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Il segmento testuale Partito è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 837Analitici , di cui in selezione 56 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Graziadei (relatore), Discorso Graziadei in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]ni, di questi fatti che sono stati compiuti, li discuteremo, piú o meno, e potremo allora vedere se la discussione di questi argomenti possa essere compresa nella discussione sull'indirizzo del Partita; ma, finché non avremo veduto i risultati dei fatti passati, non potremo concludere con cognizione di causa e con sicurezza di cognizioni per l'avvenire e per l'indirizzo da dare, al nostro Partita. (Applausi).
GENNARI: A nome della Direzione del Partito debbo dichiarare che la Direzione stessa ha fatto la sua relazione, che sarà messa a disposizione di tutti quanti i rappresentanti al Congresso.
Per quanta, poi, riflette la richiesta di inversione dell'ordine del giorno, e dell'abbinamento dei due commi, quinto e sesto, la Direzione del Partito, all'unanimità, ha deciso di lasciar libero il Congresso di decidere come vuole. Purché, ciò che sarebbe superfluo, ma è bene dirlo chiaramente, purché questa proposta di inversione e la conseguente eventuale impossibilità di discussione della relazione della Direzione del Partito, non significhino implicitamente sconfessione della Direzione stessa.
La Direzione del Partito è pronta, fin da ora, a dare ragione dell'opera sua; ma, naturalmente, se eventualmente dovesse essere non approvata e sconfessata, ciò potrà avvenire soltanto in seguito ad una discussione.
Concludendo, la Direzione del Partita lascia libero il Congresso di fare, con questa sola riserva, come gli piace.
MONDOLFI, presidente: Se nessun altro domanda la parola sulla proposta di inversione dell'ordine del giorno, formulata dal compagno Misiano, la metto a partito.
È approvata, dopo prova e controprova. (Applausi).
E, allora, do la parola al compagno on. Graziadei, come uno dei relatori.
Di[...]

[...]fin da ora, a dare ragione dell'opera sua; ma, naturalmente, se eventualmente dovesse essere non approvata e sconfessata, ciò potrà avvenire soltanto in seguito ad una discussione.
Concludendo, la Direzione del Partita lascia libero il Congresso di fare, con questa sola riserva, come gli piace.
MONDOLFI, presidente: Se nessun altro domanda la parola sulla proposta di inversione dell'ordine del giorno, formulata dal compagno Misiano, la metto a partito.
È approvata, dopo prova e controprova. (Applausi).
E, allora, do la parola al compagno on. Graziadei, come uno dei relatori.
Discorso Graziadei
GRAZIADEI, relatore: Compagni, quale sia il fine che ci proponiamo, risulta dai modesti documenti che i seguaci della circolare Marabini hanno reso noti a suo tempo al Partito.
Noi non siamo una frazione, siamo una circolare... (si ride), perché il fine stesso che ci proponiamo è tale da non richiedere, anzi, è tale da persuadere di evitare la costituzione di una frazione.
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Noi ci rendiamo conto del valore storico che l'unità del Partito ha avuto in Italia; ma, piú che dell'unità formale del Partito, alle cui tradizioni ci inchiniamo, teniamo all'unità sostanziale, all'unità dei piú vicini. Prima di parlare nei limiti del possibile dell'unità del Partito, noi aspiriamo all'unità di tutti i comunisti sinceri. (Bravo !). E l'unica differenza che esiste tra noi ed i compagni della frazione comunista, riguarda la formula che deve chiarire la nuova composizione del Partito. Ma, ripetiamo qui quello che abbiamo detto dal primo giorno, e cioè che se, malgrado ogni nostra buona volontà, il sogno dell'accordo dei comunisti sinceri dovrà dileguarsi, noi non potremo mai votare che per coloro che soli possono essere riconosciuti e che sono già stati riconosciuti dalla Terza Internazionale. (Applausi).
Il problema dell'unità del Partito, e metto da parte il problema della composizione del nuovo Partito, è un problema di forza e di sostanza, e male hanno fatto quei compagni che hanno ucciso la sostanza attraverso il culto della forma. (Benissimo I).
L'unità del Partito e del movimento si pub considerare sotto due aspetti: l'aspetto internazionale e l'aspetto nazionale.
Come socialisti, cioè come internazionalisti, a noi preme piú l'unità internazionale, che non l'unità nazionale del movimento... (applausi), ed è per questo che siamo amici dell'unità del Partito, ma di quella sola che sia conciliabile con l'unità internazionale. (Applausi).
Il Congresso conosce l'ultimo documento, emanazione del Comitato esecutivo della Terza Internazionale. Io mi limito a ricordare ai compagni che, secondo le nostre troppo facili previsioni, quest'ultimo documento non è che la conseguenza di tutta una serie di altri documenti che lo hanno preceduta, che alla loro volta si riattaccano alla sostanza stessa dei cardini e dei principi della Terza Internazionale.
Fino dal 28 dicembre 1920, il Comitato esecutivo della Terza Internazionale, aveva dichiarato in un pubblic[...]

[...]na divergenza tra il presidente e il Comitato esecutivo, mi pare che, dopo gli ultimi documenti, sia fuori di dubbio.
Non mai alcun documento é stato emanato da Zinowieff come individuo. Ed io, che come individuo lo rispetto, mi occupo di lui soltanto nei riguardi della Terza Internazionale.
Ma, si dice: se il presidente e il Comitato esecutivo sono d'accordo, ci appelleremo al Congresso. Ma si dimentica che questa, é questione non degna di un Partito politico, non degna di compagni, ed in ogni caso assolutamente infondata, se proprio. siamo costretti a fare gli avvocati nel Partito socialista, perché la tesi 19 è chiarissima, ed essa stabilisce che è condizione indispensabile tanto per i Partiti che vogliono entrare nella Terza Internazionale, quanta per quelli che vogliono rimanere nella Terza Internazionale, di decidere sulle tesi e sulle condizioni entro quattro mesi dal Congresso di Mosca.
Ora, evidentemente, questa formula è per tutti i Partiti, per quelli che vogliono battere alle porte e per quelli che, dopo aver battuto, sembrano incerti sull'uscio, dell'entrata o dell'uscita.
E badate, che il punto 19, come gli altri ultimi 20 e 21, non erano stati proposti d[...]

[...]lle condizioni entro quattro mesi dal Congresso di Mosca.
Ora, evidentemente, questa formula è per tutti i Partiti, per quelli che vogliono battere alle porte e per quelli che, dopo aver battuto, sembrano incerti sull'uscio, dell'entrata o dell'uscita.
E badate, che il punto 19, come gli altri ultimi 20 e 21, non erano stati proposti dai relatori russi: furono imposti dai compagni delle altre Nazioni, e, specialmente, dall'estrema sinistra del Partito francese...
Voci: Buoni quelli !
GRAZIADEI: ...del Partita tedesco, e del Partito italiano. (Ah, ah! Commenti animatissimi. Interruzioni da parte dei socialisti).
Compagni, finiamola coi piccoli pettegolezzi ! (Applausi da parte dei comunisti). Finiamola con le piccole maldicenze ! Quando io parlo di estrema sinistra del Partito socialista francese nego di potermi mai riferire a Cachin o a Frossard ! (Applausi da parte dei comunisti). E non sono stati essi che hanno osato proporre una simile condizione:
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fra l'altro, essi erano già partiti. Era l'estrema sinistra del Partito socialista francese, cioè quell'estrema sinistra che anche durante la guerra fece, in una condizione assai piú difficile della nostra, il proprio dovere ! (Applausi da parte dei comunisti).
Compagni, me ne appello ai compagni che erano con me a Mosca, è tanto vero che ve ne erano anche alcuni estremi, che vi era perfino, 'non scandalizzatevi del loro contegno passato, degli uomini rispetto ai quali, in seguito al disastro che li ha fatti perire miseramente nel mare, é stato detto dalla stampa borghese che era stato il Governo dei Soviet che li aveva trucidati ! (Commenti animatissimi. Interr[...]

[...]o contro l'accentramento borghese. (Applausi da parte dei comunisti. Commenti animatissimi).
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Ma, o compagni, la situazione del nostro Partita in rapporto alla Terza Internazionale, è tanto piú grave, perché noi siamo stati, e fino a questo momento lo siamo ancora formalmente, aderenti alla Terza Internazionale.
È stato il Congresso di Bologna del settembre dell'anno passato che ha, fra grandi applausi, approvato l'opera della Direzione del Partito che qualche mese prima ancora aveva data la sua adesione alla Terza Internazionale !
Voci: C'erano le elezioni ! (Commenti animati).
GRAZIADEI: Compagni, vi prego, se avete delle domande da rivolgermi, e degli errori da correggermi, mi fate un grande piacere ad interrompermi; in caso contrario vi prego di astenervene perché le mie condizioni di salute non sono buone.
Ora, compagni, badate, noi aderimmo alla Terza Internazionale fino dal settembre dell'anno passato; orbene, amici, la Terza Internazionale aveva già fatto il suo Congresso sino dal marzo 1919, e — io mi appello alla lealtà dei[...]

[...]re posto in modo clas. sista, il fatto che occorre la dittatura del proletariato, la tesi agraria sono tutte contenute nelle tesi del I Congresso della Terza Internazio nale, in forma piú sintetica, ma sono tutte là dentro.
E allora, amici miei, se il II Congresso non ha fatto altro che sviluppare le tesi del Primo, come potremo noi, per le tesi del Secondo,. tradire la nostra adesione, data dopo il Primo?
O compagni, il fatto è che nel nostro Partito si è introdotta una strana moda, a me assai antipatica, la moda del patriottismo socialista italiano... (Applausi da parte dei comunisti. Interruzioni dell'onorevole Vella).
Se il carissimo compagno Vella ha delle osservazioni da farmi, me le faccia dopo, e gli risponderò ben volentieri; per adesso, se me lo consente, continuo il mio discorso dicendo che poiché questa moda si è introdotta, io, pur rispettando... (nuova interruzione dell'on. Vèlla.
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Rumori vivissimi da parte dei comunisti. Scambio vivacissimo di apostrofi. Colluttazioni verso il fondo della sala).
Compagni, io sono sicur[...]

[...]rruzione dell'on. Vèlla.
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Rumori vivissimi da parte dei comunisti. Scambio vivacissimo di apostrofi. Colluttazioni verso il fondo della sala).
Compagni, io sono sicuro che senza provocare inutili incidenti personali il compagno Vella, quando io avrò finito di parlare, vorrà specificare quello che ha detto, e che io non ho ben compreso. E continuo per adesso il mio discorso.
Io, dunque, compagni, rendendo omaggio alle benemerenze del nostro Partito, io mi domando, dal punto di vista dell'amor proprio della nostra posizione nell'Internazionale, se sono migliori amici di tutto il nobile passato del nostro Partito coloro che, senza volerlo, creano una situazione che ci esclude dalla Terza Internazionale, o coloro che dicono: In nome del nostro Partito, ci siamo, restiamoci veramente ! (Bene).
Compagni, intorno alla Terza Internazionale ed al suo II Congresso si sono diffuse nel nostro Partito opinioni, o dirò meglio impressioni, e con dispiacere devo confessare perfino pettegolezzi, che io credo sia doveroso diradare.
E giacché il compagno Lazzari, con quella serietà e continuità che lo distinguono e che fanno di lui un italianotedesco...
Voci: E che volete buttar fuori del Partito ! (Commenti animatissimi).
GRAzIADEI: Non l'ho mai detto.
Giacché il compagno Lazzari ha invocato da chi ha avuto l'onore di essere stato a Mosca, una specie di relazione, io non farò la relazione, perché quello che abbiamo detto e votato risulta dagli atti dell'adunanza tenuta con la Direzione del Partito nell'ottobre di quest'anno, ampliamente pubblicati sull'Avanti!, con grande obiettività, con grande onestà, ma mi servirò dell'invito del compagno Lazzari soltanto per dilungarmi un po' su di un'altra parte.
Si dice: ma parliamo prima delle tesi in generale, poi parleremo della tattica.
E si dice ancora: ma, in fondo, la Terza Internazionale non è che il vecchio bakunismo messo insieme con un po' di anarchismo e di sindacalismo, ma il socialismo, quello vero, quello buono, dov'è?
Ora, amici, se voi leggete con obiettività le tesi della Terza Internazionale, voi vedrete che esse sono nettam[...]

[...]calismo, ma il socialismo, quello vero, quello buono, dov'è?
Ora, amici, se voi leggete con obiettività le tesi della Terza Internazionale, voi vedrete che esse sono nettamente antibakuniniane, nettamente antianarchiche, nettamente antisindacaliste Sono contro i colpi di mano avventati, sono contro ogni concetto di rivoluzione che non si inquadri nelle condizioni generali di un periodo storicamente rivoluzionario, sono per la costituzione di un Partito comunista fortissimo,
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sono per il massimo rispetto ed il massimo sviluppo dell'organizzazione sindacale. E perciò appunto nelle principali tesi della Terza Internazionale ci sono dei concetti contro l'anarchismo, contro il sindacalismo rivoluzionario vecchio stile, alla francese, di cui abbiamo visto i risultati... (interruzioni dell'on. Matteotti. Rumori).
E giacché, o compagni, l'on. Matteotti, che parlò in modo cosí acceso al Congresso di Bologna, dice: « Ma, accettano anche gli anarchici ! », io gli rispondo subito che questa, intanto, non è questione di principio, ma di tattica, e [...]

[...]zionale c'è del volontarismo, direi quasi c'è del mussolinismo o del d'annunzianismo. (Commenti). Alcuni parlano addirittura di bergsonismo, ignorando che Lenin ha pubblicato tempo fa un'opera magistrale contro il bergsonismo.
Orbene, non è affatto vero che la Terza Internazionale metta di moda il volontarismo, quel nobile, ma romantico ed infantile rivoluzionarismo che per ragioni storiche allignò molto tempo, e sino a poco fa anche nel nostro Partito, quando troppo pochi erano coloro che lo combattevano.
La Terza Internazionale sa benissimo, e l'ho già detto prima, che le rivoluzioni non avvengono per capricci storici, non avvengono che come il portato di molte condizioni. Ma, in accordo con Marx, tra queste condizioni pone anche la volontà collettiva di una classe operaia organizzata e cosciente. (Bene !).
Chi negasse questa volontà collettiva ed il suo giusto peso, negherebbe
il socialismo, repugnerebbe la sua nobile opera. Perché organizzate gli operai? Perché, o compagni del riformismo, nei vostri migliori tempi, ed anche oggi, av[...]

[...]ll'avanguardia del movimento per la conquista del potere politico, ed é appunto per questo che essi vanno neutralizzati e va ad essi garantito quel minimo di condizioni che coincide con l'impossibilità di fare subito di meglio. (Commenti animatissimi).
E la Terza Internazionale, appunto perché non é romantica, appunto perché non crede alle concezioni infantili che per tanto tempo allignarono in certe regioni del nostro Paese e nel nostro stesso Partito, la Terza Internazionale pone tra le sue tesi che vi accenno appena, perché il luogo non è adatto a questa esposizione fatta in forma troppo prolissa, la Terza Internazionale pone in modo preciso e reciso il problema della conquista anche delle forze militari attraverso i suoi organi specifici: la marina e l'esercito.
Perché, o compagni, la Terza Internazionale, e questo va riconosciuto contro le illusioni di tanti nostri compagni dell'Italia e dell'estero, la Terza Internazionale non è socialpacifista, perché se lo fosse non sarebbe piú la Terza Internazionale (bene!), ma la Terza Internazi[...]

[...]cutivo, all'Italia venne data nel Comitato esecutivo una rappresentanza con voto deliberativo, come ai principali paesi socialisti d'Europa e del mondo. (Commenti animatissimi. Interruzioni).
Avrebbero fatto male a non farlo; ma poiché lo hanno fatto, l'accusa é infondata.
E, d'altra parte, compagni, permettetemi l'osservazione; la stima personale o la stima collettiva, cioè a dire la stima che . ha un socialista in confronto di un altro, o un Partito socialista in confronto di un altro, certo ha il suo valore, e noi abbiamo il diritto e il dovere di rivendicarla per il nostro Partito; ma non si può pretendere che in nome di una stima che meritiamo ci si faccia una condizione di eccezione di fronte ad una regola uguale per tutto il mondo ! (Applausi da parte dei comunisti. Commenti animatissimi e prolungati).
E ne volete una prova? Quando voi in una Sezione accettate due
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compagni, sempre che vi sia un minimo di moralità politica e individuale, non direte mica che tutti e due sono degni proprio della stessa stima; purtroppo, vi sarà una differenza a favore dell'uno contro l'altro; ma tutti e due, malgrado la diversa stima vengono assoggettati ai medesimi statuti, ai m[...]

