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Il segmento testuale Qui è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 144Analitici , di cui in selezione 5 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Vasco Pratolini, Firenze, marzo del ventuno in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]toffe che uscivano dal loro convento, situato dirimpetto al fiume e alla porta Carrìa. Costi, essendo il ponte che incontravano per primo, facevano capo i carri provenienti dal contado, nel tempo in cui il porto di Firenze era più a valle, ed una grossa pigna di pietra, che i fiorentini digià chiamavano il pignone, serviva all'attracco dei barconi.
Questa era la città e i suoi ponti nel giro della terza cerchia;
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e qui, ora cosa c'è di cambiato ? La natura del fiorentino, no. Il suo spirito non l'hanno ammorbidito né le tarde Signorie né i Granducati. Ma sempre si conquista qualcosa, che si è pagato sempre troppo caro. È per questo che ogni volta c'é qualcosa di cambiato.
Firenze medesima, al di là della sua terza cerchia, non può non essere mutata. Essa non si é estesa soltanto nei suoi entroterra, rispetto al fiume, ma si é allungata. Quartieri operai hanno fatto corpo con le antiche Mura. Ora l'Arno entra in città alla Nave a Rovezzano dove c'è un traghetto, percorre sei chilometri non uno, per trovare l'altro traghetto, al di là delle Cascine. E ai due estremi della città, da un secolo o quasi, ci sono due ponti nuovi.
Sono due ponti provvisori che da n[...]

[...]Pignone. Li regalò a Firenze, Leopoldo di Lorena, ossia un'impresa privata a cui Leo poldo li aveva appaltati e che malgrado il passaggio e delle dinastie e delle istituzioni, si fa ancora pagare il pedaggio. Del resto, cos'è un soldino?
È dall'epoca di questi nuovi ponti che c'é qualcosa di cambiato. La gotta di Gian Gastone aveva estinto la discendenza e il potere dei Medici. Per un momento, come tutta l'Europa, si fu un . feudo di Napoleone; quindi vennero i Lorena. Leopoldo era stato l'ultimo padrone. Lo si ricorda con simpatia; durante i vent'anni del suo granducato, egli non si limitò a commissionare i ponti nuovi, ma costruì le prime strade ferrate, la Fonderia del Pignone, la
4 VASCO PRATOLINI
Manifattura di San Pancrazio com'è ora; e portò l'acqua, allargò le strade. I fiorentini lo chiamavano babbo, chi con venerazione chi con ironia. Gli dettero qualche pedata quando non ne poterono proprio fare a meno: nel Quarantotto e poi, una definitiva, all'alba del Cinquantanove. Ma non appena Firenze diventò Capitale, si accorsero ch[...]

[...]ti ancora in pancia alla madre, e poi ragazzo che strusciava carponi per non versargli il tributo, e poi giovanotto col primo velocipede e la prima ragazza a braccetto, col primo damo e i capelli tirati sulla testa; tutte le mattine, sempre col fagottino sotto il braccio, e ora vestiti con la tuta che era venuta di moda anche sul lavoro. Conosceva loro e le loro donne; i loro uomini e loro, le fanciulle appena sbocciate e i vecchi col bastone. « Qui, stasera, non mi dice
FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO 7
nulla di buono, col bubu che c'é in città, con questa bomba che é scoppiata », si ripeteva, e appuntava il lapis per darsi daffare. Di lato al suo stabbiolo, come di sentinella ai due piloni, stavano i due carabinieri in tenuta di campagna e coi moschetti infilati alla spalla. Il suo stabbiolo era all'ingresso del ponte, dalla parte delle Cascine: il pedaggio si pagava una volta soltanto, per entrare; uscire dal Pignone si poteva anche se vi si era entrati da tutt'altra parte; e dalle dieci di sera alle sei del mattino il traffico era liber[...]

[...] contromarche né scontrini. "Ad essere disonesti in trent'anni si sarebbe potuto farsi d'oro". Soltanto un giorno al mese, ch'egli andava a trovare sua moglie a Trespiano, lo sostituiva uno dei due impiegati dell'Impresa, gli stessi che venivano a ritirare l'incasso a una cert'ora. Ma per poco, ci si poteva giurare. Presto il ponte sarebbe stato riscattato dal Comune, com'era digià successo per il gemello di San Niccoló che aveva meno transito e quindi rendeva meno. Questione di tempo, e il Masi sarebbe andato in pensione. « Ma chi me la dà, la pensione ? » si lamentava. « Io non dipendo dal Comune. L'Impresa mi potrà dare uno sborso, una miscéa ». « Te la daremo noi la pensione », lo pigliavano in giro quelli del Pignone. « Sarà una delle prime cose, non appena saremo al potere ».
Questo fino a un anno fa, che s'erano barricati dentro la Fonderia e uno di loro stava di guardia sul ponte, al largo dai carabinieri, e se venivano dei rinforzi il Masi gli faceva cenno fingendo di togliersi il berretto e grattarsi dietro l'orecchio. Ora, in[...]

[...] San Frediano, anche al Pignone abitavano dei fascisti; e mentre in San Frediano erano in diversi, ma quando c'era da bussare si eclissavano, al Pignone, i fascisti si contavano sui diti, e al contrario, erano i più coraggiosi. Essi, guidavano le spedizioni. È così, dove c'é più api c'è più miele. Specie con Folco Malesci. Con l'ingegnere. Avrà avuto venticinque anni, nemmeno; non ancora di leva, era andato al fronte volontario. Era un animo irrequieto; negli ultimi tempi della guerra si era fatto aviatore. Poi era stato a Milano, era stato a Fiume. Era stato anche all'estero, aveva viaggiato. Conosceva Mussolini di persona. Sembra che D'Annunzio gli scrivesse come Garibaldi scriveva a quelli della Mutuo Soccorso. Di più. E dacché era tornato, malgrado avesse preso moglie e avuto svelto svelto due figlioli: « Ora si ripulisce il Pignone », diceva, non aveva altro pensiero. Da poco, lo chiamavano già ingegnere, aveva un'Impresa di costruzioni insieme col cognato; riusciva a tener dietro a cento cose, comprese le donnine, tuttavia non pens[...]

[...]'ultima spedizione contro la Casa del Popolo, quelli del Pignone non si sa, loro, cosa vogliano fare, Folco gli ha mandato a dire, che verrà una di queste sere, quando va giù il sole e con una squadra, la Disperata o le Fiamme Nere, come tre mesi fa in San Frediano. « Una di coteste sere può essere stasera, s'annusa nell'aria, non bastasse il resto, figlioli. E una domenica nata male. Scoppiata quella bomba, dicono in mezzo a via dei Tornabuoni: qui non si può sapere, qui si sa quello che chi passa ti vuol raccontare, e meno si sa meglio si vive: la città
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é deserta e come sottosopra, é una contraddizione. Chi é stato? Gli anarchici, chi vuoi siano stati ? ». E loro fascisti l'hanno presa per un'offesa personale. Dianzi, come il vento, avevano perfino i soldini belI'e contati, non hanno neanche segnato il passo, quattro o cinque di questi giovanotti del Pignone, son rientrati dal centro con gli occhi che gli sbuzzavano dal viso: « Gavagnini ce lo pagano caro », hanno gridato. « Diglielo ai tuoi amici, ruffiano! ». Io non ho amici, lui aveva[...]

[...] e un occhio a chi passa e crede non lo veda. A volte son così bischeri che invece di passare dalla corsia, cercano di scavalcare la sbarra piano piano ». E non tanto per risparmiare, quanto per la soddisfazione di buggerare me e l'Impresa di un soldino! ». Egli era amico di tutti, e di nessuno. "Ma chi vi conosce, ma chi siete?". Scontroso e affabile a giorni, secondo l'umore che ormai andava col tempo. « Quando fa freddo o quando fa bufera, di qui dovete passare, uno per volta, e io vi bollo! Ma di cotesta stagione, come d'agosto, ve lo raccomando star chiuso dentro questa prigione! Col caldo le tavole del ponte scricchiolano che sembra da un momento all'altro si debbano schiantare; se tira il vento forte, allora pare che tutto il ponte sia sul punto di partire. Si balla ch'è un piacere ». Un anno dopo l'altro, "cocendo l'uovo sul fornellino", riscaldandovi il latte quando si sentiva costipato. « Il vino, no, il vino, sembrerà una bestemmia, non mi è mai piaciuto. Perciò sei un falso! mi hanno incominciato col dire ». Il veggio in mezz[...]

[...]tira il vento forte, allora pare che tutto il ponte sia sul punto di partire. Si balla ch'è un piacere ». Un anno dopo l'altro, "cocendo l'uovo sul fornellino", riscaldandovi il latte quando si sentiva costipato. « Il vino, no, il vino, sembrerà una bestemmia, non mi è mai piaciuto. Perciò sei un falso! mi hanno incominciato col dire ». Il veggio in mezzo ai piedi; il ventaglio d'estate; ora se Dio vuole era un'altra volta primavera. « Ed eccomi qui, non so ancora chi è che mi dovrà dare lo sborso o la pensione; so soltanto che tra poco il ponte si chiude, anzi si apre, e io mi ritrovo coi capelli bianchi e preso tra due fuochi, in queste storie che non mi riguardano nemmeno come prossimo. E una bella situazione! ».
Era la situazione, dopo tutto, di chi sta su un ponte che unisce le due rive. Egli non avrebbe fatto onore ai suoi capelli bianchi, quella sera.
« Ce l'hanno anche con me? », si ripeteva. « Ma chi vi conosce, ma chi siete? Questa Gavagnini, l'ho appena sentito mentovare ».
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Loro, si conoscono tutti l'un l'altro, ed è com[...]

[...]tura: costi li hanno subito fermati senza nemmeno dargli il tempo di ricomporre la salma di Gavagnini. È stata un'ingenuità, ma c'erano preparati, hanno voluto tentare. Questo, piuttosto che disorientarla, ha fatto diventare di pietra la gente del Pignone. Non é un popolo gentile, nodavvero; é capace di commuoversi per nulla: a una parola, a un gesto che lo tocchi nell'intimo del cuore; e per la stessa ragione, ha già pronto il cazzotto. Il suo equilibrio é fatto di intransigenza e di sopportazione, non conosce le mezze misure. « Una cosa di mezzo non é un uomo; e non troverebbe una donna che gli stesse vicino ». L'ingiustizia, o la subiamo o ci si ribella; rassegnarcisi non é possibile.
16 VASCO PRATOLINI
E una folla; e in mezzo ad essa, c'é il buono e il cattivo; non hanno nulla da difendere se non la loro quiete; e i piú, le loro idee di giustizia che non le registra né lo Statuto né il codice dei Tribunali. Non ancora. Anzi, le leggi che ci son ora, e che dovrebbero essere uguali per tutti, non passa giorno che non s'accorgano, una circostanza diventata per loro proverbiale, gli son contrarie. Tanto meno ci hanno qualcosa da. guadagnare. Cotesta attesa non li intimorisce e non li esalta. Sai, quando il cuore é diventato pietra e ne senti il peso? Masticano il mezzo toscano, accendono la sigaretta, sbucciano i due soldi di lupini che hanno comperato; o si aggiustano i capelli dietro la nuca, le ca[...]

[...]ndetta, di uno sterminio al quale soltanto singolarmente, ciascuno nel proprio intimo, si sentivano preparati. Inermi com'erano, la disperazione li accendeva, una gran fiamma che l'odio alimentava. Ora ch'erano folla, ciascuno si sentiva più solo e più deciso. Disarmato ma invulnerabile, aspettava la propria ora, come se il mondo si fosse fermato all'improvviso. E di momento in momento, la loro segreta ascoltazione, diventata sempre più un soliloquio.
« Qui é casa nostra e comandiamo noi ».
« È casa nostra e vogliamo vivere in pace ».
« Specie dopo una giornata di lavoro che vuol vedere l'uomo in viso ».
« Davanti alle caldaie ci sono 700 gradi di calore ».
« La fresa basta un nulla e ti porta via la mano ».
« I torni scartano soltanto se batti gli occhi ».
« Al Pignone non ci devono mai più mettere piede ».
« Non ci debbono rovinare i comizi ».
FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO 19
« Non ci debbono interrompere sul più bello una festa da
ballo ».
« Che poi gli uomini non hanno più la testa per mettere
su famiglia ».
« Né per fare all'amore[...]

[...]tra parte,
stasera ».
« Non dovete passare più il ponte: né stasera né mai ».
« Per piacere, non lo dovete passare ».
« Se anche voi ci avete una famiglia ».
« Se vi sta a cuore vostra madre ».
« Se ci avete una fidanzata con cui ci fate all'amore ».
« Anche se lei lo sa ed é d'accordo, lo stesso non ci passate
sul ponte Sospeso, stasera, vi va a finir male ».
20 VASCO PRATOLINI
« Se le vostre donne sono a casa o chissà dove, noi siamo qui
e non vi lasciamo passare ».
« Quant'è vero Iddio, per il vostro bene, non lo passate ».
« Scordatevi che esiste il Pignone ».
« Folco dacci retta ».
« Se lo attraversate, trovate noi di qua che vi aspettiamo ».
« Siamo di più che se si fosse fatta la chiama ».
« E le donne sono più avvelenate di noi ».
« Bolli bolli la pentola si è scoperchiata ».
« Per piacere, stasera non passate il ponte ».
« Malesci tu ci conosci. Tu sei del Pignone, lo sai chi siamo ».
« Se stasera passate il ponte, è la sera che si fa festa finita ».
« Spartaco Gavagnini per noi è più vivo ora di stamattina[...]

[...] si fa ? ».
« Ci hanno tirato un'imboscata ».
« Qualcuno li ha avvisati ».
«Ma siamo stati noi ad avvisarli! Non ci perdiamo in considerazioni ».
FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO 2J
Questo era il Pomero che si aggiustava la fascia intorno alla vita.
« Non bisognava venirci dal ponte ».
« Si doveva entrare dalla parte di Legnaja ».
« Come ci si arrivava? ».
« Allora attraverso San Frediano ».
«Dietro alla porta ce ne saranno altrettanti ».
« Qui non si può restare », disse il Pomero. Bestemmiò, poi disse: «Saranno qualche centinaio, questi cenciosi ».
«Allora, Malesci, che si fa? ».
« Si va avanti, come che si fa? Siamo rimasti anche troppo qui a indugiare ».
Colui che aveva parlato non era Folco, ma un altro di quelli che il Masi vedeva per la prima volta. Gli stava quasi di fronte, al fianco di Folco, ed era un ragazzo come Folco, di sicuro non aveva trent'anni. Era alto, magro, un biondino si poteva dire del tipo che era, anche se il berretto all'inglese gli copriva la fronte e gli calzava la nuca. Sotto la giacca, come troppo larga per lui, invece della camicia nera, portava una maglia scollata. Questo, e come stava in piedi, come si dondolava, rafforzavano l'idea di un marinaio, che fosse li per caso. Aveva il viso abbronzato [...]

[...]inglese gli copriva la fronte e gli calzava la nuca. Sotto la giacca, come troppo larga per lui, invece della camicia nera, portava una maglia scollata. Questo, e come stava in piedi, come si dondolava, rafforzavano l'idea di un marinaio, che fosse li per caso. Aveva il viso abbronzato dei marinai; forse per questo gli occhi sembravano tanto chiari. E una espressione, infine, sulla faccia, non come degli altri dura, risentita, accigliata, ma tranquilla, decisa, percui, non ci si spiega, era, fra tutti, quello che metteva piú paura. Ora reggeva la pistola appoggiandosela sotto il mento, mentre parlava.
Si va avanti », ripeté. « Forza ».
Falco lo fermò, secco e strisciandosi lui la canna del proprio revolver sulla gota: «Non dire bischerate, Tarbé. Non fare il pazzo, tu non hai esperienza di queste cose. Lasciami riflettere da che parte si possono pigliare ».
D'improvviso, come una risposta a queste sue parole, dall'altro capo del ponte si levò una voce d'uomo, grave, tonante: « Non azzardatevi a passare il ponte, inteso? Vi si aspetta [...]

[...]atevi a passare il ponte, inteso? Vi si aspetta da tutte le parti non vi azzardate ».
E subito, come per la fine di una tregua, a cotesta voce se ne
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accompagnarono altre cento, ma urli, grida, che per essere cento diventarono una sola ed unica voce, e se ne perdevano le parole. «Non v'azzardate! Non v'azzardate! D.
C'era stato un movimento, ma la folla non era venuta avanti; si era come rimescolata dentro le proprie grida. Quindi, una sassaiola si era abbattuta a metà del ponte, contro le fiancate, era ricaduta in Arno. Qualche pietra più piccola, o meglio o più fortemente diretta, era rotolata ai piedi dei fascisti. Come una salve. E di nuovo il silenzio; di nuovo quella voce:
« Malesci se ci sei, fatti sentire da cotesti delinquenti. Portali via D.
Ora Falco si era drizzato in tutta la persona, "gli sporgeva la bazza, tanto doveva essere infuriato". Tuttavia era calmo, la rivoltella in mano, si rivolse al Masi, spiaccicato di spalle contro il suo stabbiolo: « Chi è questo? » gli chiese. «Mah », il vecchio disse[...]

