Brano: Neonazismo

* Servizio stampa iniziativa democratica », fra il 1972 e il 1977 più di 80 riunioni delle S.S. hanno visto la partecipazione di delegazioni ufficiali delle Forze Armate federali. Citiamo qualche esempio:

— in occasione dell’inaugurazione di una lapide commemorativa per i caduti della vecchia 6a Divisione alpina delle S.S. « Nord », tenutasi il 16.3.1975 a Buchholz/ Hunsrueck, partecipò, in rappresentanza del Comando IH della Bundeswehr, di Koblenz, il generale di brigata Pinkwart;

—nell’aprile 1975 fu organizzato un comizio comune della H.I.A.G. di Monaco, delI'« Associazione dell’ordine dei titolari della Croce di cavaliere » e di altre associazioni militariste, per festeggiare l’80° compleanno dell’ex generale delle S.S. Gustav Lombard, Fra gli oratori ufficiali, il generale a quattro stelle delle Forze Armate federali, Johann Adolf Graf von Kiélmannsegg;

— il 12.3.1975, delegazioni delle Forze Armate federali onorarono il defunto generale Alfons Rabane, ex comandante di una divisione di S.S. estoni che aveva combattuto per Hitler contro l’U.R.S.S.;

— al decimo raduno della vecchia 17a Divisione corazzata granatieri « Goetz von Berlichingen », nell'estate 1975 i successori delle S.S. distribuirono braccialiricordo ai paracadutisti delle attuali Forze Armate partecipanti alla cerimonia;

— il 2425.4.1975 ebbe luogo a Sonthofen il primo raduno della vecchia 8a Divisione di cavalleria delle S.S. « Florian Geyer », più quello della 22a Divisione di cavalleria delle S.S. « Maria Theresia » e quello della 37a Divisione di cavalleria delle S.S. « Luetzow ». A questi incontri l'ex generale delle S.S. Lombard consegnò, diciamo in ritardo,,Ja croce di cavaliere nazista all’ex comandante delle S.S. F. Buck;

— Durante una cerimonia commemorativa dei caduti, svoltasi al cimitero militare di Sonthofen, un rappresentante della H.I.A.G. partecipò alla « veglia d'onore » insieme a un capitano della Bundeswehr;

— il 2223.5.1976 ebbe luogo ad Arolsen il decimo « raduno di camerati » della famigerata Divisione corazzata S.S. « Totenkopf ». Per l'occasione alcuni dei partecipanti assistettero al giuramento di due compagnie di reclute dell’esercito.

II servizio d'ordine dei neonazisti durante una manifestazione ad Amburgo (1978)

Per avere un’idea dello spirito che pervade le Forze Armate federali, basta del resto osservare i nomi che sono stati dati alle caserme nelle quali si addestrano le giovani reclute. Si trovano nomi di vecchi generali prussiani come Hindenburg, Utzmann, Tirprtz, LettowVorbeck, insieme a quelli di generali nazisti quali l’ex ispettore dell’Aeronautica Moelders, il generale Dietel che aveva invaso la Norvegia in spregio di ogni diritto internazionale, e infine il generale Romane], comandante del corpo di spedizione nazista in Africa settentrionale. Ma ci sono anche caserme intitolate a criminali ufficialmente riconosciuti, come il maggior generale Harald Schulz, condannato a 25 anni di reclusione per i suoi crimini di guerra, o il generale delle truppe di montagna RudoJf Konrad, responsabile di atrocità contro le [...]

[...]ante del corpo di spedizione nazista in Africa settentrionale. Ma ci sono anche caserme intitolate a criminali ufficialmente riconosciuti, come il maggior generale Harald Schulz, condannato a 25 anni di reclusione per i suoi crimini di guerra, o il generale delle truppe di montagna RudoJf Konrad, responsabile di atrocità contro le popolazioni e di crimini di guerra in Crimea.

Nelle biblioteche destinate alle truppe si riscontra un abbondante assortimento di libri di indirizzo reazionario, razzista, fascista e neonazista, dovuti ad autori come l’ex membro delle S.S. Erwin Erich Dwinger, o ad Hans Grimrn, l’autore di « Popolo senza territorio », senza contare naturalmente la cospicua memorialistica dei generali nazisti.

La tendenza neonazista si esprime anche neH’aumento di eccessi antisemiti da parte di membri delle Forze Armate federali.

Dal resoconto su una « serata fra camerati » svoltasi ali'Accademia militare di Monaco, pubblicato il 29.9.1977 nel giornale « Frankfurter Rundschau », si apprende: « Quando si spense il fuoco, qualcuno gridò: Aggiungere!. Poi qualche altro disse: "Avanti, bruciamo gli ebrei!’’. A questo punto si raccolsero ' pèzzi di carta e di cartone con scritta sopra la parola "ebreo" e li buttarono tra le fiamme, tutto questo gridando: "Evviva la vittoria", e al canto nazista "In alto la bandiera..." ».

Il giorno dopo si lesse nella « Sueddeutsche Zeitung », che, a Vienna, ufficiali delle Forze Armate, passando per la Judengasse (vicolo degli ebrei), avrebbero gridato « Fuori gli ebrei, all’esecuzione! ».

AH’Accademia militare di Monaco, uno dei futuri « educatori » di reclute firmò la sua tesina con una svastica. Egli venne soltanto «ammonito». («D/e Taf», 14.10.1977). Da un articolo apparso nella « Sueddeutsche Zeitung » il 14.10.1977: « Due sentinelle della caserma aeronautica di Rheine si sono salutate domenica scorsa con un ’Heil Hitler!’ e stendendo il braccio destro ».

Ex studenti dell'Accademia militare di Amburgo, insieme ad altri neonazisti, fondarono in questa città un « gruppo d'assalto S.A. », inv[...]

[...] educatori » di reclute firmò la sua tesina con una svastica. Egli venne soltanto «ammonito». («D/e Taf», 14.10.1977). Da un articolo apparso nella « Sueddeutsche Zeitung » il 14.10.1977: « Due sentinelle della caserma aeronautica di Rheine si sono salutate domenica scorsa con un ’Heil Hitler!’ e stendendo il braccio destro ».

Ex studenti dell'Accademia militare di Amburgo, insieme ad altri neonazisti, fondarono in questa città un « gruppo d'assalto S.A. », invitando allo sterminio contemporaneo di « ebrei e comunisti ».

Il 14.10.1977 l'agenzia D.P.A. comunicò che tra il 10 e I'11 ottobre sarebbero stati distribuiti in una caserma di Norimberga volantini, sui quali si sosteneva che lo sterminio di milioni di cittadini ebrei era una menzogna.

Sul piazzale deH'Aecademia militare di Amburgo un ufficiale accese un falò dicendo: « Qui non ci sono da bruciare gli atti del corso pratico, questa è una cremazione di ebrei ». («Der Spiegel », 14.11.

1977).

Gli ufficiali mandati in congedo dall’Accademia militare di Monaco per i lor[...]

[...]ero stati distribuiti in una caserma di Norimberga volantini, sui quali si sosteneva che lo sterminio di milioni di cittadini ebrei era una menzogna.

Sul piazzale deH'Aecademia militare di Amburgo un ufficiale accese un falò dicendo: « Qui non ci sono da bruciare gli atti del corso pratico, questa è una cremazione di ebrei ». («Der Spiegel », 14.11.

1977).

Gli ufficiali mandati in congedo dall’Accademia militare di Monaco per i loro eccessi di antisemitismo furono poi riammessi in servizio. Il tribunale di Monaco emise infatti nei loro confronti un giudizio che costituisce un precedente: tramite un provvedimento preliminare invalidò la decisione di mandarli in congedo, dichiarando che quegli ufficiali avrebbero « agito sotto l’influenza di alcoolici ». (D.P.A., 20 gennaio

1978).

L’aumento del teppismo neonazista

Nel 1980 il terrorismo degli elementi fascisti e neofascisti sfociò a un livello mai raggiunto prima nella R.F.T.. Secondo informazioni della V.V.N. (Lega degli antifascisti), esistono attualmente nella R.F.T. più di 40 organizzazioni neonaziste ch[...]

[...]o delle azioni di teppismo rispetto alle 922 del 1978 e il triplo nei confronti del 1977 (616). Ecco qualche esempio di teppismo neonazista nella R.F.T. dal 1969 fino al 1980.

1969

25 luglio: nel vestibolo del salone « Cantate » di Francoforte, dozzine di antifascisti vengono picchiati a sangue da militanti della N.P.D., tutti armati fino ai denti. Anche in altre città, membri della N.P.D. aggrediscono i democratici con metodi tipici delle S.S. e delle S.A..

16 settembre: Klaus KoJJey, dirigente del servizio d’ordine del N.P.D., spara con la pistola contro due antifascisti. Settembreottobre: Schumm, un addetto della N.P.D., spara contro la sede dell’Unione sindacale e contro l'abitazione di un sindacalista.

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Brano: r

Mauthausen

dante, capitano Ganz, radunò il suo Stato Maggiore. Furono momenti di grande tensione. Restammo ore fermi sull’AppelIplatz, fino a che ci accorgemmo che le S.S. diminuivano di numero, infine vedemmo che le garitte erano vuote. Eravamo salvi! Liberi!

Il movimento di resistenza aveva raggiunto scopi insperati. La fabbrica, che doveva essere completata per l'ottobre 1944 per produrre missili chiamati « U », non fu mai ultimata. La solidarietà consentì una maggior resistenza e, a molti, di sopravvivere fino al crollo del Terzo Reich, salvando i superstiti dallo sterminio finale ».

