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Il segmento testuale Tetto è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 9Analitici , di cui in selezione 1 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Giovanni Testo, Ritratti critici di contemporanei. Lalla Romano in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]sun caso — la portava per naturale riflesso dei suoi caratteri particolari: lontanissimi, in verità, dal suggerire formule a impiego corrente » (p. 6). Era un esplicito invito ad uscire dalle formule di comodo e a individuare nella Romano i tratti di una poetica e di un linguaggio peculiari.
2 Citiamo dal romanzo L'archiamore (Milano, Guanda, 1980) dell'esordiente OSVALDO GUERRIERI.
LALLA ROMANO 675
Prima della Penombra erano stati pubblicati Tetto murato (1957), L'uomo che parlava solo (1961) e, a parte, il Diario di Grecia (da Rebellato, nel '59). Dopo la Penombra sono poi venuti, trascurando le ristampe, che pure non sono mai senza revisioni, Le parole tra noi leggère (1969), L'ospite (1973), Una giovinezza inventata (1979) e tra L'ospite e Una giovinezza inventata due libri coevi, uno di racconti, La villeggiante, e l'altro di fotografie commentate, Lettura di un'immagine (1975). Senza dimenticare l'esercizio della poesia, che ha dato nel '74 Giovane è il tempo, frutto di una scelta riveduta delle due raccolte precedenti (Fiore prim[...]

[...]ombra come un tratto della Romano bambina: « Io "parlavo da sola", e la mamma mi lasciava fare, non mi interrompeva », p. 21). L'uomo che parlava solo è il romanzo piú « obiettivo » di Lalla Romano, anche se poi la storia narrata in prima persona e lo stile cosí netto (ma un'ombra di inautentico vi si annida a tratti nel ritmo, specie dei dialoghi, che sente di Pavese) rendono l'opera facilmente apparentabile alle altre.
Cosí ci pare che sia di Tetto murato. Ma Tetto murato conta di piú soprattutto per il segno lievitato delle figure, incardinate in un'atmosfera ferma, chiusa, perfetta e insieme misteriosa, fiabesca, quasi magica, un'enclave nel clima della guerra che sta come un sogno vagamente shakespeariano (« come quando si sogna e si sa di sognare » 3), una « metamorfosi » continuata (« ... cosa sarebbe stato, un giorno, Tetto murato, se non un sogno? », p. 81). In Tetto murato il gioco segreto delle affinità elettive che tramano i rapporti dei protagonisti (due giovani donne e un uomo) esalta il valore allusivo dei gesti, ridesta per attimi il senso ultimo delle cose:
Qualche volta mi svegliavo a notte alta; se tutto era tranquillo, se, dopo essere stata un poco in ascolto, mi convincevo che anche Paolo dormiva o almeno non dava segno di essere sveglio e di voler parlare, scivolavo piano fuori della
3 Tetto murato, Torino 1972', p. 36.
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camera. Mi avvolgevo in qualcosa di lana o nel mio pellicciotto stesso, ma sul pianerottolo il freddo mi piantava addosso le unghie. Scendevo a metà scala e rimanevo per un poco affacciata a un finestrino — senza vetri — sulla campagna. Vedevo, sotto, un piccolo orto quadrato, sepolto nella neve: affioravano i rami corti della siepe, rade macchie nere, di sterpi e alberelli, che disegnavano tracce lineari. Era uguale a un piccolo cimitero, e dava, della morte, una immagine povera, calma e solenne. Lo guardavo a lungo, fin che potevo resistere [...]

[...]e sarà detto dalla scrittrice in un altro libro, che « per ognuno l'esserci è tutto quello che abbiamo » (L'ospite, Torino 1973, p. 112).
In quest'atmosfera creativa si situa anche la seconda parte de La villeggiante, poi stampata a sé con il titolo Pralève e la cui data effettiva è il 1958. Pralève piú che un luogo connotato di particolari e popolato di figure (il luogo delle vacanze povere: « bellezza, avara, che nasce dalla povertà » come in Tetto murato, p. 41), è una « dimensione diversa » 4, nella quale sembra di entrare ancora con il piú recente Lettura di un'immagine (1975). Questo libro infatti, tutto giocato com'è — e calibrato — su una sorta di doppio immaginario, fotografico e testuale, è un tessuto (prezioso) di allusioni, un libro delle affinità, e piú sottile di tutte, questa, contenuta già nella Penombra (p. 95): « ... la mamma non inventava niente, anzi, lei spogliava, sfrondava, non "raccontava", propriamente: alludeva soltanto ». Ma se Lettura di un'immagine ha nella Penombra la sua couche, anche se ne distacca perché n[...]