[...] doveva essere infuriato". Tuttavia era calmo, la rivoltella in mano, si rivolse al Masi, spiaccicato di spalle contro il suo stabbiolo: « Chi è questo? » gli chiese. «Mah », il vecchio disse, un po' balbettava, un po' si dava coraggio: « O non é il Santini? Mi pare, non lo so ». Poi, rivolto ai suoi amici, Falco gli ordinò: « Non mi venite dietro. Muovetevi quando vi chiamo ». E avanzò sul ponte, si fermò dieci passi lontano.
« Ci sono, eccomi qui », gridò. « Tu chi sei? Sei quella carogna del Santini? D.
Dalla parte del Pignone, lo videro avanti ch'egli aprisse bocca, e le urla, i gridi che si levarono dalla folla, copersero le sue parole. Egli era abbagliato dal riflesso, scorgeva come una fiumana nera, colorata, agitarsi +a capo del ponte, e come ondulare, trattenuta in se stessa, e contemporaneamente, una figura d'uomo, una figura di donna, un'altra donna un altro uomo, ora pareva un ragazzo, cinque, dieci figure avanzare di qualche metro, prenderlo di mira e rientrare di corsa tra la folla. Dei sassi, dei pillori, gli caddero vic[...]

[...]ò in aria tre colpi. Subito, i suoi camerati, senza ch'egli avesse gridato « A noi! » lo avevano raggiunto, Tarbé per primo.
FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO 25
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«Non risolvi nulla a minacce. Andiamo avanti. Sono una massa di pecore, non li vedi? ».
Folco lo agguantò al braccio, mentre si muoveva; lo aveva arrestato sullo slancio e gli aveva fatto cadere la rivoltella, perciò Tarbé si era fermato. Raccolse la rivoltella; e gli disse:
«
E tutto qui il tuo coraggio, capitano? ».
« Non ti mettere a provocar me, Tarbé, sii buono! Io li conosco, so con chi ho da fare ».
Agli spari, era seguito un ondeggiamento della folla, come un fuggi fuggi subito ricomposto. Folco gridò:
« Vi do tempo due minuti per sgomberare la piazza. Mandate a casa le donne. O spariamo addosso anche a loro. Vi si disfà, stasera ».
E accadde qualcosa di cui il Masi non si sarebbe « mai capacitato »; di cui anche Folco, che pure li conosceva, si sorprese, e per la prima volta nella sua vita, gli fece gelare il sangue nelle vene. Erano trascorsi dieci minuti, nemmen[...]

[...]ucchiato nel gruppo come da uno strattone.
I fascisti ne avevano approfittato per rinculare di qualche passo, e adattarsi in una posizione migliore, sui due lati: Folco, Tarbé e il Pomero davanti; gli altri alle loro spalle e dirimpetto. La folla, come i fascisti si erano fermati, anch'essa si fermi. Su quelle teste si alzavano delle spranghe, dei bastoni. Erano a metà del ponte; e in quel momento il sole dava gli ultimi e più. forti bagliori.
Qui, parti il primo colpo. Né Folco, né il Pomero, né Tarbé avevano sparato, ma dalle loro spalle, « quello basso, tutto nero come la pece ». In piedi, cercando la mira dentro il mucchio, una ventina di metri distante, e col riflesso che l'accecava, egli sparò due, tre volte ancora. Nella folla si apri un varco; tra urli e grida, essa si divise in due file, e sbandò e si sparse verso la piazza donde era partita. Miracolosamente, la metà del ponte rimase vuota; nessuno sotto quei colpi era caduto. Ora, dall'altro capo del ponte, impugnando i moschetti dei carabinieri, accorrevano i due fascisti ri[...]

[...]l ponte, sulla piazza. Ma già due dei tre barconi, fatto l'inverso cammino, toccavano la riva del Pignone, la gente saltava sugli argini. Il terzo, si dirigeva verso l'Isolotto, con che in, tenzione ?
« Ingegnere, quelli attraversano l'Isolotto per risalire dalle Cascine », balbettò il Masi. « E intanto, ha visto ? I carabinieri si sono sciolti e sono scappati ».
«Ma va via, lurido anche te! », gli disse Folco; aggiunse terrore alla sua paura. Quindi si diresse verso i camerati, riunitisi a capo del ponte.
Sulle due rive del fiume era tornato il silenzio; il sole era tramontato; il cielo si era fatto tutto bianco e celeste, e dalla parte della Carraja si vedeva una falce di luna. Su entrambi i lungarni, c'era il deserto; non una persona risaliva le Cascine. Pareva che la città, non incominciasse 11, dietro le prime case, ma mille miglia lontano, come isolata nel suo traffico e nella animazione d'ogni sera. Ora l'orizzonte era pulito; alle ultime luci della sera, vivide e chiare, di primavera, le due fazioni potevano distinguersi nei l[...]

[...]entrambi i lungarni, c'era il deserto; non una persona risaliva le Cascine. Pareva che la città, non incominciasse 11, dietro le prime case, ma mille miglia lontano, come isolata nel suo traffico e nella animazione d'ogni sera. Ora l'orizzonte era pulito; alle ultime luci della sera, vivide e chiare, di primavera, le due fazioni potevano distinguersi nei loro movimenti, attraverso il ponte che nuovamente le divideva. Ed ora che pareva tornata la quiete, per un istante, in cotesto istante sarebbe esplosa la tragedia.
" Come non fosse successo nulla ", pensò il Masi. " Non hanno perso né un berretto né un pelo ". Folco stava all'ingresso del ponte, col Pomero accanto e dall'altro lato il fascista tutto pece. E come se soltanto allora lo scoprisse vicino: « Bella prodezza, vero? » Folco gli disse, d'improvviso, accompagnò con due schiaffi, " uno per gota ", le sue parole.
Nessuno si mosse; costui restò come mummificato. Ma subito dopo, fece un passo indietro, la rivoltella in mano: «Toglietevi di mezzo », urlò. « Guarda Malesci, ti fo far[...]

[...] rimasto Tarbé. Il berretto tirato sulla fronte ora, gli occhi balenanti acciaio, si rivolse a Folco, e li fermò tutti:
« Scappate così? Siete dei bei pusillanimi ».
Folco scese dalla macchina e lo affrontò. « Vuoi un par di schiaffi anche te? Su, fila ». Lo trascinò per il braccio: « Cosa vuoi fare? Un'altra bambinata ? ».
Tarbé gli resistette; e Folco, come ritrovando la calma, guardandolo negli occhi, gli disse: « Ogni secondo che si resta qui, se non si rischia la pelle, ci si va vicino. Quelli stanno salendo dalle Cascine col barcone, e sulla piazza... ».
« Insomma tu scappi », Tarbé disse.
« Non scappo, non sono mai scappato. Non dubitare che ï conti li regolo anche da me solo. È gente mia, e la voglio vedere con la bocca per terra. A cominciare da stanotte quando tornerò a casa, per tua norma, capito? ».
FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO 29
« Ma intanto scappi ».
« Qui non siamo sul ponte di una nave, Tarbé, siamo su un ponte d'Arno ».
«Ma scappi. Scappi davanti a delle pecore ».
«Non sono delle pecore, Tarbé. Sono dei delinquenti. Se ora gli si va incontro, succede una carneficina ».
« Perciò tu li prendi isolati. In tre, in dieci contra una pecora. Così fate la rivoluzione ».
« Basta Tarbé! », urlò Folco. « Se per via del tuo nome tu sei qualcuno, anch'io sono qualcuno, anche mio padre. E la sua roba ce l'ha al Pignone, non alle Cure, capito ? ».
« Io con mio padre non ho rapporti. Ho fatto cinque anni di marina apposta, senza gra[...]

[...]o chi ha più paura ».
Cavò di tasca la pistola e avanti che Folco potesse impedirglielo, sparò due colpi in aria. Fece eco, ai due spari, come un tuono. Essi si voltarono: quella gente era ferma a metâ del ponte. Tanti più di prima, davvero una fiumana. Ora, tra i vestiti delle donne, le giacche, le tute, e giâ il cielo si era come di più illimpidito nella sera, spiccava un giovane, quasi un ragazzo pareva, scamiciato e dalla testa bendata. Quindi si udì la voce dell'uomo che aveva parlato sotto il sole e che Folco aveva chiamato Santini. " Ma questo potrebbe essere anche il Bigazzi ", pensò Masi, bloccato ora, dal nuovo spavento, tra la spalletta e il pilone.
« Non ve ne andate, no? Volete ricominciare ? ».
r





30 VASCO PRATOLINI
« Badate che siamo alla disperazione », gridò una donna.
E ad essa si accompagnarono l'urlio che riempiva l'aria, il tumultuare della folla a mezzo il ponte: le sue sbarre, i bastoni. Il ponte, sotto questo peso, questa agitazione, oscillava sui cavi, " come nei g[...]

[...]lle spalle e sembrava infagottarlo, avanzare lento ma deciso. Folco era rimasto a capo del ponte, pensava che di fronte alla pazzia di Tarbé, ormai, guardargli le spalle da coloro che stavano per aggirarli dalla parte delle Cascine, era il solo aiuto che gli si poteva dare. Nondimeno: « Tarbé! », gridò. « Torna indietro ».
Si era fatto silenzio: nell'aria limpida della sera, non volava una rondine, un moscone; si poteva sentire, lieve, uno sciacquio, l'Arno che urtava contro gli argini, che andava calmo e veloce sotto il ponte, tutto verde ora e via via sempre meno screziato dalla spuma di cui si ricopriva, precipitando dalla pescaja, lá dove, cento metri distante, costeggiava San Frediano e le prime case del Pignone.
« Torna indietro, Tarbé! ».
La voce di Folco, risuonò irata e supplichevole insieme. E la folla, assiepata a meta del ponte, per un momento disorientata, sembrò esplodere nella sua carica di odio, di disperazione. Ancora trattenendosi compatta, si agitò in un mulinare di gesti, di grida, parve fare eco alle parole di Fol[...]



da Alberto Moravia, La ciociara in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...] Roma ed ero contenta di andarci e non sapevo che proprio a Roma mi aspettava la disgrazia. Avevo la faccia tonda, gli occhi neri, grandi e fissi, i capelli neri che mi crescevano fin quasi sugli occhi, stretti in due trecce1tte fitte simili a corde. Avevo la bocca rossa come il corallo e qua do ridevo mostravo due file di denti bianchi, regolari e stretti. Ero forte allora e sul cercine, in bilico sulla testa, ero capace di portare fino a mezzo quintale. Mio padre e mia madre erano contadini, si sa, però mi avevano fatto un corredo come ad una signora, trenta di tutto : trenta lenzuoli, trenta federe, trenta fazzoletti, trenta camicie, trenta mutande. Tutta roba fine, di lino pesante filato e tessuto a mano, dalla mamma stessa, al suo telaio, e alcune lenzuola ci avevano anche la parte che si vede tutta ricamata con molti ricami tanto belli. Avevo anche i coralli, di quelli che valgono di piú, rosso scuro, la collana di coralli, le buccole d'oro e di coralli, un anello d'oro con un corallo, e persino una bella spilla anch'essa d'oro e d[...]

[...]riccioloni, un tavolo tondo per mangiare, e una credenza per tenerci i piatti, tutti di porcellana fina quest'ultimi, col bordo d'oro e un disegno di frutta e fiori nel fondo. Mio marito scendeva la mattina presto al negozio e io facevo le pulizie. Strofinavo, spazzolavo, lucidavo, spolveravo, pulivo ogni angolo, ogni oggetto : dopo le pulizie la casa era proprio uno specchio e dalle finestre che ci avevano le tendine bianche veniva una luce tranquilla e dolce e io guardavo le stanze e vedendole così ordinate pulite e lucide, con tutta la roba al suo posto, mi veniva non so che gioia nel cuore. Ah, com'è bello avere la casa propria, che nessuno c'entra e nessuno la conosce, e si passerebbe la vita a pulirla e ordinarla. Finite le pulizie, mi vestivo, mi pettinavo con cura, prendevo la sporta e andavo al mercato per fare la spesa. Il mercato era li a pochi passi da casa, e io giravo tra le bancarelle, per piú di un'ora, non tanto per comprare, perché gran parte della roba ce l'avevamo al negozio, ma per guardare. Giravo tra le bancarelle [...]

[...]ma non toccarmi perché altrimenti ti lascio e torno a Vallecorsa ». Io non volevo amanti, invece, sebbene molti, come ho già detto, mi stessero dietro; tutta la mia passione la mettevo nella casa, nel negozio e quando mi nacque la bambina, nella mia figlia. Dell'amore non m'importava e anzi, forse forse, per via che non avevo conosciuto se non mio marito così
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vecchio e brutto, mi faceva quasi schifo. Volevo soltanto star tranquilla e non mancare di nulla. Del resto una donna deve essere fedele al marito qualsiasi cosa avvenga, anche se il marito, come era il caso non è fedele a lei.
Mio marito con gli anni non trovava più donne che gli dessero retta, neppure per denaro, ed era diventato proprio insopportabile. Da un pezzo io non facevo più l'amore con lui e poi ad un tratto, forse perché non aveva donne, lui si incapricciò di nuovo di me e voleva costringermi a fare l'amore di nuovo, ma non come marito e moglie, così, semplicemente, ma come lo fanno le mignotte con i loro amanti, per esempio acchiappandomi per i cap[...]

[...]e dal naso; poi, vedendo che ero proprio risoluta, cessò di starmi dietro, ma prese ad odiarmi ed a perseguitarmi in tutti i modi. Io pazientavo, ma in fondo lo odiavo anch'io e non potevo più vederlo. Lo dissi anche al prete, in confessione: un giorno finisce male; e il prete, da vero prete, mi consigliò di aver pazienza e di dedicare le mie sofferenze alla Madonna. Intanto avevo preso in casa una ragazza per aiutarmi, una certa Bice, che aveva quindici anni e i parenti me l'avevano affidata, perché era quasi una bambina; e lui si mise a farle la corte e quando vedeva che ero impicciata con i clienti, lasciava il negozio, saliva quattro a quattro la scala e andava in cucina e le si gettava addosso come un lupo. Questa volta m'impuntai e gli dissi di lasciar stare la Bice e poi siccome lui insisteva a tormentarla, la licenziai. Lui per questo prese ad odiarmi più che mai e fu allora che cominciò a chiamarmi burina: « È tornata la burina?... dov'è la burina? ». Insomma era una gran croce e quando si ammalò sul serio, debbo confessarlo, qu[...]

[...]tra di loro senza chiedere il parere della povera gente che deve andarci e allora noialtri che siamo la povera gente, siamo giustificati a non occuparcene ». Però, da un'altra parte, bisogna dire che la guerra mi favoriva : sempre più facevo la borsa nera con prezzi d'affezione, sempre meno vendevo al negozio coi prezzi fissati dal governo. Quando cominciarono i bombardamenti a Napoli e nelle altre città, la gente veniva a dirmi: « Scappiamo che qui ci ammazzano tutti »; e io rispondevo: «A Roma non ci vengono, perché a Roma c'é il Papa... e poi se me ne vado, chi ci pensa al negozio? ». Anche i miei genitori mi scrissero da Vallecorsa invitandomi ad andare da loro, ma rifiutai. Andavamo, Rosetta ed io, sempre più spesso in campagna, con le valigie e riportavamo a Roma tutto quello che trovavamo : le campagne erano piene di roba, ma i contadini non volevano venderla al governo perché il governo gliela pagava poco e aspettavano noialtri della borsa nera che gliela pagavamo a prezzo di mercato. Molta roba, oltre che nelle valigie ce la met[...]

[...]rli a guerra finita. Allora io dissi a Rosetta : « L'importante é che torni dalla guerra... poi per il resto ci penserò io ». Rosetta mi saltò al collo, felice. E io allora potevo veramente dirlo : ci penserò io: avevo l'appartamento, avevo il negozio, avevo del denaro da parte e le guerre si sa, un giorno debbono pure finire e tutto torna a posto. Rosetta mi fece anche leggere l'ultima lettera del suo fidanzato e ricordo soprattutto una frase: «Qui si fa una vita proprio dura. Questi slavi non ci vogliono stare sotto e siamo sempre in stato di allarme ». Io non sapevo niente della Iugoslavia; ma dissi egualmente a Rosetta: « Ma che ci siamo andati a fare in quel paese ? Non potevamo starcene in pace a casa nostra ? Quelli non ci vogliono stare sotto e ci hanno ragione, te lo dico io ».
Nel 1943 feci un affare importante: parecchi prosciutti, una decina, da portare da Sermoneta a Roma. Io trovai il modo di mettermi d'accordo con un camionista che portava cemento a
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Roma, e lui mise i prosciutti sotto i sacchi di cemento [...]

[...]
e dietro di lei c'era il marito, un piccoletto grasso e la signora quasi mi abbracciava dalla gratitudine dicendomi: « Cara... o cara... venga da questa parte, si accomodi... venga, venga ». Io la seguii in un corridoio e la signora apri la porta della dispensa e allora vidi davvero ogni ben di Dio. C'era più roba là dentro che in una pizzicheria. Era un camerotto senza finestre con tanti scaffali giro giro e sugli scaffali si vedevano disposte qui una fila di scatole grosse di quelle da un chilo, di sardine all'olio, lì altro scatolame fino, americano e inglese e poi tanti pacchi di pasta, e sacchi di
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farina e di fagioli e vasi di confettura e almeno una decina tra prosciutti e salami. Io dissi alla signora: «Signora, lei qui ci ha da mangiare per dieci anni ». Ma lei rispose: « Non si sa mai ». Misi il prosciutto accanto agli altri e il marito li per li mi pagò e mentre toglieva il denaro dal portafogli le mani gli tremavano dalla gioia e non faceva che ripetere: « Appena ci ha qualche cosa di buono, si ricordi di noi... siamo disposti a pagare il venti e anche il trenta per cento più degli altri D.
Insomma tutti volevano roba da mangiare e pagavano senza fiatare qualsiasi prezzo e così fu che io non pensai a fare le provviste, perché mi ero abituata a considerare il denaro come la cosa più preziosa mentre invec[...]

