Brano: [...] Studi nel bicentenario della nascita del Foscolo. — Non svolgiamo qui naturalmente una rassegna completa della critica foscoliana per quanto attiene le tragedie. Fra gli studiosi ottocenteschi è necessario, tuttavia, ricordare almeno il DE SANCTIS (Ugo Foscolo, in Saggi critici, a cura di L. Russo, Bari, Laterza, 1952) e il CARDUCCI (Opere, Bologna, Le Monnier, 1934, vol. xix). Fra i novecenteschi, ricorderemo i lavori specifici di E. FLORI, Il teatro di U. Foscolo, Biella, G. Amosso, 1907, F. VIGLIONE, Sul teatro di U. Foscolo, Pisa, Nistri, 1905, S. SCOPEL, Sulla fortuna delle tragedie foscoliane, Valdobbiadene, Sesto Boschiero, 1904 e i contributi di G. CITANNA, La poesia di U. Foscolo, Bari, Laterza, 1920, E. DoNADONI, U. Foscolo, Firenze, Sandron, 1964', M. FUBINI, U. Foscolo, Firenze, Nuova Italia, 1962', W. BINNI, Vita e poesia del Foscolo nel periodo fiorentino, in « La rassegna della letteratura italiana », n. 2, aprilegiugno 1954 e L'Ajace del Foscolo, ivi, n. 2, 1961, pp. 223246, L. CARETTI, U. Foscolo, in Storia della letteratura italiana, Milano, Garzanti, 1969, vol. vii, pp. 99197, M. PuP[...]
[...]Laterza, 1920, E. DoNADONI, U. Foscolo, Firenze, Sandron, 1964', M. FUBINI, U. Foscolo, Firenze, Nuova Italia, 1962', W. BINNI, Vita e poesia del Foscolo nel periodo fiorentino, in « La rassegna della letteratura italiana », n. 2, aprilegiugno 1954 e L'Ajace del Foscolo, ivi, n. 2, 1961, pp. 223246, L. CARETTI, U. Foscolo, in Storia della letteratura italiana, Milano, Garzanti, 1969, vol. vii, pp. 99197, M. PuPPo, Dal Barocco al Romanticismo, in Teatro tragico italiano, Torino, ERI, 1964, vol. IX.
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sibili solo entro un ordine di considerazioni tecniche, direttamente connesse al problema dell'allestimento scenico.
Dopo aver ripercorso l'iter della critica foscoliana, si è perciò esteso il nostro lavoro agli archivi civici e di stato, alla ricerca di documenti e testimonianze che potessero far luce sull'attività svolta dal Foscolo per il teatro e sull'ambiente dello spettacolo in cui essa si inserisce, e abbiamo analiticamente riletto una gran parte dei numerosissimi testi tragici composti in quel torno di tempo da illustri e meno noti autori per cogliere le strutture e i meccanismi specificamente scenici che caratterizzavano il gusto teatrale dei poeti e ancor piú del pubblico.
Prescindendo da un discorso letterario, ritengo dunque piú opportuno svolgere alcune considerazioni sul significato e sul valore teatrali della produzione tragica di Ugo Foscolo e sulla sua partecipazione diretta alla vita della scena e al mondo dello spett[...]
[...] considerazioni sul significato e sul valore teatrali della produzione tragica di Ugo Foscolo e sulla sua partecipazione diretta alla vita della scena e al mondo dello spettacolo. Se da un lato è, infatti, vero che il Foscolo non fu estraneo al culto della tragedia che si propagò in Italia sullo scorcio del Settecento, conducendo il genere tragico a una voga che mai aveva avuto eguale nel corso dei secoli, è anche vero che la sua passione per il teatro fu sincera e tenace, tale da sopravvivere in lui per lunghi anni a serie difficoltà e forti delusioni, provocate soprattutto da un ambiente culturalmente e politicamente ostile.
Il Foscolo inaugurò ufficialmente la sua attività di drammaturgo con il Tieste, di cui annunciò il compimento al Cesarotti nel 1795, anche se è quasi certo che l'Edipo, scoperto dallo Scotti fra le carte del Pellico, sia da identificarsi con quello « recitabile ma da non istamparsi » nominato nel Piano di studi del 1796 2 e forse composto negli stessi anni del Tieste. Oltre che autore, il Foscolo fu uomo di teatro, c[...]
[...]culturalmente e politicamente ostile.