[...]rivevano queste parole. Eravamo alla vigilia del Congresso di Mosca, perché il n. 12 dell'Internazionale comunista è stato pubblicato prima della inaugurazione del Congresso di Mosca... (Interruzioni). È stato pubblicato fra Pietrogrado e Mosca, e, siccome i lavori del Congresso vero e proprio sono stati iniziati a Mosca, le prime copie erano state già distribuite ai congressisti, e me ne appello ai compagni che erano là presenti.
È vero che il Partito socialista non ha voluto ascoltare che un solo uomo, eminente e degno del massimo rispetto; ma ha fatto male.
« L'eventuale futura affiliazione del Partito socialista francese alla Terza Internazionale, affiliazione impossibile se non saranno escluse le correnti Rénaudel e Longuet, presenta, ciò malgrado, piú difficoltà e piú pericoli che quella stessa degli indipendenti tedeschi D.
Queste parole sono di Trotzki. Non si ingannano quegli uomini, e andiamo tutti a scuola da loro ! (Qualche applauso da parte dei comunisti).
Si dice: noi fummo contrari alla guerra. E, quindi, siamo il Partito socialista migliore in confronto di quel periodo drammatico, e, quindi, abbiamo speciali benemerenze che vanno tenute in conto.
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Ripeto, nessuno, in un'organizzazione collettiva, pub chiedere trattamenti di favore per le sue benemerenze passate.
Ma, d'altra parte, io domando: è vero che sarebbe profondamente ingiusto — vorrei dirvi una parola piú aspra — menomare la grande benemerenza del Partito socialista italiano, in confronto alla guerra; ma è anche vero — ed io modestamente l'ho sempre sostenuto, e non credo con ciò di aver recato offesa alla realtà storica, e vi prego, quindi, di essere obbiettivi — ma è anche vero che particolari circostanze precedenti e concomitanti, hanno reso il nostro compito alquanto piú facile; difficilissimo sempre, ma alquanto piú facile in confronto alla situazione tedesca e francese.
Avevamo un proletariato abituato ad emigrare all'estero, e che non poteva certamente sentire l'amore di patria verso la borghesia, che l'aveva sempre trattato in malo mo[...]

[...] all'estero, e che non poteva certamente sentire l'amore di patria verso la borghesia, che l'aveva sempre trattato in malo modo. E, poi, esistevano situazioni particolari.
Ora, sapete quale è il giudizio piú sereno che ho sentito dare di queste situazioni storiche? Proprio il giudizio del compagno Trotzki, il quale a pag. 239 di un libro, che abbiamo bisogno di studiare insieme, « Terrorismo e comunismo », dice: « Fu relativamente piú facile al Partito socialista italiano che agli altri Partiti di Europa conservare un'attitudine di opposizione sul problema della guerra e sul problema della votazione dei crediti... ». (Interruzioni da varie parti).
Mi riferisco non al maggio 1915, ma a tutto il periodo che va dal 1914 al 1915.
«...atteso che l'Italia entrò in guerra nove mesi dopo gli altri paesi, e che esisteva un potente aggruppamento borghese, i cosiddetti giolittiani, che furono sempre ostili alla guerra. Queste circostanze permisero (è un dato storico che noi dobbiamo riconoscere, perché non menoma il merito dei nostri compagni che an[...]

[...]riti loro c'è la realtà storica, e cerchiamo di capirla se vogliamo essere fedeli al « Manifesto dei comunisti »)... (Applausi da parte dei comunisti. Interruzioni dell'on. Lazzari).
« ...queste circostanze — studiamole queste parole, perché se fossero mie le potreste anche fischiare, ma sono di Trotzki ed abbiamo tutti da impararvi qualche cosa — (applausi da parte dei comunisti. Commenti animati. Interruzioni), queste circostanze permisero al Partito socialista italiano di rifiutare, senza una crisi interna profonda, i crediti al Governo. Ma, entrando nella Terza Internazionale, il Partito socialista italiano non si è, in alcun modo, liberato dal kautskismo ».
Ora, amici miei, voi comprenderete subito dove vi voglio portare
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con la riflessione, la quale non si dovrebbe mai discompagnare dal sentimento.
Ma oggi il problema non è piú quello di sapere, importantissimo agli effetti del giudizio sulla serietà dei Partiti e degli uomini; ma oggi, precisamente, il problema non è piú di sapere se dobbiamo dare e non dare un credito per la guerra che, in parte, è spenta; il problema è un altro, pur riservando una diversa graduatoria di giudizio di chi tradí in condizioni particola[...]

[...]guet fu piú o meno chauvin di altri compagni, tra cui Cachin; il problema è un altro, e cioè la Terza Internazionale combatte Longuet, per
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ché è caduto nell'illusione democraticopiccolo borghese di Wilson e della Lega delle Nazioni ! (Benissimo I).
Non è, dunque, caratteristico questo fatto, che la Terza Internazionale combatta Longuet con una asprezza incredibile, tanto che, aven do avuto l'onore una volta di andare a Parigi per conto del Partito socialista, ed essendo stato invitato a colazione dal compagno Faure, che era amicissimo di Serrati, mi accorsi, e non lo sapevo, che Lenin proprio in quei giorni aveva scritto una lettera formidabile contra Longuet, amico politico e compagno del Populaire con Faure? Ma ne appresi le ragioni in seguito, quando mi misero fra le mani gli scritti ed i discorsi di Longuet sul problema della Lega delle Nazioni, e compresi allora quello che non avevo capito prima, e cioè che la lotta contro Longuet era condotta dalla Terza Internazionale, indipendentemente dal suo atteggiamento per la guerra, perch[...]

[...] giornali borghesi ed attraverso le relazioni dei commendatori... (applausi vivissimi), o crediamo, perbacco !, qualche errore potranno farlo anche i compagni russi? (Commenti animatissimi).
Qualche errare di informazione, dunque, io non escludo che possa essere avvenuto; ma credete proprio che l'atteggiamento della Terza Internazionale, che è uguale in tutto il mondo, dipenda da particolari informazioni sopra questo o quell'uomo secondario del Partito socialista italiano?
Ma, amici miei, al di sopra di piccoli errori, la rivoluzione russa ha una fonte di informazioni che è formidabile, che purtroppo non sbaglia, e che noi non siamo ancora in condizioni di comprendere. La
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fonte fondamentale delle informazioni della Terza Internazionale, la fonte della sua linea di condotta, sono l'esperienza di quattro rivoluzioni ! La rivoluzione russa, la rivoluzione ungherese, la rivoluzione germanica e la rivoluzione austriaca. Ecco le fonti formidabili delle informazioni della Terza Internazionale ! E, attraverso quella tragica , esperienza che s[...]

[...]Per la loro coscienza rivoluzionaria non è vero il rapporto che alcuni hanno stabilito, perché è proprio vero il rapporto inverso.
E poi, guardate il fondo della tesi della Terza Internazionale; guardate alla sostanza ed alla lettera, bene interpretate, delle deliberazioni del Comitato esecutivo, e voi vedrete che l'accusa è, in massima parte, ingiusta.
Ho qui dinanzi le tesi della Terza Internazionale, ed in esse, relativamente ai compiti del Partito comunista, è detto: « Il momento attuale nello sviluppo del movimento internazionale comunista si distingue pel fatto che la preparazione del proletariato per l'attuazione della sua dittatura nella stragrande maggioranza dei paesi capitalistici non é ancora finita, e molto spesso anzi non è ancora sistematicamente nemmeno cominciata ». E poi: « Per i Partiti comunisti il compito del momenta non consiste nel provocare (amici romagnoli, voi che siete stati per tanto tempo dei romantici, non diventate oggi zitellone !) la rivoluzione con mezzi artificiali prima che si abbia una preparazione suff[...]

[...]essità polemica. Io non sono stato massone, mai, ma notoriamente fra i compagni che oggi attaccano di piú la Terza Internazionale vi sono moltissimi ex massoni. (Applausi da parte dei comunisti. Interruzioni. Commenti animatissimi).
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Vi potrei anche dire che abbiamo sorpreso alcune riunioni in Romagna. Non fatemi parlare di piú ! (Commenti animatissimi).
Ora, amici miei, intendiamoci bene. Un conto è il problema della Massoneria rispetto al Partito socialista francese, ed un conto è rispetto alla Terza Internazionale. E mi spiego.
Si dice che anche nel Partito socialista francese, oggi aderente nella parte sinistra alla Terza Internazionale, vi sono parecchi massoni.
Orbene, io temo fortemente che ci() sia vero. Credo che ci() sia un grande pericolo, e spero che i compagni italiani, restando liberi e disciplinati soldati della Terza Internazionale riaffacceranno nel prossimo Congresso la questione contro i francesi. (Applausi). Ma dobbiamo evitare di scendere al pettegolezzo... (Interruzioni dell'on. Baldini).
Caro Baldini, non farmi parlare sulla Massoneria !... (Commenti animati).
Ma, compagni, rispetto alla Terza Internazionale si è diffusa n[...]

[...]ro. Credo che ci() sia un grande pericolo, e spero che i compagni italiani, restando liberi e disciplinati soldati della Terza Internazionale riaffacceranno nel prossimo Congresso la questione contro i francesi. (Applausi). Ma dobbiamo evitare di scendere al pettegolezzo... (Interruzioni dell'on. Baldini).
Caro Baldini, non farmi parlare sulla Massoneria !... (Commenti animati).
Ma, compagni, rispetto alla Terza Internazionale si è diffusa nel Partito questa leggenda offensiva, secondo me, ingiusta, del resto, e me ne appello agli altri compagni che erano con me a Mosca, perché nel giudizio dei fatti siamo tutti, anche qui, concordi, per() discordi, certamente contro il compagno Serrati, non come persona, ma per le sue affermazioni, secondo noi non esatte.
Dunque dicevo che rispetto alle condizioni dell'appartenenza alla Terza Internazionale, le cose al Congresso sono andate cosí. Parecchi di noi, specialmente italiani, e specialmente dell'estrema sinistra francese, anche Rosberg ed altri, abbiamo detto ai compagni del Comitato provvisori[...]

[...]suo onore che nei processi verbali del Congresso, che saranno ampiamente pubblicati, risulta che la risoluzione contro la Massoneria, proceduralmente cosí male impostata, è stata approvata alla unanimità. (Interruzioni. Commenti animati).
SERRATI: E allora perché vengono nell'Internazionale i francesi? (Scambio di apostrofi tra il gruppo dei comunisti e Serrati. Rumori vivissimi).
GRAZIADEI: Perché, ora come ora, la situazione è questa: che il Partito socialista francese ha deliberato di entrare nella Terza Internazionale; ma naturalmente non c'è ancora entrato, perché bisogna essere in due a deliberare: il Partito, e la Terza Internazionale, e la Terza Internazionale la sua ultima parola non l'ha ancora detta ! (Approvazioni da parte dei comunisti).
SERRATI: Sí, vi è il patto con Rénould ad Halle !
GRAZIADEI: Quello non riguarda la Massoneria !
SERRATI: Ma è un fatto reale ! (Commenti animatissimi).
MONDOLFI, presidente: Invito il compagno Serrati a non interrrompere. La polemica si fa dalla tribuna. Compagno Graziadei, prosegui senza raccogliere le interruzioni.
GRAZIADEI: La situazione rimane questa: che nei verbali del Congresso risulta che l'infelice, come forma, mozione Serrati, con modificaz[...]

[...]Compagno Graziadei, prosegui senza raccogliere le interruzioni.
GRAZIADEI: La situazione rimane questa: che nei verbali del Congresso risulta che l'infelice, come forma, mozione Serrati, con modificazioni, non abbastanza accettate, dal punto di vista procedurale, Graziadei, è stata votata all'unanimità: risulta che il Congresso dei socialisti francesi si è ben guardato dal discutere la questione della Masso
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neria: ma risulta anche che quel Partito non è ancora entrato nella Terza Internazionale, perché non risulta nessuna deliberazione in proposito del Comitato esecutivo della Terza Internazionale.
E veniamo ad un altro punto che mi permetterà di rispondere a Serrati su un appunto dei piú singolari.
Il compagno Serrati — cito il tuo nome, ma non intendo fare una polemica contro la tua persona, cito le tue opinioni, perché hanno valore, perché vengono dal direttore dell'Avanti .! — nell'Avanti ! ha molte volte sostenuto che la Terza Internazionale fa ai Partiti degli altri paesi condizioni di eccezione e di favore in confronto di noi.[...]

[...], nulla, nulla é piú inesatto di questo, e ve lo provo. Voci: E falso ! (Interruzioni. Rumori).
GRAZIADEI: Anche nel suo articolo del 14 corrente, l'Avanti! dichiara (faccio un'osservazione obbiettiva) che in Francia, in Germania, in Inghilterra, si sono fatte condizioni di favore circa le tesi dei 21 punti, meglio, circa quella tesi che contiene i 21 punti, in confronto della neroniana severità che si vuole usare ingiustamente contro il nostro Partito.
Cominciamo dalla Francia. L'Avanti ! pubblica un discorso del compagno Frossard, ed in base al discorso di lui dice: « Guardate che cosa hanno deliberato i socialisti francesi ! ».
Ma, amici miei, questo è un modo di polemizzare che non porta all'esame della realtà ! Perché il discorso di un oratore, sia pure autorevole, ha la sua importanza, ma ogni oratore dice poi anche quello che pensa individualmente, e se voi leggete il discorso di Frossard, nell'Humanité, vedrete che con quella dichiarazione accetta nelle linee generali la mozione, ma come individuo la interpreta con quella larghezz[...]

[...]a con quella larghezza e con quel particolare colore che è proprio del suo temperamento.
Ma l'Avanti! che cosa doveva fare? Doveva pubblicare, perché i compagni si rendessero conto di tutti gli aspetti del problema, doveva pubblicare la mozione votata al Congresso, perché i veri documenti sono in parte i discorsi, ma sono anche le mozioni, e l'Avanti! quella mozione finora non l'ha pubblicata.
E l'Avanti! comincia col dire che, per esempio, il Partito socialista francese non ha rinnegato nulla del proprio passato socialpatriotta.
Ora, amici, siamo tutti per la sincerità, e, poiché viviamo anche dell'amara realtà politica, non si può pretendere che i peccatori confessino i loro peccati ad alta voce. E mentre confesso che non ho sim
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patia per i socialisti francesi, neppure per quelli che hanno domandato di entrare nella Terza Internazionale, devo far constatare il fatto che la mozione CachinFrossard comincia con una dichiarazione, in cui naturalmente essi non sconfessano il loro passato, ma esplicitamente è detto, da tutta quella parte[...]

[...] esatte, precise di quei punti.
Ma veniamo alla seconda votazione del Congresso di Tours. Zinowieff e il Comitato esecutivo mandano un telegramma — cosí come li mandano a tutti i Congressi: non c'è differenza di trattamento — pubblicato nell'Humanité del 29 dicembre 1920 e letto al Congresso, in cui é detto: « Noi abbiamo visto un progetto di risoluzioni portante le firme dei compagni, ecc. Salvo qualche punto, per esempio, la denominazione del Partito, noi possiamo solidalizzare con quelle risoluzioni. Ma noi abbiamo qui anche un progetto di risoluzioni firmato da Longuet, ecc. Queste risoluzioni sono penetrate da uno spirito riformista e di democrazia meschina. L'Internazionale comunista non può avere niente di comune con gli autori di simile risoluzione, ed il piú cattivo servizio che si potrebbe rendere nelle presenti circostanze al proletariato francese sarebbe immaginare un compromesso elaborato tra questi e quegli altri. Noi siamo convinti che la Francia creerà un vero e proprio
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Partito comunista mettendo fuori di combattimento [...]

[...]ioni firmato da Longuet, ecc. Queste risoluzioni sono penetrate da uno spirito riformista e di democrazia meschina. L'Internazionale comunista non può avere niente di comune con gli autori di simile risoluzione, ed il piú cattivo servizio che si potrebbe rendere nelle presenti circostanze al proletariato francese sarebbe immaginare un compromesso elaborato tra questi e quegli altri. Noi siamo convinti che la Francia creerà un vero e proprio
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Partito comunista mettendo fuori di combattimento Longuet, ecc., ecc.». Come vedete, in materia di concessioni non c'è male
E sopra questo telegramma si fa una seconda votazione. In che modo? Il compagno Mistral propone, guardate che questo è caratteristico, che al telegramma di Zinowieff si debba rispondere con questa mozione: « Il Congresso, in presenza del telegramma del Comitato esecutivo della Terza Internazionale, dichiara che si rifiuta di procedere alle esclusioni domandate, e proclama la sua volontà di mantenere la unità attuale del Partito ».
Contro la mozione Mistral venne presentato da [...]