[...] folla usci un vigile e mi ingiunse: « su, vattene che sarà meglio ». Io gli risposi: « Hai mangiato tu?... io no ». Lui allora mi diede uno schiaffo e con uno spintone mi ricacciò in mezzo alla folla. Io l'avrei ammazzato, parola, e mi dibattevo dicendogli tutto quello che pensavo; ma intorno mi spingevano affinché mi allontanassi e alla fine dovetti andarmene e nel parapiglia ci persi anche il fazzoletto.
Io andai a casa e dissi a Rosetta : « Qui se non ce ne andiamo in tempo, finiremo per morire di fame ». Allora lei scoppiò a piangere e disse: «Mamma, ho tanta paura ». Io ci rimasi male perché fin allora Rosetta non aveva mai detto nulla, non si era mai
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lamentata e anzi con il suo contegno tranquillo più di una volta mi aveva dato coraggio. Io le dissi: « Sciocca, perché hai paura? ». E lei rispose: « Dicono che verranno con gli aeroplani e ci ammazzeranno tutti... dicono che ci hanno un piano e prima distruggeranno tutte le strade ferrate e i treni e poi quando Roma sarà proprio isolata e non ci sarà più niente da mangiare e nessuno potrà più scappare in campagna, ci ammazzeranno tutti con i bombardamenti... oh mamma, ho tanta paura... e Gino non mi scrive più da un mese e non so più niente di lui D. Io cercai di consolarla dicendogli le solite cose che anch'io ormai sapevo che non er[...]

[...]piú che pretesto
e sedette in cucina mentre io stavo dietro ai fornelli e cominciò a parlare del più e del meno e alla fine venne a parlare di mio marito. Io credevo che fossero amici e perciò immaginatevi la—raia sorpresa quando, tutto ad un tratto, lo udii dire: «Ma di un po' Cesira, che te ne fai di quella carogna? ». Disse proprio così :
« carogna » e io quasi non credetti alle mie orecchie e mi voltai a guardarlo: stava seduto, dolce, tranquillo, il sigaro spento all'angolo della bocca. Soggiunse poi: « Intanto non si regge in piedi
e uno di questi giorni muore.., e poi a forza di andare con le mignotte, viene la volta che ti attacca qualche brutta malattia ». E io: «E chi lo vede e chi lo sente, mio marito? quando rincasa la sera, si caccia a letto e io mi volto dall'altra parte e buona notte ». Allora lui disse, o mi pare che disse: «Ma tu sei ancora giovane, che, vuoi fare la monaca? sei giovane e hai bisogno di un uomo che ti voglia bene ». Io gli domandai: « A te che te ne importa? Io non ho bisogno di uomini e anche se ne a[...]

[...]i rimasi male perché mi pareva ancora di udire la sua voce che diceva : « che te ne fai di quella carogna? »; e quasi non credevo alle mie orecchie, ancora una volta. Ad un tratto mi scappò detto : « Spero che lo farai anche per me »; e non so perché lo dissi, forse perché ero convinta che lui mi volesse bene e in quel
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momento difficile mi avrebbe fatto piacere che lui avesse detto che lo faceva per me. Lui mi guardò un momento, quindi si tolse il sigaro di bocca e lo posò sull'orlo della tavola. Poi andò alla porta del seminterrato, sali gli scalini, la chiuse e ci mise la sbarra col chiavistello, così che tutto ad un tratto rimanemmo al buio completo. Io avevo capito adesso e non fiatavo e il cuore mi batteva forte e non posso dire che la cosa mi dispiacesse: mi sentivo tutta turbata. Immagino che fossero le circostanze, con tutta Roma sottosopra e la carestia e la paura e la disperazione di lasciare il negozio e l'appartamento e il sentimento di non aver un uomo nella mia vita, come tutte le altre donne, che in una si[...]

[...]'una contro l'altra e con tutto che sia estate, da non so dove viene un vento freddo che soffia rasente terra: avevo paura ma non sapevo di che;
e mi stringeva il cuore al pensiero di lasciare la mia casa e il mio
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negozio cose se avessi saputo di certo che non l'avrei mai più rivisti. Dissi però a Rosetta: a Guarda di non portare tanta roba che saremo fuori non più di due settimane e fa ancora caldo >>. Eravamo infatti verso il quindici di settembre e faceva molto caldo, più degli altri anni.
Così riempimmo due piccole valigie di fibra, per lo più di panni leggeri e ci mettemmo soltanto un paio di maglie per il caso che facesse freddo. Per consolarmi della partenza adesso non facevo che descrivere a Rosetta le accoglienze che mi avrebbero fatto i miei genitori al paese: « Vedrai che ci faranno mangiare fino a scoppiare... ingrasseremo e ci riposeremo... in campagna tutte queste cose che rendono difficile la vita a Roma, non ci sono.., staremo bene, dormiremo bene e soprattutto mangeremo bene... vedrai: ci hanno il maia[...]

[...] il vino, staremo da papi ». Ma a Rosetta questa prospettiva non pareva bastare a rallegrarla, lei pensava al fidanzato che stava in Iugoslavia ed era un mese che non dava più sue notizie e io sapevo che lei tutte le mattine si alzava presto e andava in chiesa per pregare per lui, affinché non glielo ammazzassero e tornasse e potessero sposarsi. Per farle capire che la capivo le dissi allora, abbracciandola e baciandola : « Figlia d'oro, sta tranquilla, che la Madonna ti vede e ti sente e non permetterà che ti suda niente di male ». Intanto continuavo i preparativi e adesso, passato il momento dell'apprensione, non vedevo l'ora di andarmene. Anche perché negli ultitni tempi, tra gli allarmi aerei, la mancanza di roba da mangiare, l'idea di partire e tante altre cose, la vita per me non era più una vita, perfino non avevo più voglia di pulire la casa, io che di solito mi buttavo a ginocchioni in terra per lustrare i pavimenti e mi facevo mancare il fiato a forza di lustrarli e di renderli simili a uno specchio. Mi pareva insomma che la vi[...]

[...]li oggetti non tanto perché non mi fidassi di Giovanni ma perché é bene non fidarsi di nessuno. Così prima di cominciare l'inventario dissi a Giovanni, seria seria: « Guarda che questa è tutta roba sudata che io e
mio marito ci siamo guadagnati in vent'anni di lavoro sta at
tento, fammela ritrovare tutta, ricordati che un chiodo che é un
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chiodo qua dentro non ci deve mancare al mio ritorno ». Lui sorrise e disse: « Sta tranquilla, ritroverai tutti i tuoi chiodi ».
Cominciai dalla camera da letto. Avevo fatto due copie della lista, una la teneva lui e una Rosetta e io via via gli indicavo gli oggetti. Gli mostrai il letto, a due piazze, di ferro dipinto uso legno, tanto bello, con tutte le venature e i nodi del legno che uno lo scambiava proprio per noce. Sollevai la coperta e gli feci vedere che c'erano due materassi, uno di crine e uno di lana. Aprii l'armadio e gli contai le coperte, le lenzuola e tutta la biancheria. Gli aprii i comodini e gli mostrai gli orinali di porcellana a fiorami rossi e blu. Poi feci l'[...]

[...]orata, in forma di tulipano, con tre penne di pavone, tanto belle, infilate in luogo di fiori, due quadri a colori, stampati, uno rappresentante la Madonna con il Bambino e l'altro una scena come di teatro con un moro e una donna bionda, che mi avevano detto che era di un'opera chiamata Otello e il moro appunto era Otello. Dalla camera da letto lo portai nella sala da pranzo che mi serviva anche da salotto e ci tenevo pure la macchina da cucire. Qui gli feci toccare con mano il tavolo rotondo, di noce scuro con il centrino ricamato, e un vaso di fiori compagno a quello della camera da letto e le quattro seggiole nel mezzo con il velluto verde e poi aprii la credenza e gli contai pezzo per pezzo tutto il servizio di porcellana a fiori e ghirlande, tanto bello, completo per sei, che ci avevo mangiato sì e no due volte in tutta la mia vita. L'avvertii a questo punto : « Guarda che questo servizio ce l'ho caro quanto la luce degli occhi... tu
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rompimelo e poi vedrai ». Lui rispose sorridendo: « Sta tranquilla ». Continuando l[...]

[...]a camera da letto e le quattro seggiole nel mezzo con il velluto verde e poi aprii la credenza e gli contai pezzo per pezzo tutto il servizio di porcellana a fiori e ghirlande, tanto bello, completo per sei, che ci avevo mangiato sì e no due volte in tutta la mia vita. L'avvertii a questo punto : « Guarda che questo servizio ce l'ho caro quanto la luce degli occhi... tu
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rompimelo e poi vedrai ». Lui rispose sorridendo: « Sta tranquilla ». Continuando l'elenco gli mostrai tutti gli altri oggetti: le due stampe con i fiori, la macchina da cucire, la radio, il divanetto di reps con le sue due poltroncine, la rosoliera di vetro rosa e azzurro con i sei bicchierini, qualche altra bomboniera e scatola, un bel ventaglio che avevo inchiodato al muro, tutto dipinto a colori, con una vista di Venezia. Poi passammo in cucina e qui gli contai pezzo per pezzo tutto il vasellame e le pentole che ce le avevo di alluminio e di rame, e la posateria, di acciaio inossidabile, e gli feci vedere che non mancava nulla né il forno, né lo schiacciapatate, né l'armadietto per le scope né la pattumiera di zinco. Insomma gli feci vedere ogni cosa e quindi scendemmo abbasso e andammo al negozio. L'inventario del negozio fu più breve perché all'infuori degli scaffali, del banco e di qualche seggiola, non c'era rimasto nulla, tutto era stato venduto pulito e spazzolato in quegli ultimi mesi di carestia. Finalmente tornammo di sopra, in casa e io dissi scoraggiata : « A che serve quest'inventario... tanto lo sento, qui non ci tornerò mai più ». Giovanni che si era seduto e fumava, scosse la testa e rispose: « Tra quindici giorni arrivano gli inglesi, persino i fascisti lo ammettono... tu te ne vai in villeggiatura per due settimane e torni e facciamo una bella festa per il tuo ritorno... che ti salta in mente? ». Giovanni, dopo queste parole, ne aggiunse molte altre per consolarci, me e Rosetta e quasi ci riuscì; così che quando se ne andò eravamo molto sollevate, e lui questa volta, con tutto che fossimo soli, nell'anticamera, non ripeté quel gesto della manata, ma si contentò di farmi una carezza al viso, che lui me la faceva spesso anche quando era ancora vivo mio marito e io gliene fui grata e quasi q[...]

[...] era diventata pallida dalla paura e quasi tremava e capii che lei dopo aver resistito per molto tempo ora non ce la faceva più e aveva i nervi sottosopra e così mi rassegnai a lasciare la cena e a scendere in cantina, una precauzione che in fondo non serviva a niente perché se fosse cascata una bomba quella nostra casa tanto vecchia sarebbe andata in polvere e noi ci saremmo rimaste sotto. Così scendemmo nel rifugio e c'erano tutti quanti gli inquilini della casa e passammo tre quarti d'ora sedute sui banchi, al buio. Tutti parlavano del l'arrivo degli inglesi come di cosa di pochi giorni: erano sbarcati a Salerno che stava vicino a Napoli e da Napoli a Roma ci avrebbero messo forse una settimana anche ad andar piano, perché ormai tedeschi e fascisti_scappavano come lepri e non si sarebbero fermati che alle Alpi. Ma alcuni dicevano che a Roma i tedeschi avrebbero dato battaglia perché Mussolini ci teneva a Roma e lui non gliene importava niente di ridurla una rovina purché gli inglesi non ci entrassero. Io ascoltavo queste cose e pensav[...]

[...] faceva quando era piccola e come da molto tempo non faceva più. Le domandai: «Ma che, hai ancora paura? ». Lei ri
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spose : « No, non ho paura, ma è vero mamma che i paracadutisti fanno quelle cose alle donne? ». E io: «Non dargli retta a quello scemo... non sa quello che dice ». « Ma è vero? » insistette lei. E io : « No, non è vero... e poi noi partiamo domani e andiamo in campagna e li non succederà proprio niente, sta tranquilla ». Lei stette zitta ancora un momento e poi disse: « Ma affinché noi possiamo tornare a casa, chi é che deve vincere: i tedeschi o gli inglesi? ». Io a questa domanda ci rimasi male perché come ho detto i giornali non li leggevo e per giunta non mi ero mai interessata di sapere come andasse la guerra. Dissi: « Io non lo so quello che hanno combinato... so soltanto che sono tutti figli di mignotte, inglesi e tedeschi... e che le guerre loro le fanno senza domandarci niente a noialtri poveretti... ma sai che ti dico : che per noi bisogna che qualcuno vinca sul serio, così la guerra finisce..[...]

[...]ignotte, inglesi e tedeschi... e che le guerre loro le fanno senza domandarci niente a noialtri poveretti... ma sai che ti dico : che per noi bisogna che qualcuno vinca sul serio, così la guerra finisce... tedeschi o inglesi non importa, purché qualcuno sia il più forte ».
Ma lei insistette: « Tutti dicono che i tedeschi sono cattivi... ma che hanno fatto, mamma? ». Allora io risposi: « Hanno fatto che invece di stare al paese loro, sono venuti qui, a scocciarci a noi... per questo la gente ce li ha sulle corna P. « Ma dove andiamo noi adesso », lei domandò, «ci sono i tedeschi o gli inglesi? ». Io non sapevo più che rispondere e dissi: «Lì non ci sono né tedeschi né inglesi... ci sono i campi, le vacche, i contadini e si sta bene... e ora dormi ». Lei non disse più nulla e si rannicchiò tutta contro di me e mi sembrò che alla fine si addormentasse.
Che brutta notte. Io mi svegliavo ad ogni momento e penso che Rosetta anche lei non chiudesse occhio tutta la notte, sebbene, per non inquietarmi, forse facesse finta di dormire. Talvolta m[...]

[...]», lei domandò, «ci sono i tedeschi o gli inglesi? ». Io non sapevo più che rispondere e dissi: «Lì non ci sono né tedeschi né inglesi... ci sono i campi, le vacche, i contadini e si sta bene... e ora dormi ». Lei non disse più nulla e si rannicchiò tutta contro di me e mi sembrò che alla fine si addormentasse.
Che brutta notte. Io mi svegliavo ad ogni momento e penso che Rosetta anche lei non chiudesse occhio tutta la notte, sebbene, per non inquietarmi, forse facesse finta di dormire. Talvolta mi pareva di svegliarmi ed invece dormivo e sognavo di svegliarmi, talaltra credevo di dormire ed invece ero sveglia e la stanchezza e il nervosismo mi illudevano di dormire. Gesù nell'orto, la notte prima che Giuda venisse a pigliarlo, non ha sofferto tanto come io quella notte li. Mi stringeva il cuore al pensiero di lasciare la casa dove avevo vissuto per tant'anni e poi pensavo che durante il viaggio potessero mitragliare il treno, oppure che il treno non ci fosse più, perché dicevano che da un giorno all'altro Roma poteva restare isolata. P[...]

[...]ento
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e presi il denaro che ci avevo nascosto. Era per quei tempi una grossa somma tutta in biglietti da mille e non avevo voluto prenderla in presenza di Rosetta perché col denaro non si sa mai e un'innocente pub sempre fare un'imprudenza e dire quello che non deve dire e nelle cose di denaro non ci si pub fidare di nessuno. Nell'ingresso sollevai la gonnella e misi il denaro dentro una tasca di tela che avevo cucito apposta. Quindi raggiunsi Giovanni e Rosetta nella strada.
Alla porta c'era una carrozzella, perché Giovanni non aveva voluto servirsi del camion del carbone per paura che potessero requisirlo. Giovanni ci aiutò a salire e poi sail anche lui. La carrozza si mosse e io non potei fare a meno di voltarmi indietro a guardare verso il quadrivio e verso la mia casa e il mio negozio, perché avevo un presentimento brutto che non li avrei mai piú rivisti. Non era ancora giorno, ma non era più notte, l'aria era grigia e in quest'aria grigia vidi la mia casa che faceva angolo nel quadrivio, con tutte le finestre chiuse e a pianterreno il negozio con le serrande abbassate. Di fronte c'era un'altra casa che faceva angolo anche quella e ci aveva al secondo piano una nicchia a medaglione, co[...]

[...]nelle officine oppure entravano all'osteria che era sempre piena e pensando questo provai uno strappo al cuore e mi accorsi che quelle casucce e quel quadrivio mi erano cari, forse perché ci avevo passato tutta la vita e quando li avevo veduti per la prima volta ero ancora giovinetta e adesso ero una donna fatta, con una figliola già grande. Dissi a Rosina : « Non la guardi casa nostra, non lo guardi il negozio? » e lei rispose: « Mamma, sta tranquilla, tu stessa hai detto che torniamo tra un paio di settimane ». Io sospirai e non dissi nulla. La carrozza prese verso il Tevere e io mi voltai e non guardai più al quadrivio.
Tutte le strade erano vuote, con l'aria grigia in fondo alle strade che pareva il vapore del bucato quando i panni sono molto sporchi. In terra la guazza faceva luccicare i selci che parevano di ferro. Non passava un cane, anzi passavano soltanto i cani: ne vidi cinque o sei brutti affamati e sporchi che annusavano ai cantoni e poi pisciavano contro i muri dai quali pendevano lacerati i manifesti a colori che incitava[...]