Il Foscolo inaugurò ufficialmente la sua attività di drammaturgo con il Tieste, di cui annunciò il compimento al Cesarotti nel 1795, anche se è quasi certo che l'Edipo, scoperto dallo Scotti fra le carte del Pellico, sia da identificarsi con quello « recitabile ma da non istamparsi » nominato nel Piano di studi del 1796 2 e forse composto negli stessi anni del Tieste. Oltre che autore, il Foscolo fu uomo di teatro, come testimonia con sicurezza il suo interessamento continuo e assiduo per il mondo dello spettacolo.
In armonia con gli ideali politici giacobini, il Foscolo volle che il suo nome figurasse fra quelli dei promotori del Teatro Civico di Venezia, in cui avrebbe dovuto prendere forma, almeno in parte, l'ambizioso progetto per la fondazione di un teatro nazionale, messo a punto da F. S. Salfi e da lui pubblicato sul « Termometro politico » il 6 Termidoro (26 luglio) 1796'. Ancora in quegli anni il Foscolo fu socio del Teatro Patriottico di Milano a cui nel 1798 promise di comporre quel Timocrate che rimase, invece, allo
2 Cfr. U.F., Scritti letterari e politici dal 1796 al 1808, a cura di G. Gambarin, Edizione Nazionale, Firenze, Le Monnier, 1972, pp. 39. Si legga il testo dell'Edipo, pubblicato da M. SCOTTI, e la sua attenta analisi in « Giornale storico della letteratura italiana », cLvi, 1979, n. 493, pp. 171.
3 La proposta Per l'istituzione di un teatro civico, sottoscritta dal Foscolo, si può leggere in Scritti letterari e politici, cit., pp. 717718.
LA RAPPRESENTAZIONE DELL'« AJACE » E LA TECNICA TEATRALE FOSCOLIANA 141
stadio di progetto. In una lettera ai fondatori del teatro, pubblicata dalla Scopel (op. cit., p. 119), il Foscolo scrive:
quantunque lontano occuperò il mio ingegno per non essere affatto inutile e alla repubblica che mi accolse fra i suoi cittadini, ed a voi che mi credeste non indegno di esservi socio. Appena avrò compiuto il Timocrate, tragedia di libertà ch'io da molti mesi lavoro, mi farò un dovere di assoggettarla alla apposita Commissione del vostro teatro, onde serva (se n'è meritevole) alla istruzione e al diletto del popolo; o sia per lo meno un pegno della mia riconoscenza verso di voi, e del mio attaccamento alla patria...
Nell'adesione, piú formale che sostanziale, a tali iniziative si può forse cogliere l'entusiasmo politico per nuove esperienze di democrazia culturale piuttosto che un concreto interessamento per l'evento teatrale: ciò sembra dimostrato anche dal fatto che, negli anni 1798' 1809 il Foscolo si allontana dal teatro per dedicarsi tutto alla poesia. Diversamente significativa ci sembra l'attività di revisione delle traduzio[...]
[...]la istruzione e al diletto del popolo; o sia per lo meno un pegno della mia riconoscenza verso di voi, e del mio attaccamento alla patria...
Nell'adesione, piú formale che sostanziale, a tali iniziative si può forse cogliere l'entusiasmo politico per nuove esperienze di democrazia culturale piuttosto che un concreto interessamento per l'evento teatrale: ciò sembra dimostrato anche dal fatto che, negli anni 1798' 1809 il Foscolo si allontana dal teatro per dedicarsi tutto alla poesia. Diversamente significativa ci sembra l'attività di revisione delle traduzioni svolta dal Foscolo su incarico governativo a favore della Compagnia dei Commedianti ordinari di S.M.I.R., diretta da Salvatore Fabbrichesi 4. La commissione costituita dal ministro degli interni conte Vaccari nel 1809 con l'incarico di rivedere e purgare sotto il profilo letterario e artistico il repertorio della Compagnia Reale e formata dal Monti, dal Lamberti e dal Vecchi, aveva avvertito in una relazione del dicembre 1810 che
rispetto alle produzioni drammatiche straniere non è [...]