Kommandos dipendenti

Nel 1940, raggiunto un numero di deportati considerato sufficiente, la Kommandantur decise di sfruttare le altre cave esistenti nei pressi. Dall'aprile 1942, quando a Berlino fu deciso di sfruttare la forza lavoro dei deportati per la produzione bellica, Mauthausen proliferò. In tutta l'Austria sorsero circa 50 kommandos di lavoro tra permanenti e provvisori, in prossimità di altrettante fabbriche.

A Gusen, villaggio situato a pochi chilometri da Mauthausen, sorse il primo kommando esterno al lager principale. Un altro kommando particolarmente importante fu creato nel 1943 a Ebensee.

Altri sottocampi funzionarono nelle località qui di seguito indicate.

Amstetten: Alcune migliaia di deportati lavorarono alla costruzione di una nuova linea ferroviaria agli ordini di 2 ufficiali S.S., 10 sottufficiali e 90 militari.

Grossraming: Circa 800 deportati furono addetti alla costruzione di una diga e di una centrale elettrica, al comando del tenente Julius Ludolf. Nel maggio 1944, ultimati i lavori, il kommando fu sciolto e il tenente Ludolf mandato a comandare il più importante kommando di Melk. Lo seguirono tutti i deportati sopravvissuti a Grossraming.

Gunskirchen: Nel dicembre 1944, 400 deportati furono mandati in una foresta nei pressi di Gunskirchen, agli ordini del maresciallo S.S. Haeger, con il compito di costruire un nuovo lager. NeN’aprile 1945 arrivarono sul posto colonne di ebrei che, per la maggior parte, furono fatti morire di fame.

Klagenfurt: 8090 deportati di Mauthausen furono addetti ai servizi della locale Accademia militare delle S.S..

Linz 123: Alla periferia del capoluogo dell’Oberdonau furono creati tre kommandos di lavoro. I depor

tali e 400 tra sottufficiali e miliuna guarnigione composta da 3 uffitati erano circa 5.000, sorvegliati da ti S.S.. (Si veda anche la voce Linz, C.L.N. di).

Per la maggior parte, i deportati di Linz lavoravano nelle officine belliche « Hermann Goering ». Altri furono addetti a costruire strade e a spalare macerie nella città distrutta dai continui bombardamenti.

Loiblpass: Questo kommando, agli ordini dell’ufficiale S.S. Jacob Winkler, costruì la galleria lunga 1.800 metri che ora unisce l’Austria alla Jugoslavia. Collaboratori del comandante furono le S.S. Walter Brisske, Paul Gruschwitz e Karl Sachse. Il kommando fu evacuato il 7.5.1945.

I circa 1.000 deportati superstiti furono incolonnati e fatti partire verso occidente. Durante la notte molte S.S. fuggirono, alcune travestite con gli abiti zebrati dei deportati.

II giorno successivo la marcia continuò, ma nei pressi di Bistries i deportati furono liberati dai partigiani jugoslavi, ai quali molti si unirono per combattere contro i nazisti.

Melk: Il kommando sorse alla periferia della cittadina danubiana che porta questo nome, a circa 70 km a oriente di Mauthausen. Fondato nell’aprile 1944 con circa 1.000 deportati, si sviluppò con l’arrivo del tenente Julius Ludolf, soprannominato « il vecchio », superando il numero di 10.000 effettivi che furono addetti alle locali officine belliche sotterranee. Durante i primi mesi le salme dei deportati uccisi venivano inviate per l’incenerimento a Mauthausen, poi [...]

[...]del tenente Julius Ludolf, soprannominato « il vecchio », superando il numero di 10.000 effettivi che furono addetti alle locali officine belliche sotterranee. Durante i primi mesi le salme dei deportati uccisi venivano inviate per l’incenerimento a Mauthausen, poi divennero tanto numerose che venne costruito un apposito crematorio a Melk. Collaboratori del comandante Ludolf, noti ai deportati per la loro efferatezza, furono il sergente maggiore S.S. Otto Striegel e il comandante S.S. del revier Gottlieb Musi kant.

Il kommando di Melk fu evacuato gradualmente dal 5.4.1945 in seguito all’avanzata dell'Armata Rossa. Primi a partire furono i malati, avviati al Revier di Mauthausen e quindi a infoltire il numero dei destinati alla camera a gas. Altri furono mandati a Ebensee, dove i pochi superstiti furono liberati il 6.5.1945. Testimone della vicenda di quest’ultimo gruppo fu l’italiano Battista Ceriana.

Moosbierbaun: kommando impiegato presso una raffineria di benzina sintetica.

Schlier (Vòcklabruck) RedlZipf: il kommando fu costituito nell’agosto

1943 con 500 deportati agli ordini del sergente delle S.S. Hermann Pribyll, noto più tardi ai deportati italiani di Ebensee, dove divenne capo del Servizio del lavoro. Schlier è situata a circa metà strada tra Linz e Salisburgo, a nord del lago Amersee. Il kommando fu insediato ai piedi del massiccio RedlZipf, nel quale furono scavate gallerie dove 1.500 deportati lavorarono per un’industria bellica sfollata, agli ordini del comandante Franz Kofler. Ma la notorietà di questo kommando è dovuta al fatto che vi furono destinati i più famosi falsari di Europa. Qui venne fabbricata valuta straniera falsa, ma di una somiglianza perfetta, con cui i nazisti speravano di sabotare le finanze degli Stati Uniti e d’Inghilterra, e pagavano le loro spie e i loro agenti. Il 3.5.1945, dopo l’appello, le S.S. fecero salire su autocarri i deportati russi, polacchi, cecoslovacchi e jugoslavi, dicendo c[...]

[...]e 1.500 deportati lavorarono per un’industria bellica sfollata, agli ordini del comandante Franz Kofler. Ma la notorietà di questo kommando è dovuta al fatto che vi furono destinati i più famosi falsari di Europa. Qui venne fabbricata valuta straniera falsa, ma di una somiglianza perfetta, con cui i nazisti speravano di sabotare le finanze degli Stati Uniti e d’Inghilterra, e pagavano le loro spie e i loro agenti. Il 3.5.1945, dopo l’appello, le S.S. fecero salire su autocarri i deportati russi, polacchi, cecoslovacchi e jugoslavi, dicendo che li avrebbero portati a Ebensee (ma non resulta che vi siano mai arrivati). Rimasero a Schlier circa 200 deportati italiani, francesi, belgi e spagnoli che, il 6 maggio, furono avviati a piedi, con una scorta limitata, verso Ebensee. Dopo due giorni di marcia attraverso strade intasate di truppe in ritirata, la colonna costeggiava la sponda orientale del lago Amersee. Per due notti i deportati dormirono nei fienili, trovando ogni mattino ridotto dalle diserzioni il numero delle S.S. di scorta. Di ciò approfittarono molti deportati per fuggire [...]

[...]ma non resulta che vi siano mai arrivati). Rimasero a Schlier circa 200 deportati italiani, francesi, belgi e spagnoli che, il 6 maggio, furono avviati a piedi, con una scorta limitata, verso Ebensee. Dopo due giorni di marcia attraverso strade intasate di truppe in ritirata, la colonna costeggiava la sponda orientale del lago Amersee. Per due notti i deportati dormirono nei fienili, trovando ogni mattino ridotto dalle diserzioni il numero delle S.S. di scorta. Di ciò approfittarono molti deportati per fuggire nei boschi, dove un gruppo di essi rimase nascosto per 3 giorni e 3 notti ancora, senza sapere che ormai la zona era stata liberata dagli americani. Un altro gruppo proseguì invece per Ebensee, dove trovò il kommando già liberato.

Schwechat/Heidfeld Floridsdorf Mòdling/Hinterbruhl: kommando alla periferia di Vienna, metteva i deportati a disposizione della fabbrica di aerei Heinkel. Il primo lager, a Schwechat, fu distrutto nell’aprile 1944 da un bombardamento, durante il quale persero la vita molti deportati e il tenente Engelhardt, comandante del campo.

A nuovo comandante fu assegnato il tenente Streitwieser, che ebb[...]

[...]icani. Un altro gruppo proseguì invece per Ebensee, dove trovò il kommando già liberato.

Schwechat/Heidfeld Floridsdorf Mòdling/Hinterbruhl: kommando alla periferia di Vienna, metteva i deportati a disposizione della fabbrica di aerei Heinkel. Il primo lager, a Schwechat, fu distrutto nell’aprile 1944 da un bombardamento, durante il quale persero la vita molti deportati e il tenente Engelhardt, comandante del campo.

A nuovo comandante fu assegnato il tenente Streitwieser, che ebbe come suo braccio destro Hans Buhner (Hansibua) che fu soprannominato « il selvaggio ». Il kommando fu quindi spostato a Floridsdorf, dove i deportati dovettero continuare a produrre parti di aerei nelle cantine di una vecchia fabbrica di birra. A questo insediamento provvi

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Brano: Resistenza nei lager

Un ufficiale delle SS assiste alla tortura di alcuni deportati a Buchenwald

“dentisti” e trasportatori di cadaveri. Questi ebrei erano rigorosamente separati da quelli del Campo 1 e soggiacevano a un frequente ricambio, perché dopo alcune settimane di attività erano fisicamente e moralmente distrutti, quindi venivano a loro volta eliminati.

