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ANTEPRIMA MULTIMEDIALI

Il segmento testuale Resta è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 27Analitici , di cui in selezione 3 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Franco Lucentini, La porta in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]e ».
Nel secondo cortile c'era quella porta sola, e i muri erano senza finestre. C'erano solo, uno per piano, dei finestrini che dovevano essere quelli dei cessi.
« L'ho affittata come magazzino » disse, cercando le chiavi nella borsetta. « Ho pagato tutto anticipato. Credi che verranno mai a scocciare? ».
« E che ne sanno che ci stai tu dentro? » dissi.
La porta era di legno erto, ferrata. Mia sorella richiuse a chiave e mise il catenaccio. Restammo nel buio sull'orlo della scala.
«Non c'è luce? » dissi.
« No » disse Adriana. « Giú ci ho un lume a petrolio, ma per la scala a che servirebbe? Accendi un fiammifero ».
La scala andava giù dritta per una ventina di scalini, poi voltava a sinistra. Dovemmo accendere una dozzina di fiammiferi prima di arrivare in fondo.
«Che ti pare?» disse mia sorella quando stemmo sull'ultimo gradino.
La cantina s'allungava davanti a noi tra due muri alti, imbiancati a calce, contro i quali era sistemata una quantità di casse. In fondo, dietro un grande tavolo messo di traversa, si vedevano confusamen[...]

[...]Lei ripose coltello e apriscatole, poi si mise a sedere sul letto. Io la guardavo continuamente. Sapevo che se ne sarebbe accorta, ma le tenni lo stesso gli occhi sulle mani, attento a tutto quello che faceva.
« Puoi guardare sotto il cuscino » disse sconsolata. « Non c'é nessuna rivoltella ».
« Tu lo sai la vita che faccio » dissi. « Lo sai di che cos 'é che ho sempre paura. Mi dovresti capire ».
YU' FRANCO LUCENTINI
« Ti capisco » disse.
Restammo zitti per un pezzo, pensando ognuno per conto suo. Io stavo appoggiato. all'orlo del. tavolo, di fronte a lei.
Lei adesso pareva molto stanca. Si aggiustò il cuscino dietro la testa e si sdraiò.
« Prendimi le sigarette, nella borsa » disse.
Le presi le sigarette, tornai ad appoggiarmi al tavolo.
Fumò senza parlare. Restò a guardare il soffitto.
« Tu lo sai il sentimento che ci ho per .te » disse.
« Si » dissi. « Non é una cosa nuova ».
E non è solo_ quello » disse. c< Ci sono altre cose, che sento. Un mucchio di cose, non ti saprei dire precisamente. Se fosse diverso, se fosse una v[...]

[...], tra gli ultimi sospiri e le lenzuola spie
gazzate, col sudore addosso freddato.
« No » dissi.
« Non avere paura » disse.
« No. Di che? ».
« Che io adesso mi credo... pretendo... ».
« Non ho paura » dissi.
« Vuoi andare via subito? ».
« Non lo so ».
S'era aspettata quella risposta, ma incassò male lo stesso. La sentii
che s'aggrappava alla coperta, all'improvviso. Poi restò ferma, supina.
« Tu lo capisci » disse, « che io adesso devo restare qui? E chia
ro... adesso? ».
« Non lo so » dissi.
«Tu che farai? ».
« Ma, il solito, credo ».
Restammo un'altra volta in silenzio, a lungo. Il lume si spese del
tutto.
LA PORTA 97
Ricominciò a parlare, ma non parlava a me.
« Non avrò paura subito » disse. « Adesso ci avrò questo da pensare. Per parecchio tempo. Dopo comincerò a stare sveglia, a guardare la porta, il buio dietro la porta, aspettando. Ma non é come t'ho detto. Forse non è come t'ho detto. Non so che cosa aspetto. Ma aspetto che tutto questo si rompa. Qualunque cosa. Un urlo, una crepa, qualche cosa. Qualcuno. Una crepa, alla fine una crepa della terra, lá sotto. È tutta la vita, tutti questi anni, che l'aspetto. Ma fuori [...]

[...]. Una crepa, alla fine una crepa della terra, lá sotto. È tutta la vita, tutti questi anni, che l'aspetto. Ma fuori non c'è tempo di starci a pensare, no? Fuori ci abbiamo il tempo di farci delle speranze, alte speranze, e allora si ricomincia, non succede niente. Non si arriva mai avanti abbastanza, fuori... Ci abbiamo sempre qualche bella pensata, qualche bella consolazione, e allora non ci abbiamo piú voglia abbastanza di uscire, eh? La porta resta chiusa ».
« Resta chiusa » ripeté. « Se c'è qualcuno, di lá, non entra ».
«Tu credi che c'é qualcuno, di lá? ».
« Credo... Non lo so » disse. « Ci può essere. Ci dovrebbe essere. Mi sento che ci dovrebbe essere. Un'uscita... ci dovrebbe essere. Se no... ». «Perché, se no? ».
« Ah, dio » disse, « se no... ».
«Se no? ».
« Ma é perché nessuno ci ha coraggio » strillò. « Perché nessuno... nemmeno tu. Se credete che non c'è nessuno, perché non ci andate a guardare? Tutto sarebbe meglio, no? Sempre meglio di questi porci, di questa porcheria. O no? ».
« Non lo so » dissi.
« Ma se c'è... » disse. «Può essere c[...]