[...]cilati dell'ultima guerra. Cercai il nome di Milio; ecco: Emilio Martini, di anni ... Una bicicletta attraversò la piazza deserta, metà sole e metà ombra. Margherita? (avevo pensato a lei, cercando il nome di Milio?).
Poteva essere lei, la donna della bicicletta: la testa piccola, dal profilo minuto e severo. Anche lei mi guardò (p. 136).
È soltanto il primo « respiro » del capitolo, ma ci troviamo già un poco nel clima della Penombra. Cosí in Tetto murato ci soccorre una traccia esile ma proficua: « La stanza non era "remota". Vi era in essa una mescolanza di rustico e di civile, di primitivo e di prezioso che aveva per me il sapore della mia infanzia » (p. 45). E ancora, tornando a Maria, in piú di un tratto del rapporto della Romano con il figlio, è contenuto l'embrione di quelle che saranno Le parole tra noi leggère.
Periodo non nuovo dunque, ma se non nuovo, piú deciso, piú fermo; in una parola: maturo. Quello in cui lo scrittore è finalmente consapevole di avere trovato la sua strada e insieme il « modo » esatto di percorrerla, se[...]

[...] avendo trovato Silvia, telefonai alle zie di Cuneo. Esse non mi canzonarono come forse avrebbe fatto la mamma; nemmeno sembrarono stupirsi della mia irragionevole disperazione.
È sempre la passione, il dramma di un rapporto che ha lasciato le sue impronte, a guidare la scrittura e lo stile, a cercarne la misura, a decantarne l'impeto e l'angoscia. Ma sempre, all'origine, c'è un moto di passione, anche nelle opere in cui, come già s'è detto per Tetto murato, lo stile riesce persino troppo puro.
L'ospite, da cui abbiamo appena citato, è un'opera che metteremmo in questo senso tra le perfette. Il rapporto che si narra tra la nonna e il nipotino di pochi mesi giunto improvvisamente a sconvolgere ritmi e abitudini è un rapporto pieno di tensione che lo stile compone in geometriche consistenze, chiude in una sorta di sinfonia breve (la musica della Romano è una musa assai sentita) il valore fulmineo del dono. Qui la poetica di quel « realismo allusivo » — e quanto tornerebbe il « figurale »! —, che proponevamo come formula sintetica all'inizi[...]

[...]Frassinelli, 1941; L'autunno, Milano, Edizioni della Meridiana, 1955; Giovane è il tempo, Torino, Einaudi, 1974. Poesie di Lalla Romano sono apparse in Prima antologia di poeti nuovi, Milano, Edizioni della Meridiana, s.d. [ma 1950]
Prosa: Le metamorfosi, Torino, Einaudi, 1951 (poi, riveduta e ampliata, nei « Coralli », 1967); Maria, ivi, 1953 (poi nei « Coralli », 1965; nelle « Letture per la scuola media », 1973; nei « Nuovi Coralli », 1975); Tetto murato, ivi, 1957 (poi nei « Supercoralli », 1972); Diario di Grecia, Padova, Rebellato, 1959 (poi, con qualche variante, presso Einaudi, nei « Nuovi Coralli », 1974); L'uomo che parlava solo, Torino, Einaudi, 1961; La penombra che abbiamo attraversato, Torino, Einaudi, 1964 (poi negli « Struzzi », 1977); Le parole tra noi leggère, ivi, 1969 (poi negli « Struzzi », 1972); L'ospite, ivi, 1973 (poi nelle « Letture per la scuola media », 1978); Lettura di un'immagine, ivi, 1975; La villeggiante, ivi, 1975; Pralève, ivi, 1978 (ma già compreso ne La villeggiante); Una giovinezza inventata, ivi, 19[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Tetto, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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