[...]un gruppo di persone mentre altri ripetevano: « largo, largo » e capii che quei motociclisti erano li per l'arrivo di qualche personaggio importante. Non lo vidi perché la folla me l'impediva, ma dopo un poco riudii il fracasso di quelle maledette motociclette e capii che se ne erano andati dietro la macchina di quel personaggio.
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Giovanni venne a prenderci, coi biglietti in mano dicendoci che erano biglietti fino a Itri : di qui poi, per le montagne, avremmo potuto raggiungere il paese. Uscimmo dalla stazione, andammo al treno, sotto la pensilina. Li c'era il sole in tanti raggi che si allungavano sopra i marciapiedi e parevano i raggi di sole che si vedono nelle corsie degli ospedali e nei cortili delle prigioni. Non si vedeva un cane e il treno, lungo lungo, sotto la pensilina, pareva vuoto. Ma come salimmo e cominciammo a percorrere i corridoi vidi che era pieno zeppo di soldati tedeschi, tutti armati, cogli zaini sulle spalle, il casco sugli occhi e il fucile tra le gambe. Ce n'erano non so quanti, passavamo da u[...]

[...] il loro canto era veramente triste. Dissi a quell'uomo vestito di nero vicino a me : « Anche a loro la guerra non piace... sono uomini anche loro dopo tutto... senti come cantano tristemente ». Ma lui, ingrugnato, mi rispose: «Non te ne intendi... è il loro inno... é come da noi la Marcia Reale ». E poi dopo un momento di silenzio : « La tristezza vera ce l'abbiamo noialtri italiani ».
Finalmente il treno si mosse, senza un fischio, senza uno squillo di tromba, senza un rumore, come per caso. Avrei voluto raccomandarmi una ultima volta alla Madonna che proteggesse me e Rosetta da tutti i pericoli ai quali andavamo incontro. Ma mi era venuto un sonno così forte che non ne ebbi neppure la forza. Pensai soltanto: « Sti figli di mignotte... »; e non sapevo se pensavo ai tedeschi o agli inglesi o ai fascisti o agli italiani. Un pò tutti forse. Quindi mi addormentai.
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da Mario La Cava, Il grande viaggio in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]tta u Borgo », tutta di casupole raggruppate attorno a stretti vicoli e a piazzuole, ed abitata da gente povera del luogo. V'erano pescatori, carrettieri, lavoratori dei campi, manovali, e qualche artigiano che aveva la bottega sul posto. Qua e là si apriva la porta di qualche cantina frequentata pure da popolani di altra parte del paese.
La pulizia, purtroppo, difettava alquanto, e non era difficile vedere animali d'allevamento passeggiare tranquillamente, malgrado il divieto comunale, per le contorte stradette: si sentiva allora il porco gridare, nell'attesa del cibo, che pareva lo scannassero, la capra chiamare la padrona, mentre allegramente saltava dalla porta di casa fin sul letto a due piazze, e le galline annunziare l'uovo, dopo essersi nascoste per farlo : si perdeva l'uovo e gravi litigi nascevano talora tra le donne sospettose che si accusavano l'una con l'altra.
Ma più spesso la pace regnava nel borgo, tra le famiglie che si conoscevano fin dall'infanzia e si trattavano come parenti. Sotto alle pergole, davanti alle case, n[...]

[...]buono per lui e la casa nuova che si costruiva . s'aggiungeva a quelle del paese, belle e grandi, allineate lungo la strada del mare.
Giuseppe Cantilo era l'unico calzolaio del «Borgo» dopo che alcuni anni fa vi era venuto da un paese di montagna vicino, in seguito al suo matrimonio : Rosaria, la moglie, aveva avuto in dote una casa di due stanze in quel luogo, e per questo egli, che più volte era stato in dubbio, l'aveva sposata, trasferendosi quivi. In una stanza aveva aperto bottega, e tutto il giorno Giuseppe, con un ragazzo che l'aiutava; seduto davanti al deschetto, con un grembiule azzurro sulle ginocchia, batteva i chiodi col martello o tirava lo spago, colle mani e coi denti, o tagliava col trincetto la suola, secondo l'arte che aveva imparato.
Era un uomo ancora giovane, con un po' di pancetta per la sua vita sedentaria, piccolo di statura, cogli occhi vivi e mobili; le sue mani, ingrossate dal lavoro, erano tanto nere che non si schiarivano nemmeno quando si lavava. Aveva i capelli neri e fitti, spesso impolverati verso la s[...]

[...]lle scarpe della povera gente. La moglie, della stessa eta, sembrava più vecchia per una banda di capelli bianchi sulla fronte, ed egli per questo, tanti anni prima, aveva tentennato prima di sposarla.
Dalla porta di mezzo che introduceva nella camera del letto, dove vi era pure quello della bambina maggiore, mentre la più piccola dormiva ancora coi genitori, entrava la moglie Rosaria : spesso i due coniugi stavano insieme: la loro vita era tranquilla, se non felice, poiché la felicita é difficile su questa terra, e ora parlavano di una cosa ora di un'altra, talvolta, ma per poco, bisticciandosi.
9U MARIO LA CAVA
Diceva Rosaria : « Hai visto che Maria del povero Carmine non può vestirsi di chiaro, dopo tanti anni che teneva il lutto, nemmeno ora che si era sposata? ».
«Perché? Cosa le é successo? ».
« È morta la cognata! E non era quindici giorni che si era sposata! Va nel paese del marito e deve di nuovo vestirsi a nero... ».
« Sempre con questo lutto Maria! Ma chi é che é morto? ».
«Non the l'ho detto? La cognata, la sorella del marito, una ragazza di vent'anni bella come un fiore, che tanti la volevano... ».
«Pazienza! Il Signore non vuole nessuno troppo contento... ».
Compariva un cliente, un manovale del luogo che diceva di dover partire per trovare lavoro, e chiedeva delle scarpe che aveva dato per accomodare. «No, non l'ho ancora fatte! Ho dovuto fare altro lavoro d'urgenza. Domani! ».
« Ma se é una settimana c[...]

[...]ché stavano vicini; e Giuseppe domandò: « Non é tornato Luigi dal mare? ».
Credo di no » rispose Rosaria.
S'accorse questa che il fico piantato davanti alla sua casa, e di cui un ramo arrivava fino alla porta, dalla parte di sopra, ondeggiava. « Debbono essere i ragazzi! » — pensò — e s'affacciò per scacciarli, se fossero saliti col pericolo di rompere i rami.
Era solo Felicetto, il figlio di Luigi il pescatore, che si dondolava; e poiché era quieto abbastanza, Rosaria non lo scacciò. «Sta attento a non rompere i rami! » gli disse; e poi: «Tuo padre é ritornato dal mare? ».
«No, ancora no! » rispose il bambino.
Comare Carmela della famiglia Crispini che abitava dirimpetto nello stretto vicolo, chiuso poco più in là da una siepe di fichidindia che davano sulla campagna alberata, la chiamò a voce alta, colla sua caratteristica pronunzia strascicata : le due famiglie più volte erano state in lite per delle piccolezze, malgrado la cagione principale fosse nella naturale malignità della famiglia Crispini, per cui nessuno poteva vederla. [...]

[...] e le comodità della casa : ed era strano come si fossero dimenticati delle condizioni e delle abitudini della famiglia e del luogo, inviando oggetti non facilmente adoperabili, come cuscini di cuoio dipinti, boccette di profumo, ninnoli di vetro o d'altro che non potevano servire a niente. Recentemente avevano mandato ad Ernesta una cucinetta in lamiera per la bambola che sembrava potesse servire anche per la casa, tanto era grande.
Si parlava quindi spesso dei fratelli lontani, le loro fotografie in abito nero con le mogli a braccetto erano attaccate alla parete del muro, e le bambine li avevano in mente come se l'avessero visti il giorno prima. Ancora Ernesta non aveva imparato bene a scrivere; ma quando avesse imparato, avrebbe scritto delle lunghe lettere affettuose, piene di saluti e di baci agli zii.
Una sera di primavera, dopo il treno delle cinque — questo accadde qualche tempo dopo la notizia data ai genitori dell'aborto della
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moglie di Filippo — il postino, che raramente passava di là, entrò nella bottega [...]

[...] leggere: i volti di tutt'e due erano pieni di allegria. 11 ragazzo aiutante aveva smesso di lavorare par la curiosità di sentire.
Dopo aver parlato lungamente della malattia della moglie, e come era stato sfortunato, e poi di varie vicende di lavoro, e del fratello che avrebbe scritto la prossima volta, concludeva, passando però ad altro ragionamento: « Perciò ti dico che fai male a non pensare a tempo alla tua famiglia, ora che sei giovane, e qui si sta bene e si guadagna, nonché mia moglie vi vuole conoscere tutti, tanto é innamorata delle bambine, e anch'io che non le ho potuto avere per me, e un matrimonio senza figli non é matrimonio. Parla quindi a Rosaria e convincila che ti lasci partire, qui l'Egitto é grande, figurati che il Cairo è una città che non finisce mai, e c'é posto per tutti. Tu potresti venire prima e poi potresti ritirare Rosaria con le bambine, tanto più che le donne si possono impiegare, e io ho mia moglie che guadagna quasi più di me. Pochi anni di sacrifizio e poi potresti ritornare in Italia a fare il proprietario... ».
« Dice di andare al Cairo, ci vuole li a tutti i costi... » spiegò Giuseppe, ridendo.
« Ah! » esclamò semplicemente Rosaria.
« Prima vuole che vada io a vedere come si sta; e poi ti manderei l'atto di richiamo perché mi raggiungessi... ».
t~ [...]

[...]ontani.
Il padre, invece, non pareva rammaricarsi al pensiero che avrebbe potuto perdere la figlia maggiore: pensava egli, ch'era tanto vecchio, che avrebbe fatto sempre a tempo a rivederla, al ritorno? Disse semplicemente: «Quando io ero giovane, non si facevano tanti viaggi, nessuno si muoveva; dopo, hanno incominciato a partire, hanno fatto ricchezze, ma molti hanno perduto la pace nella casa ».
Chi sa! » ammise Rosaria. « Per ora resteremo qui; Giuseppe ha tanto lavoro; non gli conviene lasciare la clientela; lo scriveremo a Filippo. In seguito si vedrà.. ».
«Aspettate prima ad invecchiare, come siamo invecchiate noi! » commentò amaramente Agata. E poi: «Ma io glielo dirò a Giuseppe che sbaglia, sbaglia davvero!... ».
Entrarono le bambine ch'erano fuori con altre a giocare a righetta e parvero, così come cinguettavano, folate di uccelli al tramonto. « Lo zio Filippo vi vuole in Egitto! » disse la madre.
Poi ritornarono tutte a casa loro; Giuseppe aveva già finito di lavorare, e si lavava le mani e il viso; quella sera voleva usc[...]

[...]ccola folla di gente s'era raccolta nel vicoletto; i vecchi genitori non s'erano mossi dalle porte della loro casa e guardavano. Giuseppe chiuse la porta di casa con un colpo che si ripercosse lugubremente nel suo cuore; frenò la commozione e consegnò la chiave ad Agata. Poi si mosse per abbracciare i suoceri, che diedero la loro benedizione. Rosaria baciò più volte con le lagrime agli occhi i genitori, promettendo fra un anno o due il ritorno.
Quindi si mossero per andare alla stazione, accompagnati da Aga
102 MARIO LA CAVA
ta e Peppina e da molti vicinii; Luigi il pescatore teneva tra le mani una valigia di Giuseppe, Peppina portava un sacchetto di biancheria; l'altra valigia la portava il ragazzo che aveva aiutato fino allora Giuseppe nel lavoro. Le bambine andavano avanti sole.
Non si dovette aspettare a lungo il treno per il porto d'imbarco: il campanello d'avviso già squillava. S'intese il rumoreggiare del ponte vicino, al passaggio, dietro la curva. Rosaria si butte. tra le braccia delle sorelle e delle vicine. Commare Carmela dei Crispini piangeva più delle altre, ricambiata in tutto da Rosaria. Le bambine, strette tra le braccia delle zie, stavano per soffocare. Giuseppe, col cuore commosso, salutava tutti, fingendo un'allegria che non aveva.
Infine, senza saper come, aiutati all'ultimo momento per miracolo dagli amici e dal conduttore, si trovarono sul treno che si moveva; il paese sempre più fuggiva lontano dai loro occhi.
Postosi a sedere, Giuseppe dis[...]

[...] bambina? » Non vedendo la piccina, chiama: «Giuseppe! Giuseppe! ». Mentre il padre, con tutte le due valigie, fermatosi di colpo, grida con voce angosciata: «Lidia! Lidia! Lidia! ».
«Abbiamo perduta la bambina! Disgrazia mia! Sventura! » in voca la donna, piangendo. Giuseppe, nel volto pallido più della morte, dice: «Aspetta... Vediamo... ». Ma Rosaria non si calma, non tace. La folla si arresta. Un marinaio interviene. « La bambina or ora era qui, e poi l'abbiamo smarrita ».
Rosaria piange, disperandosi; e una donna, col cappellino, vestita di nero s'avvicina: « Non ti disperare — le dice, toccandole colla mano le guancie. — Si troverà. E qui, in mezzo alla folla! ».
« Sarà caduta in mare! Sarà annegata! » grida la madre. «Lidia! Lidia! » chiama il padre.
Il movimento dei viaggiatori viene arrestato sulla nave; col megafono il capitano dà gli ordini di ricerca ai marinai. Varie persone si avvicinano per confortare i poveri genitori.
E alfine un marinaio, pochi passi più in là ritorna colla bambina, tenuta in braccio, e piangente. « Eccola, madre! » disse a Rosaria. «Dov'era? Dov'era? »
« Era dietro quel fascio di corde, seduta per terra, mentre piangeva silenziosamente. Doveva sentire le vostre parole, quando la chiamavate, e [...]

[...] alfine un marinaio, pochi passi più in là ritorna colla bambina, tenuta in braccio, e piangente. « Eccola, madre! » disse a Rosaria. «Dov'era? Dov'era? »
« Era dietro quel fascio di corde, seduta per terra, mentre piangeva silenziosamente. Doveva sentire le vostre parole, quando la chiamavate, e non rispondeva per paura! ».
«Siano rese grazie a Dio! » disse il padre; mentre Rosaria ancora piangeva, senza saper cosa dire.
«Ora puoi essere tranquilla! » le disse la donna vestita di nero.
« Siano rese grazie a Dio! » ripeteva Giuseppe, esaltato; e avrebbe voluto tenere lui la bambina per mano, non fidandosi più della moglie, se non fosse stato per via delle valigie. « Sta' attenta! » le disse, riprendendo il cammino verso la cabina fissata, e voltandosi ogni momento a guardare.
Ma la povera Rosaria non aveva più la mente che le reggeva; arrive, al luogo stabilito, e non resisté più; si mise per terra, seduta sul sacco, mentre gocciole di sudore le scorrevano sulla faccia pallida. La piccola era ora tranquilla, e la madre la stringeva [...]

[...]tenere lui la bambina per mano, non fidandosi più della moglie, se non fosse stato per via delle valigie. « Sta' attenta! » le disse, riprendendo il cammino verso la cabina fissata, e voltandosi ogni momento a guardare.
Ma la povera Rosaria non aveva più la mente che le reggeva; arrive, al luogo stabilito, e non resisté più; si mise per terra, seduta sul sacco, mentre gocciole di sudore le scorrevano sulla faccia pallida. La piccola era ora tranquilla, e la madre la stringeva al seno, non credendo quasi ai suoi occhi.
104 MARIO LA CAVA
E passando così, un giorno e una notte, senza mangiare, poiché il viaggio le fece male; confortata ogni tanto da qualcuno che sapeva della paura che aveva sofferto. Mentre il marito pensava pensava, e non si sentiva più l'animo sereno come prima.
Anche Ernesta soffriva per il mare, addormentandosi ogni tanto agitata e poi svegliandosi di soprassalto; il viaggio sembrava non dovesse finire piú.
Al mattino uscirono tutti sopracoperta; il sole illuminava tutta la nave; e il vento fresco allietava i volti[...]

[...]uarda che fiume! Sembra il mare! » diceva Giuseppe; aggiungendo per scherzo: «Uguale al nostro Buonamico!...» ch'era un torrente che si asciugava quasi d'estate.
« Che c'entra! — rispondeva Rosaria. — Quello é un'altra cosa! ».
«Le campagne a che sono coltivate? » domandava Giuseppe a se stesso, senza sapersi dare una risposta precisa; e poi soggiungeva : «Non sono belle alberate come le nostre! ».
« Quante palme ci sono! » diceva Rosaria.
« Qui non si uscirebbe pazzi di Pasqua per trovare la foglia da benedire! continuava Giuseppe. E poi : Quelle altre debbono essere le piantagioni delle banane, banane saranno! ».
Ma Rosaria badava ora alla piccola Lidia che seduta in grembo
IL GRANDE VIAGGIO 105
alla madre sembrava volesse appisolarsi. La guardava e temeva che le potesse pigliare la febbre. Il suo viso rotondo di bimba era infuocato, più della sorella abitualmente rosea.
«Ci pensi che questa qui me la piglia la febbre? » disse la madre.
«Un po' di stanchezza! » rispose il padre. E diventò pensieroso com'era quando si trovava s[...]

