Brano: [...]diziale che esprime diffidenza verso l’opera storica di Gramsci, cioè si dice : « qui si tratta di un pensatore politico, non di uno studioso di storia, le sue tesi sono tesi politiche ». Questa pregiudiziale fu già avanzata — come è noto — dal Croce e dall’Antoni e poi ebbe una formulazione un po’ più approfondita da parte dello Chabod, il quale precisò, in un saggio su Croce storico, che le tesi di Gramsci sulla mancata rivoluzione agraria nel Risorgimento e la critica che Gramsci fa ai democratici del Risorgimento di non avere or
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ga.nizza.to la rivoluzione agraria, sono le proiezione nel Risorgimento di un problema che in realtà era il problema di Gramsci, era un problema del 1920 e non del 1848 o del 1860.
Non voglio discutere sulla questione di ordine teoretico, cioè sul rapporto fra coscienza politica e coscienza storica, fra giudizio politico e giudizio storico, ma prima di tutto sarà invece da vedere se questa affermazione regge, cioè se veramente il problema della rivoluzione contadina non fosse già presente, non dico soltanto nelle cose, ma nella coscienza stessa degli uomini del Risorgimento.
In realtà, basta leggere la letteratura politica del Risorgimento, e soprattutto qu[...]
[...]ramsci, era un problema del 1920 e non del 1848 o del 1860.
Non voglio discutere sulla questione di ordine teoretico, cioè sul rapporto fra coscienza politica e coscienza storica, fra giudizio politico e giudizio storico, ma prima di tutto sarà invece da vedere se questa affermazione regge, cioè se veramente il problema della rivoluzione contadina non fosse già presente, non dico soltanto nelle cose, ma nella coscienza stessa degli uomini del Risorgimento.
In realtà, basta leggere la letteratura politica del Risorgimento, e soprattutto quella immediatamente posteriore alla unificazione, per trovarvi larghissimamente sviluppata la critica al Risorgimento cosi come si è svolto, e per ritrovare nel pensiero stesso di questi protagonisti molti elementi che poi avranno sviluppo successivamente ed anche nel pensiero di Gramsci.
Faccio pochi esempi. Prendiamo uno fra i critici più intelligenti della società italiana appena unificata, un Leopoldo Franchetti, borghese, conservatore e cosciente di appartenere alla borghesia, che accusa e critica la borghesia alla quale egli sa di appartenere, quella borghesia — egli dice — che è diventata padrona dello Sta.o e dei Comuni, perché sfrutta, impoverisce il contadino meridionale, perché — per esempio — [...]
[...]e questa riserva: che in fondo le idee di Gramsci sono tesi politiche che si sovrappongono alla storia, anche se poi quando si va a vedere in concreto, stringi stringi, si può finire con l’essere d’accordo.
Perché rimane questa riserva, questa diffidenza, questa pregiudiziale negativa? Proprio perché non si è fatto lo sforzo di risalire a quelle che sono state le origini di queste idee di Gramsci; io credo che a quella letteratura critica del Risorgimento, a cui accennavo prima facendo rapidamente soltanto il nome di Leopoldo Francherai, si debba ricollegare Gramsci e che ci sia un tramite abbastanza evidente, che non è stato ancora sufficientemence messo in luce, attraverso il quale questo pensiero giunge fino a Gramsci; ed a me pare che questo tramite sia principalmente quello di Salvemini.
La ricerca sulle fonti italiane del pensiero di Gramsci è appena agli inizi. Si è insistito, e giustamente per una parte, sulla derivazione da Antonio Labriola. Io non ho nulla da eccepire su questo. Il giudizio di Gramsci su Labriola come il primo, in[...]
[...]di quelli di Marx sulla Francia del 1848 ».
È una testimonianza di grande interesse. Vi si trovano tre nomi: quello di Marx, quello di Labriola e quello di Cattaneo. Da Salvemini, dunque, siamo ricondotti da un lato a Labriola e a Marx; dall’altro, a Cattaneo. E il nome di Cattaneo ci invita a considerare l’opera di Gramsci, per un certo aspetto, come il punto di approdo di un filone di pensiero politico italiano, e di riflessione critica sul Risorgimento, che prende le mosse proprio da Cattaneo.
Come il prof. Garin ha ricordato stamane, oggi vi è una ripresa di studi su Cattaneo, una ripresa che non è certamente dettata soltanto daGastone Manacorda
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un interesse erudito; quindi quello che io sto dicendo potrebbe essere interpretato come un indulgere iad una moda. Perciò vorrei subito precisare che i riferimenti diretti di Gramsci a Cattaneo sono scarsissimi, non solo, ma ci sono alcune cose interessanti : ad esempio per due volte Gramsci cita l’edizione in volume de La città del Cattaneo della quaile egli aveva notizia, mi pare d[...]
