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da Roberto Pertici, Giovanni Amendola: l'esperienza socialista e teosofica (1898-1905) in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: VARIETÀ E DOCUMENTI
GIOVANNI AMENDOLA:
L'ESPERIENZA SOCIALISTA E TEOSOFICA (18981905)
I primi scritti di Giovanni Amendola, che ci rimangono, sono i tredici articoli che egli pubblicò diciottenne sul quotidiano romano « La Capitale » dal dicembre 1899 al febbraio 1900 1. In essi frequenti' sono, senza dubbio, le ingenuità e le contraddizioni, dovute sia alla giovane età dell'autore, sia soprattutto al carattere frammentario e, per certi versi, approssimativo della sua formazione culturale, priva di studi regolari in campo filosofico; tuttavia, dal loro esame e sulla base di alcuni riferimenti autobiografici dello stesso Amendola, possiamo individuare certi suoi primi punti di riferimento nel mondo della politica come in quello della cultura. Ne emerge un singolare intreccio di posizioni vagamente positivistiche e socialistiche con suggestioni mistiche e spiritualistiche; analogamente le poche osservazioni autobiografiche amendoliane riguardanti quegli anni serbano il ricordo di ambienti, situazioni ed uomini apparentemente lontani e diversi. In alcune, infatti, egli rievoca gli ambienti ed i gruppi di nuova religiosità che nacquero nella Roma degli anni '90, quei « circoli modernizzanti », noncuranti dell'ortodossia, privi di direzione ecclesiastica, fautori di un « grande irenismo verso posizioni religiose non necessariamente confessionalistiche » e di un impegno diretto nelle questioni sociali e nelle iniziative umanitarie, di cui ha parlato anche recentemente il Bedeschi 2. Nel 1909 Giovanni Amendola, ricordando che « fra il '90 ed il '900 accanto alla corrente dell'indifferenza ufficiale, sorsero in Italia vari centri di esperienza religiosa », esprimerà la convinzione che ad essi « lo storico della cultura italiana di quel periodo dovrà dare molto maggior importanza che non alle manifestazioni di quella scienza accademica, della filosofia ufficiale e della letteratura che trovò fortuna presso il grande pubblico »3. Piú precisamente due anni dopo, rievo
1 Per un'efficace sintesi della storia de « La Capitale » è da vedere l'ottimo repertorio di V. O. MAJOLO MOLINARI, La stampa periodica romana dell'800, Roma, Istituto di Studi Romani, 1963, I, pp. 189191. Su Edoardo Arbib, allora d[...]

[...]co »3. Piú precisamente due anni dopo, rievo
1 Per un'efficace sintesi della storia de « La Capitale » è da vedere l'ottimo repertorio di V. O. MAJOLO MOLINARI, La stampa periodica romana dell'800, Roma, Istituto di Studi Romani, 1963, I, pp. 189191. Su Edoardo Arbib, allora direttore del quotidiano, cfr. G. DI PEJO, Edoardo Arbib, in Dizionario biografico degli italiani, ad nomen.
2 LORENZO BEDESCHI, Circoli modernizzanti a Roma a cavallo del secolo, « Studi romani », aprilegiugno 1970, n. 2, pp. 189215. Bedeschi si riferisce soprattutto ai gruppi che si riunivano nel mezzanino di via Arenula di Antonietta Giacomelli e successivamente in casa Molajoni in Piazza Rondanini. Sulle inquietudini religiose dell'ultimo decennio dell'800 e su questi ambienti, cfr. anche PIETRO SCOPPOLA, Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia, Bologna, Il Mulino, 1961, pp. 88 e ss.
3 Recensione a Uomini ed eroi di ALESSANDRO GHIGNONI, « La Cultura contemporanea », ottobre 1909, n. 10, p. 165.
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cando post mortem Antonio Fogazzaro, affermava di non poterne dissociare la figura
da un ambiente di moralità religiosa e di azione benefica che fiori qua e là in Italia, ma che io ricordo un po' solo a Roma, negli anni dopo il '95 — ambiente che s'era formato intorno ad uomini come Gu[...]