[...]n'altra pieta non c'era posto. Ci fu solo un momento, all'ultimo, mentre stava per richiudere la porta. Pensai a tutto il tempo di paura che l'aspettava, fino a quando sarebbe scesa per la scala di legno, per riprendere la chiave... E poi a quando sarebbe risalita, a quando si sarebbe ritrovata un'altra volta nella luce grigia di sopra, come adesso mi trovavo io... Volevo prenderla per la mano, dire, ma non mi mossi. Davanti alla porta richiusa, restai a sentire i passi . che scendevano.
Tornai al Caffè Notturno. Ma anche gli altri caffè, ormai, stavano aprendo.
« Mi fa un caffè doppio » dissi.
a Corretto? »..
LA PORTA
99

« Si » dissi. « Mistrá ».
C'era un tizio, all'altro capo del banco, che mi guardava. Mi venne
vicino, mettendosi tra me e la porta.
«A te non ti avevamo detto di sgombrare?» disse.
Ci avevo talmente sonno che non capii subito.
« A me? » dissi. « Ma tu chi sei, che vai cercando? ».
« Andiamo » disse, prendendomi per un braccio.
Al barista disse: «A questo, il caffè glie lo diamo noi! ».
In Questura mi[...]

[...]re perdere tempo » disse. « Ti abbiamo rimpatriato
due mesi fa, ti abbiamo diffidato a tornare. Allora? ».
« Ma io la famiglia ce l'ho qui » dissi.
«E la residenza pure ce l'hai qui? ».
« Ho fatto domanda » dissi.
« Beh » disse, « se non ci hai altro da dire, adesso ti prendi un
mese e poi ti rimpatriamo un'altra volta. Dopo, se ci vuoi provare a
tornare, sempre a disposizione ».
Si voltò al poliziotto che m'aveva accompagnato.
« Questo resta a disposizione per gli accertamenti » disse.
Gli accertamenti cominciarono il pomeriggio; li faceva un com
missariocapo.
« Tu lo sai che stanotte hanno ammazzato uno? » disse.
M'ero immaginato una cosa del genere; se no, non ci avrebbero
sprecato un commissariocapo.
« Tutte le notti ammazzano qualcuno » dissi.
« Stai attento a come rispondi » disse. « Dunque, di quello di sta
notte tu ne dovresti sapere qualche cosa, lo dovresti almeno conoscere,
perché era un pederasta conosciuto ».
«Perché? » dissi. «Adesso sto pure sulla lista dei pederasti? ».
«Sulla lista delle persone per ben[...]

[...] FRANCO LUCENTINI
finché ci aveva ancora le guardie a portata di mano. Ma era troppo stupido anche per quello.
Il giorno dopo però trovarono un pretesto. Fu quello distinto, a trovarlo. Chiamò la guardia di nascosto e gli fece vedere che tenevo in mano uno dei pioli per attaccare i panni. Disse che l'avevo staccato dal muro per tirarglielo. Io l'avevo staccato per romperci certo pane secco che m'era rimasto dei giorni prima.
Alla punizione ci restai una decina di giorni e poi mi dovettero passare all'infermeria. Quando tornai al Braccio i due politici non c'erano piú; forse Sua Maestà s'era interessata. C'era uno per truffa e un altro per accertamenti. Quello per truffa ci aveva i parenti che gli portavano da mangiare e ci aveva pure parecchi soldi sul libretto. Quando veniva lo spesino, la mattina, ordinava una quantità di roba, ma non ci dette mai niente. Quell'altro mi faceva un mucchio di domande e dopo qualche giorno andò via. Credo che gli accertamenti non li dovevano fare a lui, ma che lui era venuto a farli a me.
Io ci avevo an[...]

[...]« Stai zitta » dissi a mia madre. « Non ti fare sentire. Non si deve sapere che sto qui ».
« Che hai fatto? » disse.
«Sai niente di Adriana? » dissi.
« No » disse. « Non s'è fatta più vedere. Tu che hai fatto? ». «Non é arrivata una lettera mia per Adriana? » dissi.
« No » disse. « Ma perché ti cercano, che hai fatto? ».
« Niente » dissi, « é per quella faccenda della residenza. Per adesso resto qui, ma bisogna stare attenti al portiere ».
Restai a letto una settimana, per vedere di farmi passare la febbre. Ogni volta che suonavano il campanello saltavo. Non avevo paura che fossero i poliziotti, pensavo che poteva essere Adriana. Perché poi la cosa, adesso, non era più così spirituale come s'era messa al principio. Adesso me la sognavo, la notte, che ci stavo a letto. Il giorno ci ripensavo. Tutto il giorno e la notte, alla fine, ci stavo a pensare. Ma c'erano di mezzo quelle due porte chiuse. Poi, non sapevo nemmeno se lei stesse ancora là dentro. Poteva essere che se ne fosse andata, senza tornare .a casa. Poteva essere capitata qu[...]