[...]rebbe pazzi di Pasqua per trovare la foglia da benedire! continuava Giuseppe. E poi : Quelle altre debbono essere le piantagioni delle banane, banane saranno! ».
Ma Rosaria badava ora alla piccola Lidia che seduta in grembo
IL GRANDE VIAGGIO 105
alla madre sembrava volesse appisolarsi. La guardava e temeva che le potesse pigliare la febbre. Il suo viso rotondo di bimba era infuocato, più della sorella abitualmente rosea.
«Ci pensi che questa qui me la piglia la febbre? » disse la madre.
«Un po' di stanchezza! » rispose il padre. E diventò pensieroso com'era quando si trovava sul vapore. Passarono nel corridoio uomini in tunica bianca e turbante rosso, ed egli quasi sembrò non li notasse.
Era che considerava di aver perduto il primo treno che avrebbe dovuto prendere e col quale sarebbe stato aspettato dai cognati aI Cairo; sarebbe invece arrivato con ritardo; probabilmente non avrebbe visto nessuno alla stazione; ed egli, spratico della città, come avrebbe fatto a trovare la casa dei parenti?
Domandò a un signore, vestito in nero, [...]

[...]o dove si trovava e si buttò tra le braccia della sorella. Antonio abbracciava Giuseppe, ridendo, mentre le mogli stavano indietro.
« Io sono Matilde! » disse la moglie di Filippo. « E io Vanda! ». « Cosa si dice in Italia ? » domandò Antonio.
« Eh! al solito » rispose Giuseppe.
« Come sta il padre? E la madre? E Agata? E Peppina ? » domandarono tutti in una volta i fratelli.
Poi Antonio disse a Filippo: « Va' a chiamare una carrozza. Stiamo qui? ».
« E papà come sta ? » domandava Matilde a Rosaria. Questa non capiva bene. Dopo, disse: «Che volete! Ormai é vecchiarello! Non lavora più! ».
« Oh! » rispose Matilde, come se l'avesse sentito per la prima volta. Le due cognate misero in mezzo Rosaria, ch'era la più magra di tutte. 11 suo vestito scuro, con la veste lunga delle donne del popolo alquanto evolute, né stretta né larga, con la camicetta dalle ma
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niche lunghe, il fazzoletto celeste al capo, contrastava con gli abiti cittadini di Matilde e Vanda, tutte d'un pezzo e di taglio corto fin sotto al ginocchio.
S[...]

[...]di là, senza sapersi orientare: temeva di recare disturbo, si confondeva, poiché non era abituata a tante comodità e tante raffinatezze.
« Quando sarete pratica della vita di città, allora vi potrete impiegare pure voi » progettò Matilde.
« Oh no! io non saprò mai imparare! ».
IL GRANDE VIAGGIO 109
Entrò, poco dopo, Vanda con un piatto di lenticchie che portava in regalo a tutti.
Matilde spiegò : « Ci soliamo scambiare i cibi, a volte ».
« Qui bisogna lavorare! » disse Vanda a Rosaria. « Dovrete rendervi utile! ». E rise scherzando : « Da domattina andremo a fare la spesa insieme, e poi andrete sola, poiché noi dobbiamo correre al lavoro... ». Rosaria tremò di timidezza.
« E alla sera vogliamo divertirci! » esclamò Matilde. E poi, rivolta al marito: « Abbiamo diritto o no, Filippo, dopo avere lavorato ? ».
« Certamente! » rispose l'uomo.
« Anche Rosaria verrà con noi al cinematografo e al passeggio » dichiarò Matilde.
« Io? » chiese Rosaria.
« Anche tu diventerai cittadina! » affermò sorridendo Giuseppe.
Ma Rosaria non era po[...]

[...] e di zia Peppina e del nonno e della nonna? E tu Ernestina mia, vai a scuola? Ti porti bene? Mi scriverai una lettera lunga lunga? ».
Giuseppe notò che di tutti quelli ai quale aveva scritto, o a nome
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suo o della moglie, solo alcuni avevano risposto. Fra gli altri aveva taciuto pure Luigi, il pescatore, col quale sempre era stato tanto amico. Se la cosa avesse potuto succedere quando egli era al paese, si sarebbe offeso. Ma qui veramente, con tante miglia di mare, tutto era diverso, una dolce fantasticheria avvolgeva nella lontananza amici e conoscenti. Sentiva dispiacere, si, Giuseppe a vedersi dimenticato, ma non lo dava a vedere, e di quanti aveva conosciuto, lungamente parlava con Filippo e con Antonio che gliene domandavano.
La vita del paese risorgeva nella sua mente e in quella di coloro che lo ascoltavano, mentre il grammofono nella bella stanza da pranzo di Filippo suonava per conto suo, e i cambiamenti avvenuti erano descritti con minuzia e calore.
«Non ti dico niente di quello che fu dopo che voi siete [...]

[...]ndo rimandare tanto che poi non faccia a tempo, e mi succeda come per la mamma che non l'ho potuta abbracciare piú... ».
Rosaria piangeva a queste parole; e allora Giuseppe le prometteva che fra pochi mesi, col lavoro straordinario che avrebbe fatto, sarebbe stato in condizione di partire.
«Partiremo dunque nell'inverno, quando non si soffre piú? » domandava Rosaria, che non calcolava come il marito e i fratelli le necessità della vita.
« Tranquillizzatevi Rosaria — dicevano allora le cognate. — Un altro po' di sacrifizio e poi avrete il piacere di ritornare a casa vostra... ».
Matilde da sola continuava : « E non ci vedremo più qui al Cairo ? Giacché io verrò di tanto in tanto al vostro paese... ».
« Verremo, verremo! » prometteva Vanda.
Rosaria non rispondeva, ma sorrideva, perduta nel sogno del suo paese natale.
« Ella non si é mai adattata alla vita del Cairo! » dichiarava Antonio.
« Non so perché non ti è mai piaciuto. l'Egitto » continuava Filippo. « Eppure non sei stata ammalata, altro che un po' agli occhi, e la bambina ha avuto qualche febbre... ».
« Febbre me la chiami? Stava per morire, povera piccina mia! » rispondeva Rosaria.
« Si, ormai é stabilito. Col lavoro straordinario che farò, sarò in grado di [...]

[...]agli occhi, e la bambina ha avuto qualche febbre... ».
« Febbre me la chiami? Stava per morire, povera piccina mia! » rispondeva Rosaria.
« Si, ormai é stabilito. Col lavoro straordinario che farò, sarò in grado di raggranellare presto i soldi che ci vogliono per le cinquemila lire! » assicurava Giuseppe.
Rientrava in quel momento dalla casa di una compagna di scuola, Ernesta; e quasi prima della sua aggraziata persona si avverti la sua voce squillante di bambina felice.
« E questa qui non ce la lasciate ancora per qualche po' di tempo, dopo che sarete partiti? » chiese Matilde, anche a nome della cognata e degli altri.
Rosaria non rispose, mostrando dal volto che la cosa non era per niente possibile. « E tu non vuoi restare con noi ? » continuò Matilde,
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rivolgendosi alla figliuola. Ernestina arrossi, senza saper cosa dire. Ed il padre fu che disse: «Rispondi che vi rivedrete ogni tanto o che loro vengano da noi o che tu faccia qualche viaggio per qui, quando sarai grande, e se la fortuna ci aiuterà, come speriamo... ».
Nessuno più parlò della proposta[...]

[...]di tempo, dopo che sarete partiti? » chiese Matilde, anche a nome della cognata e degli altri.
Rosaria non rispose, mostrando dal volto che la cosa non era per niente possibile. « E tu non vuoi restare con noi ? » continuò Matilde,
116 MARIO LA CAVA
rivolgendosi alla figliuola. Ernestina arrossi, senza saper cosa dire. Ed il padre fu che disse: «Rispondi che vi rivedrete ogni tanto o che loro vengano da noi o che tu faccia qualche viaggio per qui, quando sarai grande, e se la fortuna ci aiuterà, come speriamo... ».
Nessuno più parlò della proposta, e solo i preparativi per la partenza da fare fra molti mesi furono discussi, come se si dovesse farla tra poco. Giuseppe chiese ed ottenne di lavorare due ore di più, per avere maggiore guadagno. Per la prima volta si assoggettò ad un'estenuante fatica, con un ardore di cui nessuno forse l'avrebbe creduto capace. Si stancava, nei mesi terribili dell'estate che sopravvenne, e pure resisteva.
Anche lui sognava il paese natio, gli amici, i parenti, la vita semplice di una volta; non aveva pi[...]

[...] forse non si erano dimenticati, ma lo davano a vedere, se non volevano ritornare.
«Sono le mogli che li trattengono» diceva Giuseppe alla moglie per spiegare la cosa.
«No, nemmeno questo — ormai hanno fatto dell'Egitto un altro loro paese ».
E nessuno dei due sospettava che tanto Antonio che Filippo, che del resto sembrava tanto impulsivo ed entusiasta, calcolassero meglio di loro le possibilià di vita nell'Egitto e quelle del loro paese.
« Qui spendono molto. E anche noi, accanto a loro, abbiamo speso tanto » diceva Giuseppe.
« Pazienza! Ma tu lo hai voluto, accettando di fare in tutto vita in comune con loro... ».
« Volevi anche tu allora... ».
IL GRANDE VIAGGIO 117
« Non é vero. Io l'avevo capito, e tu non l'hai voluto. E siamo rimasti tanto tempo lontani da casa! » concludeva Rosaria.
«"In questi mesi in cui non si va in nessun posto, si può risparmiare parecchio... » diceva Giuseppe.
Rosaria allora non si frenava dal criticare : « Sanno che i mariti sono in lutto e vanno lo stesso a divertirsi. E non hanno messo le vesti [...]

[...]e erano le ingenuità delle sue bambine, che dopo il ritorno dall'Egitto avevano continuato sempre a star bene; e più sere si diverti a sentirle cantare e a vederle passeggiare insieme nel vicoletto davanti alla casa, colle braccia congiunte, la più piccola che arrivava all'altezza degli omeri la più grande, mentre sul capo s'erano messe mazzetti di fiori e attorno al collo coroncine intrecciate.
Passeggiavano cantando, e le loro voci argentine squillavano nel cielo sereno. S'avvicinava il padre, e rivolgendosi a Lidia diceva: « Vieni, che t'ho portato le caramelle per te ed Ernestina! ». Lidia si avvicinava e le prendeva, donando la sua parte alla sorella; e poi soggiungeva : « No, questa non la voglio, questa é al sapore della menta! ».
« Dalla a me, allora! » rispondeva il padre; e poiché aveva altre nella tasca, gliela cambiava.
Lidia si rallegrava, e dopo scappava dalla madre o dalle zie o dalle vicine; e tutto pareva che dovesse andare secondo il solito, nell'attesa di un futuro che non avrebbe dovuto essere cattivo.
Ma una sera[...]

[...]sero le donne nella speranza di poter commuovere il medico e la guardia. L'ordine venne rispettato.
Ritirate nella loro casa, accanto al vecchio padre che pur nella sua tarda età capiva e risentiva la gravità della sventura che stava abbattendosi sulla famiglia della figlia, esse affannosamente immaginavano la tragedia che si stava svolgendo nell'interno della casa colpita. Pregavano la Madonna, e speravano.
Passa un giorno, e poi due, tre. La quiete sembrava regnasse lá dove la bambina agonizzava. Si stava in ascolto e non si sentiva nulla. Ma all'improvviso grida atroci, nella tarda sera, penetrarono attra
IL GRANDE VIAGGIO 123
verso la porta sbarrata; una vampata di dolore si abbatté su quanti erano attorno e vicino, ad attendere.
La fine era venuta; e il popolo spaventato non ardiva forzare la porta per salutare la bambina. Zia Agata e zia Peppina colle lagrime agli occhi la chiamavano invano.
Venne il carro del comune, durante la stessa notte, e il cadavere fu messo a posto: senza accompagnamento e senza cerimonie fu portato a[...]

[...]tu non hai fatto niente nella casal... Sempre a pensare, a pensare... ».
« Si, si... » rispondeva Rosaria vagamente; e dal posto dove si tro
126 MARIO LA CAVA
vaya, non si moveva nemmeno per dare il cibo ad Ernestina che lo chiedeva.
« Vedi come faccio io che con tanto lavoro mi svago; poi penso, e dopo mi riposo, e poi penso di nuovo; e così passo la giornata, al contrario di te... ».
Io non posso, non posso... ».
Giuseppe la guardava, e quindi chiedeva : « Sono venute le sorelle? Ti hanno tenuto compagnia? ». Vedeva che Rosaria non gli rispondeva, e insisteva : « È venuto qualche altro? ».
Allora pareva che Rosaria si svegliasse dalla sua sonnolenza: «No, non è venuto nessuno! ».
E veramente solo le vicine, stanche del loro dovere, erano mancate nella visita alla madre sventurata; le sorelle, trascurando le occupazioni della casa e Agata in particolare quelle del lavoro di cucito, si erano fatte vedere più volte. E come suol accadere, invano avevano cercato di consolare la madre con i discorsi e i ragionamenti. Poi avevano inv[...]

[...] del lutto, accompagnata da Ernestina spaurita, ella era là, nel vicoletto angusto del borgo, mentre le sorelle accorrevano e commare Carmela, vinta dalla curiosità, saltava gli scalini della sua casa.
«No, commare Rosaria, cosa fate! », esclamó la vicina con voce sorpresa. «Non reggerete al dolore! Io lo so, da quando mi son morti i miei due figliuoletti maschi, che Dio li abbia in gloria! Non la fate andare, Agata, trattenetela, fatela stare qui con noi ancora un poco!... ».
Ma le sorelle avevano capito che Rosaria avrebbe trovato conforto nella visita che si preparava a fare, e non ardirono impedirle il cammino. Si offersero di andare a tenerle compagnia. Ma Agata aveva da cucire d'urgenza un abito da sposa che, malgrado la diminuita clientela, aveva trascurato; e Peppina era ancora stanca del viaggio che aveva fatto in campagna.
«Vado con Ernestina! Non c'è bisogno di voi! Andremo con voi qualche altra volta! », rispose Rosaria.
Si allontanava da loro e presto si dirigeva verso la strada che portava al camposanto. Il sole era[...]

[...]nta in vista della collina dei cipressi, trascinava quasi per la mano Ernestina che s'era stancata. Nei suoi occhi tremanti splendeva la visione di chi attende qualcuno ad un convegno da lungo tempo sognato.
I cancelli del camposanto erano aperti. Rosaria restò un momento confusa e spaventata. Poi, guidata dal guardiano, si precipitò correndo sulla tomba adornata di marmo che le veniva additata.
«Lidia! Lidia! », accoratamente chiamava. «Vieni qui presso di me, Lidia mia! Vieni che ti voglio accarezzare i tuoi capelli inanellati! Vieni che ti voglio guardare negli occhi innocenti! Lidia! Oh figliuola mia perduta! ».
Le lagrime, di cui pareva che si fosse inaridita la fonte, nuovamente sgorgarono dai suoi occhi. Piangeva, febbrilmente parlava, e ora l'immagine della bambina morta col suo corpicino boccheggiante e il collo che pareva si volesse staccare, si presentava alla sua fantasia, ora si allontanava.
«Figliuola mia lontana dove ti trovi? In quale cielo sperduta? Chi ti ha rapita? Chi ti ha nascosta? E perché non ritorni più su qu[...]

[...]dele morte, che strappi i figli dai genitori e non hai vergogna di squarciare un povero cuore insanguinato! ».
Dopo essersi sfogata alquanto, scostava Ernestina che s'era messa a sedere sul marmo e piangeva alla vista della madre, e si dava a pulire la tomba della polvere che si era depositata e delle foglie che vi erano cadute. Accendeva la lampada, toglieva qualche moscerino annegato nell'olio, disponeva i fiori in un vaso che vi era accanto. Quindi, dopo aver meditato, si chinava sul marmo e lo baciava come fosse il volto freddo della figliuola uscita di vita, e mestamente si ritirava. Per più giorni ne rimaneva consolata; e poi di nuovo sentiva il bisogno di ritornare al luogo del suo dolore e dei suoi sogni.
«Fate male a continuare casi!... Vi rovinate, morrete dal dolore! Pensate a chi lascerete! Non vi preme la loro sorte? », diceva la gente quando l'incontrava. sommare Carmela s'affaccendava colle sorelle Agata e Peppina, insisteva presso di loro. La moglie di Luigi, il pesca tore, rimbrottava : « La vostra é un'esagerazione! T[...]