[...]opo il '95 — ambiente che s'era formato intorno ad uomini come Guglielmo (sic) Salvadori, don Brizio Casciola, Raffaele Salustri, ed altri. Sul fondo, discretamente calcato dal cristianesimo, si avvicendavano e si incontravano in esso influssi assai diversi — da quello di Leone Tolstoi a quello di Paul Desjardins; e la risultante, píú o meno precisa, di queste Stimmungen eticoletterarie trovò la sua espressione in una rivista intitolata L'Ora presente. In questo ambiente di « belle anime » e di « volontà buone », fervido di illusioni di rinnovamento cattolico e allucinato alquanto di conciliazioni ideali e pratiche, circolava certamente uno spirito religioso superiore a quello che ordinariamente s'incontra in Italia 4.
Non ci furono, quasi sicuramente, legami diretti fra il giovanissimo Amendola e questi gruppi portatori di interessi religiosi vivaci e di tipo nuovo. Ma egli fu, in qualche modo, assai sensibile alle tematiche di riforma religiosa che in essi si dibatterono, al fascino di una figura come quella di Tolstoi, ai problemi a[...]

[...] ambiente di « belle anime » e di « volontà buone », fervido di illusioni di rinnovamento cattolico e allucinato alquanto di conciliazioni ideali e pratiche, circolava certamente uno spirito religioso superiore a quello che ordinariamente s'incontra in Italia 4.
Non ci furono, quasi sicuramente, legami diretti fra il giovanissimo Amendola e questi gruppi portatori di interessi religiosi vivaci e di tipo nuovo. Ma egli fu, in qualche modo, assai sensibile alle tematiche di riforma religiosa che in essi si dibatterono, al fascino di una figura come quella di Tolstoi, ai problemi avanzati da un Fogazzaro. Inoltre egli fu in rapporti amichevoli con uomini che erano stati legati a quegli ambienti, come Arnaldo Cervesato, e la stessa futura simpatia per il movimento modernistico, che scaturí in Italia da questo milieu mistico e sincretistico di fine secolo, induce a credere che Amendola risenti di queste influenze nella sua prima giovinezza, influenze che contribuirono a renderlo sensibile alle varie manifestazioni dello « spirito nuovo », che ormai alitava nella cultura europea, ai vari sintomi di risorgente sentimento religioso che ormai apparivano anche in Italia.
In un'altra testimonianza autobiografica del 1911, Amendola a grandi pennellate rievoca un altro clima culturale, un altro sfondo politico nel quale parimenti si mosse nella sua adolescenza e che derivava soprattutto dall'eredità paterna. In tale memoria grandeggia la figura di Francesco Crispi:
Il nome di Crispi noi lo rievochiamo con le immagini della nostra infanzia. In me è associato, da principio, con un altro nome: quello di Giordano Bruno. Nel ricordo infantile li ponevo sullo stesso piano. (...) Poi, dopo Giordano Bruno, le guerre d'Africa. (Qui un salto indietro: i soldati che partono da Napoli nell'87, e insieme un clamore doloroso e indistinto: Dogali). Poi l'antagonismo con la Francia: Bismarck, la guerra. (...) Un vecchio (Crispi), un forte ve[...]

[...]ndietro: i soldati che partono da Napoli nell'87, e insieme un clamore doloroso e indistinto: Dogali). Poi l'antagonismo con la Francia: Bismarck, la guerra. (...) Un vecchio (Crispi), un forte vecchio autoritario e terribile — i nostri padri che erano stati, poniamo, garibaldini, ne parlavano col rispetto, un po' confidenziale, che si ha per il vecchio compagno, quello della prima ora, e dell'ora culminante. In questo modo l'anima del vegliardo settantenne si comunicava a quella di un bambino italiano di dieci anni. (...) Bisognava arrivare al socialismo prima del '98 — e passare oltre la politica dopo il '900 — per trovarsi all'unisono col ritmo piú profondo della vita nazionale. E molti giovani sono passati per questo cammino: nel '98 andammo a deporre corone nella camera ardente di Cavallotti, come in pellegrinaggio 5.
4 Antonio Fogazzaro. Saggi e giudizi, numero unico, giugno 1911, Firenze, tip. E. Ducci, p. 13.
5 Francesco Crispi, « La Voce », 26 gennaio 1911; ora in Amendola e «La Voce », a cura di Giuseppe Prezzolini, Firenze,[...]