[...]’48 : il giudizio sulla politica piemontese nel ’48, la questione dei rapporti fra Piemonte e Lombardia, la Lombardia più illuminata, più evoluta rispetto al Piemonte, ecc.; idee che poi sono rimaste molto vive anche nella storiografia recente, soprattutto nell’opera di Cesare Spellanzon.
Ma è chiaro che nello stabilire questa derivazione gramsciana, o meglio nel considerare il pensiero gramsciano anche come punto di approdo della critica del Risorgimento, non possiamo fermarci soltanto allesame dei rapporti diretti fra Cattaneo e Gramsci; oi occorre ricostruire la storia del formarsi di certe idee, del loro svolgersi e del loro confluire, poi, nei pensiero di Gramsci; quindi, una duplice ricerca che implica, fra l’altro, una biografia intellettuale di Gramsci, lo studio della sua formazione culturale e, quindi, anche delle sue letture negli anni giovanili, ecc.: cose tutte nelle quali siamo ancora ad uno stato prelucano.
Però, come dicevo prima, una derivazione chiara e più immediata ce, ed è quella da Salvemini. A Salvemini direttamente, [...]
[...]fra Nord e Sud, ma vi è lotta fra le masse del Sud ed i reazionari del Sud, vi è lotta fra le masse del Nord ed i reazionari del Nord, e soggiungeva che come i reazionari del Nord e del Sud si uniscono insieme petr opprimerle le masse del Nord e del Sud, cosi le masse delle due sezioni del nostro Paese avrebbero dovuto unirsi per sconfiggere « a fuochi incrociati » la reazione.
Se noi riflettiamo che a questo punto era pervenuta la critica al Risorgimento al principio del secolo, ci rendiamo conto come Gramsci, essendosi formato in questo clima, avendo maturato in questo clima e, credo, molto su queste letture, le sue idee sulla situazione italiana, fosse pervenuto nella disposizione di chi poteva accogliere l’idea leninista della alleanza fra operai e contadini; e, quindi, da un lato, tradurre efficacemente il leninismo in italiano, e dall’altro portare avanti la coscienza rivoluzionaria italiana su un piano più elevato nella situazione del dopoguerra.
Vorrei dire, in sostanza, che non è vero che la consapevolezza del problema contadino it[...]
[...], tradurre efficacemente il leninismo in italiano, e dall’altro portare avanti la coscienza rivoluzionaria italiana su un piano più elevato nella situazione del dopoguerra.
Vorrei dire, in sostanza, che non è vero che la consapevolezza del problema contadino italiano nasca soltanto nel primo dopoguerra, che il problema contadino giunga ad essere una realtà soltanto nel primo dopoguerra e che, quindi, Gramsci lo trasferisca arbitrariamente nel Risorgimento. Si avrebbe, secondo me, maggior ragione di. dire che laGastone Manacorda
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coscienza di questo problema culmina in Gramsci ed acquista in lui una maggiore forza e, quindi, una maggiore profondità. Perché culmina in Gramsci? Perché siamo nel momento (il primo dopoguerra, appunto) in cui di questo problema si vede e si formula già la possibile soluzione nella realtà. Ed allora, il momento in cui il contrasto sociale ereditato dal Risorgimento appare superabile nella realtà, il momento in cui si vedono già in atto le forze che possono superarlo, che possono creare un mondo diverso, questo è anche il momento in cui si raggiunge la comprensione storica dei termini reali di quel contrasto, cioè questo è il momento in cui si può effettivamente capire «come le cose sono effettivamente andate », il momento in cui si può capire la storia perché si può rifarla. Questo è il momento in cui non si è più tuffati nella polemica, ma il passaggio dal momento polemico, dal momento critico, che è ancora legato all’azione, al momento storiografico d[...]
[...]uel detto di Gramsci contiene implicita l’idea che il momento nel quale si passa dalla coscienza dei contemporanei a quella dei posteri, dal giudizio politico al giudizio storico, si realizza nella storia delle idee, soltanto in quanto nella storia dei fatti, appunto, si supera il passato, ci si differenzia dal passato. Ora, nel primo dopoguerra, noi siamo, non dico nel momento, ma in un momento importante della differenziazione dal passato, dal Risorgimento, dal processo di unificazione e di costruzione dello Stato unitario.