In tale situazione, soltanto gli ebrei del campo 1 erano in grado di tessere pazientemente le fila di una resistenza. Essi diedero vita infatti a una specie di comitato molto ristretto che, aH’inizio, organizzò alcune fughe per portare fuori dal campo notizia di quanto stava avvenendo a Treblinka. Qualche evasione riuscì ma, all'esterno, nessuno volle credere ai loro veritieri racconti. Allora l’organizzazione di resistenza del lager decise di far scoppiare una rivolta. Il comando di questa azione disperata venne affidato a ex ufficiali cecoslovacchi, ma un ruolo determinante fu svolto dal capocampo [Lageràlteste), che aveva la possibilità di circolare nel lager e prendere contatti con diversi deportati.

La preparazione fu condotta con rigoroso rispetto dei criteri cospirativi: furono organizzati 60 combattenti a gruppi di 5 e questi riuscirono a procurarsi alcune rivoltelle, fucili e granate. I rivoltosi contavano soprattutto sulla sorpresa, perché i nazisti si erano abituati a sottovalutare gli ebrei come combattenti e a considerarli incapaci di qualsiasi atto di coraggio. L'azione doveva quindi essere rapidissima e compiersi prima che le S.S., molto meglio fornite di armi, facessero in tempo a organizzarsi. Infatti[...]

[...]r e prendere contatti con diversi deportati.

La preparazione fu condotta con rigoroso rispetto dei criteri cospirativi: furono organizzati 60 combattenti a gruppi di 5 e questi riuscirono a procurarsi alcune rivoltelle, fucili e granate. I rivoltosi contavano soprattutto sulla sorpresa, perché i nazisti si erano abituati a sottovalutare gli ebrei come combattenti e a considerarli incapaci di qualsiasi atto di coraggio. L'azione doveva quindi essere rapidissima e compiersi prima che le S.S., molto meglio fornite di armi, facessero in tempo a organizzarsi. Infatti la rivolta che scoppiò nel pomeriggio del 2.8.1943 durò appena un quarto d ora: uccise alcune S.S., dato fuoco alle baracche e ai depositi, tagliati i reticolati, 67.000 deportati

fuggirono in massa dal campo, mentre i capi della rivolta coprivano la fuga dei compagni impegnando con le poche armi disponibili le S.S. in un combattimento consapevolmente senza via d'uscita, che infatti li portò tutti alla morte.

Appena le S.S. si furono riprese, si diedero a una gigantesca battuta intorno al campo, con carri armati e camionette, riuscendo a riprendere e a massacrare gran parte degli evasi. Dei fuggiaschi, circa 40 sopravvissero alla rivolta e alla fuga; gli altri soccombettero anche per mancanza di aiuto da parte dei contadini polacchi terrorizzati che li consegnarono alle S.S..

Tuttavia, distrutte le baracche e messi fuori uso gli impianti, la fabbrica della morte di Treblinka non fu più in grado di funzionare. Il centinaio di deportati che non avevano preso parte alla rivolta e alla fuga (compresi naturalmente alcuni collaborazionisti delle S.S.) vennero ufficialmente riconosciuti “buoni ebrei” e tradotti a Sobibor, dove peraltro anche loro morirono.

In seguito a questi fatti, le fosse comuni di Treblinka furono svuotate dai cadaveri e tutto quanto restava del lager venne distrutto, compresi i documenti. Arato il terreno dove sorgevano le baracche, vi furono piantati alberi e arbusti. Di Treblinka non doveva rimanere più nulla.

Sobibor

Il lager di Sobibor era organizzato come quello di Treblinka e, anche qui, il 14.10.1943, esplose una rivolta più o meno nello stesso modo. Un comitato clandestino molto ristretto, capeggiato da alcuni ufficiali sovietici ebrei, riuscì a procurarsi qualche granata, alcune pistole e 3 fucili strappati agli ucraini. Inoltre i rivoltosi si erano fabbricati coltelli con utensili di lavoro e limando oggetti metallici. Il giorno della rivolta, 6 S.S. furono chiamate con dei pretesti nei laboratori di sartoria e calzoleria, dove vennero silenziosamente uccise. Ugual sorte toccò ad altre 5 S.S. colte di sorpresa nei magazzini. A questo punto i rivoltosi tagliarono il telefono, tolsero la corrente elettrica al filo spinato e diedero l’ordine di attacco generale, ma l’arrivo improvviso di altre S.S. impedì di mettere completamente in esecuzione il piano previsto. L’attacco all’armeria costò ai rivoltosi molte perdite senza raggiungere lo scopo. Dei 600 deportati presenti, quasi la metà

perdette la vita nei combattimenti oppure nel campo minato che circondava il lager. Secondo un rapporto della polizia di Lublino, fra le

S.S. caddero 7 ufficiali e 10 sottufficiali, oltre ad alcuni ucraini. La Wehrmacht e la polizia militare iniziarono durante la notte massicci rastrellamenti e, sempre secondo i! rapporto, 159 evasi furono presi e fucilati. Gli altri « si sono allontanati in direzione ignota ».

Dopo questi fatti anche il lager di Sobobor fu completamente distrutto dai nazisti, per cancellare ogni traccia dei delitti che vi avevano compiuto, ma questa criminale speranza venne frustrata: nel 1965 ancora sopravvivevano 35 ex deportati di Sobibor, alcuni dei quali avevano partecipato alla rivolta e si erano salvati trovando appoggi e nascondigli nei dintorni del campo. Altri si erano uniti ai partigiani.

Buchenwald

Nell’estate del 1943 si f[...]

[...]pravvivevano 35 ex deportati di Sobibor, alcuni dei quali avevano partecipato alla rivolta e si erano salvati trovando appoggi e nascondigli nei dintorni del campo. Altri si erano uniti ai partigiani.

Buchenwald

Nell’estate del 1943 si formò a Buchenwald un Comitato internazionale, nel quale vennero rappresentate tutte le nazionalità presenti tra i deportati. Questa attività, quantunque favorita daM’affollamento del campo che impediva alle S.S. di mantenere una stretta vigilanza, costò molte vittime. Albert Kuntz che era stato uno dei primi tre fondatori del Comitato clandestino, fu scoperto e rinchiuso nel bunker. Sopravvissuto a questa tortura, venne tradotto a Dora, dove continuò la lotta dirigendo il comitato illegale di quel campo, ma alla fine fu nuovamente individuato e questa volta rinchiuso nel bunker fino alla morte. Sempre a Buchenwald caddero il kapò del Revier con il suo aiutante e Rudi Arndt, organizzatore della lotta fra i deportati ebrei.

Banco utilizzato a Buchenwald per le fustigazioni

Brano: Mauthausen

Nel giorno della Liberazione, i deportati sopravvissuti a Mauthausen abbattono i simboli del potere nazista all’ingresso del campo (aprile 1945)

torturati e uccisi subito dopo alla cava. Altrettanto fece per i successivi. Poi, prima della Liberazione, chiese ancora che nessun resistente dell’Oberdonau sopravvivesse al crollo nazista. Il secondo segretario del lager, Kurt Pany, allora avvertì i superstiti: « Sarete uccisi tutti oggi alle 11. Lo vuole il vostro Gauleiter. Regolatevi ». I superstiti del Welsergruppe erano 43: 42 restarono passivi e furono uccisi, ma il quarantatreesimo, di nome Richard Dietei, riuscì a salvarsi. Grazie all’aiuto dei resistenti, con un espediente uscì dal portale del lager; poi venne aggregato alla squadra che stava trasportando carbone aH’infermeria e là, nel blocco 7, altri compagni del Comitato clandestino a rischio della loro vita sostituirono il suo numero con quel

lo di un morto, Nikolai Burgdorf. Le

S.S. cercarono invano l’evaso. Un anno dopo, Dietel potè testimoniare davanti al tribunale americano, raccontando la storia del Welsergruppe e la stretta intesa esistente tra il Gauleiter e il Comando del lager.

L'evasione dei sovietici

Durante la notte tra il 2 e il 3.2.1945 avvenne l’episodio più epico della Resistenza di Mauthausen. Seicento sovietici destinati a morire di fame nel blocco 20 tentarono la fuga in massa. Nei giorni successivi le S.S. accatastarono davanti al crematorio centinaia di salme squarciate da ampie ferite e il Comando fece sapere che i fuggitivi erano stati tutti ripresi.

Soltanto molti anni dopo venne alla luce l’intera vicenda: nel 1958 Emile Valley, segretario generale dell’Associazione internazionale degli ex deportati a Mauthausen, in visita a Mosca la raccontò alla radio e, alcuni giorni più tardi, sette cittadini sovietici, sopravvissuti a quella tragica evasione, si presentarono a confermare nei dettagli il suo racconto. Degli oltre seicento che avevano tentato la fuga, loro soltanto erano sopravvissuti. Armati di estintori antincendio, assi, pietre e coperte, i deportati sovietici avevano improvvisamente assaltato le garitte, ucciso le sentinelle e, impossessatisi delle mitragliatrici, avevano cominciato a sparare contro le S.S., permettendo così ai loro compagni di disperdersi nella campagna circostante. Non tutti erano stati ripresi.

Resistenza allo sterminio finale

L’importanza dell'organizzazione clandestina apparve evidente nell’aprile

1945, quando il Comando S.S. decise di sterminare tutti i deportati, iniziando dall’infermeria. I nazisti selezionarono circa 2.000 ammalati da inviare al campo 3 e da qui, in gruppi di 150, nella camera a gas, ma l’organizzazione riuscì con vari stratagemmi a salvarne una cinquantina, tra cui parecchi italiani. Due di questi furono poi individuati: precisamente Giovanni Grasso, di Milano, salvato da Giuseppe Pugliesi; e Nino Bonelli, di Saluzzo (il secondo segretario del lager, l’austriaco Hans Marsalek, su indicazione di Giuliano Pajetta e con la collaborazione dei cecoslovacchi Marecek e Franz Hrbek, riuscì a farlo pa[...]