[...]— e passare oltre la politica dopo il '900 — per trovarsi all'unisono col ritmo piú profondo della vita nazionale. E molti giovani sono passati per questo cammino: nel '98 andammo a deporre corone nella camera ardente di Cavallotti, come in pellegrinaggio 5.
4 Antonio Fogazzaro. Saggi e giudizi, numero unico, giugno 1911, Firenze, tip. E. Ducci, p. 13.
5 Francesco Crispi, « La Voce », 26 gennaio 1911; ora in Amendola e «La Voce », a cura di Giuseppe Prezzolini, Firenze, Sansoni, 1973, pp. 2178.
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Dunque: garibaldinismo, il Crispi rivoluzionario del 1860, Giordano Bruno, Cavallotti. Come si vede, l'ambiente in cui l'Amendola crebbe era permeato anche di spiriti radicali, garibaldini, probabilmente massonici, che convivono con le venature mistiche e spiritualistiche di cui prima si è detto. Ciò non deve stupire: non bisogna dimenticare i fermenti di riforma cattolica che erano circolati in molti di questi ambienti, la vena protestante di certo mazzinianesimo risorgimentale, il significato per esso del mito della [...]

[...]piriti radicali, garibaldini, probabilmente massonici, che convivono con le venature mistiche e spiritualistiche di cui prima si è detto. Ciò non deve stupire: non bisogna dimenticare i fermenti di riforma cattolica che erano circolati in molti di questi ambienti, la vena protestante di certo mazzinianesimo risorgimentale, il significato per esso del mito della terza Roma prima, della presa di Roma poi, considerata come premessa indispensabile e segno significativo per l'attesa rivoluzione religiosa dell'Italia, con cui il Risorgimento sarebbe giunto al vero compimento. Come anche è nota l'adesione della maggior parte di questi elementi alla Massoneria, di cui costituí l'anima teistica e filoanglosassone, e la formazione di una borghesia, specie meridionale, evangelmassonica, di mentalità spesso attivistica e filantropica, delusa dell'esito tutto amministrativostatuale del processo risorgimentale, incapace, a suo giudizio, di una parallela, profonda riforma eticoreligiosa: ne scaturivano spesso una insoddisfazione, magari non precisata,[...]

[...], magari non precisata, a sfondo democratico ed un ripensamento critico dei « limiti » della rivoluzione nazionale italiana. Infine va ricordata la grande popolarità che godette in questi ambienti la figura di Francesco Crispi di cui si ricordavano le glorie garibaldine del 1860, la battaglia da sinistra contro il trasformismo di Depretis, l'anticlericalismo ed al contempo la professione di fede in Dio, le esaltazioni dei valori morali, le sdegnose ripulse dell'ateismo materialistico 6. Insomma, nell'adolescenza di Amendola sembrano coesistere anticlericalismo e nuova religiosità, libero pensiero e suggestioni mistiche, azione politica e riforma morale: anche il suo socialismo giovanile è plasmato, in molti aspetti, da queste coordinate culturali.
Ci restano poche e generiche notizie di questa milizia socialista e le stesse testimonianze della moglie e del figlio Giorgio non concordano del tutto '. Tuttavia sembra indubitabile, anche sulla base del frammento autobiografico testé citato, che Amendola sia arrivato al socialismo prima del '98; da un accenno contenuto in una lettera inviatagli da Alfred Meebold nel 1904 (Kühn, p. 67), si coglie la notevole influenza che, in tutta questa fase, esercitò il pensiero di Napoleone Colajanni. In verità, a proposito dello studioso siciliano, si può parlare di socialismo solo in senso lato: anche se la sua posizione fu spesso vicina a quella dei socialisti, sul piano teorico egli non giunse mai ad accettare una concezione classista della società. In questo mazzinianesimo rivisitato, il giovane Amendola trovava un naturale sviluppo degli atteggiamenti radicali, ereditati dalla tradizione risorgimentale, tipici della sua famiglia, e soprattutto una
6 Sugli ambienti protestanticomazziniani operanti nel Risorgimento sono ancora da leggere le pagine di GIORGIO SPINI, Risorgimento e protestanti, Napoli, E.S.I., 1956. Per le attese suscitate dalla presa di Roma in queste correnti, cfr. SPINI, L'evangelo e il berretto frigio. Storia della Chiesa cristiana libera 18701904, Torino, Claudiana, 1971, pp. 58 e segg. Notazioni acute sulla borghesia evangelmassonica meridionale ha fatto GIUSEPPE GANGALE, Revival. Saggio sulla storia del protestantesimo in Italia dal Risorgimento ai tempi nostri, Roma, Doxa, 1929, pp. 489.
7 Kün x , pp. 145; GIORGIO AMENDOLA, Una scelta di vita, Milano, Rizzoli, 1976, p. 82.
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forte accentuazione degli aspetti umanitari e morali dell'ideale socialistico, ai quali egli stesso era molto sensibile: « Colajanni non ha mai cessato di annettere importanza grandissima alle considerazioni morali — avvertiva Georges Sorel nella sua prefazione alla versione francese di Il Socialismo — e su questo punto essenziale si separava dai marxisti di quel tempo » a. Proprio nella seconda edizione di questo libro, avvenuta presso Sandron nel 1898, il Colajanni aveva dato prova della centralità di questi suoi interessi, aggiungendo un intero capitolo dedicato alla questione della Morale del socialismo ed eliminando i passi piú spiccatamente spenceriani della prima edizione. Nel nuovo capitolo, l'autore cercava, fra l'altro, di dimostrare che « il sentimento, l'elemento etico non contraddice, ma completa la critica materialistica della società presente » (p. 178), facendosi banditore di un socialismo inteso come lotta per rendere piú libera la spiritualità umana, di cui non a caso additava in John Ruskin l'apostolo piú caloroso e geniale.
Profondo interesse suscitò in Amendola anche l'ideale socialistico di Saverio Merlino. Nell'articolo Il misticismo contemporaneo (13 febbraio 1900), in polemica col « socialismo rivoluzionario » del Ferri, Amendola riporta una lunga citazione del « revisionista » napoletano in cui si afferma che « ... il socialismo non è una dottrina, ma è una tendenza, un complesso di sentimenti e di idee che agitano gli animi, mutano i costumi e tendono a mutare in meglio, cioè a rendere piú eque le relazioni fra gli uomini... Niente di ciò che appartiene al perfezionamento vuoi dell'individuo, vuoi della società, è estraneo al socialismo ». Questa definizione è tratta dall'articolo introduttivo della « Rivista critica del socialismo » 9, che il Merlino pubblicò per tutto il 1899; rivista eclettica, in cui il giovane Amendola poteva trovare una concezione di fondo ostile al marxismo cosí nel campo delle teorie economiche come in quello delle idee filosofiche, ferma nella con[...]