[...]il candidato piú idoneo, forse nessun altro letterato poteva allora vantare esperienza uguale a quella accumulata dal Foscolo con la composizione del Tieste, l'abbozzo di un'altra tragedia che avrebbe dovuto intitolarsi Bibli e Cauno (1809), l'esercizio della critica nei confronti dei drammaturghi contemporanei 7 e un vivo interessamento per i problemi della miseenscène. Proprio quest'ultimo aspetto del lavoro che il Foscolo svolse nel campo del teatro, ci interessa in modo particolare perché fornisce i mezzi necessari per avvicinare i suoi testi tragici in una dimensione critica piú tecnica e specifica. È a tutti noto come il Foscolo sia stato, oltre che drammaturgo, regista, almeno per l'allestimento delle sue opere 8: riteniamo
6 Nell'aprile del 1814, risulta infatti che il Foscolo percepisse ancora lo stipendio (fissato in annue L. 2.000) per tale incarico (cfr. A. MANZI, art. cit., p. 802).
7 Non pochi giudizi critici sulla produzione teatrale contemporanea sono sparsi nell'epistolario e nei saggi Letterari del Foscolo: se ne ricava [...]
[...]to se si pensa che anche l'Alfieri e il Monti amavano recitare le loro opere drammatiche — rivela il preciso intento di collegare la scrittura drammaturgica alla scrittura scenica, di verificare personalmente alla prova del palcoscenico l'efficacia di un dettato che non è e non può essere meramente poetico. Già nel 1797 il Foscolo collaborò alla regia del suo Tieste, ma di ciò non rimane che qualche vaga traccia. Il contatto con un'esperienza di teatro militante (seppure dilettantistico) come quella del Patriottico milanese e la verifica dell'allestimento veneziano del Tieste, diretto con ogni probabilità dal Fabbrichesi, esperto quanto incolto mestierante, dovettero convincere il Foscolo ad impugnare per intero la responsabilità dello spettacolo. Non mancano le prove di ciò sia per 1'Ajace sia per la Ricciarda: le integreremo a scapito della coerenza cronologica, per disporre in modo piú organico le argomentazioni da cui si possa rilevare in che misura e in quali fasi del lavoro il Foscolo sia intervenuto. La corretta impostazione di un al[...]
[...]ari. Dopo un normale periodo di apprendistato entrò come « tiranno » nella Compagnia Reale (la sua scrittura è conservata presso l'Archivio di Stato in Milano: « Spettacoli Pubblici Parte Moderna », cartella n. 18). Sposò nel 1812 Caterina Cavalletti (che prese il posto di prima attrice sostituendo la Fiorilli Pellandi e fu Ricciarda nelle rappresentazioni bolognesi) e rimase fino al 1824 nella compagnia diretta dal Fabbrichesi, trasferitasi al Teatro dei Fiorentini in Napoli. Alternò il lavoro di attore a quello di capocomico di compagnie
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egregiamente da Guido che ha dell'ardito e del pertinace: quanto a Corrado, è parte importante piú che non si crede, perché la prima scena in cui sta la facciata dell'edificio dipende molto da lui... Ma badate; se la donna zoppica la tragedia stramazza... (Epistolario, vol. iv, pp. 280281).
La lettera dimostra una sicura ingerenza del Foscolo nella direzione della compagnia e conferma in lui quella conoscenza degli attori e quella competenza tecnica che lo autorizzarono a sovvertire [...]
[...]erienza
e scelse il Bettini invece del Lombardi 11, attore pur valente, ma ancora immaturo proposto dal Fabbrichesi. La preferenza accordata dal Foscolo al Tessari sul Prepiani, e al Bettini sul Lombardi trova, inoltre, un'altra importante motivazione: gli attori prescelti dall'autore come protagonisti, infatti, erano noti soprattutto per la loro capacità di penetrazione ed immedesimazione psicologica nel personaggio. Scrive il Righetti nel suo Teatro italiano:
Ho conosciuto pochi attori, che piú del signor Tessari studiassero di penetrare nel carattere del personaggio che dovevano rappresentare. Uomo colto com'egli è, sapeva benissimo che un attore assennato non deve nella pittura d'un personag
primarie fino a che non si ritirò dalle scene per amministrare il patrimonio del fratello defunto. Di corporatura imponente e dotato di una voce aspra e assai robusta, eccelleva nelle parti di « tiranno », pur riuscendo ottimamente anche in quelle di « padre nobile ». G. B. Prepiani (nato a Venezia e morto nel 1851) fu valente attore tragico, int[...]
[...]dello spettacolo... ». Ciò deve essere vero piú di quanto non si possa credere, se si pensa che negli appunti scritti sul copione della Ricciarda non mancano persino un cenno preciso ai tempi di svolgimento dell'azione, necessario a chi sovrintenda all'illuminazione del palcoscenico, e dettagliate istruzioni rivolte al piú umile dei servi di scena, il « buttafuori »19.