Nel pensiero di Gramsci il Risorgimento è visto nella profondità di una nuova prospettiva, e certi problemi vi prendono nuova luce, e certe idee che già erano vive nella coscienza dei contemporanei riemergono ed acquistano il vigore di una interpretazione storica mentre là avevano soltanto un valore polemico. Al principio del secolo jl cattaneiano Salvemini era ancora immerso ed impegnato nella battaglia, pe510
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r altro già perduta, del federalismo, cioè era ancora in una delle tante posizioni di ribellione contro lo Stato unitario (ce ne più di una, come è noto); mentre venti o venticinque anni dopo, dopo la p[...]
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r altro già perduta, del federalismo, cioè era ancora in una delle tante posizioni di ribellione contro lo Stato unitario (ce ne più di una, come è noto); mentre venti o venticinque anni dopo, dopo la prima guerra mondiale, ed ancora di più dopo l'avvento del fascismo, cioè in una situazione storica che consente e favorisce il distacco, il marxista Gramsci, nonostante il tono polemico di molte sue affermazioni anche riguardanti uomini del Risorgimento, non protesta, non condanna, ma constata, prende coscienza da un nuovo punto di vista di quel processo storico.
Tutti ricordano un ,ampio frammento dei Quaderni di Gramsci in polemica contro le cosiddette « interpretazioni » del Risorgimento, contro i « romanzi ideologici » che, per la loro tendenizosità, hanno soltanto — egli dice — un significato di carattere politico immediato ed ideologico e non un reale valore storico. Questa letteratura — egli dice — ha soltanto una importanza documentaria per i tempi di cui parla; nella storia — ad esempio — della polemica politica in Italia fra il 70 ed ili ’900 è chiaro che scrittori come Turiello e Mosca hanno il loro posto,, ma il loro pensiero non ha un effettivo contenuto storico.
Non entro nella sostanza della discussione, perché qui bisognerebbe distinguere fra i vari autori che[...]
[...]a prima volta sul piano della politica nazionale, delle forze proletarie) alla fine del secolo XIX. Viceversa, mi sembra che resista all’analisi storica, che del resto è appena iniziata, l’esame più profondo del sistema giolittiano e delle alleanze di classe sulle quali esso poggia, come è delineato nelle Note sulla questione meridionale e ripreso in parte nei Quaderni.
Il discorso, invece, che si deve fare sui temi più strettamente legati al Risorgimento è un po’ diverso. La recente discussione suscitata dallo scritto di Romeo ha messo in luce che la realtà, la fondatezza, la concretezza storica di certi temi gramsciani non può più essere disconosciuta. Vorrei soltanto aggiungere, a questo proposito, per l’esatto intendimento del pensiero gramsciano, che il problema contadino del Risorgimento in Gramsci è solo un aspetto del problema più generale che Gramsci imposta, che è quello della direzione politica e delle forze rivoluzionarie sulle quali potevano fare assegnamento i partiti del Risorgimento. Dico questo, perché isolando il problema contadino e mostrandolo come centrale nel pensiero di Gramsci si rischia di dimenticare la complessità ed anche l’ampiezza della sua visione storica. Ad esempio, io ho letto con stupore che si accusi Gramsci di non avere tenuto conto deHa situazione internazionale e quindi della impossibilità di una rivoluzione agraria italiana nell’Europa del 1848 che non era la Francia del 1789. Ma questo, in Gramsci, è detto e ripetuto più di una volta, e stupisce che studiosi anche autorevoli dicano che questo aspetto nei Quaderni è trascurato, mentre c’è ad ogni [...]
[...] situazione internazionale e quindi della impossibilità di una rivoluzione agraria italiana nell’Europa del 1848 che non era la Francia del 1789. Ma questo, in Gramsci, è detto e ripetuto più di una volta, e stupisce che studiosi anche autorevoli dicano che questo aspetto nei Quaderni è trascurato, mentre c’è ad ogni pagina; ed io vi risparmio le citazioni, meno una che mi pare le riassuma un po’ tutte, là dove Gramsci dice testualmente che « Il Risorgimento è svolgimento storico contradditorio e complesso che risulta integrato da tutti i suoi elementi antitetici, dai suoi protagonisti e dai suoi antagonisti, dalle loro lotte, dalle modificazioni reciproche che le lotte stesse determinano ed anche dalla funzione delle forze passive e latenti come le grandi masse agricole, oltre, naturalmente, la funzione eminente dei rapporti internazionali ».512
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Certo, se si isolano talune affermazioni di Gramsci come quella che « l’azione sui contadini era sempre possibile », si può aprire la discussione : che valore ha affermare una possi[...]