[...]Bonelli, di Saluzzo (il secondo segretario del lager, l’austriaco Hans Marsalek, su indicazione di Giuliano Pajetta e con la collaborazione dei cecoslovacchi Marecek e Franz Hrbek, riuscì a farlo passare per francese falsificando la sua scheda personale).

Poco prima del crollo finale, il Comitato clandestino internazionale venne a sapere che, essendo la camera a gas insufficiente alla esecuzione del piano di sterminio totale, il Comando delle S.S. aveva deciso di rinchiudere tutti i deportati di Mauthausen e Gusen in due gallerie già minate e di farle saltare. Il Comitato decise allora di organizzare l’estrema difesa: ai resistenti che lavoravano da inservienti con le S.S. fu dato il compito di sottrarre armi. Poi, dato che per arrivare alle gallerie bisognava attraversare la cava di Gusen, percorrendo un tratto ghiaioso, i deportati validi vennero avvertiti: in quel tratto si sarebbero usate tutte le armi disponibili ed essi avrebbe

ro dovuto assalire le S.S. con le pietre. Qualcuno si sarebbe salvato. Probabilmente qualche notizia su tale piano trapelò al Comando delle S.S. e ciò contribuì a far rimandare l’esecuzione dello sterminio, finché questo divenne poi impossibile.

Di fronte all’avanzata travolgente della 3a Armata del generale Patton, a un certo momento le S.S. si videro infatti costrette a lasciare la fortezza in mano alla polizia di Vienna, per attestarsi nei bunker predisposti lungo le rive del Danubio. I deportati disarmarono facilmente la polizia e, con le armi di questa, costituirono alcune pattuglie al comando del maggiore sovietico Pigorov. Poi affrontarono le S.S. sul Danubio e nel villaggio, ne impedirono il ritorno al lager e ne catturarono alcune decine. Durante queste azioni perse la vita lo spagnolo Juan Risbal Costa e altri sei, tra cui Juan Pagés, furono feriti.

Nello stesso tempo il Comitato internazionale riorganizzò la vita del lager. Presieduto dall’austriaco Heinrich Durmayer, tale Comitato era composto da: Hans Marsalek, austriaco; Giuliano Pajetta, italiano; Arthur London, cecoslovacco; Manuel Razola, spagnolo; Franz Dahlem, tedesco; Emile Valley, francese (in sostituzione di Pére Jacques, già gravemente malato e deceduto pochi giorni [...]

Brano: Dachau

cerdoti (nella sola Vienna, i nazisti arrestarono in poche settimane circa 79.000 persone). Alla fine dello stesso anno, con l’inizio delle massicce persecuzioni antisemite, anche a Dachau le S.S. cominciarono a uccidere sistematicamente gli ebrei che vi si trovavano.

Nel 1939 subentrò nella direzione del campo il generale delle S.S. Richard Glucks, degno erede di Eicke, designato a comandare una divisione di S.S..

Nell’estate 1940, dalla Polonia invasa, i nazisti cominciarono a deportare a Dachau migliaia di esponenti della classe colta polacca, compresi

1.780 sacerdoti, con il proposito di sterminarli un poco alla volta. Difatti, nel primo anno di deportazione, oltre la metà di quei sacerdoti furono uccisi.

Nel 1942 giunsero a Dachau migliaia di prigionieri di guerra sovietici: di questi, la maggior parte venne uccisa dalle S.S. nel vicino poligono di tiro a segno. Nel novembre 1942 un’epidemia di tifo, di fronte alla quale le S.S. evitarono di prendere la benché minima misura sanitaria, falciò 1.100 detenuti.

Per far fronte alle accresciute esigenze, sorsero campi subalterni intorno al cosiddetto «campomadre». Dai primi del 1943 cominciarono a essere deportate a Dachau anche donne, soprattutto ebree polacche che vennero destinate ad attività lavorative nei sottocampi. Il 22.9.

1943 si ebbe l'arrivo dei primi 1.790 deportati italiani.

Dal 1943 le deportazioni aumentarono e crebbe contemporaneamente la mortalità a Dachau, sia per le impossibili condizioni del campo sia per le uccisioni perpetrate dalle S.S.. Dal 1944 cominciarono a giungere a Dachau anche i deportati evacuati da altri campi sotto l’incalzare dell’avanzata sovietica a oriente. Nel novembre 1944, difettando ormai il personale di guardia, vennero inquadrati tra le S.S. numerosi internati, per lo più criminali comuni che già si erano distinti come kapò contro i loro compagni di prigionia.

Ai primi del 1945 le S.S. fucilarono 92 ufficiali sovietici che si erano rifiutati di combattere nell'armata collaborazionista di Vlassov. Intorno alla stessa epoca vennero impiccate 70 deportate francesi, appartenenti alla Resistenza dell’AlsaziaLorena. Durante gli ultimi mesi del conflitto Dachau divenne stazione di transito per decine di migliaia di deportati che i nazisti trasferivano dai territori liberati daH'Armata Rossa. Nel solo mese di aprile 1945 giunsero 6.500 deportati da Buchenwald, 2.800 da Flossenburg, decine di migliaia

da altri campi. Numerosi gruppi venivano fatti proseguire verso occidente, per la maggior parte a piedi. Fino alle ultime ore che precedettero la liberazione di Dachau, quelle spaventose « marce della morte » diedero l’estrema misura della criminalità nazista nei confronti di prigionieri ormai ridotti a larve umane. Il campo venne liberato dalle truppe americane il 28.4.1945. I liberatori trovarono più di 1.000 cadaveri sparsi sul terreno o ammucchiati nei vagoni della vicina ferrovia. Altre centinaia di deportati, ormai agonizzanti, poterono sopravvivere solo per[...]

[...]28.4.1945. I liberatori trovarono più di 1.000 cadaveri sparsi sul terreno o ammucchiati nei vagoni della vicina ferrovia. Altre centinaia di deportati, ormai agonizzanti, poterono sopravvivere solo per poche ore. Nelle baracche del campomadre e dei sottocampi giacevano, veri spettri umani, 67.678 prigionieri appartenenti a 39 diverse nazionalità (3.388 gli italiani) in condizioni indescrivibili.

« Nella lingua inglese mancano le parole — scrisse testualmente nel suo rapporto del 30.4.1945' un ufficiale del 7° Reggimento americano — colle quali possa essere descritto, anche solo approssimativamente, il campo di concentramento di Dachau ».

Struttura dei campo

Quello di Dachau non fu soltanto il primo, ma anche il più razionalmente attrezzato dei lager (i successivi vennero per la maggior parte allestiti con mezzi di fortuna e sotto l’incalzare di necessità belliche che mal consentivano di curare l’aspetto tecnico) ; era stato concepito come una gigantesca prigione di basso costo, ma atta a tenere sotto rigoroso controllo molte migliaia di detenuti « pericolosi », con un impiego minimo di forze e senza lasciare ai prigionieri la benché minima possibilità

Militari americani in uno dei vagoni trovati a Dachau (28.4. 1945)

di evasione. Costituiva, nel suo genere, un sinistro vertice, un impianto «esemplare» nel sistema concentrazionario nazista. Per questo merita una particolare attenzione.

Il cosiddetto campomadre occupava un quadrilatero rettangolare lungo circa 500 m e largo 250 m. Procedendo dall’interno verso l’esterno, per tutta la lunghezza del perimetro si incontrava anzitutto una fascia erbosa larga 8 m, che praticamente doveva separare il terreno agibile del campo dalla robusta rete in filo spinato percorsa da corrente [...]

[...]are il terreno agibile del campo dalla robusta rete in filo spinato percorsa da corrente ad alta tensione che costituiva il primo sbarramento. La rete, alta 3 m, era sostenuta da pilastri di cemento.

Al di là della rete elettrificata si levava, lungo tre lati del campo, un’alta muraglia che, nelle ore notturne, veniva costantemente illuminata a giorno. Lungo il quarto lato correva invece, al di Jà della rete, un canale largo e profondo, anch’esso illuminato a giorno.

Distribuite lungo il perimetro e agli angoli del campo si avevano inoltre 7 grandi torri di guardia nelle quali prestavano servizio, 24 ore su 24, sentinelle armate di mitragliatrici e munite di potenti riflettori. Questi uomini avevano l’ordine rigorosissimo di sparare senza esitazione o preavviso contro qualunque essere umano si fosse avvicinato, attraverso la fascia erbosa, alla rete elettrificata.

Il campo aveva un solo ingresso, dal lato del canale, e questo veniva chiuso da un cancello di ferro sul quale si poteva leggere la famosa frase « Arbeit macht frei » (v.). Fiancheggiavano l’ingresso i corpi di * guardia delle S.S. e lo sovrastavano gli uffici di amministrazione. Quando non erano in servizio le S.S. risiedevano nei loro alloggiamenti esterni e nella città di Dachau.

La parte centrale del campo era occupata da 34 grandi baracche in legno [Block) disposte su due file parallele. Ogni baracca o blocco, di m 8x60, era divisa in 4 locali [Stuben), ognuno dei quali era a sua volT ta ripartito in due sezioni, luna adì bita a dormitorio e l’altra a mensa Secondo il progetto di costruzione, ogni stube (di circa 120 mq) avrebbe dovuto servire per 52 prigionieri e l’intera baracca per 208. In realtà, con l’aumento degli internati, ogni stube finì per accogliere normalmente 200 uomini. Negli ultim[...]

