che se ne stava ferma dietro i due, poi riprese a camminare, riuscendo a sentir a malapena la Vaghi che, a voce non molto bassa, diceva:
«Niente, niente. È uno di qui, uno che ha tutto l'interesse a tacere... »
A[...]

[...]more dei suoi passi lo sconosciuto si girò subito, mostrando cosí solamente la schiena. Tl Sandrino guardò per un attimo la moto che se ne stava ferma dietro i due, poi riprese a camminare, riuscendo a sentir a malapena la Vaghi che, a voce non molto bassa, diceva:
«Niente, niente. È uno di qui, uno che ha tutto l'interesse a tacere... »
Afferrato il riferimento e scrollatasi di dosso ogni irritazione con un colpo di spalle, lo Schieppati attraversò l'orto. Quando poi, salite le scale, fu sul punto d'aprir la porta, uno scroscio precipitò giù per la tubatura di scarico così fragoroso da far credere che volesse trascinar con sé un pezzo di casa.
«
Addio! » — fece, come se salutasse un amico che se ne andava per sempre ed entrò.
La luce che, filtrando da sotto la porta, l'aveva preparato a quel che certo sarebbe successo, l'accolse accecante; così non era ancor riuscito a ritrovarsi che la madre gli piantò addosso gli occhi stanchi e disperati facendogli segno di star in silenzio:
«...perché la gente onesta, a quest'ora, è a letto che [...]

[...]e, ma piena poi di dolore e d'indignazione — Perché ormai
lo so con precisione; ti posso dir tutto, guarda; e te lo posso dire
per filo e per segno... »
« E allora, dillo ».
« Non far così, Sandrino, non far così con tua madre... »
« Dillo, su, sentiamo, sentiamo cos'è che hai saputo... »
« Ieri, uno dei tuoi zii... »
« Uno dei miei zii ? E cosa vuoi che m'importi, a me, dei
miei zii? »
« Uno dei tuoi zii, lo zio Mario, ecco, lui, ieri, verso sera... »
« Verso sera? »
« T'ha visto... »
« M'ha vista? E dove? »
« Ai Boschetti... »
« Ai Boschetti ?... »
« Si, ai Boschetti, intanto che combinavi con un tale... »
« Ma non farmi ridere! »
« Ah, ti faccio ridere! E allora ascolta: fuori dal coso lá...
Mi fa schifo a dirlo, schifo! Be', fuori di lá, sei poi salito con quel
delinquente sulla sua macchina... Ti basta? Era una macchina
targata Como. E' o non è la veritá? » — giunta a quel punto la
madre che, nel fare quella dichiarazione aveva sentito d'arrischiar,
forse per sempre, l'affetto del figlio, fissò a lungo il Sandrino come
per impedir[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Verso, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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Resinarius <---Balzani <---Banner <---Basta <---Bastioni <---Bausteine <---Beata Mater <---Beato Angelico <---Belges <---Benedictus <---Berle <---Berlino-Est <---Berna <---Bernstein <---Bernstein-Debatte <---Besançon <---Besseler <---Bibliographie <---Bibliothèque <---Bilddokumenten <---Binda <---Blackwell <---Blance <---Bolchévisme <---Bolshevism <---Bonagiunta <---Bonté <---Bordiga <---Borgogna <---Borgogna Filippo <---Borgonuovo <---Boris Nikolaevskij <---Borisovic Rjazanov <---Borren <---Bottomore <---Bourgogne <---Bourguignon <---Brahms <---Breitkopf <---Brumel <---Bruno Rizzi <---Brève <---Brèves <---Bucovina <---Buetens Lute <---Buoni <---Buret <---Burgundiae <---Burgundy <---Burnham <---CNRS <---Cacce <---Cahiers <---Calmann <---Calmann-Lévy <---Calmati <---Cambiarlo <---Cambrai <---Cambridge University <---Cambrésis <---Campagna <---Cantus <---Capella <---Capella Antiqua <---Capella Cordina <---Capitale Marx <---Capitalisme <---Capitolo <---Capitolo VI <---Carissimi <---Carlo 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