[...]gazza in grembiule, senza ombrello e corse rasente al muro fino alla macelleria. Aveva cominciato a piovere così forte che le gocce rimbalzavano dentro al portone; mi tirai più indietro. Attraverso l'acqua, il negozio di fronte non si vedeva quasi piú, la ragazza stava sulla porta
106 FRANCO LUCENTINI
aspettando che la pioggia rallentasse. Poi traversò la strada di corsa, infilò a testa bassa il portone, si fermò di colpo.
« Sei tu! » disse.
Restai a guardarla nel buio del portone, senza potere parlare. Pareva dimagrita e ci aveva tutti i capelli bagnati, incollati alla faccia.
« Sei tu » disse. « Come stai? Franco. Che... Come stai, tu? Franco? Eh... Bene. Io... Franco ».
Portava un grembiule bianco legato sul davanti, macchiato, con una blusetta stinta. Teneva in mano un pacchetto involtato in carta di giornale.
«Franco, Franco » diceva. « Franco ».
Mi prese un braccio e lo stringeva forte, tirando la manica. Inghiottivo e non potevo parlare. Le carezzai la mano che teneva il pacchetto, fredda e bagnata, le aggiustai la manica de[...]

[...]re che voltai per l'Argentina e andai verso il fiume. Poi tornai indietro e non so dove
110 FRANCO LUCENTINI
andai, fino quasi alla mattina. Al primo caffè che trovai aperto entrai, chiesi un caffè doppio.
Mi accorsi che era il Caffè Notturno quando vidi quello appoggiato al banco che si alzava e mi veniva incontro.
« A questo, il caffè glie lo diamo noi » disse.
Quella notte non pare che avessero ammazzato nessuno, perché al carcere non ci restai nemmeno due mesi. Dopo però mi dovettero mettere all'ospedale per un altro po' di tempo e ci ebbi maniera di mandare avanti la domanda per la residenza, con certi soldi che m'aveva trovato mia madre.
Quando tornai da Adriana la cantina era piena di gente. Stavano seduti sulle casse svuotate o per terra, appoggiati al muro. Il prete e il dottor Micheli, con altri due, stavano al tavolino e pareva che ci avessero fatto una specie di ufficio. Mia sorella stava seduta pure lei sopra una cassa, con due americani. La strappai dalla cassa e andai dritto dal prete, tenendola per un braccio.
« Che [...]

[...]esidenza » dissi, « non vi credete di mettermi paura. Sulla lista di quelli da rimpatriare non ci sto più».
« Sulla lista delle persone per bene » disse alzandosi e allungandomi due schiaffi, « ancora "non ci stai ».
Adriana approfittò dello scatto che feci e tirò via la mano, corse dall'altra parte della cantina. Altri due mi tennero per le spalle e il dottor Micheli, che s'era alzato un'altra volta per scappare, si rimise a sedere.
« Questo resta a disposizione per gli accertamenti » disse il commissario a quelli che mi tenevano.
Disse il prete: «Sia indulgente, sa, signor Commissario. Se é per quello che ha fatto a me, che per poco mi strozzava, e credo che l'intenzione di strozzarmi veramente ci fosse, gli perdono di cuore. Quanti mai, sapesse, anche tra i più sciagurati, come questo, avrebbero diritto più alla nostra compassione che alla nostra giustizia! ».
« Ma in questo modo » disse il dottor Micheli, « lei, Padre, viene a giustificare i delinquenti! ».
« Ah, no certo, caro dottore » disse il prete. «In questo modo, io vorrei[...]



da Natalia Ginzburg, Le piccole virtù in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...]ime polveri d'un crollo subitaneo e mortale. I ragazzi di simili famiglie non di rado vanno a scuola con abiti consumati e scarpe logore e debbono sospirare a lungo, a volte invano, per una bicicletta o per una macchina fotografica, oggetti che alcuni loro compagni certo piú poveri posseggono da tempo. E quando poi gli viene regalata la bicicletta che desiderano, il regalo é però accompagnato dalla severa raccomandazione di non sciupare, di non prestare a nessuno un oggetto così di lusso, e che é costato tanto denaro. I richiami all'economia, in casa, sono perenni e insistenti: c'è l'ordine di comprare i libri di scuola usati, i quaderni allo Standard. Questo avviene in parte perché i ricchi spesso sono avari, e perché si credono poveri; ma soprattutto perché le madri, nelle famiglie ricche, piú o meno inconsapevolmente, hanno timore delle conseguenze del denaro e cercano di proteggerne i figli foggiandogli attorno una finzione di abitudini semplici, perfino avvezzandoli a piccole privazioni. Ma non c'é sbaglio peggiore che far vivere un r[...]