Brano: Stalin

gava che la severità contro il nemico nasceva dal continuo inasprimento della lotta di classe all’interno dell’U.R.S.S. e dalla necessità di difendere la “patria del socialismo” da aggressioni esterne.

Questa teoria staliniana venne ampiamente espressa nel Breve corso di storia del partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. che, apparso nel 1938, non solo riscriveva la storia falsandola a uso politico, ma (attraverso la revisione della dottrina marxista sulla estinzione dello Stato) proponeva Stalin come nuova e indiscutibile autorità teorica, superando Lenin.

In tal modo, negli anni che precedettero la Seconda guerra mondiale, furono eliminati i migliori dirigenti bolscevichi, compresi parecchi generali, una perdita che l'U.R.

S.S. avrebbe pagato a caro prezzo con la sconfitta militare davanti all'invasione tedesca del 1941.

Seconda guerra mondiale

Nell’agosto 1939 Stalin stipulò con la Germania nazista il Patto di non aggressione russotedesco (v.) che creò non poco sconcerto nelle file della Terza Internazionale. Poi, quando i tedeschi improvvisamente aggredirono l’U.R.S.S. nel giugno 1941, egli fece comunicare alla popolazione sovietica questa notizia da Molotov (v.) e rimase due settimane senza farsi vivo. Ruppe il silenzio il 3 luglio, con un discorso alla radio, nel quale esortò il popolo sovietico a raccogliersi « intorno al partito di Lenin e di Stalin » (parlando di se stesso in terza persona). Il 5.5.1941 Stalin, che dal 1923 rivestiva solo la carica di segretario generale del partito, si autonominò primo ministro, assumendo in prima persona la responsabilità del governo.

Dopo il Patto russotedescho del 1939 Stalin aveva cercato di mantenere i migliori rapporti con la Germania nazista (con la quale, nell'estate 1939, aveva concordato la spartizione della Polonia e dei Paesi Baltici), respingendo con irritazione gli avvertimenti che gli giungevano da più parti circa le reali intenzioni di Hitler. Egli era stato preavvertito dell'attacco tedesco dal premier britannico Churchill, ma anche dai servizi di informazione della Resistenza, da alcuni suoi ufficiali e perfino da comunisti tedeschi che, con gravissimi rischi, avevano disertato dalla Wehrmacht al fronte per portare in U.R.S.[...]

[...]i con la Germania nazista (con la quale, nell'estate 1939, aveva concordato la spartizione della Polonia e dei Paesi Baltici), respingendo con irritazione gli avvertimenti che gli giungevano da più parti circa le reali intenzioni di Hitler. Egli era stato preavvertito dell'attacco tedesco dal premier britannico Churchill, ma anche dai servizi di informazione della Resistenza, da alcuni suoi ufficiali e perfino da comunisti tedeschi che, con gravissimi rischi, avevano disertato dalla Wehrmacht al fronte per portare in U.R.S.S. la notizia dell'imminente attacco. Nondimeno il 14.7.1941, esattamente una settimana prima del l'aggressione tedesca, aveva fatto diramare un comunicato ufficiale dove definiva « false, insensate e provocatorie » le voci diffusesi all'estero riguardo alle intenzioni dei nazisti.

L’aggressione tedesca dimostrava

clamorosamente come fossero sbagliati i calcoli politici fatti da Stalin tra il 1938 e il 1941: la necessità di tenere quanto più a lungo possibile la guerra lontana dall’U. R.S.S. gli aveva suggerito una politica estera quanto mai spregiudicata, ma egli non aveva sufficientemente operato per dotare l’U.R.S.S. di apparati economicisociali e bellici tali da porre il paese in condizioni di resistere. Nei giorni dell'attacco tedesco l’U.R.S.S. conobbe un vuoto di potere, forse la crisi più grave della sua storia, con il rischio che tutto venisse travolto, che i sacrifici sopportati negli anni precedenti e giustificati in nome del socialismo e dello sviluppo si dimostrassero inutili. Ma dal momento che riprese il proprio ruolo, assumendo anche l’incarico di Comandante supremo delle forze armate dell'U.R.S.S., Stalin riuscì a svolgere un’attività unanimemente considerata di prim’ordine, galvanizzando le energie morali e materiali di un popolo forte e generoso, che decenni di dittatura e di sofferenze non erano riusciti a demolire come molti si sarebbero aspettati. Grazie alle straordinarie risorse morali e materiali dei lavoratori russi, Stalin emerse come un eroe della storia.

Isaac Deutscher, uno dei più autorevoli biografi occidentali di Stalin e certo non sospettabile di “culto della personalità”, così ne parla nel suo libro: « In effetti faceva tutto da sé: era il comandante supremo, il ministro della Difesa, il ministro degli Approvvigionamenti, il ministro degli Esteri e perfino il capo del protocollo. La Stavka, il gran quartier generale deU'Armata Rossa, aveva

sede negli uffici di Stalin al Cremlino. Dal proprio tavolo, in costante e diretto contatto coi comandi dei diversi fronti, Stalin seguiva e dirigeva le operazioni. E dal suo tavolo diresse anche un’altra stupenda operazione: l'evacuazione di milletrecentosessanta impianti e stabilimenti dalla Russia occidentale e daH’Ucraina verso il Volga, gli Urali e la Siberia, operazione che interessò non soltanto le macchine e le installazioni, ma anche milioni di operai con le loro famiglie » (Cfr. I. Deutscher, Stalin, Milano, 1969, pag. 658).

A merito di Stalin va certamente ascritta la decisione di non allontanarsi da Mosca neppure quando la caduta della capitale sovietica sembrava questione di ore (v. Mosca, Battaglia di), ma va anche ricordato come nelle sue funzioni di capo militare, nel suo eccessivo accentramento di poteri e decisioni, egli commettesse tragici errori: in sede storica gli verranno addebitate concezioni strategiche superate e pagate con la vita da milioni di uomini. Solo nell’estate 1942, quando sembrava imminente la caduta di Leningrado (v.), Mosca si era un po’ liberata dalla morsa nemica e a Stalingrado (v.) la battaglia infuriava già da mesi, Stalin modificò il proprio atteggiamento: destituì i generali incapaci che fino a quel momento avevano pedissequamente obbedito ai suoi ordini anche errati e li sostituì con uomini competenti (come Vasilevskij e Zukov), delegando a questi gran parte della direzione strategica e tattica delle operazioni belliche.

I risultati non mancarono: nel febbraio 1943 la controffensiva scate

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Brano: Resistenza nei lager

Per di più, il kapò si trovava di fronte a un grave problema morale: per sottrarre un politico a un trasporto o a un lavoro particolarmente pericoloso, doveva inviare al suo posto un altro deportato, delinquente comune o sconosciuto che fosse. Quale diritto aveva il kapò “Triangolo rosso” di decidere così della vita e della morte di altri deportati? Non si rendeva con ciò egli stesso complice delle S.S.? Questo angoscioso quesito fu a lungo dibattuto, specialmente dopo la Liberazione e soprattutto da coloro che nei campi non erano mai stati. Di fronte a tale problema, i politici si attennero sempre al principio che la condanna a morte non era da imputarsi ai kapò “Triangoli rossi”, bensì alle S.S. che avevano deciso il trasporto mortale o organizzato il lavoro più pericoloso; e se un deportato era da salvare, anche a costo di perderne un altro, bisognava salvarlo quando si trattava di un politico il quale avrebbe poi rischiato la propria vita per continuare la lotta contro il regime del lager.

Per non perdere la fiducia delle

S,S., i kapò politici dovevano sempre fingere di assecondarne gli ordini (salvo cercare poi di sabotarne le iniziative), ma c'erano disposizioni alle quali il politico non poteva in alcun modo obbedire.

Basti l’esempio di un episodio avvenuto a Dora: nel febbraio 1944 due evasi, ripresi dalle S.S., dovevano essere impiccati davanti a tutti i deportati sulla piazza dell’appello. Le S.S. ordinarono al capobaracca dell‘infermeria di procedere all'esecuzione. Questi, che era un politico, decise di parlarne con il comitato clandestino del lager. Fu una drammatica riunione che si concluse con la decisione che nessun politico poteva prestarsi a fare il boia.

Alla sera, sulla piazza dell’appello il capobaracca dell’infermeria fu chiamato al triste compito ed egli si rifiutò. Le S.S., allarmate, convocarono allora il capocampo, un altro “Triangolo rosso”, che a sua volta si rifiutò. Poiché anche il vice capocampo dichiarò di non poter obbedire a quell’ordine, i tre vennero rinchiusi nel bunker e torturati fino alla morte. I loro incarichi passarono a criminali.

In tal modo il comitato illegale di Dora perdette tre posti chiave nel campo, ma grande fu l’impressione destata da questo fatto fra i deportati e il sacrificio dei tre kapò “Triangoli rossi” risultò più efficace, per la Resistenza, di tante discussioni politiche.

Un altro compito del comitato clandestino era quello di tenersi al corrente di quanto avveniva in Germania e nel mondo. All’inizio le notizie entravano nel campo con i nuovi arrivati o erano captate da deportati

Apparecchio radio clandestino realizzato dai resistenti di Buchenwald

che, di tanto in tanto, potevano ascoltare le trasmissioni radio nei locali delle S.S. o nell'officina, dove veniva a volte mandato qualche apparecchio radiofonico da aggiustare. In seguito, nel corso della guerra, furono segretamente costruiti in molti campi apparecchi a onde corte, con i quali venivano captate Radio Londra e Radio Mosca. Così i deportati resistenti potevano chiarire la situazione reale ai compagni per non lasciarli preda di notizie esageratamente ottimiste o catastrofiche che via via si diffondevano nel campo. Naturalmente anche questa diffusione di notizie comportava rischi mortali, perché tutti i campi pullulavano di spie.