[...]concessioni non c'è male
E sopra questo telegramma si fa una seconda votazione. In che modo? Il compagno Mistral propone, guardate che questo è caratteristico, che al telegramma di Zinowieff si debba rispondere con questa mozione: « Il Congresso, in presenza del telegramma del Comitato esecutivo della Terza Internazionale, dichiara che si rifiuta di procedere alle esclusioni domandate, e proclama la sua volontà di mantenere la unità attuale del Partito ».
Contro la mozione Mistral venne presentato da Rénaudel un'altra mozione, velante, nella forza correttissima e leale, un certo senso di rimpianto verso le amicizie di ieri, e sotto questo aspetto dico che è stata nobile, ma che finisce poi testualmente cosí: «...I1 Congresso, avendo preso conoscenza delle dichiarazioni del commissario Zinowieff nel suo telegramma, ecc., dichiara che la mozione di adesione accettata dal Comitato francese della Terza Internazionale non impone esclusioni per il passato (appunto perché non si fa la guerra alle persone) ma si intende che d'ora innanzi non si po[...]

[...]e di ieri, e sotto questo aspetto dico che è stata nobile, ma che finisce poi testualmente cosí: «...I1 Congresso, avendo preso conoscenza delle dichiarazioni del commissario Zinowieff nel suo telegramma, ecc., dichiara che la mozione di adesione accettata dal Comitato francese della Terza Internazionale non impone esclusioni per il passato (appunto perché non si fa la guerra alle persone) ma si intende che d'ora innanzi non si potrà restare nel Partito e nella Terza Internazionale che accettando per principio, cioè per convinzio ne, le decisioni del presente Congresso e del Congresso della Terza Internazionale, ecc. ecc.».
Dunque, vedete, da una parte la proposta di mantenere intatta l'unità del Partito, dall'altra la proposta che tutti coloro che non accettano per convinzione, sinceramente, lealmente le tesi ed i 21 punti non possono restare nel Partito.
Votazione. La mozione Mistral ottiene 1.958 voti, la mozione Rénaudel 2.347 voti.
Non basta. Sapete che cosa ha risposto il Comitato della Terza Internazionale al Congresso di Tours che metteva in condizione di estranei tutta la corrente da Rénaudel a Longuet, condannabile dal punto di vista comunista, ma composta certo di uomini di altissimo valore parlamentare e culturale? La Terza Internazionale ha dato questa risposta: « I lavoratori del mondo intiero hanno provato la piú grande soddisfazione udendo che i loro fratelli francesi si sono sbarazzati (ed ecco secondo me un'affermazione, ne[...]

[...]to della Francia debbo leggerne, con rincrescimento, anche un'altra.
L'Avanti! del 1° gennaio 1920 riproduceva un articolo del Comunista nel quale è detto che in Francia la maggioranza dei deputati socialisti era passata in blocco all'Internazionale comunista.
Nemmeno a farlo apposta è vero il contrario. La grande maggioranza dei deputati socialisti francesi ha votato contra la mozione Loriot e contro quella Rénaudel, ha votato per l'unità del Partito, e mi stupisce che la fonte da cui dobbiamo oggi apprendere i fatti della politica internazionale socialista sia l'Agenzia Stefani, perché è essa che ci fa sapere — lo sapevamo anche prima, ma il nostro pubblico non lo sapeva — che il Gruppo socialista francese della Camera si è diviso definitivamente in due, composti, da una parte di 12 deputati, aderenti al Partito socialista con tendenza Sembat, e l'altro di 16 deputati, piú ci sono altri 6 che sono in attesa di cosa diranno le rispettive federazioni locali.
E passiamo alle concessioni alla Germania. Serrati ha detto nel suo articolo che alla Germania si sono fatte delle concessioni, e ha detto perfino che in Germania lo sbloccamento degli Indipendenti è avvenuto piú per ragioni di carattere nazionale che per ragioni di dottrina e di carattere internazionalista.
Orbene, se una cosa non corrisponde ad esattezza, è questa.
Tutti sappiamo del grande dibattito di dottrina e di esperienza rivoluzionaria [...]

[...]a.
Si dice poi che ci sono delle speciali concessioni per l'Inghilterra, e si dice che è una speciale concessione quella per cui Lenin e la Terza
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Internazionale hanno consigliato i comunisti inglesi ad entrare nel « Labour Party ».
Non voglio discutere la questione del « Labour Party », perché l'ora è tarda, ma non si tratta di concessioni nel senso inteso dall'Avanti! ma di una tesi internazionale che riguarda non già la composizione del Partito comunista inglese, ma l'ambiente nel quale deve anche recarsi a lavorare quel Partito comunista, una volta che si sia composto, anche là, come vogliono che sia composto da per tutto.
Dunque i problemi sono diversi...
BORDIGA: È una tesi del Congresso non una decisione dell'Esecutivo.
GRAZIADEI: È una tesi, non è una concessione relativa alla composizione dei Partiti comunisti aderenti alla Terza Internazionale; ma è tutt'un altro problema se i comunisti veri, senza altre scuole nel proprio seno, possono recarsi a lavorare in quella federazione politica della classe operaia che è appunto il singolare Partito federativo del lavoro in Inghilterra.
Il problema è discutibile, m[...]

[...]composto da per tutto.
Dunque i problemi sono diversi...
BORDIGA: È una tesi del Congresso non una decisione dell'Esecutivo.
GRAZIADEI: È una tesi, non è una concessione relativa alla composizione dei Partiti comunisti aderenti alla Terza Internazionale; ma è tutt'un altro problema se i comunisti veri, senza altre scuole nel proprio seno, possono recarsi a lavorare in quella federazione politica della classe operaia che è appunto il singolare Partito federativo del lavoro in Inghilterra.
Il problema è discutibile, ma è tutt'altra cosa che una concessione, nel senso inteso dall'Avanti!
E per concludere su questa grave questione della Terza Internazionale, è ben chiaro che intorno alla Terza Internazionale, alla quale aderimmo con tanta fede e con tanta convinzione, si è creata un'atmosfera di diffidenza e di sospetti, che non è degna della nostra tradizione, e che noi dobbiamo onestamente cancellare per sempre (Applausi).
La Terza Internazionale potrà sbagliare, e lo diranno apertamente quei compagni che apertamente dissentono da essa; [...]

[...]i fronte al , movimento interna zionale.
Per me è il massimo peccato, per degli internazionalisti.
Non ci pub essere indisciplina nazionale, ma soprattutto non ci pub e non ci deve essere una indisciplina internazionale, se non vogliamo creare gli stessi mali dei quali fu vittima la Seconda Internazionale, e, peggio ancora, il proletariato del mondo. (Benissimo ! da parte dei comunisti).
Si dice: ma, sul terreno nazionale, chi ama l'unità del Partito non è secessionista, chi non ama l'unità del Partito è secessionista.
Bisogna intenderci. Non è mio compito, altri lo faranno, che, essendo piú valorosi e piú giovani, possono, con minor dolore e con minore strappo di tanti carissimi ricordi, distruggere la piaga rovente, non sta a me discutere se ci sono o non ci sono nel nostro Partito la concezione e la pratica socialdemocratica e socialpacifista. Io credo che ci siano e fin da Bologna mi permisi di scongiurare i compagni di destra a riflettere alla loro posizione, giacché dichiarare che essi restavano fedeli al programma di Genova, quando c'era già un nuovo programma del Partito, significava aprire fin d'allora la vera scissione nella nostra fede. (Bene ! da parte dei comunisti).
Io mi limito ad osservare che nella mozione dei nostri compagni di destra è detto esplicitamente che è necessaria per il nostro Partito la coesistenza di due scuole. Essi si riconoscono una scuola.
Ebbene, compagni, io dico che è impossibile esistano due scuole È impossibile !
LAZZARI: È stato possibile per venti anni ! (Oh ! Oh ! da parte dei comunisti).
GRAZIADEt: Ne parleremo.
Il compagno Turati — che ha sempre grandi meriti di molta sincerità — a Reggio Emilia, secondo quello che stampava la Giustizia
dell'11 ottobre, giustamente avrebbe detto e non per nulla Turati, in quel Convegno, dopo aver parlato, si ritirò quasi da un lato per fare intendere quale era il suo intimo pensiero — avrebbe detto che « come per fare [...]

[...]sti).
GRAZIADEt: Ne parleremo.
Il compagno Turati — che ha sempre grandi meriti di molta sincerità — a Reggio Emilia, secondo quello che stampava la Giustizia
dell'11 ottobre, giustamente avrebbe detto e non per nulla Turati, in quel Convegno, dopo aver parlato, si ritirò quasi da un lato per fare intendere quale era il suo intimo pensiero — avrebbe detto che « come per fare il salmi di lepre occorre avere la lepre, cosí per avere l'unità del Partito bisogna che esista un Partita. Quando i Partiti sono piú di uno non si pub ottenere l'unità. Il dire che si consente la libertà di pensiero purché conciliata con la disciplina nell'azione significa coprire con una frase ingegnosa una realtà insopprimibile...».
Credo che Turati abbia avuto ragione.
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Io ho già accennato, parlando dei principi della Internazionale, all'abisso profondo che c'è tra le due diverse concezioni inconciliabili circa il modo come adoperare il dopo guerra per il trionfo del proletariato. Non voglio oltre indugiarmi in un compito per me troppo amaro, mi limito solo a[...]

[...]ndo dei principi della Internazionale, all'abisso profondo che c'è tra le due diverse concezioni inconciliabili circa il modo come adoperare il dopo guerra per il trionfo del proletariato. Non voglio oltre indugiarmi in un compito per me troppo amaro, mi limito solo a dire che una delle cause, non l'unica, ma una delle cause della crisi, non di numero, non di apparente conquista, ma la crisi vera e profonda di impotenza rivoluzionaria del nostro Partito dopo Bologna, una delle cause è appunto la coesistenza di due scuole e di due concezioni, che si neutralizzano sempre l'una con l'altra.
Non è l'unica causa, ce ne sono tante altre, ci sono stati tanti che alla vigilia delle elezioni hanno adoperato a Bologna un vocabolario romanamente rivoluzionario (applausi da parte dei comunisti), e ci sono stati tanti altri che malgrado la diversità e la serietà del momento storico hanno ancora accarezzato la utopia delle piccole vittorie senza armi o con armi insufficienti ►.
Mi sia consentito, giacché io mai caddi in questo errore, ma sempre lo comba[...]

[...]ole vittorie senza armi o con armi insufficienti ►.
Mi sia consentito, giacché io mai caddi in questo errore, ma sempre lo combattei a viso aperto, di dire che riconosco queste altre cause, ma una delle cause essenziali è quella che vi ho detto, ed è una causa che va studiata all'infuori dell'accrescimento apparente del numero dei deputati e delle Amministrazioni comunali, perché l'accrescimento in sé, è un fatto puramente aritmetico. Quando un Partito per due anni scherza in una situazione rivoluzionaria con la parola rivoluzione, quel Partito si dimostra impotente ai compiti della rivoluzione ! (Applausi vivissimi da parte dei comunisti). Ora la Terza Internazionale è la nemica piú acerba del verbalismo rivoluzionario ! (Applausi da parte dei comunisti).
Perché, amici, si compie nel Partita il piú grande degli errori dicendo: Conserviamo questa grande forza di numero, conserviamo questa grande forza di aderenti sul terreno sindacale, politico ed amministrativo, e cosí arriveremo piú presto alla conquista del potere.
O amici, io mi rendo conto delle difficoltà dell'organizzazione dei Partiti politici, io mi rendo conto delle cons[...]

[...]on crediamo che il nostro modesto paese si possa sottrarre alle leggi della storia con una nuova improvvisazione. Per andare al potere la storia non conosce che due vie: o la collaborazione con la parte piú avanzata della democrazia borghese, o
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la conquista con la forza armata e il mantenimento al potere con la forza armata ! (Applusi vivissimi).
Voci: C'è pure D'Annunzio ! (Rumori vivissimi).
GRAZIADET: Non è la prima volta che il nostro Partito scherza con la tragica realtà della storia; finiamola con gli scherzi, che porteranno ad altre tragedie ! (Applausi).
Tutti dicono, vittime di illusioni o di amore per l'unità del Partito, tutti dicono che non vogliono la collaborazione; ma, amici, se non volete la collaborazione non dovete avere che l'altra via, e perché al lora combattete i mezzi di quella via? (Applausi). Perché creare la illusione che si possa andare al potere senza collaborazione e senza armi, che ci si possa andare pacificamente e senza instaurare la dittatura del proletariato?
Amici, voi baloccandovi con queste fatuità non farete mai né una cosa né l'altra !
I compagni di destra — in buona fede, ne sono sicuro, e per amore dell'unità del Partito, questo nobile ideale di un tempo — si castrano politica[...]

[...]razione non dovete avere che l'altra via, e perché al lora combattete i mezzi di quella via? (Applausi). Perché creare la illusione che si possa andare al potere senza collaborazione e senza armi, che ci si possa andare pacificamente e senza instaurare la dittatura del proletariato?
Amici, voi baloccandovi con queste fatuità non farete mai né una cosa né l'altra !
I compagni di destra — in buona fede, ne sono sicuro, e per amore dell'unità del Partito, questo nobile ideale di un tempo — si castrano politicamente, perché non vogliono collaborare, ma d'altra parte tutti i giorni impediscono la preparazione della conquista del potere politico con l'altro mezzo, e cosí non avrete né i vantaggi della collaborazione né quelli della rivoluzione, sarete impotenti !
Compagni, occorre scegliere, perché avere due cose in contrapposto, o, peggio ancora, fra le due una terza impossibile, è la piú triste e la piú pericolosa delle utopie.
Io dico ai compagni, poiché l'ora è grave e dolorosa, specialmente per noi che siamo dei vecchi nel Partito, dico: [...]

[...]scono la preparazione della conquista del potere politico con l'altro mezzo, e cosí non avrete né i vantaggi della collaborazione né quelli della rivoluzione, sarete impotenti !
Compagni, occorre scegliere, perché avere due cose in contrapposto, o, peggio ancora, fra le due una terza impossibile, è la piú triste e la piú pericolosa delle utopie.
Io dico ai compagni, poiché l'ora è grave e dolorosa, specialmente per noi che siamo dei vecchi nel Partito, dico: lasciamo ai giovani che sono in attesa di manifestare come vogliono il loro diritto alla vita e di camminare sopra il nostro cadavere, ma, compagni, anche dividendoci, sarebbe forse per questo necessario che noi ci trattassimo come degli uomini moralmente miserabili? Dovremmo noi dire, noi che per venticinque anni credemmo Filippo Turati un uomo di grande ingegno e di grande onestà, che, poiché ci siamo divisi, egli è diventato senz'altro un ladro od un cretino? no ! (Commenti animatissimi).
Noi possiamo, nell'interesse del Partito, nell'interesse della storia,. nell'interesse del pro[...]

[...]to alla vita e di camminare sopra il nostro cadavere, ma, compagni, anche dividendoci, sarebbe forse per questo necessario che noi ci trattassimo come degli uomini moralmente miserabili? Dovremmo noi dire, noi che per venticinque anni credemmo Filippo Turati un uomo di grande ingegno e di grande onestà, che, poiché ci siamo divisi, egli è diventato senz'altro un ladro od un cretino? no ! (Commenti animatissimi).
Noi possiamo, nell'interesse del Partito, nell'interesse della storia,. nell'interesse del proletariato, eventualmente dividerci, ma dobbiamo dividerci con dignità e con serena consapevolezza, la consapevolezza di chi dice: finora abbiamo marciato insieme, oggi ci separiamo, perché alcuni vogliono far subito ciò che subito forse si può fare, gli altri si riserbano domani la fase successiva di portare piú a sinistra una rivoluzione politica ed economica già in atto. In questo modo voi potete
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fare, nella successione del tempo, prima una cosa e poi l'altra; nel modo vostro né oggi né domani farete mai né una cosa né l'altra.
Ed a[...]