[...]o della « Rivista critica del socialismo » 9, che il Merlino pubblicò per tutto il 1899; rivista eclettica, in cui il giovane Amendola poteva trovare una concezione di fondo ostile al marxismo cosí nel campo delle teorie economiche come in quello delle idee filosofiche, ferma nella convinzione che il socialismo sia in definitiva il portato di un'idea di giustizia in continua espansione, piú che di stringenti contraddizioni economiche e sociali.
Se si può parlare dunque di un socialismo giovanile di Giovanni Amendola, si trattò certamente di un socialismo lontano da Marx, dalla lotta di classe, dal materialismo; un socialismo inteso come elevazione morale, evoluzione delle coscienze, riforma delle intelligenze, che — come dice Amendola nello stesso articolo — « non è una dottrina, non è un sistema aprioristico, ma è un grande movimento di elevazione umana, che ha invaso e conquistato tutti gli uomini, coscienti od incoscienti ». Questo filone socialistico non si sente e non vuol essere espressione di una classe, ma diventa speranza, aspirazione di tutta l'umanità. Ciò che preme ad Amendola è di mostrare che un socialismo cosí inteso non è in contrapposizione alle emergenti correnti spiritualistiche. A suo
8 GEORGES SOREL, Prefazione al « Socialismo » di Colajanni, in Saggi di critica del marxismo, pubblicati per cura e con prefazione di Vittorio Racca, MilanoPalermo, Sandron Ed., 1903, p. 383.
9 LA RIVISTA (ma S. Merlino), Un po' di prefazione, «Rivista critica del socialismo », I, fasc. I, 1 gennaio 1899, pp. 34.
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giudizio, non dagli ambienti cattolici, che potrebbero ess[...]

