Brano: [...]l denaro è strettamente legato a un fatto di sopravvivenza quotidiana, a una questione di vita o di morte, allora esso si traduce così immediatamente agli occhi d'un bambino in cibo, carbone o panni, che non ha il modo di guastargli lo spirito. Ma se siamo così così, né ricchi né poveri, non è difficile lasciare che un ragazzo viva, nell'infanzia, senza saper bene che cos'è il denaro e senza curarsene affatto. E tuttavia è necessario, non troppo presto e non troppo tardi, spez
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LE PICCOLE VIRTÙ 5
zare questa ignoranza: e se abbiamo delle difficoltà economiche, è necessario che i nostri figli, non troppo presto e non troppo tardi, ne siano messi al corrente; così come è giusto che a un certo punto dividano con noi le nostre preoccupazioni, e le nostre ragioni di contentezza, e i nostri progetti, e tutto quanto concerne la vita famigliare. E abituandoli a considerare il denaro famigliare come una cosa che appartiene a noi e a loro in egual misura, e non a noi piuttosto che a loro, o al contrario, potremo anche invitarli ad essere sobri, a stare attenti al denaro che spendono: e in questo modo l'invito al risparmio non è piú rispetto per una piccola virtù, non è astratto invito a portare rispetto ad u[...]
[...]invito al risparmio non è piú rispetto per una piccola virtù, non è astratto invito a portare rispetto ad una cosa che non merita rispetto in se stessa, come il denaro; ma è un rièordare ai ragazzi che non è molto il denaro di casa, è un invito a sentirsi adulti e responsabili di fronte a una cosa che. appartiene a noi come a loro, una cosa non specialmente bella né amabile, ma seria, perché legata alle nostre necessità quotidiane. Ma non troppo presto e non troppo tardi: e il segreto dell'educazione sta nell'indovinare i tempi.
Essere sobri con se stessi e generosi con gli altri: questo vuol dire avere un rapporto giusto col denaro, essere liberi di fronte al denaro. E non c'è dubbio che, nelle famiglie dove il denaro viene guadagnato e prontamente speso, dove scorre come limpida acqua di fonte, e, praticamente, non esiste come denaro, è mena difficile educare un ragazzo ad un simile equilibrio, a una simile libertà. Le cose diventano complicate là dove il denaro esiste ed esiste pesantemente, acqua plumbea e stagnante che esala fermenti [...]
[...]rapporto giusto col denaro, essere liberi di fronte al denaro. E non c'è dubbio che, nelle famiglie dove il denaro viene guadagnato e prontamente speso, dove scorre come limpida acqua di fonte, e, praticamente, non esiste come denaro, è mena difficile educare un ragazzo ad un simile equilibrio, a una simile libertà. Le cose diventano complicate là dove il denaro esiste ed esiste pesantemente, acqua plumbea e stagnante che esala fermenti e odori. Presto i ragazzi avvertono la presenza in famiglia di questo denaro, potenza nascosta, di cui non si parla mai in termini chiari ma alla quale i genitori alludono, discorrendo fra loro, con nomi complicati e misteriosi, con una plumbea fissità negli occhi, con una piega amara sulle labbra; denaro che non è semplicemente riposto nel cassetto dello scrittoio, ma grandeggia chissà dove, e potrebbe da un momento all'altro essere risucchiato dalla terra, sparire senza rimedio per sempre. inghiottendo la famiglia e la casa. In simili famiglie, i ragazzi vengono di continuo ammoniti a spendere con parsimon[...]
[...]con un pretesto se ne andava.
Io cercavo argomenti; ma finivo sempre, balbettando un po', col parlare di cinematografo. La ragazza trinciava qualche giudizio su questa o quella attrice; poi passava a parlare del suo lavoro, o a farmi domande sul mio, eventualmente sugli omicidi che avessi risolto. Io dicevo che il mio é un mestieraccio, che dovevo sempre sporcarmi con la gentaccia, e che per di più guadagnavo poco. Poi, se mia madre non tornava presto in salotto, con un pretesto mi rifugiavo nella mia stanza; e in questo caso rivedevo la ragazza un attimo nell'ingresso, per salutarla quando se ne andava. Se invece mia madre tornava prima del tempo minimo che dovevo rispettare, mi toccava ballare. Perché mia madre mi diceva « met
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ti un disco », e poi ordinava « suvvia, ballate ». Io ero impacciato, e spesso il mio corpo pesante sbagliava il ritmo; ma la ragazza m'incoraggiava. Qualche volta poggiava la sua guancia alla mia e mi si addossava. Mamma fingeva di non vedere.
La sera, poi, mi domandava le mie impressioni. [...]
[...]e tipo, il fidanzato... ».
La sera sono andato al bar Corallo. Appena mi ha visto Wanda mi ha sorriso con sicurezza, come se si aspettasse la mia visita. Subito ha chiamato il proprietario e me lo ha presentato, dicendogli con affettazione la mia professione. Il proprietario s'é inchinato, poi ci ha lasciato soli.
Wanda mi ha chiesto se il fidanzato era in carcere. Le ho detto che credevo di si, a disposizione dell'autorità giudiziaria; ma che presto sarebbe stato rimesso in libertà. « Con questo freddo... » ha detto lei ridendo. Ha sbagliato due volte nel dare il resto agli avventori, e quando quelli le hanno fatto notare l'errare mi ha sorriso.