[...]a loro funzione, se questa funzione non si deve considerare come una funzione di tradimento, ma di realizzazione, sia pure parziale per aprire i primi varchi, ebbene, se questo é, compagni, ognuno faccia la sua strada con coscienza, con rispetto, con dignità, e cosí noi serviremo, meglio che col culto dell'unità formale, gli interessi supremi del proletariato e della rivoluzione.
I compagni comunisti unitari hanno elevato il culto all'unità del Partito, ma questa unità oggi, pur troppo, non è piú che un cadavere, ed i Partiti che si galvanizzano nel culto dei cadaveri corrono il pericola di essere per sempre ammorbati e resi impotenti.
Consideriamo la realtà vera. Poiché l'adesione alla Terza Internazionale richiede una determinata linea di condotta, e poiché una parte dei compagni, e seconda me hanno ragione, non vogliono staccarsi dalla Seconda Internazionale, è evidente che l'unità del Partito non c'è piú, e perché allora il vostro nobile sforzo, il vostro fervore di polemica, talvolta troppo aspra, per salvare ciò che non c'è piú?
I compagni comunisti unitari, mentre credono di salvare ciò che piú non esiste, non è vero che creano l'unità del Partito. Contribuiscono alla sua divisione, ma nel modo piú illogico, il piú irrazionale, il piú contrario alla verità (applausi da parte dei comunisti), poiché essi si separano dai piú vicini per andare coi piú lontani. (Applausi da parte dei comunisti). Essi abbandonano la frazione comunista, che avrà i suoi piccoli eccessi giovanili, ma che nella parte dei suoi capi piú giovani è la nuova forza del nostro Partito, l'abbandonano per andare con coloro da cui dicono di essere piú lontani, e questa non è unità, è divisione, peggio ancora, è l'unità tra i piú lontani, contro la unità dei piú vicini ! (Vivissime approvazioni da parte dei comunisti).
Perché, amici, se al disopra delle nostre passioni personali, al di sopra del desiderio di vincere ci fosse in tutti noi — me compreso, ben si comprende — l'amore alla classe operaia, al proletariato, al comunismo rivoluzionario, allora potrei dire ai compagni comunisti unitari: voi potrete vincere al Congresso, ma che cosa creerete? Creerete un edificio sull'a[...]

[...] ! (Vivissime approvazioni da parte dei comunisti).
Perché, amici, se al disopra delle nostre passioni personali, al di sopra del desiderio di vincere ci fosse in tutti noi — me compreso, ben si comprende — l'amore alla classe operaia, al proletariato, al comunismo rivoluzionario, allora potrei dire ai compagni comunisti unitari: voi potrete vincere al Congresso, ma che cosa creerete? Creerete un edificio sull'arena, creerete, senza volerlo, il Partito indipendente in Italia ! Sarà piú a sinistra del Partito indipendente tedesco, perché gli italiani, a parole, sono sempre piú a sinistra di tutti... (Ilarità. Applausi ironici. Commenti animatissimi).
No, amici, al di sopra della buona volontà o delle illusioni perso
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nali, la storia si impone a tutti, e questo Partito nuovo, che in nome della unità avrà spezzato l'unità, che in nome della forma avrà ucciso la sostanza, che in nome della lettera avrà ucciso lo spirito, questo Partito messo domani tra la Terza Internazionale comunista da una parte e la destra dall'altra, questo Partito messo tra queste due correnti contrarie, necessariamente si sfalderà e a poco a poco la sinistra di questo Partito, attraverso un'inutile perdita di tempo, facendo perdere anche alla rivoluzione delle ore preziose, finirà con lo stringersi alla frazione comunista.
Ora se questo processo è nella storia, è nella esperienza di tutti i paesi, questo processo compitelo fino da adesso !
Io dico alla parte piú comunista, piú sinceramente comunista della frazione del centro, della frazione dei comunisti unitari, poiché questo sbloccamento avverrà domani, attraverso perdite di tempo, attraverso scosse violente, poiché questo passo è fatale, il vostro scopo dovrebbe essere quello di facilitare fino d'oggi questo [...]

[...]ocesso compitelo fino da adesso !
Io dico alla parte piú comunista, piú sinceramente comunista della frazione del centro, della frazione dei comunisti unitari, poiché questo sbloccamento avverrà domani, attraverso perdite di tempo, attraverso scosse violente, poiché questo passo è fatale, il vostro scopo dovrebbe essere quello di facilitare fino d'oggi questo evento.
Perché quale è la formula sulla quale si basano per la loro ricostruzione del Partito i comunisti unitari? E la formula per cui il nostro glorioso Lazzari ha detto poco fa: « Ma se le cose sono andate cosí per 20 anni ! ».
No, compagno Lazzari, tu che sei nella tua persona fisica uno dei piú tipici rappresentanti del nostro Partito, tu sei caduto in un errore. Perché quale è la formula che il nostro Partito ha adottato tante volte? La formula « Libertà di pensiero e disciplina nell'azione ». E questa formula è giusta, ma entro certi limiti è giusta: quando la differenza non è di scuola, non è profonda, ma riguarda questo o quel dettaglio, sia pure importante, dell'azione. Ed io stesso questa formula la difesi in un periodo storico in cui era applicabile, perché le divisioni non erano troppo forti, ma ci sono stati momenti in cui il nostro Partito quella formula non l'ha adottata, perché ha riconosciuto che le differenze nel pensiero tra gli uni e gli altri erano troppo gravi e diventavano il suicidio e la contraddizione nell'azione.
Ed il nostro Partito già una prima volta a Genova, quando Filippo Turati, piú giovane per le lotte della storia, era ancora piú di oggi utile al nostro Partito, si separò dagli anarchici, nel 1892, perché riconoscendo negli anarchici una concezione ed una pratica diversa, non poteva ammetterli nello stesso Partito, e disse: « Qui non c'è luogo a libertà di persone; due scuole che si cozzano tutti i giorni non sono un partito, sono due partiti ».
Ed un'altra volta il Partito ha ragionato cosí; quando ci fu la con
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sezione sindacalista rivoluzionaria, il Partito ad un certo momento disse che quella concezione era aberrante dal Partito, ed aveva ragione, perché portandolo allo sciopero tutti i giorni, portava al culto dello sciopero generale, rendendo impossibile anche l'azione di conquista graduale, che, specialmente allora, prima della guerra, dava degli utili risultati, e rendendo imponente il movimenta politico.
Ebbene, questi due esempi vi dicono che il Partito ha applicato la formula quando era il caso, non l'ha applicata quando non era il caso. Orbene, come il Partito non ha applicato la formula di fronte agli anarchici, né di fronte ai sindacalisti rivoluzionari, allo stesso modo il Partita ha commesso un grave errore, quando a Bologna ha creduto di poter conservare la disciplina, lasciando la libertà del pensiero.
Lo dissi e lo ripeto: quando dei compagni ci vengono a dire: voi avete votato il programma di Bologna, ma noi restiamo fedeli al programma di Genova, perché quello di Bologna è errato, da quel giorno nel Partito ci sono due programmi, cioè c'è l'impotenza, la contraddizione, ci sono due scuole, due parti incompatibili.
E, amico Lazzari, ecco [...]

[...]pplicato la formula di fronte agli anarchici, né di fronte ai sindacalisti rivoluzionari, allo stesso modo il Partita ha commesso un grave errore, quando a Bologna ha creduto di poter conservare la disciplina, lasciando la libertà del pensiero.
Lo dissi e lo ripeto: quando dei compagni ci vengono a dire: voi avete votato il programma di Bologna, ma noi restiamo fedeli al programma di Genova, perché quello di Bologna è errato, da quel giorno nel Partito ci sono due programmi, cioè c'è l'impotenza, la contraddizione, ci sono due scuole, due parti incompatibili.
E, amico Lazzari, ecco perché è parzialmente vero quello che tu dici, ma è anche vero quello che dico io, che il Partito, nei momenti piú gravi, in cui le differenze di idee e di pensiero erano profonde, non ha applicata la formula.
E mai la differenza è piú profonda di oggi; la differenza tra noi e gli anarchici e i sindacalisti è molto meno grande di quelle che sono le differenze, oggi, tra coloro che tacitamente od esplicitamente hanno simpatia per una Seconda e mezza Internazionale, e coloro che hanno simpatia solo per la Terza Internazionale; le differenze nel problema della democrazia e della conquista del potere, nella concezione del movimento sindacale sono tali che danno luogo veramente all'impossibil[...]

[...] mezza Internazionale, e coloro che hanno simpatia solo per la Terza Internazionale; le differenze nel problema della democrazia e della conquista del potere, nella concezione del movimento sindacale sono tali che danno luogo veramente all'impossibilità di applicare la formula.
D'altra parte, gli unitari a questa formula non hanno rinunziato. Ho letto la mozione di Firenze, ed in essa non ho trovato affermato tassativamente che il programma del Partito comunista si è che le tesi e le condizioni vanno accettate per convinzioni e vanno applicate subito; questo non l'ho trovato, l'ho chiesto a molti compagni, ho cercat9 nei limiti modesti delle mie forze di persuadere loro di questa necessità, ma per quanti sforzi abbia fatto i miei sforzi sono riusciti vani.
È venuta adesso la relazione Baratono, ma la relazione Baratono è contraddittoria, perché, se da una parte sembra accettare la formula, dopo le polemiche, insufficiente, della disciplina anche nel pensiero,
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d'altra parte invoca l'autonomia a difesa della vecchia applicazione, e quin[...]

[...]'altra parte invoca l'autonomia a difesa della vecchia applicazione, e quindi il compagno Baratono si deve decidere, perché mi pare che finora nella sua relazione vi siano ancora due concetti contrastanti e tra loro incompatibili.
A coloro che diranno « voi volete perseguitare la libertà di pensiero », dico che sono troppo incrollabilmente professore per non amare la libertà di pensiero, ma dico anche che quando ci sono due scuole in uno stesso Partito, quando ci sono due concezioni diverse sul terreno politico, sul terreno filosofico, sul terreno sociale, non c'è che un modo solo di rispettare la libertà di pensiero: mettersi nella condizione che questo pensiero possa diventare azione. Fate voi la vostra opera in nome della vostra libertà di pensiero e di azione, noi la rispetteremo, ma lasciate al Partito che veramente si chiama comunista, di fare esso la sua volontà di esplicazione. (Applausi da parte dei comunisti).
Compagni, ho finito, ma io devo dire che noi dobbiamo una parola anche ai compagni della frazione comunista.
Noi accettiamo, perché siamo comunisti, senza entrare nei piccoli dettagli di forma, accettiamo lo spirito e la lettera del programma della frazione comunista e della mozione di Imola, ma in un solo punto dissentiamo dai nostri compagni e dissentiremo perché crediamo che il nostro dissenso possa essere utile. Vi dirò quando é che cesserà. Prima della fine del Congresso s[...]

[...]coli dettagli di forma, accettiamo lo spirito e la lettera del programma della frazione comunista e della mozione di Imola, ma in un solo punto dissentiamo dai nostri compagni e dissentiremo perché crediamo che il nostro dissenso possa essere utile. Vi dirò quando é che cesserà. Prima della fine del Congresso sarà cessato. (Commenti da parte dei socialisti).
Noi dissentiamo in una sola cosa dalla formula con la quale voi volete riorganizzare il Partito. Io mi rendo conto delle formalità, dirò cosí, giuridiche e disciplinari, mi rendo conto che il nostro Partito era già aderente alla Terza Internazionale, ed il Convegno di Reggio può essere accusato di indisciplina, ma al di sopra delle piccole, e non grandi questioni di forma e di disciplina, c'é una grande questione, una questione, oserei dire, di tatto politico che é nell'interesse del Partito, secondo noi, e della massa operaia.
Voi, con la vostra formula che avete fatto? Voi dite: « Sono esclusi tutti coloro che sono stati a Reggio Emilia ». E voi dite nella seconda parte: « Sono esclusi tutti coloro che non dichiarano, ecc., ecc. ».
Ora dico: la prima parte della vostra formula, si spiega. Avrà magari, non lo nego, esercitato una influenza, perché ha esasperato la situazione e l'ha in un certo senso precipitata piú verso sinistra, ma effettivamente in sostanza questa formula ha urtato il sentimento uni
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tario di tanti nostri buoni compagni, e quindi sembra che nominare tas[...]

[...]ompagni che sono andati ad ingrossare, con soverchia rapidità, l'ala destra dei comunisti unitari. (Applausi da parte dei comunisti).
Non voglio lanciare sospetti, ma dico che i comunisti unitari sono forse troppo pochi come unitari ma sono troppi come comunisti !
E allora dico — almeno credo di poterlo dire, per quanto non abbia ancora avuto una intesa completa con i miei pochi amici — che, secondo noi, la vera formula di riorganizzazione del Partito, dovrebbe essere tale che dicesse, senza entrare nel passato, perché questo non è necessario assolutamente di fare, che, da ora innanzi, prima che il Congresso si chiuda, tutti coloro i quali non dichiareranno di accettare per libero consenso le tesi e le condizioni della Terza Internazionale e non si impegneranno di applicarle subito, finito il Congresso, costoro, con nostro dolore, si renderanno incompatibili con la loro permanenza nel Partito e nella Terza Internazionale. (Applausi da parte dei comunisti).
È una formula la quale può permettere a molti compagni di superare il sentimento che ci angoscia tutti e di meglio affrettare la dolorosa realtà della storia.
Ho finito. Io chiudo dicendo: compagni, noi abbiamo uno scopo solo: che se la divisione deve avvenire, è inevitabile avvenga a destra
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anziché a sinistra, avvenga separando i piú lontani, anziché i piú vicini, ma se malgrado la nostra buona volontà e l'onestà dei nostri fini ciò non dovesse avvenire, noi, disciplinati perché liberi, liberi perché disciplinati, di fro[...]



da Baratono (relatore per la mozione unitaria) con presentazione di Argentina Altobelli (presidente), e Giovanni Bacci, Discorso di Baratono in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]istizio in poi, ma da prima dell'armistizio; è la Russia che ha condotto la guerra al suo logico fine: è la Russia che ha provocato la disfatta delle armi nella guerra, la disfatta di tutte le armi; è la Russia che ha provocato poi, davanti al pappagalleggiamento di Wilson, lo smascheramento di Versailles, dell'Intesa, e che ancora oggi seguita a fare la piú grande politica internazionale.
E mi domandavo se questo fatto che qui nell'interno del Partito socialista italiano avviene non fosse che un semplice episodio di questa grandiosa, meravigliosa lotta che la Terza Internazionale sostiene per preparare il domani a tutti i paesi; mi domandavo se non fosse altro che il medesimo di ciò che è avvenuto, per giustissima imposizione russa, nelle altre nazioni vicine a noi.
Ma quando — compagni, è tutta qui la questione — quando, per bocca del compagno Kabaktceff, la Russia . ci dice che noi, tendenza unitaria, maggioranza del Partito, siamo degli opportunisti, che soltanto per accarezzare le masse fingiamo di essere favorevoli alla Terza Intern[...]

[...]on fosse che un semplice episodio di questa grandiosa, meravigliosa lotta che la Terza Internazionale sostiene per preparare il domani a tutti i paesi; mi domandavo se non fosse altro che il medesimo di ciò che è avvenuto, per giustissima imposizione russa, nelle altre nazioni vicine a noi.
Ma quando — compagni, è tutta qui la questione — quando, per bocca del compagno Kabaktceff, la Russia . ci dice che noi, tendenza unitaria, maggioranza del Partito, siamo degli opportunisti, che soltanto per accarezzare le masse fingiamo di essere favorevoli alla Terza Internazionale; quando la Russia ci dice che noi ci accontenteremo di espellere dal nostro Partito due, tre, cinque riformisti per mantenere il
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riformismo dentro il nostro Partito, allora io mi rivolgo ai compagni comunisti e dico loro: compagni, credete veramente voi questo?
Molte voci dai palchi e dai banchi dei comunisti: Sí, sí ! (Rumori violentissimi. Interruzioni vivacissime, scambio di apostrofi. Tumulto prolungato).
ALTOBELLI, presidente: Io debbo altamente protestare contro questa intolleranza. Se si continua cosí non si potrà andare avanti. Voi non fate che provocare dei tumulti, facendo perdere un tempo che dovrebbe essere prezioso per tutti. Ricordatevi che qui ci sono anche dei rappresentanti della stampa borghese...
Una voce: Costoro fanno gli interess[...]

