Brano: [...]volume di versi. Libro perché come tale parrebbe concepito, secondo una precisa visione d'assieme che controlla ogni testo, cui ogni testo, ogni capitolo dimostra di porsi in relazione diretta. Lo si nota già dalle primissime pagine, dalla necessità che ogni poesia impone di passare alla seguente come a un suo preciso sviluppo. Nella sezione Cliché già troviamo le Bandiere e le Battaglie lontane, ci si imbatte nella « zona degli ossari », che il poeta ci invita a perlustrare con aiuto di cartina. Ci troviamo, insomma, già nel pieno della trama: « guidateci ai santi ossari / dove in cassettini minuscoli / han ricetto le schegge dei giovinetti fatti fuori ». Ed è una trama che subito c'insegna come il passato, dunque, sia vivo e... sepolto. Presente, cioè, nei suoi segnali e aggrovigliato nell'intrico del bosco e della terra, in questa specie di « selva Incantata/della Gerusalemme Liberata ». Nel Cliché compaiono, quasi in apertura, frammenti di una strofa poetica dialettale in tipografici caratteri (in cliché, appunto) di un passato remoto;[...]
[...]ne per cosí dire ripensato, rimesso in gioco, senza mai cadere nel fatale errore di chiudere, di raggelare e definire dando esiti precedenti per scontati. Ancora una volta esemplare è il controllo che Zanzotto dimostra di saper esercitare sui piú diversi materiali (linguistici, stilistici, tematici), convogliandoli, sbriciolandoli o facendoli affiorare nel flusso del discorso; scavando quasi con le mani nella terra formicolante del suo bosco.
« Poeta ctonio », quindi strettamente legato alle profondità sotterranee, dice opportunamente nell'introduzione Gianfranco Contini. E anche definisce Zanzotto « difficile e pur tanto affabile poeta ». Sulla realtà o sulla favola, sul luogo comune, forse, di quell'essere « difficile », ostico alla lettura di Zanzotto, questo stesso libro offre possibilità di chiarimento, di dissoluzione degli equivoci a mio parere decisivi, sciogliendo tra l'altro in modo netto il nodopretesto di un inesistente legame di parentela o affinità con le neoavanguardie. Se poeta « difficile » è Zanzotto, non lo è già per il carattere particolarissimo della « sua » lingua poetica, quanto per l'accumularsi frenetico di strati, nella varietà di senso che ogni suo testo propone, esige, non potendo evitarsi il confronto con la complessità del reale, evitando la « facilità » o la fasulla chiarezza di ogni semplificazione, di ogni riduzione del reale a formula, a schema. Ma in tutto ciò, in fondo, non è altro che un'accentuazione, subito ravvisabile dall'esterno, di caratteri propri ad ogni lingua poetica.
Ma « affabile », anche, dice Contini. E infatti, tra gli aspetti pi[...]
[...]ana. Figura centrale, nondimeno; eppure imprendibile, vaga, stravagante, anche nel Bosco, nella selva, nel suo luogo prediletto d'escursioni, luce di luna nell'oscuro dell'intrico boschivo. Ma qui, le Anguane e le Diane sono «deventade/scarampane», il loro fascino è perduto, la loro immagine corrotta, regredita (o forse consapevolmente abbassata a livelli realistici). In questo angolo del Bosco ecco la sconcia, oscena, sordida partecipazione del poeta, chiamato da par suo a concimare « i lóghia dei bisset e dei bacteria », (« i discorsini degli insetti e dei batteri »), aggiungendo il suo concime « a gràpole, marogne, sgiaùzhe / e al scribaciar de tute le fondezhe » (« a gromme, residui di combustione, minuti trucioli / e allo scribacchiare di tutte le profondità »). Zanzotto passa dunque dall'illustre, codificata come tale, lievità e leggiadria del sonetto, al pieno corpo di questo dialetto (cosí diverso da quello elegante e artificioso, filologico, di certa poesia dialettale contemporanea) che sembra parlare per virtú propria, trascinare[...]
[...]sgiaùzhe / e al scribaciar de tute le fondezhe » (« a gromme, residui di combustione, minuti trucioli / e allo scribacchiare di tutte le profondità »). Zanzotto passa dunque dall'illustre, codificata come tale, lievità e leggiadria del sonetto, al pieno corpo di questo dialetto (cosí diverso da quello elegante e artificioso, filologico, di certa poesia dialettale contemporanea) che sembra parlare per virtú propria, trascinare
246 RECENSIONI
il poeta alla parola quasi a forza, mosso peraltro da una fortissima carica umorale. Passa, insomma, come non mai, dall'abietto al sublime, per parafrasare ancora la già citata poesia della Beltà (Alla madre norma); dopo aver usato ogni materiale, dopo aver perlustrato ogni ambito, attraverso gli estremi limiti di tono e stile. E soprattutto il discorso ancora una volta si lega, prosegue imprevedibile eppure conseguente, offre un magico, irresistibile gioco di rispecchiamenti interni e di richiami; si sviluppa, si sforma, prende strade improvvise, per sovrapposizione di spunti tematici, ora accennati [...]