Quanto si è detto prova con certezza l'interesse profondo del Foscolo per il teatro, inteso nella sua duplice e ibrida natura di letteratura e spettacolo: può essere utile ora verificare in quale misura tale interesse, unito alle esperienze registiche condotte personalmente dall'autore, abbia influito sulla sua opera di drammaturgo.
Un primo riscontro, per cosi dire, immediato si trova nella presenza delle didascalie, illustranti con precisione l'azione dei personaggi Z0: tale
18 Per brevità, non riportiamo le lunghe note foscoliane. Basti qui ricordare che egli descrive in dettaglio oltre al costume di ogni singolo attore (e anche delle comparse), l'acconciatura, i fregi [...]
[...]ntervenire con l'intuito dell'interprete a sanare difetti strutturali, il Foscolo — come i critici hanno notato — non seppe mantenere costantemente elevato il livello della sua produzione drammaturgica. Muovendo da un'analisi sia pur parziale e limitata dell'Ajace cercheremo, dunque, di verificare alcuni elementi qualificanti sotto il profilo piú strettamente teatrale.
La sera del 9 dicembre 1811, la seconda tragedia foscoliana andò in scena al Teatro alla Scala e, come ricorda il Pezzi sul « Corriere milanese » pubblicato il giorno seguente: « La folla degli, spettatori era straordinaria; l'ampio recinto del nostro grande teatro non bastò a contenerla tutta; molte persone furono obbligate di ritornarsene indietro per mancanza di posto... ». Sul concorso eccezionale di pubblico, tutti i cronisti concordano 25, anche se gli spettatori non furono certo quattromila — come vorrebbe il Foscolo in una lettera alla famiglia (Epistolario, vol. ur, p. 545) — poiché la Scala aveva allora una capienza di tremila posti. Nei palchi riservati alle autorità stavano il conte Bianchetti di Bologna, ciambellano di s.A.R.I. e il segretario generale del ministero della guerra, cavalier Lanoli 2d. Sul palcoscenico, occupato dall'imponente[...]
[...]do alcuni pregi che in essa risplendono, lasciò o freddo, o indifferente il cuore degli affollati spettatori... » (« Giornale Italiano », 15 dicembre 1811); « ... riescirà difficile il credere che il Sig. Foscolo non ottenesse pieni, e generali applausi » (« Corriere delle Dame », 14 dicembre 1811); « ... terminata la tragedia, il pubblico, stanco dell'eccessiva prolissità del componimento, soprattutto dell'atto quinto, ed impaziente d'uscir dal teatro dopo di avervi fatto una si lunga ed incomoda stazione, non manifestò il suo giudizio con verun segno di aggradimento; ma due minuti dopo, parecchi di quegli spettatori ch'eran rimasti, si mossero a batter le mani, e fu allora che s'intese qualche indiscreto ed anche ingiurioso fischio mescolarsi coi plausi. Ma quest'ultimi furono vittoriosi ... » (« Corriere Milanese », 10 dicembre 1811).
30 In ossequio agli insegnamenti alfieriani, il Foscolo scrive: « ... si comprende finalmente il semplice dell'azione, perché quanto piú l'azione è complessa, tanto è meno credibile; e il peggio si è che a[...]
[...]lgano pietosamente e terribilmente l'azione » (Epistolario, vol. Iv, p. 215). « ... L'azione e il suo progresso non consiste negli avvenimenti affollati, e incalzantisi, bensí negli accidenti naturalissimi e minimi che rieccitando le passioni de' personaggi le infiammano, e le fanno scoppiare e le riducono alla catastrofe: e questo progresso di passione è per me il vero moto dell'azione tragica » (Epistolario, vol. Iv, p. 221).
4° F. DOGLIO, Il teatro tragico italiano, Parma, Guanda, 1960, p. 144.
41 Quanto piú efficace, sotto quest'aspetto, il pur elementare e scheletrico Tieste, sviluppato su una coerente linea drammatica che conduce all'atroce catastrofe, attraverso una serie di accidenti concreti e conseguenti.
LA RAPPRESENTAZIONE DELL'« AJACE » E LA TECNICA TEATRALE FOSCOLIANA 153
l'alterna tensione che, attraverso crescenti sollecitazioni, dovrebbe fare dell'intreccio tragico un organismo compatto e tutto proiettato verso la catastrofe. Nell'Ajace si trova piuttosto una parvenza d'azione, che azione vera non è: si veda il precipit[...]