[...]listi in un Congresso socialista ! (Applausi). Baratono ha la parola.
BARATONO: Le domande che io voglio porre alle frazioni naturalmente non aspettano una risposta da tutta l'assemblea, no: esse aspettano una risposta dagli oratori che parleranno dopo.
In ogni modo, per evitare che mi rispondiate tutti insieme, rivolgerò le mie domande al compagno Gennari, chiedendogli che cosa eravamo noi fino a ieri, che differenza c'era nella Direzione del Partito, che differenza c'era nelle Sezioni, nell'attività delle Sezioni fra quelli che oggi sono divisi? (Mormorio). A che titolo oggi alcuni di voi si sono schierati da una parte e hanno detto: la rivoluzione siamo noi? Solamente chi è con noi è con la rivoluzione? Per quali meriti del passato, su quali fondamenti oggettivi e di fatto basate questa pretesa di essere voi sob, oggi, i rivoluzionari, coloro che preparano la rivoluzione di domani? (Interruzioni. Rumori. Commenti).
La divisione è sorta solamente negli ultimi tempi della vita del nostro Partito, senza che prima nessuno si fosse accorto [...]

[...]Mormorio). A che titolo oggi alcuni di voi si sono schierati da una parte e hanno detto: la rivoluzione siamo noi? Solamente chi è con noi è con la rivoluzione? Per quali meriti del passato, su quali fondamenti oggettivi e di fatto basate questa pretesa di essere voi sob, oggi, i rivoluzionari, coloro che preparano la rivoluzione di domani? (Interruzioni. Rumori. Commenti).
La divisione è sorta solamente negli ultimi tempi della vita del nostro Partito, senza che prima nessuno si fosse accorto che c'era questa divisione nelle nostre file !
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Non parlo della distinzione fra gli elementi di destra ed i cornunisti, parlo della divisione tra i comunisti.
È sorta quando ci è venuto in Direzione il primo messaggio del C.E. della Terza Internazionale; è sorta solo allora, quando noi ci siamo divisi nella Direzione in maggioranza e minoranza; e poi si è propagata nel Partito socialista e nelle Sezioni.
La diversità del nostro criterio nell'apprezzamento di quel messaggio era una diversità di particolari, ed ancora oggi è diversità di particolari; non era una diversità tale da fondarsi sopra una divisione in due Partiti.
La Terza Internazionale, avendo tenuto un Congresso, il Secondo Congresso di Mosca, avendo in questo Congresso deliberato su alcune tesi, cioè su alcuni punti programmatici del nostro Partito, tesi che riguardano la vita di tutte le sezioni, che hanno quindi un valore internazionale, ed avendo da queste tesi estratto un regolamento, ossia una serie di applicazioni, o condizioni (i 21 punti), impone a tutte le Sezioni nazionali dell'Internazionale di aderire a questo regolamento.
Ieri il compagno Graziadei vi ha fatto largamente l'esposizione della questione. Al compagno Graziadei, uomo di studio, uomo di pensiero, abituato ad appoggiare le sue critiche sopra i documenti, io avrei voluto chiedere semplicemente una cosa; l'avrei chiesta alla sua lealtà: di ricordarsi cioè che tutto[...]

[...] socialdemocratici e da traditori.
Noi abbiamo molto chiaramente espresso il nostro pensiero: i 21 punti di Mosca hanno certamente valore internazionale. La Terza Internazionale si è trovata di fronte alla stessa situazione in tutto il mondo: la Seconda Internazionale aveva tradito perché nei Partiti socialisti dei vari paesi c'erano degli elementi socialpatrioti, c'erano degli elementi socialdemocratici che avevano fatto deviare le Sezioni del Partito. Era un postulato essenziale, una necessità assoluta per la rivolu
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zione russa di pretendere che in tutti i paesi, finalmente, il Partito socialista prendesse la via di sinistra, prendesse la via della rivoluzione, prendesse la via di Mosca, la via della dittatura del proletariato.
In ciò Zinowieff è stato chiarissimo, e noi stessi abbiamo ricordato quella lettera di Zinowieff in data 23 ottobre al proletariato francese, che il compagno Graziadei ieri ha citato, nella quale Zinowieff dice questo: « trattasi per l'Internazionale di Mosca, non dell'applicazione di due o di dieci o di venti punti, trattasi unicamente di decidere se da ora in poi i Partiti socialisti debbano andare verso la rivoluzione e il comunismo, ovvero debba[...]

[...]rattasi unicamente di decidere se da ora in poi i Partiti socialisti debbano andare verso la rivoluzione e il comunismo, ovvero debbano ancora perdersi per i vicoletti della piccola borghesia stagnante nella società borghese presente ».
Comprendiamo quindi tutta la necessità che aveva il Secondo Congresso della Terza Internazionale di fissare le tesi e di stabilire i 21 punti, e riconoscemmo anzi nei 21 punti fin troppa larghezza, perché per il Partito socialista italiano è troppa larghezza ammettere, anche limitandolo all'arbitrio della Commissione esecutiva della Terza Internazionale, che qualche centrista possa prendere parte alla Direzione stessa del movimento socialista.
Voci: E i riformisti?
BARATONO: Applicazione dei 21 punti di Mosca. Noi siamo perfettamente d'accordo con l'Internazionale di Mosca, la quale domanda a tutti i paesi che la scissione dai riformisti si faccia su queste basi: se fino ad allora era stato concesso, in un modo o in un altro, ai riformisti ed ai centristi di restare nel Partito, da allora in poi, ossia a q[...]

[...]a Terza Internazionale, che qualche centrista possa prendere parte alla Direzione stessa del movimento socialista.
Voci: E i riformisti?
BARATONO: Applicazione dei 21 punti di Mosca. Noi siamo perfettamente d'accordo con l'Internazionale di Mosca, la quale domanda a tutti i paesi che la scissione dai riformisti si faccia su queste basi: se fino ad allora era stato concesso, in un modo o in un altro, ai riformisti ed ai centristi di restare nel Partito, da allora in poi, ossia a quattro mesi di distanza dalla promulgazione dei 21 punti, era detto questo: si ponesse a questi signori dell'ala destra la domanda se accettano i 21 punti. Ventunesimo punto: chi respinge per principio le condizioni e le tesi della Internazionale comunista sia espulso dal Partito.
Posizione semplicissima che Zinowieff ha ripetuto ai francesi; ma avendo detto loro di piú che cosa? Mettete il coltello alla gola a questa gente: le couteau à la gorge. E col coltello alla gola, se è necessario, anche noi porremo questa domanda ai nostri destri d'Italia, quantunque dobbiamo riconoscere, come è giusto e leale, che i nostri destri d'Italia corrispondono poi ai sinistri di altre nazioni. Ma ciò non importa niente (applausi vivissimi della maggioranza, ululati dei comunisti), anzi è gloria nostra di essere all'avanguardia degli altri paesi (esclusa la Russia) nella posizione c[...]

[...]rdinare ai 21 punti di Mosca. Noi lo abbiamo sempre detto e riconfermato anche ultimamente: lo ripetiamo anche ben chiaramente nella nostra mozione. Noi accettiamo i 21 punti, chiediamo di applicarli in Italia come la Terza Internazionale ha domandato che vengano applicati in tutto il resto del mondo.
Non è qui la controversia, non è qui la ragione del dissenso, della discordia, della divisione, della formazione di nuovi Partiti, frantumando il Partito socialista esistente. Ci dev'essere una causa piú profonda o piú generale, che non riguarda affatto la disciplina della Terza Internazionale. Si tratta quindi di cercarla, o compagni che avete interrotto dicendo che la causa della nostra diversità di vedute sta nella Terza Internazionale. Si tratta di cercare — e Graziadei mi darà ragione — se ciò che ci divide è una questione di ragione nazionale o è una questione di ragione internazionale.
Perché nel secondo caso chi decide è Mosca, giustamente, legittimamente; ma nel primo caso chi deve decidere siamo noi.
Naturalmente il problema si è c[...]

[...]ecidere siamo noi.
Naturalmente il problema si è complicato per il fatto che nella polemica sono entrati dei compagni che appartengono alla Terza Internazionale, che alla polemica hanno preso parte uomini come Lenin, come Zinowieff, e che dalla loro bocca ci vengono le critiche stesse che per primi ci mossero dei compagni d'Italia, critiche che in gran parte noi avevamo accettato perché riguardanti l'orientamento e la tattica interna del nostro Partito.
Tutte queste critiche, come io osservavo nella mia relazione, in generale vengono fondate sopra una ragione di interpretazione storica, di interpretazione di fatti. Riandando alla vita del nostro Partito, da Bo_ogna ad oggi, si dice che essa presenti delle gravi avarie: che il Partito socialista italiano dopo Bologna, avrebbe avuto occasione di fare una rivoluzione vittoriosa, e non la colse per la presenza nel suo seno di elementi riformisti.
Questa è la piú grave critica che si faccia, ed è una semplice interpretazione di avvenimenti accaduti sotto i nostri occhi, dei quali noi siamo competentissimi a giudicare, perché li abbiamo vissuti.
Ancora questa mattina, in quella lettera lettaci dal compagno di
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Bulgaria, si ripetevano le stesse accuse, si alludeva agli stessi fatti; ancora questa mattina si diceva: Voi, socialisti italiani, siete stati sul punto e nella c[...]

[...]o vissuti.
Ancora questa mattina, in quella lettera lettaci dal compagno di
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Bulgaria, si ripetevano le stesse accuse, si alludeva agli stessi fatti; ancora questa mattina si diceva: Voi, socialisti italiani, siete stati sul punto e nella condizione di poter fare la vostra rivoluzione, di appropriarvi del potere politico del vostro paese, e non l'avete fatto perché siete stati troppo teneri verso gli elementi riformisti che sono nel vostro Partito. (Commenti).
Se non è proprio letteralmente esatto, è però questo il pensiero generale...
Una voce dal palco dei comunisti: Non è questo il senso !
BARATONO: Correggerete ancora.
A queste critiche, e quindi ai rimproveri, e quindi alla diversa tattica che dovremmo seguire se queste critiche e questi rimproveri fossero giusti, noi della tendenza unitaria che cosa rispondiamo?
Rispondiamo che noi guardiamo ai fatti, che noi guardiamo gli avvenimenti con occhio piú sereno di voi. Rispondiamo, cari compagni: non si può aver sempre ciò che si desidera, e non basta desiderare e volere per real[...]

[...]to ultimo. Siamo d'accordo sulla debolezza degli istituti borghesi italiani in confronto degli stessi istituti di altri paesi vicini, perché la libertà relativa che godiamo in Italia è appunto l'effetto della debolezza degli organi costituzionali italiani, i quali non poggiano su una forte e compatta classe dominante; come è anche l'effetto della nostra forza che in Italia è enormemente superiore — in relazione, si intende — alla forza che ha il Partito socialista nei paesi vicini. Siamo d'accordo su tutto ciò.
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Dove non siamo d'accordo? Su particolari, su contingenze di fatto semplicemente.
Per esempio, ne colgo una a volo: quella lettera lettaci dal compagno Kabaktceff a nome dei compagni di Mosca diceva che in Italia c'è uno stato di miseria disperata dopo la guerra.
Siamo sinceri, compagni che venite dai lavoratori dei campi e delle città: la miseria ci sarà, perché precipitiamo verso la disoccupazione e la fame, ma disperata miseria non c'era nel giorno nel quale, secondocostoro, noi avremmo dovuto fare la rivoluzione e non l'avr[...]

[...]sia: non siamo affatto alieni, non escludiamo affatto che se a voi, compagni dell'Internazionale, pei bisogni dell'Internazionale, sembrasse un giorno necessario anche il sacrificio del Partita d'Italia, noi saremo pronti a farlo: ma almeno questo vi domandiamo: di poterne discutere con voi, di poterci sentire uniti con voi, non di ricevere ordini ma di avere con voi una collaborazione continua, di avere un contatto continuo fra la Direzione del Partito socialista italiano e la Commissione esecutiva della Terza Internazionale. (Bene!). Vi domandiamo un contatto piú stretto, una intimità piú amichevole, una collaborazione piú chiara e piú libera; e questo è stato chiamato essere avversari, essere nemici della Rivoluzione russa.
Ci hanno imputati per questo di voler contrastare a Mosca, noi che proprio desideriamo di andare all'unisono con Mosca !
Vedete che si continua a rivangare sul fatto della presa di possesso delle fabbriche; che da quel giorno in poi è diventato il punto sul quale piú ci combattono i comunisti d'Italia e quindi anche [...]

[...] russa.
Ci hanno imputati per questo di voler contrastare a Mosca, noi che proprio desideriamo di andare all'unisono con Mosca !
Vedete che si continua a rivangare sul fatto della presa di possesso delle fabbriche; che da quel giorno in poi è diventato il punto sul quale piú ci combattono i comunisti d'Italia e quindi anche i compagni dell'Internazionale di Mosca. Sarebbe stato allora, specialmente, che la presenza di qualche destro nel nostro Partito avrebbe proprio impedito alla rivoluzione di aver luogo. (Interruzioni).
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Io non ne parlerei (come non citerò, se non per esemplificare, questioni particolari e tacerò del tutto di questioni personali) non ne parlerei se non ci fosse la circostanza che io era nella Direzione del Partita e che nessun altro fra gli oratori potrà riferirne come testimone oltre Gennari, perché Serrati era ancora in Russia, quantunque una vignetta lo rappresenti addormentato, in quei giorni.
Ed anche qui mi rivolgo al compagno Gennari: poniamo la questione nel fatto, senza nessuna intenzionalità, e cerchiamo[...]

[...]seguite, le ho vissute; se voi credete che venga in malafede a parlare e a cercare di modificare i fatti, ditemelo subito, piuttosto che interrompermi dopo, ed io tacerò; ma se voi ammettete la buona fede di un uomo, la storia é questa, molto semplice, esposta non per difendere uomini o tendenze riformistiche, ma per dimostrare anzi, che nemmeno allora si trattò di influenza del riformismo e meno ancora di dominio che questo abbia preso sopra il Partito. Poiché, diciamolo subito, la migliore prova che i nostri socialdemocratici non dominarono sul Partito, sta nel fatto, per chi sa e ragiona, che altrimenti essi avrebbero benissimo potuto instaurare la Repubblica socialdemocratica in Italia, per cui ebbero mille buone occasioni e non lo fecero.
Ieri Graziadei diceva che bisogna guardare la realtà storica secondo certi momenti, certe circostanze che ne stabiliscono il valore; e diceva questo per svalutare l'opera dei socialisti italiani che sono stati tutti, o in grandissima maggioranza, contro la guerra, nessuno dei quali ha voluto i crediti di guerra, osservando che in Italia c'erano condizioni piú propizie che in altri paesi, e lo sforzo er[...]

[...]rezione del Partita non prese un atteggiamento decisivo in quel giorno. Attese gli avvenimenti. Gli avvenimenti precipitarono. (Interruzioni. Rumori. Scambio di apostrofi).
ALTOBELLI, presidente: La Presidenza è d'accordo in questo: che se c'è, come pare che ci sia, un interruttore sistematico, lo farò mettere fuori ! (Applausi).
BARATONO: Sta dunque di fatto che fino alla convocazione del Consiglio generale delle leghe noi della Direzione del Partito non avevamo una chiara intenzione, una precisa visione, una certa decisione di portare il movimento piuttosto da una parte che dall'altra. Lasciammo che si convocasse il Consiglio delle leghe. Nel frattempo la situazione generale, piuttosto che migliorata, era peggiorata, come riferirono, del resto, coloro che venivano dalle fabbriche invase, primi fra tutti i compagni di Torino. Perché lo stato d'animo degli operai non era piú a quella altezza di tensione nella quale si trovava i primi giorni. Alcuni di essi, poco educati, troppo utilitaristi forse, già domandavano, soprattutto, che si forni[...]

[...] era piú a quella altezza di tensione nella quale si trovava i primi giorni. Alcuni di essi, poco educati, troppo utilitaristi forse, già domandavano, soprattutto, che si fornisse loro il mezzo di vivere giorno per giorno se si voleva che rimanessero nelle fabbriche. Mi rivolgo agli organizzatori per testimonianza.
Molte voci: È verissimo.
BARATONO: Vennero dunque quelle due famose giornate che furono impiegate in discussioni fra Direzione del Partito e Confederazione generale del lavoro, dove la Confederazione generale del lavoro, di cui io non intendo affatto portare qui alcuna scriminante, alcuna difesa per tutta l'opera sua, sta di fatto che si metteva intanto in questa posizione: di non contare piú come Comitato centrale, dal momento che si era convocato il Consiglio delle leghe, il quale era sovrano, il quale era costituente di fronte ad esso Comitato. Le nostre discussioni si svolsero in due giorni.
Primo giorno, Gennari, ti ricordi, noi non ponemmo una condizione assoluta sine qua non, e quindi non ci dividemmo recisamente da loro[...]