[...] pareva venir sempre meno.
Il piccolo appaltatore Artù non aveva mantenuto fede ai suoi impegni verso Giuseppe. Era accaduto che alcuni lavori di arginatura del fiume Buonamico erano stati rotti dalle acque avanzanti. Il proprietario del fondo che aveva ordinato i lavori non aveva pagato, adducendo a scusa la cattiva qualità dei materiali adoperati e l'indugio eccessivo nel lavoro. Intervenuto il tribunale, solo una porzione del credito venne liquidata a favore dell'appaltatore. Questi allora ridusse lo stipendio che aveva stabilito per Giuseppe.
In seguito vennero fatti lavori di riparazione su un muro pericolante della chiesa; i denari, raccolti dai fedeli, erano pochi. Se l'appaltatore stesso affermava di non poter ricavare da quella somma nessun utile, come poteva Giuseppe pretendere un buon compenso ?
Si aggiunga che in famiglia Rosaria per niente pensava a tempo alle riserve da fare sui cibi, che tutto per incuria o ignoranza si comprava a prezzo maggiore della media, che le sorelle Agata e Peppina nella diminuzione dei guadagni[...]

[...]e la moglie e la figlia.
Certamente egli in Egitto non sarebbe più ritornato; aveva fatto una volta l'esperienza dell'Egitto, e non voleva ripeterla. L'America sarebbe stato il paese del suo avvenire; e poiché nel nord non si poteva andare o bisognava aspettare lungamente per ottenere il permesso, egli avrebbe potuto andare nel sud, in Argentina, dove vi erano tanti paesani. Li avrebbe trovato la fortuna che in Egitto gli era sfuggita di mano e qui in Italia era completamente scomparsa.
IL GRANDE VIAGGIO 133
Ma come fare per andare? E chi avrebbe convinto Rosaria? E come avrebbe confortato se stesso che per la prima volta si sarebbe dovuto separare dai suoi?
Pensava a Rosaria, dimagrita dopo la disgrazia, con tante rughe in faccia da non riconoscersi piú. Ecco, la sua gioventù era per sempre finita. Non più il suo cuore palpitava di amore, non più si rivolgeva al marito come al suo uomo.
E pure Giuseppe, con un dente di sopra mancante, stanco per i dispiaceri e le preoccupazioni, cos'era più del giovane uomo di un tempo? La vita ave[...]

[...]rerlo per il bene stesso di lei. Dall'America Giuseppe avrebbe portato l'occorrente per vivere e la dote della figliuola. Con mezzi maggiori, una nuova vita sarebbe sorta nel paese, e gli errori di prima non si sarebbero ripetuti.
Parlò a Rosaria dei suoi progetti. « No, no, meglio restare qua. Non sarei capace di partire dalla terra dove so che dorme la mia bambina! », rispose la moglie che aveva creduto di doverlo accompagnare.
« Tu resterai qui con la bambina. E io in pochi anni farò fortuna. Poi ritornerò. Vedi come ogni cosa mi va male, vedi come è stato un errore ritornare troppo presto dall'Egitto! ».
« E perché non vuoi ritornare al Cairo, dove i fratelli potrebbero aiutarti? ».
« So che in America si possono fare guadagni maggiori coi quali ritornerei più presto a casa... ».
« Io non so... Ma ho paura di restare sola! Vedi come sono ammalata e stanca...».
134 MARIO LA CAVA
«Se tu stessa ti rivolgessi alla famiglia Chirico che sempre ti ha voluto bene, potresti ottenere un prestito per il viaggio con poco interesse, o senz[...]

[...]a rivivere le sue fantasie e i suoi sogni.
Uscendo dal cancello ebbero davanti la vista del golfo con il mare che si perdeva in lontananza. Al di lá v'era l'America, la terra della speranza. Giuseppe e Rosaria ebbero un solo pensiero.
Ma Rosaria, poggiando il capo invecchiato sulla spalla del marito, nella solitudine dell'ora, mentre le ombre della sera cadevano, disse, bisbigliando appena : « Te ne andrai per sempre; e piú non potrai rivedere qui la nostra figliuolal... ».
«Perdonami, Rosaria! — rispose Giuseppe — se non sono stato capace di mantenerti, stando accanto al tuo cuore!... ». Ebbe un moto irresistibile di pianto. Insieme, nella notte sopravvenuta, scesero al paese, si rifugiarono nella casa, passarono l'ultima notte della loro vita.
MARIO LA CAVA



da Quinto Martini, Memorie in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...] da mia madre, essi mi seguirono. Entrarono nella stanza capitanati da un marchese del paese vicino. Questo marchese poi è diventato ministro. Io stavo accanto alla mamma. Si fece vicino un uomo giovane in divisa, era grasso, dalla faccia butterata, capelli rossastri, puntò la rivoltella al petto della mamma gridando:
« Ditemi .dov'è vostro figlio, quello che fa il muratore! ».
« Mio figlio non è in casa, se non ci credete cercate pure ».
124 QUINTO MARTINI
«Dite dov'è nascosto, dov'è scappato! ».
Io ammirai mia madre per la sua calma e coraggio: mi sentii fiero di lei e da quel giorno il mio affetto è stato sempre più forte. Il maresciallo, rosso in viso e guardando i suoi uomini, gridò:
« Avanti, perquisite tutta la casa, guardate dappertutto, nelle stalle, nel fienile e fuori nei pagliai ».
Quando disse « nel fienile » mi sentii girare la testa. Credevo di svenirmi, istintivamente mi misi a sedere sul primo gradino della scala e non capii più nulla. Quando mi alzai vidi la mamma che stava a parlare col marchese.
Egli aveva un bastone con un grosso pomo di metallo lucido; lo teneva su in alto di fronte a lei come una terribile minaccia gridando:
« Se non ci direte dov'è vostro figlio, sarà tutto distrutto ». Fece iI gesto di picchiare sopra i vetri della credenza. La mamma si mise di fron[...]

[...], fino alla fontana. Ricordi quando siamo stati a trovare lä zia e ci siamo fermati a bere? ».
« Si, si, ricordo babbo, lo so, lo so, dov'è la fontana » risposi orgoglioso di questa missione segreta.
« Ebbene, quando sarai alla fontana prenderai la strada che entra fra i castagni e andrai diritto a quel leccio grande dove siamo stati quest'inverno a cercare le ghiande per il maiale. Prendi il viottolo che c'é
r,


126 QUINTO MARTINI
vicino a quel masso e tutto diritto arriverai alla capanna. Ricordati di non domandare a nessuno là strada per salire sù in vetta al monte. Se qualcuno ti chiedesse dove vai, tu scherzando rispondi che vai a cercar cenci ».
Scendemmo dal fienile. La mamma stava rimettendo a posto la casa. Era stato buttato tutto sopra il letto e in mezzo alle stanze. Nel granaio avevano anche rovesciato i sacchi del frumento. Presi un foglio, tracciai con un lapis la strada che dovevo fare e me lo nascosi in dosso sorretto dalla cinghia dei pantaloni. Poi aiutammo la mamma a ravversare le stanze.[...]

[...].
«Come nulla? E per nulla...».
« Una donna mi ha detto: c'era un giovane nei campi che scappava tra le viti, passando vicino al vecchio, un gruppetto di uomini si sono avvicinati e tutti insieme gli hanno chiesto:
«Chi era quello che scappava? Dov'è andato? ».
« Io non ho visto nulla ».
«Dov'è andato? ».
« Non so nulla io ».
Uno del gruppo alzando un bastone ha gridato:
« Vecchio maligno, ti faremo parlar noi », e giù a bastonarlo.
128 QUINTO MARTINI
« Povero vecchio » disse la mamma chinando la testa e infilandosi le dita fra le dita. Io chiesi al mendicante:
« Chi era quel vecchio? ».
«Nessuno lo sa, doveva essere un uomo di là dai monti. Qualcuno dice di averlo visto passare altre volte, sempre nei giorni che c'è i1 mercato in città ».
Dopo aver mangiato si alzò, prese il suo bastone avviandosi verso la porta disse le parole di sempre:
« Dio sia con vai. Dio ve ne renda merito in questa e nell'altra vita ».
Quando non si senti più il suo passo strascicante, Remo disse:
« Io non darei mai nulla a questa gente. Sono dei[...]

[...]
« Si, a quelli che lavorano. A chi non lavora, pure essendo sano, nulla... » .
Io non potevo pensare come lui che gli uomini fossero tutti dei farabutti. Lui non si fidava di nessuno, sbrigava tutto da sé. Ricordo che una volta ordinò un paio di scarpe al calzolaio del paese. Era d'inverno, lui stava sempre vicino al bischetto perché non ci mettesse del cartone nella suola. Quando portò le scarpe a casa diceva da uomo sicuro del fatto suo:
« Qui non c'è cartone. L'ho visto io quando lo Zoppo me le fa ceva! » e battendo la suola insieme: «Tutto cuoio, perdio! ».
Finito di mangiare, il babbo mi preparò il sacco e partii.
Com'era bello camminare lungo il fiume, fra i campi e per la strada del bosco. Ero pieno di forza, non vedevo l'ora di farmi vedere da Aldo per dirgli: « Vedi, t'ho portato da mangiare e da vestire », e
MEMORIE 129
raccontargli tutto quello che era accaduto la mattina, quello che aveva
saputo fare la mamma, che era stata uccisa una vecchietta mentre racco
glieva nell'orto le foglie di cavolo per i conigli...
Non[...]

[...]glie di cavolo per i conigli...
Non faceva molto caldo, ma prima di arrivare alla fonte mi sentii
la gola asciutta, appena giunto bevvi a lungo, e ripresi a camminare
lesto lesto per la strada del bosco.
Prima di arrivare al leccio incontrai mio fratello. Sono tanto sor
preso di trovarlo per la strada che non sono capace di far parola. Lui
invece, mi abbraccia e dice:
«Bravo Libero, sei veramente un uomo» e prendendo il sacco:
« Cosa c'è qui dentro? » Mi guardai attorno e dissi:
«Entriamo nel bosco...» Lui sorrise, mi prese per mano, ci inerpi
cammo in mezzo al castagneto e ai quercioli. Quando fummo abba
stanza dentro e lontano dalla strada, gli dissi piano piano:
«Sai, Aldo, nel sacco c'è da mangiare e vestire. E babbo che mi
manda ».
Sciolse il sacco e mentre lui frugava con le mani, io dissi ancora:
« Se tu resterai quassù, verrò spesso a portarti pane, carne e da
vestire... ».
Mi prese con le mani alla vita e alzandomi come se fossi stato una
piuma mi disse:
«Bravo Libero» e subito mi mise a sedere vicino al gambo[...]

[...] vicino al gambo di
un castagno. Anche lui si sedette vicino a me, e stringendomi fra le
braccia e guardandomi negli occhi, mi domande):
«Saprai serbare il segreto? ».
« Non dirò nulla nemmeno all'aria! ».
« Allora, sempre acqua in bocca? ».
« Si, sempre acqua in bocca... ».
«Neppure al prete, se andrai a confessarti? ».
« Io non vado a confessarmi, tu lo sai ».
« Lo so. Ma ho detto così per dirti che nessuno deve saperlo ».
« Stai tranquillo. Mi farei ammazzare, ma non direi nulla ».
« Bene così. Sei un vero uomo. Ora raccontami cos'è successo giù
in paese stamani. Ho visto del fumo; penso avranno incendiato cir
colo dei lavoratori ». Il suo sguardo si fece triste, cercando qualcosa
giù nella pianura.
130 QUINTO MARTINI
Raccontai tutto, quello che avevo visto coi miei occhi, e udito con i miei orecchi. Finito il racconto mi mise sulle sue ginocchia, mi strinse forte, sentii male ma non gridai, e ridendo mi disse:
« Bravo, sono fiero di te... » e me lo disse con quel suo modo scherzoso che aveva anche quando parlava di cose serie.
« Mi vuoi a dormire con te questa notte? Posso farti anche la guardia, ad un ragazzo nessuno spara ». Lo pregai molto, gli dissi che sarei restato con lui la notte e alle prime luci dell'alba sarei ritornato a casa. Ma lui mi guardò scuro e disse:
«Devi andare subito [...]

[...]. » e me lo disse con quel suo modo scherzoso che aveva anche quando parlava di cose serie.
« Mi vuoi a dormire con te questa notte? Posso farti anche la guardia, ad un ragazzo nessuno spara ». Lo pregai molto, gli dissi che sarei restato con lui la notte e alle prime luci dell'alba sarei ritornato a casa. Ma lui mi guardò scuro e disse:
«Devi andare subito a casa: sarebbe pericoloso se ti vedessero tornare quassù. E poi... andrò via presto di qui. Non bisogna restare molto in un posto, verrebbero a saperlo e allora... ».
« Allora fammi restare con te fino a buio ».
«Non é possibile; pensa cosa si metterebbe in testa la mamma se non ti vedesse tornare appena si fa scuro, e poi guarda lassù ». E con l'indice m'indicò delle grosse nuvole color piombo che salivano dietro alla collina di fronte. Io guardai, spostando una frasca che mi stava davanti e dissi:
« Quelle non sono nuvole che portino la pioggia ».
«Quelle sono proprio nuvole che portano la pioggia, lo vedo al colore, e se non fai presto a partire ti bagnerai come un pesce... [...]

[...] ho raccontato tutto. Tutto quello che ho vista ed ho sentito. Mi ha detto che siete stata veramente ammirevole. Non vede l'ora di riabbracciarvi per quello che ;vete fatto ».
« Resterà ancora molto lassù? ».
« Non mi ha detto nulla ».
« Nulla? ».
« Mi ha detto solo che non conviene restare molto tempo sempre nello stesso posto; può esser pericoloso ».
« È vero, questo. Qualcuno potrebbe vedere e poi fare la spia ».
« Ha detto di stare tranquilli. Quando cambierà 'albergo', ci manderà un biglietto per Diego, lo scalpellino. Di lui ci si può fidare, è uno dei loro ».
« Dio sia lodato... » disse volgendo gli occhi verso l'immagine del Sacro Cuore che stava inchiodata sulla porta. Era una stampa tutta annerita dal fumo della cucina, e così nera dava l'impressione di un cristo molto duro. La mamma si avvicinò alla madia, aprì il cassetto, prese il coltello grosso, poi un pane intero, partì un bel cantuccio, ci mise sopra dell'olio, sale e pepe, allungò il braccio dicendo:
« Tieni, prendilo, è ben condito, avrai fame dopo tutta questa[...]

[...]ero, ora che mi fai vedere il pane con l'olio mi sento fame e anche sete ».
« Prendi il fiasco, li sopra all'acquaio », si voltò indicandomelo con la mano tutta aperta.
Dopo aver bevuto un bicchiere di vino annacquato mi misi a sedere fra la madia e la tavola a mangiare. La mamma tornò dalle altre donne. Io dopo mangiato andai nei campi a cercare i miei fratelli e il babbo.
Nel mezzo della notte eravamo tutti a letto e fummo svegliati da
132 QUINTO MARTINI
piú colpi battuti con furia e violenza sulla porta e gridare: «Aprite.
Presto, aprite! È la forza pubblica ».
Andrea disse alzandosi sul letto:
« Ci siamo. Sono i carabinieri. Aldo non c'è e se la prenderanno
con noi ».
La mamma si mise il vestito e mentre scendeva le scale disse:
«Vado io ad aprire: state a letto voi ».
«Già, disse Beppe, è bene farsi trovare a letto, se no... ».
Sentii i carabinieri che salivano la scala a due gradini alla volta
ed uno gridare:
« Sorbetti, con i tuoi uomini, fate la guardia a tutte le finestre e
se vedete aprire, sparate! ».
Entrati [...]

[...]bestemmie,
mamma, che stava sulla porta del pianerottolo si fece il segno della
croce, un borghese la vide e le sputò in faccia dicendo:
Prendi, per te e la tua croce...! ».
Lei si fece di nuovo il segno della croce, l'uomo la guardò senza
sputare, le passò davanti e scese la scala.
MEMORIE 133
Altri carabinieri interrogarono i miei fratelli e il babbo. Io pensavo ad Aldo. Mentre scendevano tutti insieme le scale, sentii uno che disse:
« Qui per venire a capo di qualche cosa bisognerebbe arrestar tutti, portarli in caserma e bastonarli a sangue; stetti con le orecchie tese e il cuore sospeso finché non sentii mia madre chiudere la porta e risalire le scale. Sentii mio padre parlare con gli altri figli e il passo pesante e sordo dei carabinieri che si allontanavano nell'aia. Poi un fischio, ancora un fischio più lontano dalla parte del cimitero. Il cane seguitò ad abbaiare ancora un po'. Parlammo dell'accaduto, poi tornò il silenzio fuori e nella nostra casa. Più tardi sentivo uno dei miei fratelli russare e la mamma nell'altra ca[...]

[...]to piano piano, andai dal babbo. Anche lui s'era svegliato. Quando mi sentì avvicinare al suo capezzale, accese la luce e mi disse:
« Cosa fai? Che c'è? ».
« Nulla, nulla babbo ».
« Ma... come nulla? ».
Si alzò seduto sul letto e allungando un braccio mi prese per il collo tirandomi a sé e disse:
« Hai paura della pioggia? ».
« No. Non ho paura. Ma... ».
« Ma cosa? ».
« Vorrei sapere `se nella capanna ove c'é Aldo ci pioverà ».
Stai tranquillo, é coperta con tegole ed embrici, i muri son fatti di sassi e calcina come una casa. Non é una capanna come quella di Cecchino, fatta con paglia e pali ».
« È vero quello che mi dici? ».
« Certo che é vero ».
134 QUINTO MARTINI
«Non dici così perché io stia tranquillo? ».
« No, no, è vero quello che ti dico, vai a dormire e stai tranquillo ».
Tornai a letto, la pioggia seguitava a cadere a catinelle, il vento anche soffiava sempre forte. Il cane si lamentava. Sentii battere le quattro, poi mi addormentai. La mattina, andando a scuola, passai dalla discesa dove c'è il frantoio. Voltai a sinistra per andare in paese pas sando di fronte al Circolo Socialista. Mobilio bruciacchiato era ancora nel mezzo della strada; le porte e le finestre non esistevano piú. Entrai dentro con altri ragazzi. Tutto era fracassato per terra. Nella stanza del bar fiaschi frantumati, bottiglie rotte, il pavimento bagnato. C'era odor di vino e liquor[...]