[...]icitamente il principio — falso — che il denaro è il coronamento d'una fatica e il suo termine ultimo. Invece il denaro dovrebbe essere concepito come il salario d'una fatica: non il suo termine ultimo, ma il suo salario, cioè il suo legittimo credito: ed è evidente che le fatiche scolastiche dei ragazzi non possono avere un salario. E un errore minore — ma è un errore — offrire denaro ai figli in cambio di piccoli servizi domestici, di piccole prestazioni. È un errore perché noi non siamo, per i nostri figli, dei datori di lavoro: il denaro familiare è altrettanto loro quanta nostro: quei piccoli servizi, quelle piccole prestazioni dovrebbero essere senza compenso, volontaria collaborazione alla vita familiare. E in genere, credo si debba andare molto cauti nel promettere e somministrare premi e punizioni. Perché la vita raramente avrà premi e punizioni: di solito i sacrifici non hanno alcun premio, e sovente le cattive azioni non sono punite, ma anzi a volte lautamente retribuite in successo e denaro. Perciò è meglio che i nostri figli sappiano fin dall'infanzia, che il bene non riceve ricompensa, e il male non riceve castigo: e a questo non è possibile dare nessuna logica spiegazione.
Al rendimento scolastico de[...]

[...]ma anzi a volte lautamente retribuite in successo e denaro. Perciò è meglio che i nostri figli sappiano fin dall'infanzia, che il bene non riceve ricompensa, e il male non riceve castigo: e a questo non è possibile dare nessuna logica spiegazione.
Al rendimento scolastico dei nostri figli siamo soliti dare una importanza che è_ del tutto infondata. E anche questo non è se non rispetto per la piccola virtù del successo. Dovrebbe bastarci che non restassero troppo indietro agli altri, che non si facessero bocciare agli esami; ma noi non ci accontentiamo di questo; vogliamo, da loro, il successo, vogliamo che diano delle soddisfazioni al nostro orgoglio. Se vanno male a scuola, o semplicemente non così bene come noi pretendiamo, subito innalziamo fra loro e noi la barriera del malcontento costante; prendiamo con loro il tono di voce imbronciato e piagnucoloso di chi lamenta una offesa. Allora i nostri figli, tediati, s'allontanano da noi. Oppure li assecondiamo nelle
LE PICCOLE VIRTli 9
loro proteste contra i maestri che non li hanno capit[...]

[...]panico dell'insuc
10 NATALIA GINZBURG
cesso. I nostri rimproveri debbono essere come raffiche di vento o di temporale: violenti, ma subito dimenticati; nulla che possa oscurare la natura dei nostri rapporti coi nostri figli, intorbidirne la limpidità e la pace. I nostri figli, noi siamo là per consolarli, se un insuccesso li ha addolorati; siamo là per fargli coraggio, se un insuccesso li ha mortificati. Siamo anche là per fargli abbassare la cresta, se un successo li ha insuperbiti. Siamo là per ridurre la scuola nei suoi umili ed angusti confini; nulla che possa ipotecare il futuro; una semplice offerta di strumenti, fra i quali forse é possibile sceglierne uno di cui giovarsi domani.
Quello che deve starci a cuore, nell'educazione, è che nei nostri figli non venga mai meno l'amore alla vita. Esso può prendere diverse forme, e a volte un ragazzo svogliato, solitario e schivo non é senza amore per la vita, né oppresso dalla paura di vivere, ma semplicemente in stato di attesa, intento a preparare se stesso alla propria vocazione. E che[...]

[...] uscivo dopo
cena, mi era gravosa l'immancabile istruttoria : « dove vai... con chi vai... ma se sei uscito ieri sera... chi svolge il tuo lavoro non può fare vita di mondo ».
Così per dieci anni. Quando poi ebbi toccato i quaranta, mia madre decise per me il matrimonio. Cominciò ad accennarvi vagamente; poi prese a portarmi esempi di amici cari che adesso godevano di figli,
di affetti. Finalmente, adottò una specie martellante di lamento: le restavano pochi anni di vita, ripeteva a non finire, e non sarebbe morta contenta a sapermi « solo come un cane ». Inoltre, si rifaceva in continuazione a parenti o conoscenti « finiti in mano alla serva », o a casi di scapoli in un modo o nell'altro caduti e svergognati; ricordandomi i miei anni, e rinfacciandomi il mio temperamento portato ai comodi, ai sentimenti domestici.
Io, su questo punto, anche se dolendomene, ero assolutamente deciso a non obbedirle. Non volevo cambiare bruscamente la mia vita e mettermi a vivere con una donna; né volevo rinunziare alle mie abitudini, belle o brutte che [...]