[...]toria ! (Applausi vivissimi).
Quando Lenin ha spossessato le fabbriche di Putiloff ha motivato la propria azione affermandone le precise e particolari ragioni, e non ha detto: ce le prendiamo per la rivoluzione ! Ha dato ragioni contingenti perché la rivoluzione non si fa tutta in una mattina. Invece, ed io ve lo dico solo per dimostrarvi lo stato d'animo degli uomini di quel giorno, invece l'urto fra Gennari, rappresentante della Direzione del Partito, la quale all'unanimità gli dette la sua solidarietà, e il Comitato centrale della Confederazione generale del lavoro, fu violento solo per questo: che c'era un'assoluta antitesi, non di tendenze politiche e di programmi, ma di sentimenti e d'abito mentale. Piangevano gli uni e gli
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altri; ma uno diceva: io credo che domani si debba fare il gran salto; e gli altri dicevano: noi onestamente e lealmente ci spaventiamo perché ci sembra un salto nel buio.
La solita voce: E allora non si fa il dirigente di organizzazioni ! (Interruzioni vivacissime. Commenti animati. Rumori vivissimi. Scambi[...]

[...]ché anche quando ci andrete voi, i piú puri tra i comunisti, i piú ardenti tra i comunisti, dovrete fare un'opera nello stesso senso che la fanno loro? (Interruzioni. Rumori).
Non dimentichiamo dunque, fra l'altro, che contro l'ordine del giorno BuccoSchiavello e per l'ordine del giorno D'Aragona votarono in maggioranza i rappresentanti delle organizzazioni operaie.
Voci: Senza mandato.
BARATONO: La presenza e l'autorità che si dice avere nel Partito so cialista questa nostra destra non è una causa della mancata rivoluzione, ma è, se mai, un effetto; dimostra appunto che le condizioni d'Italia, sono tali che questi destri sono ancora oggi compatibili, o erano ancora ieri compatibili nelle nostre file. (Aaah ! Aaah I). Ci potevano stare perché avevano il suffragio delle loro masse. Non si deduce, che domani ci debbano stare. Non si dice che domani il Partito socialista debba seguire la stessa via che ha seguito fino ad oggi; si dice: « andiamo a vanti », ma il passato giudichiamolo onestamente; diciamo che nel passato, non per nostra volontà, non per nostra colpa, non per la presenza di tre, di cinque, di venti persone, ma per condizioni assai piú profonde, e nazionali e internazionali, il rivolgimento non si è potuto eseguire in Italia. Diciamo questo, onestamente, e non divenga quindi un'accusa al Partito socialista italiano non aver ottenuto ciò che non poteva assolutamente raggiungere. Non divenga un'accusa verso la Direzione, ed è strano, è [...]

[...]socialista debba seguire la stessa via che ha seguito fino ad oggi; si dice: « andiamo a vanti », ma il passato giudichiamolo onestamente; diciamo che nel passato, non per nostra volontà, non per nostra colpa, non per la presenza di tre, di cinque, di venti persone, ma per condizioni assai piú profonde, e nazionali e internazionali, il rivolgimento non si è potuto eseguire in Italia. Diciamo questo, onestamente, e non divenga quindi un'accusa al Partito socialista italiano non aver ottenuto ciò che non poteva assolutamente raggiungere. Non divenga un'accusa verso la Direzione, ed è strano, è meraviglioso che Gennari non accolga questa accusa...
GENNARI: Non l'accolgo. Non c'è quest'accusa !
BARATONO. ...accetti questa accusa dei compagni russi, che anche questa mattina ci hanno mosso: di aver noi tradito la rivoluzione; quest'accusa per lo meno di debolezza a di codardia, di avere sabotato una rivoluzione, che secondo Lenin e Zinowieff sarebbe riuscita vittoriosa, nella piccola Italia ! mentre all'intorno già erano caduti gli altri tentati[...]

[...]orno già erano caduti gli altri tentativi e infieriva ovunque la piú atroce reazione; mentre le stesse armi della Russia bolscevica erano state infrante a Varsavia; in Italia, piccolo povero paese senza risorse, che non poteva realizzare le speranze concepite a Bologna, non già per l'intervento di Turati o D'Aragona, ma per cause piú profonde e generali.
Noi discordiamo dai compagni di Mosca in questa critica che riguarda il passato recente del Partito socialista. Siamo d'accordo in ciò che riguarda l'avvenire; siamo perfettamente d'accordo coi compagni di Mosca nel desiderare un accentramento maggiore nel Partita socialista italiano, e un disciplinamento piú efficace, nonché una piú stretta
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dipendenza degli organismi sindacali. Siamo pronti ad accogliere tutte quelle riforme che voi, comunisti puri, vogliate portare nella riorganizzazione del Partito. Su tutto questo non abbiamo nessuna eccezione a fare. Siamo pronti a formare nuovi organi piú adatti e piú celeri, come siamo stati i primi a dire che la Direzione del Partito deve essere accentrata e deve imporsi con maggiore autorità di oggi. Siamo stati i primi, noi stessi, a muovere le critiche all'organizzazione passata del nostro Partito.
A tutto ciò siamo disposti, ma non siamo disposti a farci dare dei codardi, dei traditori della rivoluzione, perché noi non lo siamo mai stati ! (Applausi vivissimi. Interruzioni di Bordiga. Rumori vivissimi. Tumulto).
ALTOBELLI, presidente: Sospendo la seduta fino a che tutti non saranno a posto.
(La seduta rimane sospesa per mezz'ora circa. Altobelli ritorna alla Presidenza esortando lungamente l'assemblea e specialmente quelli che sono nei palchi a non provocare tumulti. Quindi dà la parola all'oratore).
BARATONO: Le mie parole tendevano a portarvi sopra constatazioni di fatto dalle q[...]

[...]pendo la seduta fino a che tutti non saranno a posto.
(La seduta rimane sospesa per mezz'ora circa. Altobelli ritorna alla Presidenza esortando lungamente l'assemblea e specialmente quelli che sono nei palchi a non provocare tumulti. Quindi dà la parola all'oratore).
BARATONO: Le mie parole tendevano a portarvi sopra constatazioni di fatto dalle quali, se me ne aveste lasciato il modo e il tempo, avrei potuto trarre questa conclusione: che nel Partito socialista italiano non ci sono frazioni, c'è una sola grande tendenza comunista o massimalista che coincide con il Partito e che fino ad oggi ha fatto strada insieme ed in perfetta unità e di pensiero e di azione. E volevo dimostrarvi che soltanto artificiose o almeno esagerate interpretazioni dei fatti storici sono quelle che hanno creato le ragioni della odierna scissione fra comunisti.
Non posso per?) piú fermarmi tanto sopra questa parte, e debbo passare oltre per necessità del tempo.
Noi, comunisti della tendenza unitaria, non neghiamo certamente che vi è una parte di socialisti, che Bologna ha lasciato nel Partito socialista, i quali sono alla destra del Partito. Siamo, però, discordi nel valutare il colo[...]

[...]perfetta unità e di pensiero e di azione. E volevo dimostrarvi che soltanto artificiose o almeno esagerate interpretazioni dei fatti storici sono quelle che hanno creato le ragioni della odierna scissione fra comunisti.
Non posso per?) piú fermarmi tanto sopra questa parte, e debbo passare oltre per necessità del tempo.
Noi, comunisti della tendenza unitaria, non neghiamo certamente che vi è una parte di socialisti, che Bologna ha lasciato nel Partito socialista, i quali sono alla destra del Partito. Siamo, però, discordi nel valutare il colorito speciale di questa tendenza, in modo da poterle dare una precisa qualifica, come si fa invece dai compagni di Mosca. Siamo stati in disaccordo non sull'ammettere o non ammettere che Turati, che Treves, che D'Aragona siano alla destra del Partito, ma solamente nel criterio storico su questa tendenza, nella valutazione di socialpatriottismo, alla quale avete poi rinunziato, o di socialdemocrazia, alla quale non rinunziate, intendendola come sinonimo di riformismo,
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nel senso storico della parola, perché nel senso storico della parola riformismo vuol dire collaborazionismo.
Di fronte a questa domanda: «esiste il collaborazionismo come frazione del Partito socialista italiano? » noi avremo errato, la storia dirà poi la sua sentenza ultima di qui a qualche anno, nessuno è profeta nel mondo, ma insomma noi crediamo di poter definire i nostri destri come frazione collaborazionista, in quanto crediamo che non esista una frazione collaborazionista, la quale porti cioè come suo programma e cerchi di attuare nella sua attività di Partito questa tendenza a collaborare con la borghesia.
Direte: sono venuti adesso a questa concezione; direte: si sono trasformati da quelli che erano; direte: hanno mutato per la via il loro programma.
Sí, è vero, nel mondo tutto muta; molti di voi che cosa erano due, cinque anni or sono?
Voci: Anche due mesi fa !
BARATONO: Tutto muta, tutto si trasforma; ma sotto a questo fatto che noi constatiamo: che i riformisti italiani, se cosí li volete chiamare, noi li abbiamo trascinati nella nostra scia, alla nostra retroguardia, sta l'altro che non si sono opposti a noi come frazione, e non hanno pu[...]

[...]nstatiamo: che i riformisti italiani, se cosí li volete chiamare, noi li abbiamo trascinati nella nostra scia, alla nostra retroguardia, sta l'altro che non si sono opposti a noi come frazione, e non hanno punto cercato di realizzare la socialdemocrazia, mentre avevano il favore, in un certo momento, della borghesia e dei ministri del re, pronti già a divenire ministri... della repubblica.
Questo volevamo dire. Noi massimalisti, maggioranza del Partito di fatto, storicamente parlando, non abbiamo trovato un'opposizione di una frazione riformista che ci dicesse: « no, voi dovete fare in quest'altro modo, perché questa è la tattica del Partito che noi difendiamo ». Abbiamo invece trovato degli uomini, che stando per temperamento, per abito mentale o professionale, alla destra del nostro Partito, solamente adesso si sono costituiti in frazione concentrista, perché li hanno spinti a costituirla, con la loro opposizione, proprio gli estremisti di sinistra. I nostri destri hanno creato questa frazione artificiosa e artifi ciale, hanno creato una frazione che s'aduna per dire che non esiste come frazione. Perché ieri Graziadei — scusa se ti cito cosí frequentemente, ma ciò avviene honoris causa — ieri Graziadei diceva, a proposito di Frossard: « quelle che contano sono le mozioni, non i discorsi ». E se fosse vero questo, se contasse soltanto la mozione di Reggio, se contasse la relazion[...]

[...]zione di questa frazione non siamo piú di fronte ad un riformismo né ad un collaborazionismo, ma a della gente che ha corretto i suoi errori passati, ed è venuta dietro di noi.
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Di fronte a questo atteggiamento, concludiamo: non possiamo espellere una frazione intera, in quanta frazione; possiamo prendere provvedimenti individuali, in quanto possono esistere persone che, perché alla destra, individualmente contravvengono alla disciplina del Partito. E queste persone noi le abbiamo diagnostizzate altrettanto crudamente, se non piú di quanto hanno fatto i compagni della frazione comunista.
Si tratta in parte di uomini che hanno compiuto un'evoluzione, soprattutto intellettuale, e che si sono formata la loro mentalità soprattutto attraverso la vita del Partito nei tempi passati, prima della guerra, (panda cioè il Partito era in condizioni assai diverse da ora, appunto perché non c'era quella condizione rivoluzionaria che, voi tutti lo ammettete, la guerra stessa ha provocato in tutti i paesi; si sono formati una mentalità piccoloborghese, una mentalità dunque riformistoide, non precisamente riformista come programma, ma con un atteggiamento riformista, con una spirito di riformista.
Il loro riformismo consiste principalmente in questo: nel collocare la meta piú in qua della rivoluzione, senza negare la rivoluzione. Guardano l'immediato presente, o vivono nella sfera del parlamentarismo e del possibilismo con[...]

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Il loro riformismo consiste principalmente in questo: nel collocare la meta piú in qua della rivoluzione, senza negare la rivoluzione. Guardano l'immediato presente, o vivono nella sfera del parlamentarismo e del possibilismo contingente, senza escludere che domani si possa, si debba, si voglia fare la rivoluzione.
Noi respingiamo questa mentalità che è alla destra, ma anche alla sinistra del Partita, e crediamo che sia incompatibile ormai col Partito socialista, per una semplice ragione: che non appena voi in un'azione qualunque ponete come meta qualche cosa al di qua della rivoluzione, fate del riformismo anche se quest'azione fosse violenta. Perché la differenza fra il metodo rivoluzionario e quello riformista non è nella peculiarietá di un certo atto: rivoluzionario sarebbe anche il mio atto di prendere questa bottiglia se questa bottiglia fosse <c tabú », se ci fosse una legge borghese che m'impedisse di prenderla; rivoluzionario è anche un atto sindacale, anche la conquista di un piccolo beneficio operaio, non appena gli diamo l'indi[...]

[...]trascenda verso il fine rivoluzionario, viceversa riformista pub essere anche prendere di mira un ufficiale e colpire le guardie, cari compagni !
Cari compagni, molti di quelli che hanno votato per i comunisti, per quelli della frazione comunista, sono dei compagni che credono proprio a questo: che la rivoluzione consista nella rivolta domani mattina.
Voci: Non è vero ! (Rumori prolungati).
BARATONO: E tutti noi li conosciamo. Noi viviamo nel Partito, non ci bendiamo gli occhi, sappiamo vedere le cose.
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Ci sono infinite sfumature, convenitene, anche nella frazione comunista; anche là c'è una destra e una sinistra; anche lá c'è la parte bornbacciana e la parte bordighiana; non mi pare che ci sia una grande omogeneità, una perfetta unità tra queste parti...
BORDIGA: C'è, c'è
BARATONO: Tanto meglio !
Dico dunque, che noi, che viviamo nelle Sezioni, sappiamo che molti compagni, che hanno mandato qui dei rappresentanti aderenti alla frazione comunista, sono rivoluzionari perché credono ad una forma di rivoluzione che non è che l'insurr[...]

[...]ispettato Partita che esista in Italia — e la presenza di questi giornalisti vi dice che il nostro Partita è il piú rispettato di tutti, anche quando ci insultano, anche quando ci dileggiano. (Applausi vivissimi).
Anche quando ci criticano, anche quando cercano di farci la spia e di mandarci in galera, essi con questo solo preoccuparsi di noi in pagine intere, ogni giorno, dei loro giornali, dimostrano che il nostro Partita è il piú formidabile Partito italiano ! E perché voi volete scinderlo, diminuirlo, impoverirlo? (Applausi vivissimi).
E ritorno ai nostri destri, per concludere su questo punto, senza equivocazione.
Dicevo: esistono dei riformisti di destra che sono tali per mentalità acquisita, ed essi ormai appartengono alla famiglia borghese. I loro argomenti sono delle volte stampati sulle cantonate, nei manifesti, come ragioni contro di noi, e questa ci fa ancora onore: vuol dire che la borghesia ha bisogno di scegliere tra noi gli uomini che ci possano combattere. (Bravo ! Applausi).
Tuttavia, compagni, il passo da Bologna a Liv[...]

[...]).
Tuttavia, compagni, il passo da Bologna a Livorno deve essere propria questo; rivedere la formula « libertà di scuola nella disciplina dell'azione ».
Ieri Graziadei ricordava che egli si è giovato in altri tempi di questa principio: « libertà di pensiero, disciplina d'azione » perché le differenze erano minori. È il contrario, mi pare. Allora le differenze erano molto maggiori, allora veramente c'erano una destra ed una sinistra opposte nel Partito socialista. Ma egli ha ugualmente ragione di concludere, che oggi questa formula é assurda, perché allora non era esiziale, per il Partita, che esistessero degli uomini che parlassero in senso opposto alla volontà dello stesso Partito, ma oggi, se è vero che si sia alla vigilia di questa benedetta rivoluzione, è impossibile ammettere ciò ! (Bene !).
È impossibile, caro Turati — uomo che tutti quelli che hanno vissuto a lungo nel Partito venerano, perché da lui molto hanno impara
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to — è impossibile, caro Turati, è impossibile, caro Treves, che il giorno in cui il Partito socialista decide un'azione, che ormai, badate, ha sempre carattere rivoluzionario, anche se si tratta di un'interpellanza al Parlamento — decide, per esempio, di non permettere l'aumento del prezzo del pane per i poveri — voi veniate fuori a criticare quest'azione ! È assolutamente inammissibile questo ! Abbiate o non abbiate ragione, nello stretto campo scientifico in cui vi mettete a discutere — perché se voi parlaste di economia politica in astratto può essere vero che sia un vano lavoro quello di cercare di diminuire il prezzo del pane, ma noi facciamo la vita politica, dove c'è una ragi[...]

