Brano: [...] promotore, il primo ministro ghanese Kwame Nkrumah, « l'assalto finale all'imperialismo e al colonialismo ». La dichiarazione conclusiva della conferenza è perentoria nell'atto di accusa contra il regime coloniale: « La conferenza condanna e addita al disprezzo il sistema del colonialismo e dell'imperialismo nei territori coloniali britannici e francesi, che ha raggiunto le forme più acute e disumane in Algeria, Camerun, Africa centrale, Kenya, Sudafrica, nei territori portoghesi di Angola, Mozambico, isole Principe e San Tommaso, dove la popolazione indigena vive sotto un regime di fascismo coloniale; denuncia lo sfruttamento delle risorse nazionali e della manodopera di questi territori; denuncia la violazione dei diritti umani e democratici proclamati
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dalla Carta delle Nazioni Unite; denuncia la segregazione razziale, il sistema delle riserve e delle altre forme di discriminazione razziale e la barriera del colore; denuncia il lavoro schiavistico nei territori di Angola, Mozambico, Congo belga, Africa meridionale[...]
[...]rritori; denuncia la violazione dei diritti umani e democratici proclamati
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dalla Carta delle Nazioni Unite; denuncia la segregazione razziale, il sistema delle riserve e delle altre forme di discriminazione razziale e la barriera del colore; denuncia il lavoro schiavistico nei territori di Angola, Mozambico, Congo belga, Africa meridionale e sudoccidentale; denuncia la politica svolta nell'Africa centrale e nell'Unione Sudafricana, dove la dominazione della minoranza sulla maggioranza é basata sulla dottrina razziale della discriminazione; denuncia la confisca delle terre migliori degli africani a vantaggio dei colonialisti europei; denuncia la militarizzazione dell'Africa e l'uso del territorio africano per scopi militari, specialmente in Algeria e nel Kenya ». L'influenza preponderante del primo ministro ghanese sulla conferenza la si ritrova anche nel tono assiomatico e non poco fideistico con cui é affrontato il problema dell'unità africana col superamento delle rivalità tribali e razziali, nel modo scevro di qua[...]
[...]ograficamente complementari, che si afferma presso gli stati già consolidati. Nel primo caso si tratta di fenomeno che si collega a remote esperienze storiche o rispecchia talune esigenze di più agevole amministrazione coloniale
o ubbidisce a una realistica valuta ione delle necessità economiche finanziarie difensive di un moderno organismo statale. Dall'uno
o dall'altro di tali motivi o anche da due o più motivi simultanei sono sorti l'Unione Sudafricana, lo sforzo egiziano per ora infruttuoso d'incorporazione del Sudan, certo orientamento federalistico nel Nordafrica francese (Maghreb unito), la Federazione della Rhodesia e del Niassa, il progetto britannico di federazione dell'Africa orientale (Kenya Tanganika e Uganda) avviato dalla creazione dell'East Africa High Commission che coordina ventotto rami amministrativi dei tre territori tra cui i trasporti aerei le dogane la difesa le poste i servizi radiofonici le ferrovie le comunicazioni fluviali la statistica e l'istruzione superiore, la Federa
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[...]rica High Commission che coordina ventotto rami amministrativi dei tre territori tra cui i trasporti aerei le dogane la difesa le poste i servizi radiofonici le ferrovie le comunicazioni fluviali la statistica e l'istruzione superiore, la Federa
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zione etiopoeritrea, l'integrazione del Togo britannico nel Ghana, l'annessione del territorio di mandato dell'Africa sudoccidentale extedesca da parte del Sudafrica, la richiesta sudafricana d'incorporazione dei Protettorati britannici di Basutoland Bechuanaland
e Swaziland; e, in data più vicina, il progetto di federazione tra Ghana e Repubblica di Guinea «come nucleo della creazione degli Stati Uniti dell'Africa occidentale », la Federazione del Mali tra Senegal e Sudan e i progetti di Unione Benin (Dahomey Niger
e Togo) e di Stati Uniti dell'Africa latina (Africa equatoriale francese, Congo belga e colonie portoghesi). « Col vostro voto », afferma il presidente dell'assemblea costituente a Dakar Modibo Keita il 17 gennaio 1959 all'atto della proclamazione della Federazione[...]