I delatori erano direttamente r[...]

[...]ti campi apparecchi a onde corte, con i quali venivano captate Radio Londra e Radio Mosca. Così i deportati resistenti potevano chiarire la situazione reale ai compagni per non lasciarli preda di notizie esageratamente ottimiste o catastrofiche che via via si diffondevano nel campo. Naturalmente anche questa diffusione di notizie comportava rischi mortali, perché tutti i campi pullulavano di spie.

I delatori erano direttamente reclutati dalle S.S., ma a volte si tratttava anche di “volontari”, cioè di individui che riferivano alle S.S. quanto veniva casualmente a loro conoscenza, nella speranza di farsene un merito. A Sachsenhausen vennero addirittura istruite dalle S.S. spie che dovevano infiltrarsi fra i comunisti e partecipare alle loro discussioni. Anche la lotta contro le spie fu quindi condotta dai politici con estrema durezza, tanto che non pochi delatori furono trovati uccisi, ma la morte nel lager era un fatto così abituale, che raramente furono fatte inchieste su casi del genere.

Quasi nulli erano invece i contatti con l’esterno, specialmente nei lager situati in territorio tedesco, dove la popolazione era nazista convinta o comunque terrorizzata dai nazisti. Perciò si sa solo di qualche raro contatto tra comunisti di Sachsenhausen e i loro compagni di Berlino, tra preti deportati a Dachau ed esponenti del clero di Monaco.[...]

[...]ano invece i contatti con l’esterno, specialmente nei lager situati in territorio tedesco, dove la popolazione era nazista convinta o comunque terrorizzata dai nazisti. Perciò si sa solo di qualche raro contatto tra comunisti di Sachsenhausen e i loro compagni di Berlino, tra preti deportati a Dachau ed esponenti del clero di Monaco.

Notizie di Dachau e di Buchenwald giunsero peraltro all'esterno dei campi grazie a prigionieri evasi e ai pochissimi che ne furono liberati. Tra questi ultimi, alcuni ebrei nel 1938 poterono uscire dal lager ed emigrare all’estero, lasciando al Terzo Reich tutti i loro averi.

Questi ex deportati descrissero ampiamente e con ogni mezzo quanto succedeva in Germania, ma semplicemente non furono creduti dall’opinione pubblica benpensante. Uno di loro, il famoso psicanalista viennese Bruno Bettelheim, rifugiato in America, per anni non riuscì a trovare un organo di stampa disposto a pubblicare le sue testimonianze, sia perché sembrava impossibile che la civile e colta Germania fosse arrivata agli eccessi da lui descritti, sia perché, fino allo scoppio della guerra, i governi delle democrazie occidentali nutrirono la speranza di trovare in Hitler un alleato contro il bolscevismo e preferivano non inimicarselo con tali rivelazioni.

L’ampliamento dei campi

L’organizzazione clandestina creata dai primi internati necessariamente cambiò con la trasformazione dei lager che, originariamente destinati ai soli politici tedeschi, videro rapidamente aumentare il numero dei deportati: nel 1938, dopo l'Anschluss che incorporò l'Austria al Terzo Reich, la deportazione venne estesa agli antinazisti austriaci e a un numero sempre crescente di ebrei; nel 1939 fu la volta dei cèchi e, dalla fine del 1939, cominciarono ad arrivare i polacchi, i norvegesi, i danesi, i belgi, gli olandesi, i francesi, gli spagnoli; nel 1941 venne la volta degli jugoslavi, dei greci, dei sovietici; dal 1943 toccò infine agli italiani e agli ungheresi.

I comunisti tedeschi, organizzati fin dall'inizio, allo scoppio della Seconda guerra mondiale avevano già, come s'è detto, anni di esperienza e molti di loro anche conoscenze[...]

[...] dalla fine del 1939, cominciarono ad arrivare i polacchi, i norvegesi, i danesi, i belgi, gli olandesi, i francesi, gli spagnoli; nel 1941 venne la volta degli jugoslavi, dei greci, dei sovietici; dal 1943 toccò infine agli italiani e agli ungheresi.

I comunisti tedeschi, organizzati fin dall'inizio, allo scoppio della Seconda guerra mondiale avevano già, come s'è detto, anni di esperienza e molti di loro anche conoscenze internazionali per essersi incontrati coi loro compagni comunisti di altri paesi e altri antifascisti nei congressi all'estero, specialmente durante la guerra di Spagna. Essi furono perciò il naturale punto di riferimento per tutti i deportati che volevano organizzare la resistenza nei lager.

All’inizio vennero inserite nell’esistente organizzazione clandestina comunisti austriaci e qualche socialdemocratico, ma ben presto, con l’aumento continuo del numero dei

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Brano: [...]itte ich in Fallen na.cn gewie sener Sabot^ge (à/>zu muB ein Bericnt dar Be trie bsf uhiung vorlle^,en), hier AntSig auf Sxelcution durch den Str^ng zi* steilen. Vollzug soli dann vor alien angetretenen hàftlingen des betreffenaen Arbe i tskomm mdos durchgefuhrt werden, d*bei i«t der Grand der Sxekution als Abschreckungs' mittel beicanntzugeben.

ì V* gez* Maurer

SoOberstuiTnbannfuhrer

Una circolare inviata 1*11.4.1944 dal Comando delle SS ai comandanti di tutti li lager, per ordinare che gli atti di sabotaggio siano repressi con l’impiccagione dei responsabili davanti a tutti i detenuti

Dora

L’organizzazione della Resistenza a Buchenwald era così salda che nonostante arresti, interrogatori e torture, le S.S. non arrivarono mai a distruggere il nucleo centrale del comitato clandestino tedesco e internazionale, sopravvissuto fino alle Liberazione.

Non così andarono le cose nel campo di Dora, sorto nell’agosto

1943 come sottocampo di Buchenwald e divenuto campo principale nel 1944 col nome di MittelbauDora. I deportati venivano qui addetti alla fabbricazione delle V1 e V2 in enormi gallerie scavate nel massiccio dello Hartz.

A Dora furono rinchiusi inizialmente deportati di Buchenwald (sia criminali che politici), cui fecero seguito russi, polacchi, francesi e cèchi, in tutto 29 nazionalità, compresi circa 800 prigionieri militari italiani catturati dai tedeschi in Grecia e Albania dopo T8.9.1943.

I politici, provenienti in gran parte da Buchenwald, cominciarono subito a organizzare la resistenza nel lager e, in pochi mesi, riuscirono a far occupare da persone fidate

i posti più importanti: capocampo, vice capocampo, capo del revier (infermeria), scrivano del revier, capo del Lagerschutz (guardia del campo), capo tecnico per la costruzione delle baracche. Dopo il primo gruppo di antifascisti organizzato da

Kuntz, si [...]

[...]la resistenza nel lager e, in pochi mesi, riuscirono a far occupare da persone fidate

i posti più importanti: capocampo, vice capocampo, capo del revier (infermeria), scrivano del revier, capo del Lagerschutz (guardia del campo), capo tecnico per la costruzione delle baracche. Dopo il primo gruppo di antifascisti organizzato da

Kuntz, si formarono gruppi di resistenza sovietici, francesi, cecoslovacchi, polacchi e olandesi. Influendo sulle S.S. e soprattutto su due medici S.S., gli antifascisti riuscirono a far costruire alcune baracche (mentre prima tutti i deportati dovevano vivere notte e giorno nei tunnel, uscendone solo per l’appello della domenica), a migliorare gli impianti igienici, a prolungare la quarantena, sia adducendo

ii pericolo di possibili epidemie sia col pretesto di garantire la continuità della produzione. In realtà la produzione era minacciata soprattutto dal sabotaggio, che a Dora fu molto efficace come si desume anche da rapporti ufficiali nazisti.

Il sabotaggio veniva organizzato in molti modi: interrompendo la corrente elettrica, danneggiando le macchine, togliendo qualche piccolo elemento essenziale nei manufatti, scambiando i numeri sui pezzi da montare. Infine la parola d’ordine « lavorare adagio » era diffusa fra i deportati, compresi i non politici. Allarmate da queste azioni, le S.S. crearono una rete di spie e provocatori. Uno di questi, un russo bianco che si faceva passare per francese, intercettò alcune frasi compromettenti scambiate fra due russi, i quali non immaginavano che egli comprendesse la loro lingua. Nel novembre 1944 vennero quindi catturati i russi del comitato illegale, poi i francesi, poi resistenti

di tutte le nazionalità e, infine, anche Kuntz. Alcuni dei prigionieri si uccisero, altri furono rinchiusi nel bunker. Poiché, nascosti fra le ceneri del crematorio, vennero trovati i resti di un apparecchio radio, là gettato da qualcuno nella fretta di disfarsene, le S.S. compirono nuove retate anche fra il personale del crematorio.

I prigionieri rinchiusi nel bunker tentarono un’impresa disperata: riuscirono ad aggredire e a uccidere due S.S. di guardia, aprirono le celle e si precipitarono verso l’uscita, ma l’altra S.S. sopravvenuta si mise a sparare e ne uccise 11. So

lo quattro dei fuggiaschi riuscirono a raggiungere il campo e vi si nascosero.