[...]ella nostra Sicilia dove trovo la stessa miseria e la stessa incapacità ad organizzarsi, mentre questa miseria e questa disorganizzazione che è oggi in Russia c'era anche prima, al tempo dello czarismo, e la rivoluzione non poteva modificare in un giorno. Ma a quei fatti dà valore la tua interpretazione di socialista, e quindi è assurdo che tu possa in nome della libertà di pensiero svalutare tutta quanta l'opera rivoluzionaria nel giorno che il Partito la prende ad esempio, sia pur leggendario e simbolico, della propria azione.
Voi avete inventato, compagni concentristi, una libertà che è un astratto.
Che cosa è libertà? È come la democrazia. La stessissima questione. Come la questione del diritto individuale. Ma la libertà ha un limite, è relativa. Questa libertà ha un limite in un diritto, in una libertà superiore a quella dell'individuo, il diritto, la libertà del Partito, della classe dei lavoratori, del proletariato. E voi non potete in nome della
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libertà individuale contraddire ai diritti del proletariato ! (Applausi vivissimi).
È per questa ragione che noi non possiamo piú consentire, da oggi in poi, che sia ammissibile nello stesso Partito, alla vigilia della battaglia, un contrasto di questo genere, continuo, a fare a chi piú disfa ciò che gli altri hanno fatto.
Lo abbiamo sempre detto, anche in Direzione. Noi scontiamo, caro Gennari, la debolezza della nostra Direzione passata. (Applausi vivissimi). Se noi avessimo inflessibilmente, tutte le volte, colpito gli atti indisciplinati, inclusevi le manifestazioni di pensiero che sono poi anche esse azioni vere e proprie, se avessimo colpito senza guardare all'elevatezza delle persone, noi a quest'ora non ci troveremmo a questo sbaraglio, a dividere il nostro Partito per alcuni at[...]

[...]o abbiamo sempre detto, anche in Direzione. Noi scontiamo, caro Gennari, la debolezza della nostra Direzione passata. (Applausi vivissimi). Se noi avessimo inflessibilmente, tutte le volte, colpito gli atti indisciplinati, inclusevi le manifestazioni di pensiero che sono poi anche esse azioni vere e proprie, se avessimo colpito senza guardare all'elevatezza delle persone, noi a quest'ora non ci troveremmo a questo sbaraglio, a dividere il nostro Partito per alcuni atteggiamenti personali che fornirono le armi alla borghesia contro di noi. (Benissimo).
Ma oltre questi compagni, che sono alla destra perché sono ormai in una sfera di pensiero democratico, in una mentalità borghese, per quanta orientata e simpatizzante verso il socialismo, ed ai quali, quindi, porremo quella famosa domanda: accettate o non accettate d'ora in poi questo che è il nuovo organamento, queste che sono le nuove deliberazioni del Partito socialista italiano, e se non accettate fateci il piacere di lasciarci liberi... (Applausi).
Voci: Siamo d'accordo.
BARATONO: Malti[...]

[...]ni atteggiamenti personali che fornirono le armi alla borghesia contro di noi. (Benissimo).
Ma oltre questi compagni, che sono alla destra perché sono ormai in una sfera di pensiero democratico, in una mentalità borghese, per quanta orientata e simpatizzante verso il socialismo, ed ai quali, quindi, porremo quella famosa domanda: accettate o non accettate d'ora in poi questo che è il nuovo organamento, queste che sono le nuove deliberazioni del Partito socialista italiano, e se non accettate fateci il piacere di lasciarci liberi... (Applausi).
Voci: Siamo d'accordo.
BARATONO: Malti dicono: siamo d'accordo ! Non è vero che siamo d'accordo, perché vi è tutta una frazione che esige siano cacciati Tizio, Caio, Sempronio, facendo i precisi nomi delle persone !...
Voci: No, no !
BARATONO: C'è una frazione che dice: tutti quelli che hanno aderito a Reggio Emilia, solo perché vi hanno aderito debbono andarsene; e qui è la discordia ! Noi siamo d'accordo con Mosca, perché appunto Mosca questo non ha imposto !
Dicevo, oltre queste individualità [...]

[...] facendo i precisi nomi delle persone !...
Voci: No, no !
BARATONO: C'è una frazione che dice: tutti quelli che hanno aderito a Reggio Emilia, solo perché vi hanno aderito debbono andarsene; e qui è la discordia ! Noi siamo d'accordo con Mosca, perché appunto Mosca questo non ha imposto !
Dicevo, oltre queste individualità che hanno ormai una mentalità che rimane arretrata di fronte al movimento rivoluzionario, ci sono altri destri nel nostro Partito che sono a quel posto soprattutto perché sono degli organizzatori.
Voci: Sono i piú pericolosi !
BARATONO: Essi sono alla destra del Partito — come colui che io cito sempre, il nostro compagno Graziadei, ha dimostrato — sono alla destra del Partita, perché sono cosí abituati per le necessità sindacali, poiché gli stessi operai piú rivoluzionari, piú scapigliati sono quelli che li spingono sopra i gradini delle Prefetture e dei Ministeri. (Applausi.
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Vivissime approvazioni). E purtroppo il nostro movimento sindacale è impregnato di questo utilitarismo dovuto alla stessa volontà degli organizzati, ed essi si conformano a questa volontà degli operai.
Ed allora appunto bisogna distinguere e cercare di comprendere e di penetrare [...]

[...]no sopra i gradini delle Prefetture e dei Ministeri. (Applausi.
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Vivissime approvazioni). E purtroppo il nostro movimento sindacale è impregnato di questo utilitarismo dovuto alla stessa volontà degli organizzati, ed essi si conformano a questa volontà degli operai.
Ed allora appunto bisogna distinguere e cercare di comprendere e di penetrare la situazione. Noi domandiamo una cosa molto semplice nei loro rapporti: regoliamo il rapporto tra Partito politico e organizzazione del lavoro in tal modo che d'ora in poi l'Organizzazione del lavoro sia subordinata, sia dipendente dal Partito socialista. (Benissimo I). Impadroniamoci dell'Organizzazione del lavoro, obblighiamo tutti gli organizzatori ad essere tesserati, e quindi ad essere disciplinati alle direttive del nostro Partito; cerchiamo nel modo che voi meglio crederete, nel modo che potremo stabilire d'accordo, di fissare fortemente questa unità politicosindacale. Tutti sentiamo, tutti lo abbiamo detto, che il patto di alleanza ormai è incapace di sostenersi, davanti ai tempi; sebbene esso segni un progresso assai grande di fronte a ciò che esiste in Francia, dove c'è l'indipendenza dell'organizzazione economica da quella politica. Esso è ancora però qualche cosa che può sfuggire facilmente ai doveri politici e rivoluzionari; garantiamo questo patto di alleanza, cerchiamo insieme il modo di rendere piú forte, piú[...]

[...]lleanza ormai è incapace di sostenersi, davanti ai tempi; sebbene esso segni un progresso assai grande di fronte a ciò che esiste in Francia, dove c'è l'indipendenza dell'organizzazione economica da quella politica. Esso è ancora però qualche cosa che può sfuggire facilmente ai doveri politici e rivoluzionari; garantiamo questo patto di alleanza, cerchiamo insieme il modo di rendere piú forte, piú tenace questa unione, facciamo una cosa sola del Partito e della Organizzazione.
Ah, sí; apriamo le porte, allarghiamo le mura delle nostre Sezioni e il Partito socialista meglio si unifichi con la massa lavoratrice: questo sí, questo corrisponde alle condizioni d'Italia, dove le nostre Sezioni, in generale, non sono e non possono essere quel manipolo di scelti, di esaminati che vi entrino con una chiara coscienza politica, perché nelle nostre Sezioni entrano tutti quelli che domandano di entrare; dove spesso ci si esaurisce nel pettegolezzo, nelle beghe interne, mentre di fuori la massa aspetta la nostra parola come la parola di un redentore; allarghiamo pure le nostre Sezioni, fondiamo di piú il Partito con l'Organizzazione; non facciamo l'opera co[...]

[...]zioni d'Italia, dove le nostre Sezioni, in generale, non sono e non possono essere quel manipolo di scelti, di esaminati che vi entrino con una chiara coscienza politica, perché nelle nostre Sezioni entrano tutti quelli che domandano di entrare; dove spesso ci si esaurisce nel pettegolezzo, nelle beghe interne, mentre di fuori la massa aspetta la nostra parola come la parola di un redentore; allarghiamo pure le nostre Sezioni, fondiamo di piú il Partito con l'Organizzazione; non facciamo l'opera contraria, non dividiamo invece il Partito socialista, restringendolo, dall'Organizzazione del lavoro, non perdiamo questo enorme vantaggio, che già abbiamo sugli altri paesi, di tener subordinata a noi l'Organizzazione del lavoro. Questa è la visione unitaria. Noi non siamo contrari a nessuna modificazione che renda piú ferreo il nostro Partita, piú disciplinata la nostra azione; siamo contrari soltanto a tutto ciò che rompe la compagine, la organicità multipla del nostro Partita. Esso oggi é fondato sulla Organizzazione del lavoro. La nostra forza è là; ed è per deprecare il pericolo che questa forza vada perduta, che noi unitari no[...]

[...]reo il nostro Partita, piú disciplinata la nostra azione; siamo contrari soltanto a tutto ciò che rompe la compagine, la organicità multipla del nostro Partita. Esso oggi é fondato sulla Organizzazione del lavoro. La nostra forza è là; ed è per deprecare il pericolo che questa forza vada perduta, che noi unitari non possiamo acconsentire
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a provocare l'esodo delle organizzazioni dietro i loro organizzatori, cacciandoli, sol perché tali, dal Partito. Il giorno in cui Partito e Organizzazione fossero staccati l'uno dall'altra, vi accorgereste a che si ridurrebbe la forza del solo Partito politico nel nostro paese: appunto perché il Partita politico non è moralmente superiore, né ha condizioni di dottrina, di spirito, di preparazione di nessun genere, superiori alla preparazione, allo spirito delle masse che stanno intorno a noi.
Resta adunque chiaro, o compagni, e questo volevo dimostrare, che non c'è nessun dissenso profondo, razionale, che non c'è nessuna causa essenziale che divida in questo momento il Partito comunista, il Partito massimalista, la grande maggioranza attuale del Partita socialista italiano; che queste differenze si sono volute creare su critiche fatte di certi momenti storici artificialmente interpretati.
E del resto anche se fossero vere queste critiche, anche se fosse vero tutto quello che voi avete detto del passato del nostro Partito, non è dimostrato ancora che il Partito nostro debba scindersi, non in due, di videndoci dai riformisti, ma anche in tre, dividendoci anche dai comunisti. Non è dimostrata in nessun modo questa necessità, perché non avete potuto e non potete dimostrare, che noi della tendenza unitaria siamo dei socialdemocratici, dei riformisti o degli indipendenti alla tedesca.
Noi abbiamo voluto tutto quello che avete voluto voi, noi abbiamo fatto tutto quello che avete fatto voi, perché siamo sempre stati insieme, abbiamo lavorato concordi fino ad oggi nel Partito. Ci differen ziamo solo in questo: che noi non vogliamo perdere quell'organamento[...]

[...]sti, ma anche in tre, dividendoci anche dai comunisti. Non è dimostrata in nessun modo questa necessità, perché non avete potuto e non potete dimostrare, che noi della tendenza unitaria siamo dei socialdemocratici, dei riformisti o degli indipendenti alla tedesca.
Noi abbiamo voluto tutto quello che avete voluto voi, noi abbiamo fatto tutto quello che avete fatto voi, perché siamo sempre stati insieme, abbiamo lavorato concordi fino ad oggi nel Partito. Ci differen ziamo solo in questo: che noi non vogliamo perdere quell'organamento qual'è oggi costituito dal Partito socialista.
Comprendo che ci siano forse altre ragioni che ci dividono, o meglio che distinguono alcuni che capeggiano il movimento della frazione comunista da noi unitari. Può darsi che se noi andiamo ad esaminare minutamente gli scritti di alcuni nostri compagni, troviamo altre differenze, forse piú profonde. Può darsi che ci sia una diversa valutazione, non tanto della storia del nostro Partito, quanto degli ideali del nostro Partito. Può darsi che noi a Bologna ci siamo ubriacati dicendo tutti le stesse parole — Internazionale, comunismo, rivoluzione — ma non ci siamo compresi. Può darsi che qui stia la differenza, e che sia necessaria una chiarificazione sui fini rivoluzionari, sul contenuto rivoluzionario della nostra azione.
In tal caso facciamo anche questa chiarificazione.
La Terza Internazionale ci indica esplicitamente come metodo rivoluzionario, la necessità di adoperare due grandi leve che debbono ri
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muovere il macignó borghese: « la dittatura del proletariato, e l'uso della violenza ». Ebbene, può darsi[...]

[...] fatto, che alcuni interpretino la dittatura del proletariato e l'uso della violenza in modo diverso dalla maggioranza della tendenza unitaria. Questa interpretazione sarebbe quella, lo spiego subito, che intende obbligare l'Italia, il giorno della rivoluzione, ad adoperare questi metodi, che sono generali per tutte le rivoluzioni, nello stesso identico modo con cui sono stati adoperati dai compagni russi, e da formare quindi in Italia, prima un Partito politico rivoluzionario di congiura contro il Governo borghese, al solo ed unico scopo della presa di possesso violenta e armata del Governo, e poi un'instaurazione del Governo socialista sul figurino preciso ed esatto di ciò che è avvenuto in Russia.
I russi dicono — badate, ce lo ha dichiarato Graziadei — che essi non impongono nulla di tutto ciò, che non intendono dettare le leggi precise circa la tattica, le circostanze, l'adattamento di quelli che sono i principi generali della rivoluzione per tutti i paesi del mondo. Non intendono di forzarci la mano, di darci il figurino del nostro Go[...]

[...] essere e non ci fu.
Adunque non possiamo tornare indietro oltre i principi della rivoluzione francese, non possiamo tornare al concetto dispotico del media evo. Questa è la concezione marxista.
GENNARI: La nostra.
BARATONO: Vuol dire che cade un altro di quei muri artificiali messi fra noi e voi, e ne sono felicissimo. (Applausi).
Ma non è questa la concezione di alcuni che invece dicono: noi vogliamo intanto preparare con i nuovi metodi di Partito politico, e poi coi nuovi metodi di Governo e di dittatura del proletariato, una società socialistica cosí intesa: che ci dia una minoranza, prima Partito politico verso il proletariato lavoratore, poi Partito di Governo verso le organizzazioni in generale del lavoro, ci sia una minoranza che s'imponga come dittatura sulla stessa maggioranza. È qui la quistione. La dittatura del proletariato diventa un dispotismo di élite di classe.
Non nego che questo possa essere un episodio necessario del momento rivoluzionario, non nego che il Partito politico abbia tutti i di. ritti, in un certo momento, di fronte alle masse, spesso retrograde, di imporsi assolutamente, non nego che nel Partito stesso una minoranza di questo Partito, ad un certo punto della vita politica si possa e si debba imporre agli altri. Se si fa in qualche posto, si fa benissimo. Nego che si possa assumere ciò come nostro programma; soprattutto nego, e insisto ancora sulle condizioni reali dell'Italia, e vi dico che se voi intendete accaparrarvi il diritto ad una dittatura proletaria in Italia nei senso di dare l'assoluto potere nelle mani di una piccola minoranza, non potreste mantenere questo potere in Italia come in Russia (applausi), appunto perché la psiche italiana è diversa da quella russa, perché noi non siamo orientali e questo consesso l[...]