[...]eno opposto al raggruppamento è infatti, in alcuni settori africani, quello della secessione, dovuto in gran parte alla innaturale divisione territoriale del continente africano al momento della sua spartizione nel sec. XIX, eseguita con la sola preoccupazone dell'equilibrio di potenza tra gli stati che vi parteciparono. Sintomi di secessione, più o meno intensi, sono constatabili in Libia e in Etiopia, nel Sudan e nel Ghana, in Mauritania e nel Sudafrica. Si tratta di un processo normale di assestamento, facente perno talvolta non su impulsi nazionali ma su preoccupazioni tribali o su interessi settoriali sia economici sia personali. Spesso il movimento centrifugo si sviluppa in vista di altri e più connaturali raggruppamenti: è il caso delle popolazioni somale dell'Etiopia, che parteciperebbero volentieri a quella Confederazione della grande Somalia che dovrebbe raggruppare, secondo progetti attribuiti al presidente egiziano Nasser,
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le tre Somalia (francese, britannica e in amministrazione fiduc[...]
[...]ione della grande Somalia che dovrebbe raggruppare, secondo progetti attribuiti al presidente egiziano Nasser,
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le tre Somalia (francese, britannica e in amministrazione fiduciaria italiana), l'Eritrea, l'Ogaden e parte del Kenya.
Un terzo elemento determinante della evoluzione dell'Africa è il problema dei rapporti interrazziali. Tale problema si presenta con caratteristiche diverse in Algeria, nel Sudafrica, nell'Africa centrale britannica (Rhodesia) e nell'Africa orientale britannica (Kenya), ma in tutti e quattro questi territori provoca la stessa conseguenza di allontanare nel tempo la formazione di stati africani indipendenti, e rappresenta quindi il settore in cui la colonizzazione europea é decisa a difendere ad oltranza le sue posizioni non soltanto di ordine economico ma di governo e di amministrazione. In Algeria, il riconoscimento dell'individualità nazionale araba è negato in nome dell'apporto dato alla « individualità algerina » dal gruppo, indubbiamente numeroso e attivo, dei coloni[...]
[...] valida anche per l'altra parte, o meglio, prospetta una soluzione opposta agli obiettivi degli algerini arabi, lasciando quindi alla prova di forza la decisione del problema. « C'est que l'Europe », osservava J. Amrouche durante l'assemblea della Società europea di cultura a Parigi nel settembre 1953, « hors d'Europe est l'antiEurope; elle est contre l'Europe, renie l'Europe ».
Negli stessi termini, sostanzialmente, il gruppo etnico bianco del Sudafrica pone il problema della minoranza bianca in una so
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cietà di colore in espansione. La differenza dall'Algeria è che qui ìl problema è affrontato nella fase finale dell'evoluzione politica indigena ed ha il carattere della caotica e pur puntigliosa reazione a un destino imminente — reazione che é incapace di scorgere e tentare un piano di compromesso —, mentre nel Sudafrica l'impegno della minoranza bianca è rivolto a stroncare in sul nascere ogni velleità nazionalistica della maggioranza negra, a bloccare tutte le vie capaci di portare alla maturazione d'una coscienza politica degli indigeni di colore. L'apartheid o separazione delle razze è lo strumento di tale politica. Il governo nazionalista sudafricano, che ne é l'assertore, parte da una posizione critica verso gli stati colonizzatori europei i quali, con le loro velleità di assimilare, di seminare nell'ambiente indigeno i valori culturali morali religiosi sociali dell'Europa, hanno preparato la strada alla rivolta, all'emancipazione delle popolazioni sottoposte al controllo coloniale, e afferma che non esistono mezze misure tra i due estremi della assimilazione totale e della totale separazione tra i gruppi etnici di un dato territorio, a meno che il gruppo etnico bianco non voglia attendere fatalisticamente il momento della propria tota[...]