[...]l padre. Hanno impulsi vitali scarsi, e un sesso debole ed evanescente, cui sempre antepongono il lavoro. Vi vedevo di comune con me l'amore della carriera, e ogni tanto vi scoprivo nel fondo la stessa rabbia, piccola ed isterica, che mi sale fino alla bocca quando in ufficio i sottufficiali mi fanno arrabbiare e vorrei spezzare.
La ragazza entrava verso le quattro, entrava subito in salotto e si metteva a parlare a bassa voce con mia madre. Io restavo nello studio, e mi pareva sempre di sentire, nelle parole che dal chiacchiericcio affannato mi arrivavano, una somiglianza fonetica col mio nome, o col mio titolo di « dottore », o con la mia qualifica di « commissario ». Appena Giuseppina aveva portato il té, mia madre mi chiamava e mi faceva sedere accanto alla ragazza. Poi finiva svelta la sua tazza e con un pretesto se ne andava.
Io cercavo argomenti; ma finivo sempre, balbettando un po', col parlare di cinematografo. La ragazza trinciava qualche giudizio su questa o quella attrice; poi passava a parlare del suo lavoro, o a farmi doman[...]

[...]ioli grassi, o giocando con le posate, Wanda mi ha detto che si sentiva tanto sola: il padre era morto, la madre s'era messa a vivere con un rigattiere, e lei viveva in una stanza ammobiliata. Adesso poi aveva perso anche il fidanzato, per la rissa. Costui, che si chiamava Lucio, sosteneva che lei s'era accorta di quei toccamenti e aveva lasciato correre. « Ho capito che donna sei » le aveva detto appena erano scesi dal tram, poco prima che lo arrestassero; le aveva dato due schiaffi e le aveva strillato « non ti voglio più vedere ». « Io invece non me n'ero accorta » ha continuato Wanda; «credevo che quello non lo facesse apposta, il tram era pieno e stavamo stretti ». Lei gli voleva bene ma era stanca. Lui faceva una brutta vita e non dava affidamento: una condanna a tre mesi per un'altra rissa, una condanna a sei mesi per atti osceni in un giardino pubblico, un'assoluzione per insufficienza di prove in un processo per truffa. Faceva il commesso in un negozio di pezzi di ricambio per automobili.
L'ho interrotta per chiederle perché non [...]

[...]da e ho chiamato il cameriere per pagare.
Siamo usciti e siamo saliti nella macchina. « Ti accompagno a casa » le ho detto.
Abitava in un brutto palazzo di via Famagosta. È scesa appena io mi sono fermato e senza salutarmi s'è avviata verso il portone. Dopo qualche passo è tornata indietro, mi ha dato la mano di sfuggita e se n'è andata senza parlare.
Nei giorni successivi sono andato a prenderla tutte le sere. Andavamo in strade solitarie, e restavamo nella macchina. Generalmente parlavamo poco. Mentre eravamo fermi una luce temperata passava per i finestrini, la pelle del viso di Wanda si faceva piú scura, mi prendevano desideri pazzi che ora non so dire, ma anche pensavo che mi sarebbe piaciuto proteggerla.
Una sera che il temporale batteva sul tetto della macchina, e Wanda era più che mai abbandonata per tutto il sedile, obliqua e distorta, il suo corpo da statua mi ha emozionato. Aveva la bocca piú rossa del solito, la lingua smagliante spesso si affacciava tra le labbra per inumidirle, i tratti del viso le si erano induriti. Le h[...]

[...]esta convivenza. Certo, Wan
125
AVVENTURA DI UN COMMISSARIO

da aveva mostrato le cosce a Porzio con intenzione, quel giorno, e una telefonata non sarebbe stata poi tanto strana; ma era da stabilire, in questo caso, quale convenienza Wanda potesse trovare nella tresca: Porzio, sposato e con tre figli, non poteva offrirle niente; quindi bisognava ammettere che Wanda rischiasse tutto quanto per un capriccio. Ora, per quanto Porzio fosse prestante, aveva pur sempre quarantasette anni, e l'ipotesi si reggeva male. Perciò, forse era stata mia madre a parlare al telefono con lui. In quel caso Porzio restava una persona d'onore, ed io non avrei ecceduto da una sfuriata. Però — mi sono riscosso — al telefono poteva anche essere un'amica di Porzio, alla quale lui aveva dato del lei a causa del mio ingresso nella stanza; o addirittura una donna qualsiasi che gli avesse telefonato per motivi d'ufficio: una parente di un « fermato » per avere notizie, un'affittacamere o una negoziante per pratiche relative alla licenza. Ma in questo caso perché Porzio avrebbe salutato la donna tosi affrettatamente? Poteva chiudere la telefonata in un modo limpido! E se fosse stata proprio Wanda? Se si fosse camuffat[...]

[...]nel pozzo. Ma il ritorno avrebbe dovuto essere di specie morale: voglio dire che in questo caso avrei dovuto lasciar decidere a mia madre tutta la mia vita. Avrei dovuto scegliere una moglie fra le scimmie sue amiche, imbarcarmi in un viaggio di nozze. disporre un apparato domestico acconcio alla nuova condizione, sostenere lugubri visite domenicali, rispettare obblighi e doveri. Tanto valeva, allora, continuare a far perno sulla vita con Wanda, restare al cimento del concubinaggio, per tentare ancora una qualche riscossa.
La sera, ho mostrato a Wanda la lettera. Lei, che stava lavando le mie camicie, s'é subito asciugata le mani e l'ha letta con molta attenzione. « Decidi tu » ha sorriso dopo. Io ho ostentato serenità, e ho ribattuto che non avevo niente da decidere: ero andato via di casa, e basta. Casomai avrei visto — ho aggiunto — di rimettermi con mia madre in rapporti normali. K Fai bene » ha detto lei, e mi ha restituito la lettera. Poi, fat
AVVENTURA DI UN COMMISSARIO 127
tasi improvvisamente seria : « Ma senti un po' » ha sogg[...]