[...]e alle emergenti correnti spiritualistiche. A suo
8 GEORGES SOREL, Prefazione al « Socialismo » di Colajanni, in Saggi di critica del marxismo, pubblicati per cura e con prefazione di Vittorio Racca, MilanoPalermo, Sandron Ed., 1903, p. 383.
9 LA RIVISTA (ma S. Merlino), Un po' di prefazione, «Rivista critica del socialismo », I, fasc. I, 1 gennaio 1899, pp. 34.
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giudizio, non dagli ambienti cattolici, che potrebbero essere in qualche modo sospetti di nostalgie oscurantistiche, scaturiscono quelle correnti: « il misticismo, ... il vero grande movimento spirituale rinascente negli uomini dopo la istaurazione del sistema positivo, ci viene dai socialisti e dagli anarchici », per cui esso « non potrà dire all'Ibsen e al Tolstoi: voi siete dei mistici reazionari », ma dovrà ammettere che « il misticismo non è un frutto della reazione borghese, ma un movimento essenzialmente moderno ». Da certi ambienti socialistici ed anarchici nasce, dunque, secondo Amendola, lo « spirito nuovo »: con tutta probabilità, egli alludeva non solo a Merlino, ma a Ruskin e William Morris, Edward Bellamy e Benoit Malon, Jean Jaurès ed Annie Besant, ed in Italia ad Ernesto Bignami e Giuseppe Rensi 10. Partendo da una nozione cosí generica di misticismo e di socialismo, è chiaro che il giovane Amendola poteva fondere in uno movimenti profondamente diversi, unificati in qualche modo soltanto da una netta avversione verso lo scientismo positivistico ed il materialismo marxistico, venati di non infrequenti nostalgie per società non « abbrutite » dal macchinismo e dall'espansione della tecnica.
Dagli articoli comparsi su « La Capitale » traluce anche l'impostazione filosofica del pensiero dell'Amendola diciottenne: contro il « positivismo aprioristico », egli simpatizzava per un «[...]

[...] materialismo marxistico, venati di non infrequenti nostalgie per società non « abbrutite » dal macchinismo e dall'espansione della tecnica.
Dagli articoli comparsi su « La Capitale » traluce anche l'impostazione filosofica del pensiero dell'Amendola diciottenne: contro il « positivismo aprioristico », egli simpatizzava per un « positivismo sano ed equilibrato ». Si tratta, di fatto, di un'adesione che comincia ad incrinarsi ed in cui affiorano sempre piú suggestioni mistiche e spiritualistiche; per lui, in definitiva, esser positivista vuol dire semplicemente muoversi all'interno del miglior pensiero europeo identificato nella « linea ComteSpencerArdigòStuart Mill », far proprie le sue recenti acquisizioni, non tanto aderire ad un sistema chiuso, che pretenda di far « monopolio di scienza ». Amendola fa i conti anche col positivismo italiano. Non c'è dubbio, per esempio, che egli senta tutta la problematica della scuola positiva di diritto penale e del pensiero del Lombroso e che avverta l'esigenza, tipica della scuola, di privilegiare la prevenzione rispetto alla punizione: la vecchia giustizia punitiva non è riuscita a spezzare la spirale del delitto, dimostrando che « o la giustizia punitiva è un sistema errato, o essa non è piú adatta agli odierni bisogni della società (...). Tutti dovrebbero accorgersi che poiché la repressione non vale, la prevenzione è assolutamente necessaria » (Spigolature tristi, 30 gennaio 1900). Non si può parlare, tuttavia, di un Amendola lo[...]

[...]issimi, dalle manifestazioni di ipnotismo con cui si esibisce un certo dott. Pickman al teatro Valle di Roma alla « bancarotta della scienza » proclamata dal Brunetière, dalla crescente ammirazione anche in Italia per Tolstoi alla fortuna di Fogazzaro. Amendola mostra di conoscere e di condividere certe analisi allora correnti (si pensi soltanto all'interessante libro di Erminio Troilo Il misticismo moderno pubblicato da Bocca proprio nel 1899), secondo cui il misticismo sarebbe « uno stato transitorio fra due periodi lucidi di pensiero », « frutto della crisi morale che travaglia il mondo » e che « esso risponde ad un qualche bisogno sociale non ancora precisato » (Il misticismo contemporaneo, cit.). Ma a differenza del Troilo, che aveva sottolineato anche il carattere degenerativo e regressivo rispetto al pensiero positivo del fenomeno del misticismo, Amendola non esita a dichiarare che esso è « superiore alla scienza del passato, nello stesso modo che è inferiore alla scienza dell'avvenire di cui contiene i germi ». Questa « scienza [...]