Dato l’allarme, altri 24 prigionieri che si trovavano nel bunker vennero uccisi con un colpo alla nuca. Dei 4 fuggiti, due vennero trovati nel lager per mezzo dei cani, un terzo si suicidò gettandosi sul filo spinato elettrizzato, l’ultimo fu scoperto l’indomani e ucciso a bastonate. Come già si è detto, anche Kuntz fu ucciso nel bunker e, il 19.3.1945, altri 15 prigionieri furono impiccati. Ancora 7 membri del comitato illegale vennero uccisi ai primi di apri[...]

[...]ccisi con un colpo alla nuca. Dei 4 fuggiti, due vennero trovati nel lager per mezzo dei cani, un terzo si suicidò gettandosi sul filo spinato elettrizzato, l’ultimo fu scoperto l’indomani e ucciso a bastonate. Come già si è detto, anche Kuntz fu ucciso nel bunker e, il 19.3.1945, altri 15 prigionieri furono impiccati. Ancora 7 membri del comitato illegale vennero uccisi ai primi di aprile. Dell’intero comitato illegale di Dora, solo due sopravvissero: uno che riuscì a infilarsi subito in un trasporto destinato a Bergen Belsen, dove rimase fino alla Liberazione; il secondo, che era un eminente chirurgo cèco, tolto dal bunker per operare d’urgenza una S.S., riuscì successivamente a mescolarsi tra altri deportati e venne evacuato con loro.

Sachsenhausen

Non molto diversa fu la sorte dei resistenti di Sachsenhausen. Per la delazione di agenti provocatori appositamente inviati da Berlino dopo un corso di addestramento, fu scoperta una radio clandestina. Arrestati in massa, dopo terribili torture 27 resistenti furono fucilati e altri 103 trasferiti nell’ottobre 1944 a Mauthausen. Il comitato illegale di Sachsenhausen non fu completamente annientato, ma dopo la perdita dei suoi elementi di punta rimase molto indebolito, anche per il terrore diffusosi nel lager in seguito alla spietata repressione.

Mauthausen

II primo nucleo di deportati a Mauthausen (agosto 1938) era costituito da politici austriaci provenienti da Dachau e accompagnati da de

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Brano: Mauthausen

caise la corrispondente francese del fascismo, portavoce del più bieco collaborazionismo, complice anche nella persecuzione antisemitica attuata dai tedeschi.

Quando i nazisti sconfitti abbandonarono la Francia, Maurras si nascose nei pressi di Lione. Arrestato nel settembre 1944 e sottoposto a un processo clamoroso, fu condannato alla degradazione nazionale e all’ergastolo. Dopo aver trascorso 7 anni nelle carceri di Riom e di Clairvaux, intento a scrivere libri di memorie e la storia del movimento finito insieme a lui, fu graziato in considerazione dell’età molto avanzata. Passò i suoi ultimi mesi in una clinica di Tours. Prima di morire chiese e ottenne di tornare in seno alla Chiesa cattolica.

D.Per.

Mauthausen

Villaggio della valle del Danubio, a 27 km a est di Linz (Austria), già durante la guerra 19151918 Mauthausen ospitava un campo di prigionia dove numerosi italiani morirono di fame.

Nascita del lager

Quando, nel marzo 1938, Hitler incorporò l’Austria nel Reich, il Comando generale delle S.S. cercò un luogo adatto per un lager. L’esistenza in loco di alcune cave di granito fece preferire Mauthausen. Per insediarvi il campo fu scelta la cima della collina più alta in prossimità della cava principale. Per costruire la loro prigione, i deportati avrebbero dovuto estrarre le pietre, squadrarle e, a spalla, portarle lassù salendo 186 ripidi gradini scavati in una parete della cava, poi lungo un sentiero che costeggiava per un tratto l'orlo del dirupo. Il lager fu definito dalle stesse

S.S. Knochenmuhle (macinaossa). Più tardi i deportati soprannominarono la scalinata « scala della morte », il sentiero « la via del sangue » e il dirupo « muro dei paracadutisti » (così S.S. e kapò schernivano le vittime che buttavano giù).

Struttura

Il lager fu costruito a somiglianza di un’enorme fortezza medioevale, di forma rettangolare, chiusa per tre lati da un altissimo muraglione largo oltre 2 metri, sul quale si levava un fitto sistema di torrioni armati con mitragliatrici.

Nella parete esterna, infissi metallici sostenevano il filo spinato perennemente percorso da corrente ad alta tensione.

Un battaglione di S.S. provvedeva alla sorveglianza, con turni di sentinelle che percorrevano il muraglione da un torrione all'altro. Una seconda catena di sentinelle sorvegliava perennemente all’esterno, e infine un fitto sistema di bunker e garitte tutto intorno alla collina garantiva il controllo della zona circostante.

Il quarto lato della fortezza (privo di muraglione perché i tedeschi non fecero in tempo a costruirlo) era protetto da un fittissimo reticolato percorso da corrente ad alta tensione. Su quei fili centinaia di deportati posero fine volontariamente alla loro insopportabile prigionia e molti altri furono costretti a morire per ordine delle S.S. e dei kapò.

Dal tramonto all’alba la fortezza era illuminata da un sistema di riflettori che non lasciavano alcun angolo buio.

AH’interno la fortezza era divisa in 3 campi.

Campo 1: entrando dal grande portale d’ingresso vi era l’ampia Appellplatz (piazzale dell’appello), delimitata a destra dai fabbricati adibiti ai servizi e a sinistra da 20 baracche di legno allineate in quattro file di cinque.

Nella prima baracca, adibita alla amministrazione del lager, vi era lo schedario generale dei deportati presenti, aggiornato con gli arrivi, le partenze e le morti. Attraverso tale schedario venivano organizzate le squadre par i lavori alla cava e i trasferimenti nei kommandos dipendenti. Nella stessa baracca vi era il postribolo, riservato alle S.S. e ai kapò (questi ultimi venivano ammessi con un buonopremio).[...]

[...]zale dell’appello), delimitata a destra dai fabbricati adibiti ai servizi e a sinistra da 20 baracche di legno allineate in quattro file di cinque.

Nella prima baracca, adibita alla amministrazione del lager, vi era lo schedario generale dei deportati presenti, aggiornato con gli arrivi, le partenze e le morti. Attraverso tale schedario venivano organizzate le squadre par i lavori alla cava e i trasferimenti nei kommandos dipendenti. Nella stessa baracca vi era il postribolo, riservato alle S.S. e ai kapò (questi ultimi venivano ammessi con un buonopremio).

Nelle baracche dalla seconda alla diciottesima alloggiavano i deportati utilizzati per i servizi del lager e per i kommandos di lavoro alla cava e negli immediati dintorni.

Le ultime due baracche del campo 1, contrassegnate dai numeri 19 e 20, erano isolate da un muro. Nei primi anni esse costituivano il reparto quarantena; poi, nel 1944, vi vennero rinchiusi gruppi di deportati condannati a morire d’inedia nel giro di 1015 giorni.

Durante il 1944 la baracca n. 19 venne anche adibita dai tedeschi a tipografia per la fabbricazione di dollari e sterline falsi. Vi furono pertanto isolati numerosi detenuti tipografi, litografi e persino falsari appositamente trasferiti a Mauthausen da carceri e lager di tutta la Germania.

Campi 2 e 3: a ogni campo, isolato da un muro di cinta sorvegliato, si accedeva dall’Appellplatz. In ognuno vi erano 5 baracche numerate, rispettivamente,[...]

[...] nel Revier (infermeria) erano costantemente presenti dai 15.000 ai 25.000 deportati.

Nel mese di aprile 1945, quando il Comando del lager si apprestò a iniziare lo sterminio totale dei deportati, mandò nella camera a gas quelli appositamente isolati nel campo 3. Furono così gasati circa 1.500 uomini, mentre altri 500 morirono di fame e di tifo esantematico.

Nel dopoguerra il campo 2 fu trasformato in cimitero delle salme riesumate dalle fosse comuni.

Nel campo 1 i servizi erano così divisi:

Nel fabbricato A, denominato Cascherei (lavanderia), dove avveniva la spoliazione dei nuovi arrivati, si avevano le docce, il taglio dei capelli e la rasatura completa del corpo. Nello stesso fabbricato, al piano superiore, vi erano la sartoria, la lavanderia e la stireria, funzionanti per le S.S., i kapò e i Prominenten.

Il fabbricato B, denominato Kuche (cucina), costituiva la grande speranza di ogni deportato. Tutti aspiravano a esservi adibiti come sguatteri fissi o almeno a essere destinati anche una sola volta alla squadra che sbucciava le patate. I posti migliori erano occupati da deportati con il triangolo verde (tedeschi o austriaci pregiudicati per reati comuni), mentre i lavori più servili erano destinati a deportati politici austriaci e tedeschi, a qualche spagnolo e a qualche cecoslovacco.

Il fabbricato C, denominato Krematorium o Bunker, era costruito a due piani con le pietre della cava. Nel piano inferiore avvenivano l’uccisione e la cremazione dei deportati destinati a soppressione immediata. Esso era attrezzato con una camera a gas camuffata da sala [...]

[...]I posti migliori erano occupati da deportati con il triangolo verde (tedeschi o austriaci pregiudicati per reati comuni), mentre i lavori più servili erano destinati a deportati politici austriaci e tedeschi, a qualche spagnolo e a qualche cecoslovacco.