[...]estra, e guardavo alcuni gatti che giocavano e rischiavano continuamente di essere investiti dalle automobili. Alle undici ha squillato il telefono. Era mia madre.
« Nicola, vai subito a casa tua » ha detto senza convenevoli.
« Perché? » ho risposto assai stupito.
« Vai a casa tua, subito... Avrai una sorpresa ».
« Che ne sai tu, di casa mia ? » ho strillato.
« Devi andare a casa tua, subito » ha ripetuto.
« Ma perché, si può sapere? ».
« Resta col dubbio, se vuoi » ha detto mia madre, ed ha interrotto la comunicazione.
Ho cercato di Porzio per dirgli che mi allontanavo, ma non l'ho trovato. Sono sceso precipitosamente, e sono salito su una camionetta. Ho detto all'agente di correre. Al portone di casa mia l'ho mandato via, e sono corso sù.
Ho aperto la porta di colpo, e ho sentito delle voci sommesse che venivano dal soggiorno. Vi sono entrato, e ho trovato Wanda ed un uomo seduti sul divano, che si abbracciavano. Lei era in sottoveste, lui in camicia. Con lo stesso colpo d'occhio ho visto sul divano anche il vestito di Wanda, a [...]

[...] sputato nella strada. Poi sono sceso dalla macchina, e ho raggiunto il bar più vicino. Ho bevuto un aperitivo, e subito dopo un cognac. Ho telefonato a casa mia, ma non mi ha risposto nessuno. Wanda aveva sloggiato, oppure preferiva non rispondere. Sono tornato alla macchina, e ho fatto un paio di giri in quei pressi. Se quelli della questura centrale fossero venuti a conoscenza del fatto, lo avrebbero deformato, ingigantito.
Sono andato in un restaurant di via Frattina. Alla frutta il cameriere, che mi conosceva, mi ha chiesto se potevo interessarmi presso la prefettura per il ricovero di un bambino suo nipote. Gli ho detto di si, e lui mi ha dato un foglio con gli estremi. Poi sono uscito, e sono andato in ufficio.
Non ho trovato nessuno. Mi sono addormentato al mio tavolo, con la testa fra le braccia.
Mi sono svegliato che erano le quattro e mezzo. Mi sono lavato, e
AVVENTURA DI UN COMMISSARIO 129
mi sono sentito meglio. Ho vinto il fastidio di dovermi rimettere sulla scena della vicenda, e ho chiamato Porzio.
« Sei stato tu a so[...]



da Raffaele Crivaro, Avventura di un commissario in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...] uscivo dopo
cena, mi era gravosa l'immancabile istruttoria : « dove vai... con chi vai... ma se sei uscito ieri sera... chi svolge il tuo lavoro non può fare vita di mondo ».
Così per dieci anni. Quando poi ebbi toccato i quaranta, mia madre decise per me il matrimonio. Cominciò ad accennarvi vagamente; poi prese a portarmi esempi di amici cari che adesso godevano di figli,
di affetti. Finalmente, adottò una specie martellante di lamento: le restavano pochi anni di vita, ripeteva a non finire, e non sarebbe morta contenta a sapermi « solo come un cane ». Inoltre, si rifaceva in continuazione a parenti o conoscenti « finiti in mano alla serva », o a casi di scapoli in un modo o nell'altro caduti e svergognati; ricordandomi i miei anni, e rinfacciandomi il mio temperamento portato ai comodi, ai sentimenti domestici.
Io, su questo punto, anche se dolendomene, ero assolutamente deciso a non obbedirle. Non volevo cambiare bruscamente la mia vita e mettermi a vivere con una donna; né volevo rinunziare alle mie abitudini, belle o brutte che [...]

[...]l padre. Hanno impulsi vitali scarsi, e un sesso debole ed evanescente, cui sempre antepongono il lavoro. Vi vedevo di comune con me l'amore della carriera, e ogni tanto vi scoprivo nel fondo la stessa rabbia, piccola ed isterica, che mi sale fino alla bocca quando in ufficio i sottufficiali mi fanno arrabbiare e vorrei spezzare.
La ragazza entrava verso le quattro, entrava subito in salotto e si metteva a parlare a bassa voce con mia madre. Io restavo nello studio, e mi pareva sempre di sentire, nelle parole che dal chiacchiericcio affannato mi arrivavano, una somiglianza fonetica col mio nome, o col mio titolo di « dottore », o con la mia qualifica di « commissario ». Appena Giuseppina aveva portato il té, mia madre mi chiamava e mi faceva sedere accanto alla ragazza. Poi finiva svelta la sua tazza e con un pretesto se ne andava.
Io cercavo argomenti; ma finivo sempre, balbettando un po', col parlare di cinematografo. La ragazza trinciava qualche giudizio su questa o quella attrice; poi passava a parlare del suo lavoro, o a farmi doman[...]