[...]sentii scivolare giù per la schiena, e appena messi i piedi a terra mi disse:
« Andiamo a scuola ».
Gli altri compagni erano già scesi nella strada. Noi guardammo le due morti cancellate ma ancora visibili, in quelle macchie grigio sporco. C'era sopra come un velo che a me dava la sensazione più angosciosa, Scendemmo le scale. Il mio amico mi disse:
« Non lo dire a nessuno, se vengono a saperlo i fascisti, arrestano il mio babbo ».
«Stai tranquillo, nessuno saprà nulla ». Ci unimmo agli altri ragazzi e corremmo a scuola.
In classe tutti raccontavano qualcosa di quello che avevan visto. Io ascoltavo sempre in silenzio e durante tutta la mattina non feci nessun accenno a quanto era accaduto alla mia famiglia e cosa avevo . visto. Un ragazzo raccontò com'era avvenuto l'arresto di suo padre.
« Si, Signora Maestra, sono venuti di notte a prenderlo, erano molti e tutti con armi e bastoni. L'hanno picchiato in presenza mia e della mamma. Quando la mamma vide il sangue venir fuori dalla testa del babbo svenne e cadde sul divano. Il babbo g[...]

[...]ovrebbero tenerli in prigione per tutta la vita. E tutta gente pericolosa. Volevano dare i poderi ai contadini e prendere la roba ai signori. Non dovrebbero lasciarli uscire più diprigione... ». Una donna magra, la nonna di Duilio, le disse: « Eppure tu sei cristiana, vai sempre in chiesa. Se tu credi nella chiesa, perché ti rallegri per il male che vien fatto agli altri.? ».
«Che c'entra la chiesa in queste faccende? Lascia stare da parte
136 QUINTO MARTINI
la religione. E poi c'era. Arturo, quello che ammazza i gatti per farci la pastasciutta. L'ho sentito dire `Nella chiesa ci faremo il teatro, Pambulatorio per i malati...!' e poi io non posso vederli quelli che ammazzano le bestie ».
«E di tuo marito che va sempre a caccia che ne pensi? ». « Mio marito non ammazza i gatti.. ».
«Quando ha ammazzato senza ragione il cane di Palle non ti sei commossa? ». Un vecchietto dall'aria ironica disse: «Che cuore di miele ha la Giulia! Chi l'avrebbe mai pensato che si commovesse dei poveri gatti!... ». Poi rivolgendosi alla donna grassa, gri[...]

[...] quando lo chiedevo mi si rispondeva:
«Non si sa dove sia andatoa vivere. Nessuno lo sa ».
Era vero? Oppure non mi credevano capace di tenere un segreto? Non potevo pensare a questa sfiducia da parte loro verso di me, e credevo a quanto mi si diceva. Ma mi sentivo umiliato e preso da un forte desiderio di essere uomo. Una mattina invece di andare a scuola, arrivato al ponte, nascosi la cartella nel più folto della macchia e, in parte
138
QUINTO MARTINI

di corsa, in parte a passo svelto, arrivai fino alla capanna, tant'era forte il desiderio di vedere mio fratello. Pensavo che ancora fosse lassù... Arrivai col cuore in gola. La porta era aperta. Questa capanna era proprio come me l'aveva descritta il mio babbo, fatta come una vera casa. Entrai dentro, ma non c'era nessun segno da far pensare che qualcuno ci abitasse. Dunque; era partito? Mi misi seduto sulla panca di legno e piansi molto. Quando uscii dalla capanna il sole era molto alto. Giù dal fondo del bosco salivano lo sbattere delle ruote e il suono dei bubboli. Questo [...]

[...] la porta della piccola casa con tristezza e ridiscesi il bosco.
Passai a prendere la cartella dove l'avevo nascosta, ritornando a casa un po' più tardi del solito. Mangiai a mala voglia e con fatica. Non facevo che guardare le facce di tutti per indovinare il loro segreto. Ero disperato, non riuscivo a saper nulla e non mi sentivo il coraggio di chiedere ancora. Quando qualcuno parlava in un'altra stanza, cercavo di origliare alla porta. Ero inquieto ed anche a scuola non riuscivo a combinar nulla. La maestra scrisse un biglietto alla mamma che diceva:
« Vostro figlio é distratto, non ha voglia di studiare, se va avanti così, boccerà ».
La mamma mi porse il biglietto dicendo:
« Leggilo tutte le sere. Cerca di studiare; presto ci saranno gli esami e sarebbe vergognoso bocciare proprio quest'anno. Proprio ora che Aldo é fuggiasco. Se bocci darai un grande dolore a tuo fratello... ».
Promisi che da quel giorno mi sarei messo a studiare con grande volontà, e così feci. Sapevo quali sacrifici faceva per potermi mandare a scuola. Quando [...]

[...]ori a far la guardia. Aldo non ci fece nessuna domanda e noi nessun accenno alla cosa. Fu parlato un po' di tutto quello che riguardava la casa e il podere e che gli ultimi giorni di sole erano una manna per la campagna. La mamma non toglieva gli occhi di dosso a suo figlio. Ogni occhiata era una domanda, io guardavo Aldo per indovinarne la risposta. Guardandoci tutti, con un'occhiata piena di sottintesi, disse:
« Questa notte resterò a dormire qui. Non credo ci sarà pericolo, già molte notti che non vengono, e sarebbe scarogna se proprio questa notte mi beccassero ». Voltandosi verso me, disse:
« Libero, tu vieni con me ». Si alzò, spostò la sedia, io lo imitai nel gesto.
Lui sali le scale, e io lo seguii fino nella stanza del granaio. Poi mi disse:
« Vedi, bisogna levare questi sacchi, e fare una buca nel pavimento. Bisogna levare delle mattonelle senza romperle ». Prese un martello e fece una buca della grandezza di quattro mezzane e disse:
« Se stanotte verranno i carabinieri io mi calerò in cantina, poi apro la botola del pozzo[...]

[...] ancora:
« Tu e Andrea rimettete bene a posto le mezzane e sopra i sacchi, "io, vedrai che me la caverò bene ». Poi mi sorrise dicendo:
«Allora in gamba; siamo intesi? ».
« Si, in gamba; ci siamo intesi ».
Finito il lavoro, mi buttò il suo braccio sulle spalle e disse:
Ora a letto. Dormirai con me. Però non parlare e non domandarmi nulla ».
« Si, dormirò, non parlerò ».
Dopo pochi minuti che fummo a letto, lo sentii russare. Dormiva
140
QUINTO MARTINI
i
come un masso. Io mi addormentai molto più tardi. Stavo sempre con le orecchie ritte come una lepre. Avevo paura che venissero i carabinieri. La mattina quando mi svegliai Aldo non c'era piú. Un fremito agghiacciante mi corse per tutto il corpo. Chiamai la mamma e le dissi:
« Dov'è Aldo? Sono venuti a prenderlo i carabinieri?»
«È partito, s'é alzato prima del sole, appena s'é fatto chiaro ».
« Dov'é andato? ».
«A lavorare. Alle otto doveva essere sul lavoro ».
« Ma dove lavora? ».
« Non lo so preciso. Credo verso Montemurlo ».
« Dov'è Montemurlo? ».
Prendendo il lenzuol[...]

[...]non spariva. Il corpo di mia zia, era li, che ciondolava dalla trave nel mezzo della camera, in fondo al mio letto.
Se è vero — pensavo — che Drago quella stessa mattina fece l'abbaio del lupo, non potrebbe essere stato un caso? e quel lamento così terribile causato da dei dolori? un mal di pancia? Non volevo essere superstizioso, ma non riuscivo a togliermi da dosso quel malessere che proviamo quando si teme una sciagura. Divenivo sempre piú inquieto, tutto cercavo di analizzare come mai avevo fatto, e temevo da un mi
142 QUINTO MARTINI
nuto all'altro che il cane tornasse a fare udire il suo ululato. La mattina, quando mi alzai, vidi la mamma più pallida del solito. Mi avvicinai a lei mentre stava scaldando il caffè e le dissi:
«Avete dormito, mamma? ».
Lei senza scomporsi, rispose:
« Non sono stata capace di chiudere occhio. Ho pregato tutta la notte. Ora sento un nodo alla gola e come se avessi delle spine nel cuore ».
Io, per rassicurarla, le dissi:
«Il cane, pere), non ha fatto più l'abbaio del lupo. Forse aveva fame ».
Entrò in cucina mio padre dicendo:
« Vado nei campi. Sarò a lavorare nella piaggia,[...]

[...]pregato tutta la notte. Ora sento un nodo alla gola e come se avessi delle spine nel cuore ».
Io, per rassicurarla, le dissi:
«Il cane, pere), non ha fatto più l'abbaio del lupo. Forse aveva fame ».
Entrò in cucina mio padre dicendo:
« Vado nei campi. Sarò a lavorare nella piaggia, se viene qualcuno a cercarmi portalo là, Libero ».
Mia madre mi mise la tazza del caffè sulla tavola e disse:
«Io vado a sciacquare dei panni al pozzo, tu resta qui in casa finché non sarò tornata. Se verrà qualcuno dammi una voce dalla finestra ».
Il pomeriggio tornando dai campi con su le spalle un covone di vecce, trovate fra il grano, vidi appoggiata al muro, vicino alla porta della cantina, una bicicletta tutta coperta di polvere a me sconosciuta. Allora pensai: « Qualcuno è venuto a portare una brutta notizia ».
Andai nella stalla, posai l'erba e passai in casa. Un giovane tutto bianco di polvere era seduto vicino alla tavola al posto dove sedeva sempre mio padre. La mamma sedeva dall'altra parte e i miei fratelli stavano in piedi. Il giovane ave[...]

[...] ad Aldo. Questo é un mondo di farabutti e bisogna tenere sempre gli occhi ben aperti per vedere chi si ha vicino ».
Il padre guardando il figlio dai capelli ricciuti, disse con un tona di rimprovero:
«Tu esageri sempre, per te tutti ladri e farabutti. Non ti fidi neppure di tua madre né di tuo padre. Io credo che nel mondo ci siano sempre delle persone come si deve ».
« Si, sarà vero quello che tu dici ma io non mi fido, conosco un
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proverbio che dice: "Dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io". Io cerco di guardarmi da tutti e due ».
Andrea che aveva assistito alla nostra conversazione sempre in silenzio, disse:
« Se io fossi nei piedi di Aldo, al mio ritorno saprei corne fare. Vorrei ritornare in prigione, ma dopo essermi vendicato verso qualcuno che so io».
«Ricordati Andrea "chi di spada ferisce, di spada perisce", questa una frase di Gesù, il figlio di Dio ».
«Si, ma intanto tutti quelli che hanno adoprato la spada, ora sono liberi e tranquilli ».
«Non si può dire. Nella vita di un u[...]

[...]i guardarmi da tutti e due ».
Andrea che aveva assistito alla nostra conversazione sempre in silenzio, disse:
« Se io fossi nei piedi di Aldo, al mio ritorno saprei corne fare. Vorrei ritornare in prigione, ma dopo essermi vendicato verso qualcuno che so io».
«Ricordati Andrea "chi di spada ferisce, di spada perisce", questa una frase di Gesù, il figlio di Dio ».
«Si, ma intanto tutti quelli che hanno adoprato la spada, ora sono liberi e tranquilli ».
«Non si può dire. Nella vita di un uomo possono succedere tante cose. Chi fa del male non avrà che del male ».
« Io sono del parere, spada o non spada, quello che perde non é più libero. I fascisti hanno vinto ed ora fanno tutto quello che a loro pare e piace. Possono venire qui, prenderci e bastonarci come ciuchi tutti quanti e nessuno gli farà mai nulla ».
Mia madre prese un'espressione dolorosa e non rispose. Ci fu un momento di silenzio. Andrea stesso ruppe questo silenzio piuttosto penoso dicendo:
« Babbo, domattina devo cominciare a segare l'orzo nella piaggia a confine con Cencio? ».
« Si, si può cominciare a segare. Dopo che avrò finito nella stalla verrò anch'io. Prendi due falci e porta del vino ».
La mamma, molto triste, sparecchiava. Le cadde un piatto e si ruppe, nessuno fece parola.
Passarono alcuni giorni prima di avere notizie di Aldo. Ci scrisse[...]

[...]ere nascondevano delle parole che avremmo
MEMORIE 145
voluto sapere cosa dicevano. Si cercò di leggerla contro luce ma non fu possibile capire una sillaba. Remo, prendendomi la lettera, disse: «Brutti maiali, non vogliono neppure che uno scriva quello che gli pare...! ».
Più tardi un'altra lettera ci informava che si poteva andare a trovarlo. I primi ad andare al parlatorio furono il babbo e la mamma. Trovarono che stava bene ed era molto tranquillo e di buon umore com'era stato sempre. La nostra vita divenne meno grigia. Il fatto di recarsi tutte le settimane a fargli visita era come si sentisse ancora far parte materialmente della nostra famiglia. Quando mamma preparava, la sera, il cibo e la biancheria da mandargli la toccavo leggermente. Una volta volevo fare un nodo ad un fazzoletto; la mamma mi disse:
« Nan lo fare, potrebbero crederlo un segnale speciale ed Aldo verrebbe punito ».
Io non comprendevo cosa ci potesse essere di tanto brutto e misterioso in un nodo di un fazzoletto. Più tardi ho capito che anche con un fazzoletto[...]

[...]n allegra compagnia fino al tocco dopo mezzanotte. Erano sempre gli stessi. C'erano dei vecchi e giovani, ma quando giocavano notavo che si trattavano tutti alla pari. Non c'era sera che mio zio non cantasse qualche passo dei suoi poeti preferiti.
Non conosceva altro che quei poeti e bevendo diceva:
«Questi si che sono grandi! Alla salute, ragazzi, dei grandi poeti! ». E poi mettendo il bicchiere sopra il tavolino faceva dei commenti
vol
146 QUINTO MARTINI
alquanto insinuanti su certi passi amorosi. E ripetendoli lentamente ac
compagnava la voce con gesti della mano e sbirciate degli occhi. In
certi casi cantava delle strofe prese in canti diversi:
«Come di lei s'accorse Orlando stolto,
per ritenerla si levò di botto;
cosí gli piacque il delicato volto
così ne venne immantinente ghiotto
d'averla amata...»
eppoi :
«Questa condizion contiene il bando:
Chi la figlia d'Amon per moglie vuole, star con lei debba a paragon del Brando
dall'apparire al tramonto del sole:
e fino a questo termine durando
e non sia vinto senz'altre[...]

[...]ssi stato un suo coetaneo: «Anche tu devi imparare a memoria tutto l'Orlando Furioso. Questo é il libro più bello del mondo. L'Ariosto é stato il più grande poeta di tutti i tempi e mai più nascerà un poeta come lui ».
« Hai, ragione, zio, l'Ariosto é il più grande poeta ».
Lui, preso dall'entusiasmo mi abbracciò, si scostò qualche passo e cominciò a cantare:
« Or se mi mostra la mia carta il vero, Non é lontano a discoprirsi il porto Odo di squille...»
Seguitando a cantare, con una mano mi prese per i capelli e mi portò sotto un albero dove ci mettemmo a sedere. Io guardavo la pianura mentre lo ascoltavo. Il sole stava per tramontare, quando alzandosi e con un largo gesto verso il sole, cantò gli ultimi versi:
«Bestemmiando fuggi l'alma sdegnosa Che fu si altera al mondo e si orgogliosa».
« Andiamo Libero, questa sera c'è da fare il pane. Strada facendo facciamo dell'erba, così é una scusa... Se no tu senti tua zia... ».
Nessun ricordo della mia vita é cos? bello. Devo a lui la conoscenza della poesia e dei maggiori poeti. E fu a[...]

[...]mondo e si orgogliosa».
« Andiamo Libero, questa sera c'è da fare il pane. Strada facendo facciamo dell'erba, così é una scusa... Se no tu senti tua zia... ».
Nessun ricordo della mia vita é cos? bello. Devo a lui la conoscenza della poesia e dei maggiori poeti. E fu anche in quella permanenza che mi appassionai ancora più al disegno e alla pittura. Feci molti acquarelli di paesaggi e boscaioli. Mio zio mi diceva spesso con molta serietà:
148 QUINTO MARTINI
«Tu diverrai un pittore, come il nostro Leonardo da Vinci ». E indicandomi delle case sotto il bosco, mi diceva:
« Vedi, Leonardo da Vinci é nato laggiù, ad Anchiano, dove stava la zia che si impiccò, vicino a Faltognano. C'è laggiù un prete che ha fatto il busto del nostro Leonardo con barba e capelli lunghi ». E cosí dicendo faceva il gesto con la mano di toccarsi la barba e ravviarsi i capelli.
Vicino a mio zio ero riuscito a distrarmi un po' soprattutto durante la giornata che era sempre varia per i clienti che venivano e i passanti che si fermavano a bere e a mangiare. La n[...]