[...]misticismo, Amendola non esita a dichiarare che esso è « superiore alla scienza del passato, nello stesso modo che è inferiore alla scienza dell'avvenire di cui contiene i germi ». Questa « scienza dell'avvenire » sarà quella che avrà compreso la lezione che scaturisce dalla crisi del positivismo: essa dovrà rinunziare alla propria pretesa di monopolio dogmatico del sapere, al suo sorriso di sufficienza, che spesso diventa scherno, per tutta una serie di fenomeni che non riesce a spiegare. Tuttavia Amendola è anche molto lontano dalle posizioni antiscientifiche che stavano emergendo in alcuni esponenti della cultura europea: per lui la « bancarotta della scienza » di cui parlava Brunetière, è una frase che « ha fatto fortuna, ma non per questo è diventata meno antipatica e antimoderna »: il problema del rapporto fra la conoscenza razionale e la religiosità mistica sarà uno dei rovelli di tutto il pensiero di Amendola. Il giovane giornalista de « La Capitale » vive insomma un dissidio, che, con dimensioni incomparabilmente maggiori, comincia a travagliare la coscienza europea: l'abbandono dello scientismo positivistico, la riscoperta, spesso emergente dal seno del positivismo migliore, dei valori dell'inconscio, dell' « irrazionale », del misticismo religioso. Lo sbocco traumatico di tale cr[...]

[...]tto fortuna, ma non per questo è diventata meno antipatica e antimoderna »: il problema del rapporto fra la conoscenza razionale e la religiosità mistica sarà uno dei rovelli di tutto il pensiero di Amendola. Il giovane giornalista de « La Capitale » vive insomma un dissidio, che, con dimensioni incomparabilmente maggiori, comincia a travagliare la coscienza europea: l'abbandono dello scientismo positivistico, la riscoperta, spesso emergente dal seno del positivismo migliore, dei valori dell'inconscio, dell' « irrazionale », del misticismo religioso. Lo sbocco traumatico di tale crisi sarà per Amendola l'ingresso nella Società Teosofica.
Egli aveva già preso in esame, nei primi due articoli comparsi sul quotidiano romano, i principi e l'organizzazione della Società; nel primo (La Società Teosofica, 16 dicembre 1899), Amendola dimostrava una conoscenza discreta delle dottrine teosofiche; nel secondo (27 dicembre) era riportata un'intervista concessa dal bramino Roy Chatterij, venuto a Roma per una serie di conferenze, ed in questa conve[...]

[...]del positivismo migliore, dei valori dell'inconscio, dell' « irrazionale », del misticismo religioso. Lo sbocco traumatico di tale crisi sarà per Amendola l'ingresso nella Società Teosofica.
Egli aveva già preso in esame, nei primi due articoli comparsi sul quotidiano romano, i principi e l'organizzazione della Società; nel primo (La Società Teosofica, 16 dicembre 1899), Amendola dimostrava una conoscenza discreta delle dottrine teosofiche; nel secondo (27 dicembre) era riportata un'intervista concessa dal bramino Roy Chatterij, venuto a Roma per una serie di conferenze, ed in questa conversazione si manifestavano le molte perplessità del giovane Amendola di fronte alle idee dei teosofi. Eppure, a quanto sembra, proprio l'incontro con Chatterij, la familiarità che ben presto raggiunse con lui furono decisivi nella conversione di Amendola alla teosofia. Ma questa scelta aveva quel retroterra che abbiamo cercato fin qui di delineare: l'educazione spiritualisticomazziniana, un profondo interesse per tutti i fenomeni del misticismo, la lunga consuetudine con Edoardo Arbib, direttore de « La Capitale », e con tutta la sua famiglia, tutti piú o meno impegnati nella loggia teosofica romana; senza dimenticare che, soprattutto nel Mezzogiorno, nel tronco della tradizione carbonaromazziniana, anticlericale e massonica, erano presenti vena
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ture occultistiche e che, per esempio, a Sarno, patria degli Amendola, operava Filippo Abignente, attivo negli ambienti teosofici e spiritici, cugino di Giovanni Abignente cui Amendola successe nel 1919 come deputato del collegio di Mer
cato S. Severino,
La Società Teosofica fu solo una delle numerose sette esoteriche che allora
prosperarono; la sua nascita (1875) ed il suo sviluppo vanno inseriti in quell'epidemia spiritica, misticheggiante ed occultistica, che costituisce uno degli aspetti meno conosciuti della seconda metà del secolo scorso. Le idee teosofiche avevano trovato una certa diffusione anche nel nostro paese: dopo i primi contatti col mondo della teosofia francese, che risalivano circa al 1880, nei primi anni Novanta era stata aperta una libreria ed una biblioteca teosofica in via del Corso a Roma, da cui prendeva avvio un certo lavoro di proselitismo. La teosofia, insomma, [...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine , nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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