[...]ioli grassi, o giocando con le posate, Wanda mi ha detto che si sentiva tanto sola: il padre era morto, la madre s'era messa a vivere con un rigattiere, e lei viveva in una stanza ammobiliata. Adesso poi aveva perso anche il fidanzato, per la rissa. Costui, che si chiamava Lucio, sosteneva che lei s'era accorta di quei toccamenti e aveva lasciato correre. « Ho capito che donna sei » le aveva detto appena erano scesi dal tram, poco prima che lo arrestassero; le aveva dato due schiaffi e le aveva strillato « non ti voglio più vedere ». « Io invece non me n'ero accorta » ha continuato Wanda; «credevo che quello non lo facesse apposta, il tram era pieno e stavamo stretti ». Lei gli voleva bene ma era stanca. Lui faceva una brutta vita e non dava affidamento: una condanna a tre mesi per un'altra rissa, una condanna a sei mesi per atti osceni in un giardino pubblico, un'assoluzione per insufficienza di prove in un processo per truffa. Faceva il commesso in un negozio di pezzi di ricambio per automobili.
L'ho interrotta per chiederle perché non [...]

[...]da e ho chiamato il cameriere per pagare.
Siamo usciti e siamo saliti nella macchina. « Ti accompagno a casa » le ho detto.
Abitava in un brutto palazzo di via Famagosta. È scesa appena io mi sono fermato e senza salutarmi s'è avviata verso il portone. Dopo qualche passo è tornata indietro, mi ha dato la mano di sfuggita e se n'è andata senza parlare.
Nei giorni successivi sono andato a prenderla tutte le sere. Andavamo in strade solitarie, e restavamo nella macchina. Generalmente parlavamo poco. Mentre eravamo fermi una luce temperata passava per i finestrini, la pelle del viso di Wanda si faceva piú scura, mi prendevano desideri pazzi che ora non so dire, ma anche pensavo che mi sarebbe piaciuto proteggerla.
Una sera che il temporale batteva sul tetto della macchina, e Wanda era più che mai abbandonata per tutto il sedile, obliqua e distorta, il suo corpo da statua mi ha emozionato. Aveva la bocca piú rossa del solito, la lingua smagliante spesso si affacciava tra le labbra per inumidirle, i tratti del viso le si erano induriti. Le h[...]

[...]esta convivenza. Certo, Wan
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AVVENTURA DI UN COMMISSARIO

da aveva mostrato le cosce a Porzio con intenzione, quel giorno, e una telefonata non sarebbe stata poi tanto strana; ma era da stabilire, in questo caso, quale convenienza Wanda potesse trovare nella tresca: Porzio, sposato e con tre figli, non poteva offrirle niente; quindi bisognava ammettere che Wanda rischiasse tutto quanto per un capriccio. Ora, per quanto Porzio fosse prestante, aveva pur sempre quarantasette anni, e l'ipotesi si reggeva male. Perciò, forse era stata mia madre a parlare al telefono con lui. In quel caso Porzio restava una persona d'onore, ed io non avrei ecceduto da una sfuriata. Però — mi sono riscosso — al telefono poteva anche essere un'amica di Porzio, alla quale lui aveva dato del lei a causa del mio ingresso nella stanza; o addirittura una donna qualsiasi che gli avesse telefonato per motivi d'ufficio: una parente di un « fermato » per avere notizie, un'affittacamere o una negoziante per pratiche relative alla licenza. Ma in questo caso perché Porzio avrebbe salutato la donna tosi affrettatamente? Poteva chiudere la telefonata in un modo limpido! E se fosse stata proprio Wanda? Se si fosse camuffat[...]

[...]nel pozzo. Ma il ritorno avrebbe dovuto essere di specie morale: voglio dire che in questo caso avrei dovuto lasciar decidere a mia madre tutta la mia vita. Avrei dovuto scegliere una moglie fra le scimmie sue amiche, imbarcarmi in un viaggio di nozze. disporre un apparato domestico acconcio alla nuova condizione, sostenere lugubri visite domenicali, rispettare obblighi e doveri. Tanto valeva, allora, continuare a far perno sulla vita con Wanda, restare al cimento del concubinaggio, per tentare ancora una qualche riscossa.
La sera, ho mostrato a Wanda la lettera. Lei, che stava lavando le mie camicie, s'é subito asciugata le mani e l'ha letta con molta attenzione. « Decidi tu » ha sorriso dopo. Io ho ostentato serenità, e ho ribattuto che non avevo niente da decidere: ero andato via di casa, e basta. Casomai avrei visto — ho aggiunto — di rimettermi con mia madre in rapporti normali. K Fai bene » ha detto lei, e mi ha restituito la lettera. Poi, fat
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tasi improvvisamente seria : « Ma senti un po' » ha sogg[...]

