Brano: [...]lasse operaia. È da qui, io credo, che bisogna partire: dal nesso pratico tra il problema dell’egemonia e la questione politica delle alleanze.
Non ogni alleanza, però, implica il concetto di egemonia. Non lo implica un’alleanza contingente, provvisoria, puramente strumentale, destinata a sciogliersi appena siano raggiunti gli scopi immediati per cui si è formata. Era di questo tipo infatti l’alleanza tra operai e contadini quale era visto da Trotzki nella sua teoria della « rivoluzione perma
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Gli interventi
nente ». Secondo questa teoria, nel passaggio delk rivoluzione dalla fase democraticoborghese alla fase socialista, l’avanguardia operaia avrebbe dovuto rompere ogni alleanza, ed entrare in conflitto, non soltanto con tutti i gruppi delk borghesia che l’avevano sostenuta nei primi tempi della sua lotta rivoluzionaria, ma anche con le grandi masse contadine, con l’aiuto delle quali era giunta al potere. Abbkmo cosi qui una concezione delle alleanze delk classe operaia che prevede la loro dissoluzione appena vengano in pr[...]
[...]ali per la costruzione di una società socialista.
Questa impostazione del problema ha grande importanza per le conseguenze che necessariamente se ne ricavano nella strategia delk rivoluzione socialista, anche sul piano internazionale. Ad esempio, dalla sua teoria delk rivoluzione permanente, con la concezione che abbiamo già ricordato dell’inevitabile dissoluzione delle alleanze che hanno permesso alla classe operaia di conquistare il potere, Trotzki traeva la conseguenza dell’impossibilità della costruzione del socialismo in un solo paese e vedeva quindi l’unica salvezza dello Stato sovietico nella possibilità di suscitare la rivoluzione negli altri paesi. « Le contraddizioni — scriveva Trotzki — nella situazione del governo operaio di un paese arretrato, con una maggioranza schiacciante di popolazione contadina, potranno trovare la loro soluzione soltanto su scala internazionale, suH’afena delk rivoluzione mondiale del proletariato ».
Per Lenin, invece, come per Gramsci, la soluzione di queste contraddizioni può essere trovata soltanto nella funzione egemonica della classe operaia, nella sua capacità di dirigere questa maggioranza non proletaria delk popolazione. Lenin si rendeva conto che questo compito del proletariato non era facile, e che era d’altra parte più difficile, nel[...]
[...]el terreno della lotta e deirorganizzazione politica, con terminologia politica ha, in opposizione alle diverse tendenze “ economistiche ”, (rivalutato il fronte della lotta culturale e costruito la dottrina deli egemonia' come complemento della teoria dello Statoforza [cioè della dittaUira del proletariato] e come forma attuale delle dottrine quarantottesche della “ rivoluzione permanente ” » \
Il confronto tra la teoria di Lenin e quella di Trotzki è ripresa da Gramsci in un’altra pagina dei Quaderni del carcere, dove il problema è approfondito in altri suoi importanti sviluppi e implicazioni. Si tratta appunto delle pagine in cui Gramsci svolge una serie d’interessanti considerazioni dal confronto tra lotta politica e lotta militare, insistendo sul fatto che, analogamente a ciò che era avvenuto nella strategia militare, anche nella lotta politica la guerra di movimento (o guerra manovrata), cioè, in termini politici, la conquista violenta del potere, non sempre ha valore decisivo, e deve cedere il passo alla guerra di posizione.
Si [...]
[...]ne come prima lo erano su quella manovrata, non sostengono certo che il tipo precedente debba essere considerato come espunto dalla scienza; ma che, nella guerre tra gli Stati più avanzati industrialmente e civilmente, esso deve considerarsi ridotto a funzione tattica più che strategica, deve considerarsi nella stessa posizione in cui era prima la guerra d’assedio in confronto a quella manovrata» \
Su questa base Gramsci critica la 'teoria di Trotzki della « rivoluzione permanente », che, sottovalutando e negando la funzione egemonica della classe operaia, indicava a tuto il movimento operaio internazionale la sola prospettiva dell’assalto rivoluzionario. È da vedere, scrive Gramsci a questo proposito, se la teoria di Trotzki della « rivoluzione permanente »
« non sia il riflesso politico della teoria della guerra manovrata..., in ultima analisi il riflesso delle condizioni generalieconcmicheculturalisociali di un paese in cui i quadri della vita nazionale sono embrionali e rilasciati e non possono diventare “trincea o fortezza”. In questo caso si potrebbe dire che Bronstein, che lappare come un “ occidentalista ”, era invece un cosmopolita, cioè superficialmente nazionale e superficialmente occidentalista o europeo. Invece Ilici era profondamente nazionale e profondamente europeo » 2.
Gramsci vede dunque in[...]
[...] quadri della vita nazionale sono embrionali e rilasciati e non possono diventare “trincea o fortezza”. In questo caso si potrebbe dire che Bronstein, che lappare come un “ occidentalista ”, era invece un cosmopolita, cioè superficialmente nazionale e superficialmente occidentalista o europeo. Invece Ilici era profondamente nazionale e profondamente europeo » 2.
Gramsci vede dunque in Lenin, proprio in questo suo contrasto con le posizioni di Trotzki, il teorizzatore di una nuova strategia rivoluzionaria, sulle basi del principio di egemonia. « Mi pare — egli scrive poco dopo nella stessa pagina citata — che Ilici aveva compreso che occorreva un mutamento dalla guerra manovrata, applicata vittoriosamente in Oriente [cioèin Russia} nel ’17, alla guerra di posizione che era la sola possibile in Occidente... » 3.
1 Mach., p. 66.
2 Mach., p. 67.
3 Mach., p. 68.Valentino Gerratana
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Se si pensa alle condizioni in cui Gramsci era costretto a lavorare, all’impossibilità in cui egli si trovava di poter consultare la documentazio[...]