Sono tornato a trovarla per quattro cinque sere. Ridacchiava bisbigliandomi frasi che in qualche modo implicavano l'amore; oppure mi raccontava delle ore che a quella cassa non le passavano mai; o dei soldi dello stipendio che le finivano subito; o delle manovre dei tanti. uomini maturi che le ronzavano intorno, e l'aspettavano per la strada quando per il turno finiva a mezzanotte. Io annuivo, s[...]
[...]o le stava assai vicino e le parlava in una maniera ad un tempo ammiccante e languida, da corridoio di treno. Appena mi ha visto si é fatto serio e si é scostato.
Quelle visite mi seccavano, perché non mi pareva conveniente che in un commissariato venissero donne come Wanda a prendere i funzionari. Sicché un giorno l'ho pregata di non venire più; lei mi ha sorriso e mi ha detto « va bene ». Allora ha cominciato ad aspettarmi in un bar vicino, e presto ha fatto amicizia con la cassiera. Quando io arrivavo mi pareva che parlassero di me, con una certa complicità. Una sera ho spiegato a Wanda la necessità di una riservatezza assoluta, in un rapporto come il nostro. « Non parlare mai dei fatti nostri » le ho detto.
Abbiamo continuato a girare con la macchina, a fermarci in posti solitari, ad amarci come potevamo. Intanto, l'albergo mi disturbava sempre di più. Mi pareva di vivere in uno stabilimento industriale, per l'andirivieni continuo, il personale numeroso davanti al quale dovevo passare, il rumore delle macchine che la mattina pulivano [...]
[...]icché una sera, lungo l'Appia Antica, ho detto a Wanda: « Adesso cerchiamo un appartamento e andiamo a vivere insieme, se ti va ». Wanda
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mi ha guardato incredula, ma vedendo che non scherzavo, si é prodotta in una pantomima gioiosa: ha battuto le mani, ha saltellato coi fianchi sul sedile, mi ha baciato con foga. Poi mi ha voluto aggiustare il nodo della cravatta.
Abbiamo visto insieme diversi appartamenti ammobiliati, ma presto ho capito che era impossibile fare quelle ricerche con Wanda. Per la verità alcuni di questi appartamenti ci erano mostrati da vecchie oscene, altri da gente svergognata; ma i modi di Wanda m'irritavano. Faceva gesti da strada contro i portieri non solleciti nell'aprirci l'ascensore, difendeva il mio denaro strillando, trattando i proprietari con acredine, come se fossero stati senz'altro dei ladri. Già entrando atteggiava la faccia a sopportazione, a disgusto.
Così ho deciso di girare da solo; e finalmente ho trovato questo appartamentino di via Lanciani, tranquillo e ridente, che è compost[...]
[...]ano parole salaci.
Un giorno mi ha chiesto di portarla a ballare. Io le ho detto di no, ma lei mi ha pregato. Allora ho mandato un agente a casa a prendere un vestito scuro che avevano dimenticato di mettermi nelle valigie; e ho aspettato il primo giovedì, perché in questo giorno si ballava in un locale prossimo alla Stazione del quale conosco il proprietario, e — inoltre — perché non volevo andare nei locali la notte. Siamo entrati nel dancing presto, insieme a quelli dell'orchestra. Siccome Wanda ballava con movenze insistite, mi sono limitato ad un tango.
Com'era diversa dalle ragazze che mía madre mi cacciava in casa! Si dondolava sulle sedie, si grattava dappertutto senza pudore, al telefono strillava. Mangiando sbatteva le labbra; un giorno le ho detto « fa' piano, mi sembri un cane », e lei ha riso.
Una volta mi ha detto che era nata alla Garbatella. Quando aveva dodici anni lavava le teste da un parrucchiere del Corso, e aveva imparato a fatica le strade del centro, in ispecie i vicoli la confondevano. Mi ha detto anche che allor[...]
[...]iare Wanda e la casa, era chiaro. Era sapiente, lei. S'era informata su Wanda e aveva dedotto che non avrebbe potuto non tradirmi, e proprio in casa mia. E l'esecutore era stato certamente Porzio. Porzio conosceva Lucio, ed era bravo. Così, tutti mi avevano giocato poche settimane dopo la mia ribellione. La ribellione non mi era congeniale. Non aveva senso dire « mi sono mosso tardi ». Per le mie mosse doveva essere così: o troppo tardi o troppo presto, sempre. Ho sputato nella strada. Poi sono sceso dalla macchina, e ho raggiunto il bar più vicino. Ho bevuto un aperitivo, e subito dopo un cognac. Ho telefonato a casa mia, ma non mi ha risposto nessuno. Wanda aveva sloggiato, oppure preferiva non rispondere. Sono tornato alla macchina, e ho fatto un paio di giri in quei pressi. Se quelli della questura centrale fossero venuti a conoscenza del fatto, lo avrebbero deformato, ingigantito.
Sono andato in un restaurant di via Frattina. Alla frutta il cameriere, che mi conosceva, mi ha chiesto se potevo interessarmi presso la prefettura per il r[...]