[...]estra, e guardavo alcuni gatti che giocavano e rischiavano continuamente di essere investiti dalle automobili. Alle undici ha squillato il telefono. Era mia madre.
« Nicola, vai subito a casa tua » ha detto senza convenevoli.
« Perché? » ho risposto assai stupito.
« Vai a casa tua, subito... Avrai una sorpresa ».
« Che ne sai tu, di casa mia ? » ho strillato.
« Devi andare a casa tua, subito » ha ripetuto.
« Ma perché, si può sapere? ».
« Resta col dubbio, se vuoi » ha detto mia madre, ed ha interrotto la comunicazione.
Ho cercato di Porzio per dirgli che mi allontanavo, ma non l'ho trovato. Sono sceso precipitosamente, e sono salito su una camionetta. Ho detto all'agente di correre. Al portone di casa mia l'ho mandato via, e sono corso sù.
Ho aperto la porta di colpo, e ho sentito delle voci sommesse che venivano dal soggiorno. Vi sono entrato, e ho trovato Wanda ed un uomo seduti sul divano, che si abbracciavano. Lei era in sottoveste, lui in camicia. Con lo stesso colpo d'occhio ho visto sul divano anche il vestito di Wanda, a [...]

[...] sputato nella strada. Poi sono sceso dalla macchina, e ho raggiunto il bar più vicino. Ho bevuto un aperitivo, e subito dopo un cognac. Ho telefonato a casa mia, ma non mi ha risposto nessuno. Wanda aveva sloggiato, oppure preferiva non rispondere. Sono tornato alla macchina, e ho fatto un paio di giri in quei pressi. Se quelli della questura centrale fossero venuti a conoscenza del fatto, lo avrebbero deformato, ingigantito.
Sono andato in un restaurant di via Frattina. Alla frutta il cameriere, che mi conosceva, mi ha chiesto se potevo interessarmi presso la prefettura per il ricovero di un bambino suo nipote. Gli ho detto di si, e lui mi ha dato un foglio con gli estremi. Poi sono uscito, e sono andato in ufficio.
Non ho trovato nessuno. Mi sono addormentato al mio tavolo, con la testa fra le braccia.
Mi sono svegliato che erano le quattro e mezzo. Mi sono lavato, e
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mi sono sentito meglio. Ho vinto il fastidio di dovermi rimettere sulla scena della vicenda, e ho chiamato Porzio.
« Sei stato tu a so[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Resta, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Andiamo <---Come <---Cominciò <---Così <---Del resto <---Già <---La sera <---Non parlare <---Perché <---Però <---Più <---Sei <---Adesso <---Ancora <---Col <---Diritto <---Famagosta <---Farmaceutica <---Fonetica <---Garbatella <---Lanciani <---Nicò <---Ponte Milvio <---RAFFAELE CRIVARO <---Salutandola <---Sarai <---Statti <---Stia <---Tor <---Troia <---Zio Alfonso <---abbiano <---anziane <---autopiste <---siano <---valeriana <---È Lucio <---A San Silvestro <---Accendi <---Accettò <---Ahi <---Ahé <---Allineàti <---Allò <---Almeno <---Amore mio <---Appòggiati <---Army Ration <---Army Ration C <---Arrivò <---Aspettiamo <---Aspetto <---Batté <---Bertozzi <---Borino <---Caffè Notturno <---Cara Adriana <---Caso <---Certe <---Certissimamente <---Certo <---Chiamò <---Ciao <---Cinque <---Cioé <---Cocoa <---Comprane <---Corsi da Adriana <---Cosi <---Credi <---Davanti <---Dico <---Dietro <---Don Aldo <---Dormirò <---Dottor Micheli <---Dài <---Ecco <---Evaporated Milk <---Fai <---Farmacia <---Fumò <---Fuori <---Giò <---Grazie <---Guardandola <---Hai <---Ho rubato <---In ogni modo <---Insomma stai sistemata benino <---La casa <---Lei <---Logica <---Ma mi <---Mese <---Mi pare <---Mignottona <---Mistrá <---Niente <---Non avere paura <---Non lo so <---Non mi fare male <---Non sei stupida <---Non so che dire <---Non sono scocciato <---Oddìo <---Povera <---Prendendole <---Prendimi <---Presto <---Privandolo <---Ration C <---Restò <---Ricominciò <---Riuscì <---Safety Matches <---San Gallicano <---Sarà <---Scaldò <---Seguitò <---Senti <---Sistemò <---Soldi <---Storia <---Sulla <---Tornerò <---Torno <---Tornò <---Trovandosi <---Tu sei sempre acuto <---Uhà <---Va bene <---Vado <---Viene <---Voltò <---barista <---cinismo <---cominciano <---dell'Adriana <---dell'Eucaristia <---diano <---italiano <---lista <---riconquista <---sappiano



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