Il fabbricato C, denominato Krematorium o Bunker, era costruito a due piani con le pietre della cava. Nel piano inferiore avvenivano l’uccisione e la cremazione dei deportati destinati a soppressione immediata. Esso era attrezzato con una camera a gas camuffata da sala docce, sicché i nuovi arrivati, entrandovi, non sospettavano il destino che li aspettava. La morte avveniva in 15 minuti circa. Le S.S. e i kapò potevano controllare la loro opera attraverso uno spioncino di spesso cristallo inserito nella porta. Quando qualche personalità visitava il lager, il Comando offriva agli ospiti il tragico spettacolo, a conferma che nel lager tutto funzionava secondo le regole.

Squadre di cosiddetti seppellitori estraevano ogni giorno le salme dei morti dalle varie baracche e dal Revier, per accatastarle all’esterno di questo fabbricato, nel lato verso

l'Appellplatz. Da qui, lungo uno scivolo, le salme scendevano in uno stanzone chiamato Leichenhalle (camera mortuaria), in attesa di essere esaminate sul tavolaccio della Sezierhalle (sala anatomica) dove i cosiddetti « d[...]

[...]sitava il lager, il Comando offriva agli ospiti il tragico spettacolo, a conferma che nel lager tutto funzionava secondo le regole.

Squadre di cosiddetti seppellitori estraevano ogni giorno le salme dei morti dalle varie baracche e dal Revier, per accatastarle all’esterno di questo fabbricato, nel lato verso

l'Appellplatz. Da qui, lungo uno scivolo, le salme scendevano in uno stanzone chiamato Leichenhalle (camera mortuaria), in attesa di essere esaminate sul tavolaccio della Sezierhalle (sala anatomica) dove i cosiddetti « dentisti » estraevano ai cadaveri le eventuali protesi d’o

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Brano: L’aula del tribunale durante il processo Eichmann. L’imputato è in una gabbia di vetro di fronte ai giudici (Gerusalemme. apriledicembre 1961)

con ogni mezzo tecnico di impedire l’interferenza, i fascisti pensarono di far rispondere Appelius allo « spettro ». Si ebbe così un singolare dibattito radiofonico, che milioni di italiani .seguirono con interesse e con altrettanto divertimento per la figura che vi faceva l’oratore fascista.

Il 17.10.1941 Appelius, che si era ben preparato, esordì: « Lo spettro radiofonico abbaia ormai tutti i giorni per ore e ore, come quei cani lugubri e furiosi che nelle notti stellate abbaiano alla luna », proseguendo sullo stesso tono con tutti gli insulti del repertorio fascista contro il « traditore della Patria ».

«Siete voi fascisti che tradite l'Italia » — fece rilevare lo spettro.

Appelius: « Eccolo che latra. L’Italia è a Roma, non a Londra o a Mosca donde tu latri ».

Spettro: « Ci ritroveremo a Roma ». Appelius: « Sarà un’ora splendida per l'Italia, per la Germania, per l'Europa ».

Spettro: « Sei solo un ciarlatano al servizio delle cause perdute del fascismo. Intaschi i trenta denari di Giuda per ingannare gli italiani ».

Il dibattito non volgeva favorevolmente per la propaganda fascista e Mus[...]

[...]are lo spettro.

Appelius: « Eccolo che latra. L’Italia è a Roma, non a Londra o a Mosca donde tu latri ».

Spettro: « Ci ritroveremo a Roma ». Appelius: « Sarà un’ora splendida per l'Italia, per la Germania, per l'Europa ».

Spettro: « Sei solo un ciarlatano al servizio delle cause perdute del fascismo. Intaschi i trenta denari di Giuda per ingannare gli italiani ».

Il dibattito non volgeva favorevolmente per la propaganda fascista e Mussolini, che

10 seguiva con attenzione, a un certo morhento ordinò: « Basta con questi dialoghi, stiamo facendo il gioco dell'antifascismo », e dispose una nuova tattica, inventando un falso spettro.

11 18 ottobre, mentre si stava preparando la trasmissione truccata, Appelius non raccolse le interruzioni dello spettro e si limitò a dire: « La propaganda nemica diffonde alcune scemenze che non abbiamo alcun motivo di nascondere agli italiani. Ci incarichiamo noi stessi di ripeterle ». Ma la sera successiva i radioascoltatori assistettero a una ripresa del dialogo, questa volta con uno spettro stranamente sdoppiato: seguendo le istruzioni di Mussolini, i tecnici dell’E.I.A.R. avevano preparato un copione con domande e risposte che dovevano essere dette da un falso spettro, ossia da un attore imitante la voce di Polano. Il trucco era grossolano e venne immediatamente scoperto.

Di fronte al nuovo smacco Mussolini rinunciò ad altri progetti e si limitò a ordinare che la voce dello spettro venisse il più possibile disturbata con altre interferenze. Polano potè così continuare nelle sue trasmissioni serali fino alla liberazione di Roma (4.6.1944).

Eichmann, Adolf

N. a Solingen in Renania (Germania) il 19.3.1906, giustiziato a Gerusalemme il 31.5.1962. Obersturmbannfùhrer (tenente colonnello) delle S.S., fu uno dei dirigenti dell'apparato terroristico nazista, diretto collaboratore di Himmler (v.), cervello organizzativo della liquidazione degli ebrei (v.) nell’Europa occupata dai tedeschi.

Di modeste origini, elettrotecnico, trasferitosi in Austria ricoprì fino al 1933 piccoli impieghi privati. Nel

1932 aderì al partito nazista austriaco, entrando subito a far parte delle S.S.. Abbandonato l'impiego di

rappresentante della Vacuum Oil Company, dall’agosto 1933 entrò permanentemente nei ranghi delle

S.S., percorrendone la scala gerarchica. Passato successivamente in Germania, entrò nel Servizio informazioni delle S.S., presso il quale fu addetto sin dal 1936 aila Sezione speciale per gli affari ebraici; allo scopo di documentarsi, nel 1937 effettuò anche una breve visita in Palestina.

Dall’1.8.1938, dopo l’annessione dell’Austria alla Germania, fu inviato a Vienna per predisporre l’evacuazione degli ebrei austriaci e il sequestro dei loro beni. L’abilità con la quale seppe dirigere nella capitale austriaca il cosiddetto « Ufficio centrale per l’emigrazione ebraica» gli procurò fama di grande esperto e così, dopo l’occupazione della Cecoslovacchia, fu inviato a Praga con analogo incarico. Alla fine del 1939 fu chiamato a Berlino e nel gennaio 1940 passò a dirigere l’Ufficio per le questioni ebraiche presso la sede dei servizi di sicurezza del Reich [R.S.H.A.), sotto la direzione di Heydrich, a sua volta dipendente dal capo della polizia Himmler.

Con l'inizio della seconda guerra mondiale Eichmann divenne responsabile dell’ufficio IV B 4 in seno al R.S.H.A., destinato a dirigere dapprima i piani di segregazione nei ghetti, poi di deportazione e infine di sterminio fisico degli ebrei in tutti i paesi europei occupati dai tedeschi. Il 20.1.1942 partecipò alla famosa riunione del Wannsee, nella quale i capi nazisti decisero di passare alla « soluzione finale » della

questione ebraica mediant[...]

[...]ich, a sua volta dipendente dal capo della polizia Himmler.

Con l'inizio della seconda guerra mondiale Eichmann divenne responsabile dell’ufficio IV B 4 in seno al R.S.H.A., destinato a dirigere dapprima i piani di segregazione nei ghetti, poi di deportazione e infine di sterminio fisico degli ebrei in tutti i paesi europei occupati dai tedeschi. Il 20.1.1942 partecipò alla famosa riunione del Wannsee, nella quale i capi nazisti decisero di passare alla « soluzione finale » della

questione ebraica mediante l’uccisione in massa di tutti gli ebrei, e divenne quindi lo strumento esecutivo più efficiente, nella sua burocratica impassibilità, del piano nazista.

Cattura e processo

Nei giorni della disfatta tedesca Eichmann cercò di eclissarsi, travestito da caporale dell’aeronautica e sotto falsa identità. Fermato da una pattuglia americana, alla visita medica venne riconosciuto come ufficiale delle S.S., a causa del tatuaggio che aveva sotto l’ascella per indicare il gruppo sanguigno. Trasferito in un campo di prigionia riservato alle S.S., vi rimase — sempre sotto falsa identità — fino al gennaio 1946. Quando, celebrandosi il primo processo di Norimberga (v.), il suo nome figurò tra quello dei responsabili dei crimini di guerra, temette di essere riconosciuto. Con l’aiuto dell’organizzaziòne nazista clandestina e approfittando della debole sorveglianza americana lasciò il campo e potè facilmente portarsi nella Germania del Nord. Vi rimase circa 3 anni lavorando come boscaio

lo e alla fine del 1949, desideroso di riunirsi alla famiglia e di condurre vita più confortevole, decise di raggiungere l’Argentina, dove notoriamente gli ex nazisti trovavano buona accoglienza.

Aiutato dalla rete clandestina ODESSA [Organisation der S.S. Angehoerigen: Organizzazione degli appartenenti alle S.S.), nel maggio 1950 potè raggiungere Genova. [...]

[...]l’aiuto dell’organizzaziòne nazista clandestina e approfittando della debole sorveglianza americana lasciò il campo e potè facilmente portarsi nella Germania del Nord. Vi rimase circa 3 anni lavorando come boscaio

lo e alla fine del 1949, desideroso di riunirsi alla famiglia e di condurre vita più confortevole, decise di raggiungere l’Argentina, dove notoriamente gli ex nazisti trovavano buona accoglienza.

Aiutato dalla rete clandestina ODESSA [Organisation der S.S. Angehoerigen: Organizzazione degli appartenenti alle S.S.), nel maggio 1950 potè raggiungere Genova. Qui, grazie all'aiuto di un padre francesca