[...], hanno preparato la strada alla rivolta, all'emancipazione delle popolazioni sottoposte al controllo coloniale, e afferma che non esistono mezze misure tra i due estremi della assimilazione totale e della totale separazione tra i gruppi etnici di un dato territorio, a meno che il gruppo etnico bianco non voglia attendere fatalisticamente il momento della propria totale estromissione; e poiché l'obiettivo di assimilazione non é proponibile in un Sudafrica che ha soltanto 2.906.000 bianchi tra i 14 milioni di abitanti, unica soluzione realistica é la separazione delle razze che mantenga il predominio politico economico e culturale del gruppo etnico bianco. Come è maldestra la cornice morale che i nazionalisti sudafricani danno alla loro politica di apartheid quando sostengono che li preoccupa l'interesse degli indigeni ad approfondire e sviluppare le loro tradizioni culturali, non di snaturarle con esigenze e problemi di altre culture e civiltà, capaci di creare nel loro animo inquietudine spirituale, aspirazioni fittizie sproporzionate alla realtà del loro intimo processo evolutivo, così appare irreale la loro previsione che i gruppi etnici di colore del Sudafrica siano con l'apartheid tagliati fuori dal movimento di emancipazione politica delle popolazioni africane e si adagino nell'indefinita accettazione della supremazia della minoranza.
Partendo dalla constatazione che l'indirizzo sudafricano ha
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per sola conseguenza l'esasperazione dei rapporti razziali e che, se rinvia il problema dell'emancipazione indigena, lo porrà però a suo tempo in termini non di conciliazione di interessi e di vantaggiosa coesistenza ma di violenta eliminazione del gruppo bianco — e se io tiro troppo la corda dalla parte mia », ha ricordato di recente un alto funzionario coloniale belga, «il giorno in cui sono costretto a lasciarla, ebbene, essa va molto lontano anche dalla parte opposta » —, la Gran Bretagna si é sforzata di avviare i suoi territori dell'Af[...]
[...]orzi per affrontare con piani concordati i problemi difensivi ed economicosociali riguardanti il continente nero. In campo difensivo, le due conferenze di Nairobi (1951) e di Dakar (1954) hanno deciso la costruzione di una rete di comunicazioni, comprese le rotte aeree, tra i vari possedimenti, e il diritto di passaggio e di stazionamento in caso di guerra alle truppe di una potenza nel territorio delle altre; da alcuni anni, inoltre, il governo sudafricano insiste nel sollecitare una comunità di difesa tra i territori africani a sud del Sahara sulla falsariga di altri patti regionali (NATO, OAS, SEATO, patto di Baghdad). In campo economicosociale, fanno spicco la creazione, nel gennaio 1954, di una Commissione per la collaborazione tecnica nell'Africa a sud del Sahara tra Belgio Francia Gran Bretagna Portogallo Federazione dell'Africa Centrale e Unione Sudafricana, la costruzione di varie centrali elettriche fornitrici di energia alle industrie di più territori vicini e, ultimamente, la decisione di inserire i territori d'oltremare nel Mercato comune europeo (MEC).
Molto problematica é invece l'esistenza o anche la semplice chiara impostazione d'una politica occidentale che esprima la preoccupazione di comprendere l'ampiezza del travaglio delle forze nazionali africane e di assecondare la soluzione dei loro problemi, di legare i propri interessi ai loro interessi in divenire, di stabilire un rapporto, possibilmente una conciliazione, tra le loro esi[...]
[...]go belga, egli si sente, si crede, si attribuisce d'ufficio un compito di educatore. Quale che sia la sua professione, quale che sia il suo lavoro. Un libraio apre un nego zio? Egli censura la lettura della clientela negra. Il commerciante, il droghiere, il macellaio educano la loro clientela negra in reparti appositi. Le banche hanno preparato dei cassieri negri col compito di illuminare i risparmiatori ».
Meno spettacolare e irritante che nel Sudafrica, e senza quel gusto della teoricizzazione del proprio programma politico che allarma gli osservatori e scuote psicologicamente i « pazienti », l'orientamento di governo nel Congo belga é una forma di apartheid. Suscita perciò uno scandalo interno la pubblicazione nel 1957, ad opera di Van Bilsen, professore all'università cola niale di Anversa, di un Piano trentennale per l'emancipazione del
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Congo; e costituisce uno scandalo internazionale la decisione dell'Assemblea generale dell'ONU, durante la sessione del 1952, di raccomandare al Comitato per[...]