[...]e giorni: io sono nato per cantare ».
Era fiero della sua salute e quando vedeva qualcuno pallido e con poca vita negli occhi gli diceva:
« Ragazzo mio, tu semini i frasconi. Se seguiti così presto ti porteranno al camposanto ».
Questi rispondevano sorridendo:
« Tu sei sempre allegro, e hai sempre voglia di scherzare... ».
« Non bisogna mai farsi cattivo sangue, chi se la piglia more prima di vent'anni, studia l'Ariosto se vuoi sentirti tranquillo ».
Tutti gli volevano bene e stavano volentieri in sua compagnia a parlare di quello che si diceva nel mondo. Un giorno dal modo come guardò una donna giovane che venne a bottega ebbi la sensazione che gli piacessero le avventure. Questa mia impressione mi fu confermata un pomeriggio nell'ora che la zia si buttava sul letto per dormire. Passeggiavo lungo il viottolo che sale dalla strada su nel bosco. Faceva caldo, le cicale cantavano e nessun altro rumore era percettibile. Camminavo lento guardando ora il monte ora la pianura. Arrivato vicino ai castagni sentii sfrascare e il suono di un[...]

[...]a caldo, le cicale cantavano e nessun altro rumore era percettibile. Camminavo lento guardando ora il monte ora la pianura. Arrivato vicino ai castagni sentii sfrascare e il suono di una leggera voce di donna che diceva:
« Non fare così... ».
Mi voltai dalla parte della voce e fra le felci e scope vidi mio zio chinato, sotto di lui un vestito rosa e gambe nude di donna. Era la prima volta che vedevo un uomo e una donna insieme. Mi chinai,
150 QUINTO :MARTINI
piano piano, con le mani mi scostai le scope davanti agli occhi, per osservare la scena. La faccia della donna restava dietro il gambo del castagno, vedevo le sue mani che si tenevano alle scope con una certa forza. Lo zio stava sopra al suo corpo e le gambe nude della donna che si muovevano in un modo molto strano. A un certo punto non volli più vedere, mi misi seduto e aspettai. Sentivo il respiro dello zio farsi più affannoso e la donna che miagolava come un piccolo gatto. Poi sentii i loro corpi alzarsi e lei dire:
«Speriamo che nessuno ci abbia visti. Credo sia meglio veder[...]

[...]evo le sue mani che si tenevano alle scope con una certa forza. Lo zio stava sopra al suo corpo e le gambe nude della donna che si muovevano in un modo molto strano. A un certo punto non volli più vedere, mi misi seduto e aspettai. Sentivo il respiro dello zio farsi più affannoso e la donna che miagolava come un piccolo gatto. Poi sentii i loro corpi alzarsi e lei dire:
«Speriamo che nessuno ci abbia visti. Credo sia meglio vedersi dove sempre. Qui é un po' pericoloso ».
Io mi alzai, vidi la donna voltata verso di me che stava aggiustandosi le mutande. Lo zio mi voltava la schiena e vidi che cercava di affibbiarsi la cinghia dei pantaloni. La donna, finito di vestirsi, alza la testa e fu davvero una sorpresa riconoscendo la serva del prete. Una donna ancora giovane e molto in carne. La serva sali su per il bosco e lo zio scese nella strada sotto la vigna cantando:
«Che dolce più, e che più giocondo stato
Saria di quel d'un amoroso core?
Che vive più felice e più beato
Che ritrovarsi in servitù d'Amore?
Se non fusse l'uom sempre st[...]

[...]i disse:
«Senti come canta. Non ha mica una cattiva voce. Sai, quando veniva da me a fare all'amore sentivo sempre la sua voce, andavo alla finestra e lo vedevo scendere giù dalla viottola in cima ai campi. Una ragazza che era un po' innamorata di lui mi diceva spesso:
« Come canta bene il tuo fidanzato...! ».
« Anch'io trovo che canta bene e mi piace stare a sentirlo ».
« Si, canta bene ancora, tu avresti dovuto sentirlo, quand'era gio
152 QUINTO MARTINI

vane, che voce! Il prete lo chiamava sempre a cantare in chiesa per le grandi feste e... ».
Pensai di nuovo alla serva e chiesi:
« C'è sempre lo stesso prete d'allora in questa chiesa? ».
« Sempre lo stesso. Non è molto vecchio, è qualche anno più giovane di mio marito ».
Volevo chiederle anche della serva, ma non ebbi coraggio. Una donna entrò in casa e chiamò:
« Giulia, venite in bottega ».
La zia si asciugò le mani al suo grembiale grigio e uscendo mi disse:
«Stai attento al gatto che non mangi la carne ».
Guardai fuori dalla finestra; le cime del monte erano piene d[...]

[...]che ti avrebbe fatto piacere rivederlo ».
« Sono contento che ci sia anche Drago ». Mi chinai e lo strinsi fra le mie braccia.
« Andiamo, Libero, fa molto caldo e io sono stanca ».
Drago si mise in mezzo a .noi camminando lento lento per seguire il nostro passo.
« La zia e lo zio come stanno? » mi chiese.
Si asciugò il sudore dalla fronte, mi guardò e disse ancora:
« Tu mi sembri un po' ingrassato. Ti ha fatto bene cambiare aria ».
1
154 QUINTO MARTINI
«Aldo come sta? ».
«Sta bene. Anche lui é ingrassato ».
« Quando ritornerà? ».
«Speriamo presto ».
« Mi ha scritto che tornerà a Natale ».
«Speriamo ».
«Lunedì, quando sono stata a trovarlo, mi ha detto che vuoi ve
derti,».
Passando di fronte alla chiesa la mamma salutò il parroco che stava
leggendo il breviario seduto sotto la loggetta. Anche lui sapeva di mii,
fratello e ne parlarono un po'.
«Bisogna aver fede e pregare Dio. Egli é pieno di misericordia
per tutti ».
Prima di salutare il prete la mamma gli chiese a che ora la mattina
c'era la messa. Quando fummo un [...]

[...]ano compiaciute.
«Prima che tu parta voglio che tu mi dipinga un quadro: la scena di Sacripante che si porta via Angelica ».
«Non so se sarò capace ».
« Ti dirò io come devi fare. Ti canterò piano piano il canto mentre tu disegni ».
Dipinsi il quadro secondo i suoi consigli. Mi fece copiare il suo cavallo, un bosco pieno di lecci e una strada serpeggiante fra i gambi degli alberi. Egli fu molto contento; lo mostrò a tutti e ordinò vetro
156 QUINTO MARTINI
e cornice. Venne il giorno della partenza, e prima di lasciarmi volle cantare:
«Ma come i cigni che cantando lieti
Rendono salve le medaglie al tempio
Così gli uomini degni da' poeti
La zia venne ad accompagnarci fino alla chiesa, ci salutammo di fronte alla canonica e poi ci incamminammo su per la salita. C'era ancora più d'un'ora di sole. Il cane correva avanti, poi si metteva seduto nel mezzo della strada ad aspettarci. Io e mia madre carichi di fagotti (lo zio ci aveva dato un po' di tutto quanto aveva in bottega) si camminava in silenzio. Arrivati in cima, dove la strada[...]

[...]o allontanano le malattie, e la poesia rende la vita felice ».
Infilandosi il cappello e lisciandosi la piuma con due dita disse ironicamente :
« Beh, io mi accontenterò di viver sano perché non so di poesia ».
Il vecchio cominciava a star li con le spine ne' piedi, mia madre se ne accorse e ci salutammo. Dopo esserci un po' allontanati, il guardiaboschi gridò:
« Marta, Marta, ma come va Aldo? C'è nulla di nuovo? » e venendoci incontro:
158 QUINTO MARTINI
« Mi sembrava di aver qualcosa da domandarti, e... ».
Mia madre lo mise al corrente di tutto, e riprendemmo il cammino per ridiscendere 'il monte. Drago ci precedeva a breve distanza, ormai conosceva la strada. Si scendeva all'ombra dei castagni e dei pini. Nell'aria c'era quell'odore che mandano le piante dei boschi di sera nei giorni del solleone. Gli uccelli si chiamavano da un albero all'altro; davanti ai nostri occhi la pianura si faceva sempre più grigia, si vedevano ancora le strade bianche di polvere e lungo i fiumi l'azzurrognolo delle canne. In certi punti del bosco si [...]

[...]o l'ora di andarmene a dormire. Babbo se ne acccorse e disse:
« Vai a letto, Libero, sei stracco, si vede dalla tua faccia », e prosegui: «Domani, domani ci racconterai come hai passato il tuo tempo dallo zio ».
Mi alzai, diedi la buonanotte a tutti, salii le scale a fatica e entrai in camera. Mi infilai sotto le lenzuola, mi coprii la testa, chiusi gli occhi e subito mi trovai davanti allo zio che cantava e con questa visione mi addormentai.
QUINTO MARTINI



da Giuseppe Bevilacqua, Varietà e documenti. Dalla valle di Giosafat: Elias Canetti in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]ditore, nel 1974, e sempre giovandosi delle versioni di Furio Jesi, aveva pubblicato i saggi di Potere e sopravvivenza.
VARIETÀ E DOCUMENTI 327
Singolare parecchio, questa assimilazione del destino dei tedeschi e degli ebrei, dei carnefici e delle vittime; soprattutto se si tiene conto che tali frasi furono scritte nel 194445. Ma ciò che vi traspare non è l'amore del paradosso e della provocazione, che pure non mancano nelle pagine di Canetti; qui traspare qualcosa di piú profondo e complesso.
È come un guardare la storia in una prospettiva tanto ampia da vedere accostati gli editti persecutori di Ferdinando d'Aragona e le fortezze volanti che Canetti vede tornare — come scrive in altra pagina — a stormi luccicanti dopo aver distrutto una qualche antica città della Germania: « A ogni bomba fa un salto indietro un pezzo della settimana della creazione ». E ancora, giunta la notizia di Hiroshima, Canetti annota: « Detronizzazione del sole, l'ultimo mito valido è distrutto ».
Per lui, la storia, a cominciare dalla cattività in Egitto di[...]

[...]a cominciare dalla cattività in Egitto di cui dice di avere ancestrale memoria, è una sequela di catastrofi, di diaboliche crudeltà. Ma queste non sono evocate drammaticamente, con una partecipazione diretta, emotiva, indignata, bensí proiettate epicamente su uno sfondo che è come il buio schermo fisso, dietro le palpebre abbassate del narratore che si appresta ad evocare. Cosí tutto, anche gli avvenimenti del giorno piú atroci o sensazionali, acquistano subito, in Canetti, un'aura postuma. Forse ha a che fare con quest'aura una sibillina annotazione tronca datata 1952: « Gli storici il giorno del giudizio Universale ». Forse Canetti ha voluto dire che gli storici, nel senso convenzionale del termine, capiranno la storia soltanto quando si sarà fermata ed essi la contempleranno per intero, sottratti finalmente al flusso che li frastorna, finalmente immobili, come il loro oggetto, nella valle di Giosafat.
Non c'è dubbio che questa concezione, latente ma palpabile in tutta l'opera di Canetti, è da porre innanzitutto in rapporto con il suo[...]

[...]r contrasto. Nel 1928 e '29 egli compie due lunghi soggiorni a Berlino, chiamatovi da un giovane editore di sinistra destinato a diventare famoso: Wieland Herzfelde. Per suo tramite Canetti entra nel vortice della ribollente vita culturale berlinese, frequentando George Grosz, Isaak Babel e Bertolt Brecht, il quale lo dileggia per il suo `alto sentire'. Tutto questo per Canetti è piú che interessante, è sconvolgente; ed è il contrario di Vienna: qui, nelle vocianti conventicole, nei caffé, nei teatri, si affrontano animosamente i problemi del giorno e si specula sul futuro, l'interesse politico non è retrospettivo; e anche la nuova morale viene, non analizzata, ma quotidianamente messa in pratica, con grande scandalo del giovane puritano Canetti. « Qui — scriverà egli piú tardi — tutto era possibile, tutto accadeva; la Vienna di Freud, dove di tante cose ci si limitava a parlare, appariva in confronto verbosa ed innocua ».
Attratto ma anche atterrito, Canetti alla fine opta per la stasi meditativa della Vienna postasburgica, ritorna alla sua tranquilla camera ammobiliata, un po' fuori città, di fronte al colle su cui si distende lo sterminato manicomio di Steinhof. Ma il trauma berlinese, e la scelta che esso provoca, mette in moto e indirizza una vocazione prima incerta. « Un giorno mi venne l'idea che non si poteva piú rappresentare il mondo come in romanzi precedenti, per cosi dire dal punto di vista di un solo scrittore; il mondo era disgregato ed era possibile darne una rappresentazione adeguata solo se si aveva il coraggio di mostrarlo nella sua disgregazione. »
Assunta nel pensiero di Canetti come un dato permanente, questa disgr[...]

[...]ativa che è troppo saggistica e questa saggistica che è troppo narrativa ha impostato una scommessa che solo per il genio di Musil poteva concludersi del tutto felicemente.
Non meraviglia perciò se il risultato di Canetti forse piú duraturo appare quel breve, meraviglioso libro, scritto en passant, che è Der andere Prozess
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(`L'altro processo'), una ricostruzione del fallito fidanzamento di Franz Kafka con Felice Bauer. Qui il tema dell'individuo alienato, impossibilitato a costituire anche la piú immediata forma di associazione, ossia la famiglia, non è piú esemplificato su un personaggio stravagante e per certi aspetti scurrile ed improbabile come è il Dr. Kien di Auto da f é. Nell'Altro processo è la vita stessa, fissata in un epistolario pieno di grida e sospiri, a esemplificare quel tema tanto bruciante. E. sulla stessa linea andrebbe posta l'appassionata ricostruzione, che Canetti ci ha dato, di un altro rapporto personale complicato come l'epoca e l'ambiente che rispecchia: quello di Karl Kraus e Sidonie [...]

[...]tro rapporto personale complicato come l'epoca e l'ambiente che rispecchia: quello di Karl Kraus e Sidonie Nádhermy von Borutin.
Farsi poetico cronista degli amori segreti di Kafka e Kraus; scrutare nei piú complicati ghirigori interiori il segno che svela autenticamente un'epoca, è questa forse la passione piú azzardata e fruttuosa di Elias Canetti.
La provincia dell'uomo dà un'idea di quanto lo scrittore stesso sia consapevole del difficile equilibrio in cui ambisce tenere il proprio lavoro, sempre in bilico tra evocazione e giudizio. Il libro è infatti composto da spunti di pensiero appena abbozzati, da tesi esposte per il solo fatto che si sono presentate alla mente, da verità contraddittorie lasciate liberamente cozzare tra loro; e tutto ciò inframmezzato da amari smascheramenti alla Rochefoucault, da taglienti battute alla Kraus, il grande modello dei primi anni viennesi. Spigoliamo alcuni esempi: « Non fidarsi del dolore: si tratta sempre di un dolore proprio ». « Ognuno dovrebbe vedersi mentre mangia ». O anche: « Voglio morire[...]

[...]ratta sempre di un dolore proprio ». « Ognuno dovrebbe vedersi mentre mangia ». O anche: « Voglio morire — ella disse — e inghiotti dieci uomini ». « Porse l'altra guancia finché non vi depositarono sopra una decorazione ». Non mancano neppure opposizioni fulminanti alla Brecht; eccone una che ricorda l'Abbecedario di guerra: « Una schiera di donne incinte; dalla parte opposta vengono avanti camion, carri armati, pieni di soldati opportunamente equipaggiati. I carri sono passati; le donne, in mezzo alla strada, si mettono a cantare ».
Del carattere composito e si vorrebbe dire revulsivo del libro Canetti non fa mistero né apologia, lo fa sussistere per quello che è, al massimo si giustifica indirettamente con precedenti illustri, ad esempio commentando cosi i dialoghi di Confucio: « È sorprendente quanto si possa dare in 500 annotazioni: e come uno appaia in tal modo intero, rotondo, afferrabile. Ma anche assolutamente inafferrabile ».
GIUSEPPE BEVILACQUA
UMBERTO CALOSSO E PIERO GOBETTI
La prima raccolta di scritti gobettiani dopo la[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Qui, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Come <---Del resto <---Storia <---Voglio <---Cosa <---Così <---Dio <---Diritto <---Guarda <---Hai <---La sera <---Macché <---fascisti <---siano <---Certo <---Davanti <---Ditemi <---Entrò <---Gli <---Lenin <---Ma mi <---Noi <--- <---Però <---Più <---Pochi <---Pratica <---Sarà <---Sei <---Va bene <---centesimi <---comunisti <---fascista <---italiani <---italiano <---Abbiamo <---Agata a Rosaria <---Agli <---Ah <---Aiutai <---Alle <---Alpi <---Ammannati <---Anche Rosaria <---Anchiano <---Andiamo <---Andiamo Libero <---Andò <---Appena <---Arta <---Artù <---Aspettate <---Asti <---Attenzione Marco <---Auto <---Avete <---Babbo <---Badate <---Bambino Gesù <---Bande Nere <---Baranti <---Basta <---Bellosguardo <---Belva <---Bertolt Brecht <---Bestemmiò <---Biblioteca Adelphi <---Bice <---Bigazzi <---Bisognò <---Bolli <---Borgo <---Borutin <---Bradamante <---Bravo Libero <---Bronzino <---Brulli <---Brutta <---Buffalo Bill <---Buona <---Buonamico <---Buondelmonte <---Cairo <---Canetti 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