Brano: [...]a di Roma del 13.1.1946 in «Archivio penale» (1946, II, p. 253 ss.), quella della Corte d'Assise di Ferrara del 28.10.1946 in « Critica penale » (1948, p. 1921).
Come si vede, l’aspetto individuale era secondario; mentre, da ciò che è dato capire dalla ricostruzione giudiziaria, vi era una dimensione collettiva e politica incomprensibile per giudici che interpretavano in modo restrittivo una norma la quale, come risulta dalla relazione del guardasigilli Pai miro Togliatti, era esplicitamente destinata agli
« atti commessi in violazione delle leggi penali, dopo la liberazione del territorio nazionale, da combattenti di queste formazioni partigiane, a cui va imperitura la riconoscenza del paese ». (In « Le Leggi », 1946. d. 4146).
Che l’atteggiamento dei giudici fosse molto più disponibile nei confronti dei fascisti (v. Processi ai fascisti) che verso i partigiani, lo dimostrano alcuni dati statistici relativi ai primi mesi di applicazione di quella amnistia.
Al 31.7.1946 vi erano state 219.481 pronunce, tra le quali, per moti[...]
[...]itolato « Come nacque l'amnistia », apparso in « Il ponte » (1947, n. 1112, p. 11056) scrisse: « Il fatto che l'amnistia fosse diretta principalmente ai fascisti ("amnistia Togliatti”) non è sufficiente a spiegare una differenza così grande ».
Lo squilibrio era tale da rendersi necessario, per superare le resistenze della magistratura, quel decreto di Fausto Gullo (6.9.1946, in G.U. 19.9.1946, n. 212) che aveva il tenore di un vero e proprio ordine amministrativo:
« Art. 1 Non può essere emesso mandato od ordine di cattura o di arresto, e se è stato emesso deve essere revocato, nei confronti dei partigiani, dei patrioti e delle altre persone indicate nel comma secondo dell'articolo unico del Decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1945, n. 194, per i fatti da costoro commessi durante l'occupazione nazifascista e successivamente fino al 31 luglio 1945, salvo che, in base a prove certe, risulti che i fatti anzidetti costituiscono reati comuni ».
il testo era chiaro: era richiesta all'accusa la prova certa che dai
fatti esulasse un movente anche in parte politico, altrimenti scattava il d[...]
[...]posta.
Pur in presenza di una volontà del legislatore così chiara e inequivocabile, l’atteggiamento della magistratura non mutò di molto. Fu significativo, a tale proposito, il caso di alcuni partigiani romani imputati di aver fatto irruzione in una bisca di repubblichini, di aver sequestrato del denaro, di aver arrestato un fascista e ucciso un collaborazionista della Decima Mas. Le richieste di applicazione dell’ amnistia e di revoca degli ordini di cattura furono respinte, in quanto i fatti addebitati furono considerati non delitti politici ma « vendette » politiche. Solo dopo ben 29 mesi di carcerazione preventiva la Corte d’Assise di Roma assolse tutti gli imputati, meno uno che intanto era morto in carcere. (Mario Berlinguer, « Processi politici nell’Italia d’oggi », in « Rinascita »,
IV, 1947, n. 1112, p. 334).
Numerosi mandati di cattura furono mantenuti, come quello nei confronti di Piccardi [Icaro), comandandante della formazione « Friuli ». In altri casi furono nuovamente arrestati imputati che erano già stati scarce[...]
[...]rono respinte, in quanto i fatti addebitati furono considerati non delitti politici ma « vendette » politiche. Solo dopo ben 29 mesi di carcerazione preventiva la Corte d’Assise di Roma assolse tutti gli imputati, meno uno che intanto era morto in carcere. (Mario Berlinguer, « Processi politici nell’Italia d’oggi », in « Rinascita »,
IV, 1947, n. 1112, p. 334).
Numerosi mandati di cattura furono mantenuti, come quello nei confronti di Piccardi [Icaro), comandandante della formazione « Friuli ». In altri casi furono nuovamente arrestati imputati che erano già stati scarcerati in quanto era stato riconosciuto il movente politico delle loro azioni.
Nell'articolo di Mario Berlinguer se ne cita uno: « Così accadde a certo Pompei Francesco di Ariccia il quale, proprio nel giorno della Liberazione, imbattutosi in una spia dei tedeschi che aveva denunziato e fatto deportare un suo giovane figliolo, morto poi nelle camere dei gas in Germania, ebbe con lui un diverbio e, minacciato, lo uccise. Nessun movente politico, si disse rinnegando[...]
[...]servizio senza darne preventiva comunicazione al comune Comando [...] ». L’imputato, denunciato e arrestato nel settembre del 1945, restò in carcerazione preventiva fino all 'aprile. del 1947, quando l'organo inquirente si accorse che « per costatazione ictu oculi » poteva e doveva essere applicato il decreto Gullo con conseguente scarcerazione. Ebbene, la lunga carcerazione preventiva servì a... risolvere un conflitto di competenza tra giudice ordinario e militare.
L’atteggiamento della magistratura non fu d’altra parte molto più aperto nell’applicazione di altre leggi a favore dei partigiani. Ci si riferisce in particolare all'art. 2 del R.D. 5.4.1944 n. 96, con il quale tra l’altro veniva concessa amnistia per i reati, « punibili con la pena detentiva non superiore nel minimo a cinque anni », commessi da chi dopo l’8.9.1943
« ha partecipato con reparti militari, regolari od irregolari, o in occasione di moti popolari, a fatti di armi [...] ovvero ha, anche isolatamente come militare o come civile, compiuti atti diretti a frustrare la attività bellica delle truppe tedesche o di chi ad esse prestava aiuto ». (In Gazzetta Ufficiale, serie speciale, 5.4.1944 n. 17).
Si veda inoltre la relazione del guardasigilli in « Archivio p[...]
[...]re nel minimo a cinque anni », commessi da chi dopo l’8.9.1943
« ha partecipato con reparti militari, regolari od irregolari, o in occasione di moti popolari, a fatti di armi [...] ovvero ha, anche isolatamente come militare o come civile, compiuti atti diretti a frustrare la attività bellica delle truppe tedesche o di chi ad esse prestava aiuto ». (In Gazzetta Ufficiale, serie speciale, 5.4.1944 n. 17).
Si veda inoltre la relazione del guardasigilli in « Archivio penale », 1946, I, p. 303
4. Sull'art. 1, che prevedeva un’ipotesi ancora più ampia (« È concessa amnistia per tutti i reati, quando il fine che li ha determinati sia stato quello di liberare la Patria dall’occupazione tedesca, ovvero quel
lo di ridare al popolo italiano le libertà soppresse o conculcate dal regime fascista»), sono rintracciabili pochissime pronunce: Tribunale Supremo Militare 9.7.1946, in « Rivista penale », 1946, II, p. 952+4; Corte di Cassazione 28.1.1946, in « Rivista penale», 1946, 11, p. 6601.
I destinatari erano chiaramente coloro che, do[...]
[...]emo Militare 9.7.1946, in « Rivista penale », 1946, II, p. 952+4; Corte di Cassazione 28.1.1946, in « Rivista penale», 1946, 11, p. 6601.
I destinatari erano chiaramente coloro che, dopo aver commesso reati comuni o militari, avevano « riscattato il passato con atti di patriottismo » avendo « combattuto contro il tedesco per scacciarlo dal sacro suolo della Patria o per frustrarne l’attività bellica », secondo le parole della relazione del guardasigilli.
Le qualifiche di partigiano
La questione che con maggior frequenza si pose nelle applicazioni giurisprudenziali fu quella sulla suf
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