[...]oranza e quantunque minoranza, sulla maggioranza degli operai, corriamo dietro a una chimera. Ciò sarebbe fattibile solamente a condizione di fucilare continuamente la massa dei compagni ribelli, perché in Italia tutti siamo ribelli e ci ribelliamo anche al piú intelligente, al piú onorato, al piú vecchio, al piú austero che ci voglia dettar legge, di cui non siamo consensualmente persuasi.
L'Italia non è la Russia e non sperate di istituire un Partito di selezione, un Partito di congiure segrete, com'era il Partito dei rivoluzionari russi prima della rivoluzione, non sperate dopo di istituire un Governo sul tipo di quello che oggi esiste in Russia.
Analogamente circa la questione della violenza. Anche qui pub darsi che ci siano dei malintesi e degli equivoci. (Segni di vivissima attenzione).
Purtroppo nella mentalità di tanti nostri compagni, nelle nostre Sezioni, si chiamano rivoluzionari quelli che son pronti a menar le mani e si chiamano riformisti quelli che non hanno questa inclinazione. (Commenti animatissimi). E si confonde il problema della violenza con lo strumento della rivoluzione, che è tu[...]

[...]ra disciplinata pazienza.
Ormai a Bologna non ci si può piú restare, bisogna superare le posizioni di Bologna, soprattutto bisogna superare il compromesso che si fece a Bologna in omaggio specialmente alla figura di Costantino Lazzari. Bisogna fare un passo avanti; siamo tutti d'accordo, tutti lo vogliamo. Questo passo coincide perfettamente con l'ordine che ci viene da
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Mosca. Poiché da Mosca viene un ordine a tutti i paesi di separare il Partito comunista dagli elementi riformisti e dai gruppi riformisti, noi desideriamo la stessa cosa. (Benissimo).
Non accettiamo piú che nello stesso Partito possano coesistere le cosiddette scuole diverse, che poi si riducono ad attività diverse di ordine anche soprattutto intellettuale, di propositi diversi nello stesso Partita.
Lasciamo quindi volentieri che gli elementi che ormai non si sentono piú omogenei coi nostri principi e con la nostra tattica ci abbandonino. Lasciamo che essi lo facciano spontaneamente, pronti, il giorno che rimanendo nel Partito volessero ricadere nelle identiche pecche, pronti a bollarli a fuoco ed a respingerli immediatamente ! (Applausi).
A questi compagni dell'ala destra noi sottoporremo a firmare il ventunesimo punto delle condizioni di Mosca. Ci rifiutiamo soltanto a cacciare via dal Partito Tizio, Caio e Sempronio sul processo fatto al passato o sul processo fatto alle intenzioni, perché nelle intenzioni nemmeno i preti ci possono entrare. Domandiamo la loro adesione, la disciplina che vuol dire adesione ai ventuno punti...
Voci: Aaah, aaah ! Non vogliamo equivoci ! (Commenti animatissimi).
BARATONO: Ma non cercate voi di equivocare ! Non giuochiamo a male intenderci, compagni ! Non è concepibile, e non è mai stata concepibile una disciplina nel Partito che non sia una disciplina morale perché, qual genere di disciplina potete istituire? Quella del carcere? Disciplina vuol dir[...]

[...]mpronio sul processo fatto al passato o sul processo fatto alle intenzioni, perché nelle intenzioni nemmeno i preti ci possono entrare. Domandiamo la loro adesione, la disciplina che vuol dire adesione ai ventuno punti...
Voci: Aaah, aaah ! Non vogliamo equivoci ! (Commenti animatissimi).
BARATONO: Ma non cercate voi di equivocare ! Non giuochiamo a male intenderci, compagni ! Non è concepibile, e non è mai stata concepibile una disciplina nel Partito che non sia una disciplina morale perché, qual genere di disciplina potete istituire? Quella del carcere? Disciplina vuol dire consenso sempre, e cosí è sempre stato nel nostro Partito. Ditelo, quando ciò non è stato?
Voci: Dopo Bologna.
BARATONO: Non c'è mai stato, compagni, a parte gli atti di disonestà politica, che qui non sono in questione, perché ci possono essere dei disonesti anche nelle file del nostro Partito; non c'è mai stato tra noi patto politico interno del Partito che non abbia implicata l'adesione di tutto lo spirito, di tutta la volontà a quello che si pattuiva !
Vuol dire che fino ad oggi il patto era piú largo, era piú lento, era possibile fino ad oggi ed era ammessa la convivenza delle diverse dottrine; oggi non sarà piú ammessa. E quando si domanda ad uomini onesti, ad uomini che fino a ieri furono i campioni del nostro Partito...
Voci: I crumiri. (Rumori vivissimi).
BARATONO: ...che fino a ieri anche voi compagni comunisti avete delegato a rappresentare il Partito da per tutto, perché ieri il discorso di Turati in Parlamento, l'altro ieri quello di Modigliani rappresentavano sí o no tutto il Gruppo parlamentare?... (Interruzioni. Commenti
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animatissimi e prolungati). Tutto il Partito milanese chiama ogni volta Treves a rappresentarlo nei comizi; le bastonate le hanno prese tutti i deputati, senza diversità di tendenze, fino ad oggi ! (Rumori prolungati).
Presentando dunque una mozione che come la nostra accetta i ventuno punti di Mosca nella loro integrità, e domandando a tutte le frazioni se accettano o non accettano questa mozione, domandandolo a della gente onesta, perché se non fosse stata onesta era dovere di denunziarli prima e non di sospettare adesso, noi implichiamo che quelli che votano, vi mettano il loro pieno consenso e la loro volontà. Chi senza alcuna obbl[...]

[...]tutti i compagni, presentiamola a destra come anche a sinistra. (Bene l).
Chi la firmerà, chi consentirà, sarà con Mosca, sarà con l'Internazionale. Ci intendiamo ormai in questo: sarà con la rivoluzione. Sarà con la dittatura del proletariato, come ci siamo intesi. Sara con la preparazione piú intensa del Partita, sarà con la concentrazione piú stretta delle nostre forze, con la subordinazione piú stretta dell'Organizzazione sindacale verso il Partito. Sarà per tutte le riforme che volete, sarà per quella che è la via di domani, nella quale Livorno avrà oltrepassato Bologna.
Chi firma firmerà dando il suo consenso. Se mancherà, da destra come da sinistra, ci vorrà disciplina, inflessibile rigore.
Questa la posizione, come vedete, non tanto di una frazione quan to proprio del Partito, che io vi ho esposto con la massima sincerità e con la massima obbiettività.
Che cosa domandiamo noi, unitari? Non abbiamo mai detto che unità voglia dire, se oggi ci sono 250 mila persone nel Partita, mantenerle tutte e 250 mila. Il nostro Partito si è sempre andato epurando.
Se vorrete, cari compagni comunisti, istituire la revisione periodica delle Sezioni, oh, noi abbiamo tutto l'interesse a seguirvi, e la desideriamo anche noi. (Applausi). Lo desideriamo anche noi questo esame dell'anima comunista, di tutti gli inscritti, i frettolosamente inscritti del nostro Partito. Facciamola pure questa revisione. Noi non escludiamo né impediamo una continua epurazione. Unità non vuol dire questo. Unità vuol dire tenere ferma quella compagine, quel complesso meraviglioso organismo che è oggi il Partito socialista italiano Vuol dire distruggere in questo Partito soltanto le immagini vaghe della fantasia, non distruggere quella che oggi è una realtà.
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da relazione di Costantino Lazzari sotto presidenza Azimonti, Discorso Lazzari in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL GIORNO 17
Presidenza: Azimonti.
Discorso Lazzari
AZIMONTI, presidente: La parola a Lazzari.
LAZZARI. (Applausi): Cari compagni ! Io ho riassunto in una propostaconclusione, che è stata pubblicata sull'Avanti ! di pochi giorni fa, il punto di vista nel quale, secondo me, bisognerebbe mettersi per risolvere la questione intricata nella quale si trova il Partito. Per potere per') avere in mano gli elementi sufficienti onde decidere di fronte ai propositi chiaramente espressi di credere di risanare i mali del nostro Partito, di migliorare le sue condizioni nazionali ed internazionali per mezzo di una scissione, è necessario che noi risaliamo all'esame delle origini che hanno portato il Partito e il Congresso a dover trattare tale questione.
Per vedere se le ragioni, i moventi che ci hanno portato a questa situazione rispondono realmente ad una necessità naturale, ad un bisogno, ad un beneficio per le nostre condizioni di Partito di lotta e di Partita di avvenire, o non siano piuttosto il frutto di un qualche artificio o il prodotto di propositi e di sentimenti i quali sono in contrasto con quella che dovrebbe essere la giusta e ragionevole spinta che deve animare tutti i compagni che si iscrivono al Partito socialista italiano. Io non esito a dichiarare che se la situazione, che il Partito ha affrontato l'anno scorso nel Congresso di Bologna, era già una situazione intricata e difficile, oggi essa è diventata ancora piú grave perché appunto il risultato del Congresso di Bologna è stato quello di introdurre negli usi, nelle abitudini, nei programmi del nostro Partito, come mezzo di azione, il mezzo della violenza: il mezzo della violenza che è ripugnante in un Partito sorto, come il nostro, per reazione contro il vecchio culto ed il vecchio fanatismo di credere che le questioni sociali possano essere risolte col mezzo della violenza.
Nel 1892 il Partito socialista in Italia è sorto appunto spogliandosi di tutte queste vecchie fantasie che ci erano lasciate in eredità da tutto
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quell'atavismo delle generazioni passate, che aveva consumato se stesso per poter dare alla nostra nazionalità la sua indipendenza e la sua coesione. Attraverso circa trenta anni di lotta e di azione, il Partito si era portato compatto ad affrontare la situazione nel nostro Paese dopo la guerra e dopo la vittoria. I mezzi artificiali con cui l'anno scorso nel Congresso venne fatta trionfare questa esaltazione dei mezzi della violenza, che noi non abbiamo mai negato, ma che noi contestiamo continuamente possano e debbano essere uno dei mezzi di azione programmatici del, nostro Partito, ci ha convinti che non si è fatta abbastanza propaganda di questa verità fondamentale del nostro .movimento. Ed anche oggi noi siamo dominati da questa esaltazione per cui, forse, coloro che hanno trionfato nel Congresso di Bologna l'anno scorso, dovrebbero sentire pesare qualche rimorso per la situazione difficile che si è venuta creando a Bologna, a Ferrara ed in altri luoghi, ove appunto la facilità e l'illusione di credere che gli atti di violenza armata possano servire a maturare maggiormente i destini della classe lavoratrice d'Italia e l'avvenire della civiltà socialista, hanno messo [...]

[...] esaltazione per cui, forse, coloro che hanno trionfato nel Congresso di Bologna l'anno scorso, dovrebbero sentire pesare qualche rimorso per la situazione difficile che si è venuta creando a Bologna, a Ferrara ed in altri luoghi, ove appunto la facilità e l'illusione di credere che gli atti di violenza armata possano servire a maturare maggiormente i destini della classe lavoratrice d'Italia e l'avvenire della civiltà socialista, hanno messo il Partito in condizione inestricabile e difficile. (Applausi).
Noi consideriamo la violenza come una storica necessità, ma una triste necessità. Si è secondo i metodi e gli incitamenti della classe dominante, che la violenza degli sfruttati, dei dominati, può essere utile e necessaria. Però vi è anche una violenza inutile. Ed a questo proposito io mi ricordo che quando nel mese di ottobre il giornale del na stro Partito ha pubblicato un certo articolo, non mi ricordo di chi, ma di un nostro compagno, il quale inneggiava alla violenza come risposta alla violenza dei nostri nemici, e concludeva col riprendere, attraverso un antico rudero della politica antica, la massima « Occhio per occhio, dente per dente », ed il nostro giornale pubblicava questo articolo di fondo senza nemmeno un rigo di commenta, e ci faceva ritornare alla stessa sensazione etica e morale della civiltà mosaica, anche prima del diluvio universale, io allora avevo preparato un articolo che ho avuto sempre scrupolo di pubblicare. Ed in quest[...]

[...]uesto mezzo di azione, il quale confonde l'inutilità e l'utilità della violenza e la mette semplicemente a disposizione dei nostri volontaristi, o dei nostri compagni impazienti e insofferenti come un mezzo per la liberazione o per l'espressione della loro volontà e del loro diritto. Questo è quello che ci ha portati alla situazione in cui ci troviamo: che si è creata in mezzo a noi una frazione la quale appunto viene a domandare per il bene del Partito, per il bene della causa del proletariato d'Italia, di dividere il Partito.
Dunque voi vedete, o compagni, che noi vecchi militanti ci'troviamo in una situazione molto complessa e ci è necessario di esporre davanti a voi tutto il quadro delle ragioni storiche, contingenti e future, per le quali la vostra e la nostra decisione potrà essere realmente una decisione seria, grave, meditata, in nome della quale noi, fuggendo da tutti quegli artifici che si adoperano in qualunque assemblea per potere assicurare ad una opinione il predominio e la vittoria, veniamo semplicemente a spiegarvi e domandarvi se la scissione, che è reclamata e voluta, proposta se volete, da una p[...]

[...]te, da una parte di noi, sia un bene o un male per la causa che noi sosteniamo.
E purtroppo per il nostro vecchio cuore di militanti, noi abbiamo cominciato le sedute di questo Congresso con un dolore. A questa tribuna si é presentato un simpatico giovinetto il quale è venuto a concludere le sue parole col chiamare « fantoccio » quel nome di unità che noi da quarant'anni a questa parte abbiamo avuto la fierezza e l'orgoglio di presentarvi in un Partito che è forza vera ed efficace, verso la quale e contro la quale i padroni del nostro Paese sono costretti a fare i conti oggi e saranno costretti a capitolare domani. (Applausi).
Oh, giovane compagno, io ti dico: Noi per quarant'anni abbiamo apprezzato i benefici della unità di tutti quegli elementi militanti, i quali, rinunciando a tutte le vecchie ideologie dei vecchi Partiti borghesi, hanno dichiarato, in base al nostro programma, di dedicarsi per la causa della giustizia e dell'uguaglianza, col proposito della espropriazione economica e politica delle classi dirigenti su un terreno e su u[...]

[...]ioni d'evitare tutte quelle forme che possono essere ingenerose e dannose, a offensive per la lealtà, per la semplicità, per la buona volontà dei nostri compagni. Ora, purtroppo, noi abbiamo visto dagli inizi di questo Congresso come troppo facilmente si dimentichi che deve alitare sopra di noi questo alto sentimento di fraternità e di uguaglianza in nome del quale, badate, dovremmo consolarci e sentirci allargare il cuore pensando che il nostro Partito é diventato gigantesco sí da fare Congressi in assemblee cosí enormi, cosí numerose ove sono tutti, ricchi e poveri, sapienti ed ignoranti, e consolarci al pensiero che la fratellanza socialista diventa piú grande e vada invadendo la grande massa del popolo italiano. (Applausi).
Dunque restiamo a terra, e restiamo in terra italiana, per vedere se il rimedio che viene proposto, della scissione, risponda realmente ad
una necessità del nostro movimento.
Il compagno Graziadei, che è venuto a parlare qui lungamente e che può portare la impressione piú fresca della sua permanenza a Mosca, nel c[...]

[...] comunisti) a liquidare Venizelos piú di quello che non abbiano fatto i mezzi violenti dei suoi rivali. (Rumori e interruzioni).
Questo dunque prova come in noi il culto dell'eroismo personale ed i propositi delle frazioni sono condannati a non avere possibilità di
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esercitare, su tutto lo spirito e su tutto l'insieme del sentimento del nostro popolo, quella forza di attrazione e di coesione che è pure necessaria perché la nostra azione di Partito possa servire a creare quella grande società in cui l'interesse del popolo italiano debba avere la possibilità di essere riconosciuto per liquidare la posizione venuta dopo la guerra.
Ma il compagno Graziadei concludeva il suo discorso in questo senso. Egli trovava che, perdurando nella sua composizione attuale, colla sua formazione delle varie frazioni, il Partito socialista era condannato alla impotenza rivoluzionaria. Quindi era naturale e logico che la Terza Internazionale domandasse al Partito socialista italiano di modificare la sua composizione in modo da rispondere maggiormente alle esigenze rivoluzionarie che erano espresse dalle deliberazioni del Congresso della Terza Internazionale. La constatazione di questa impotenza rivoluzionaria del Partito socialista italiano portava il compagno Graziadei a domandare che per rimediare a questa condizione si dovesse allontanare la frazione riformista dal nostro Partito.
La frazione riformista 1 Io vorrei domandare a quattr'occhi al compagno Graziadei se egli crede proprio che quando noi avremo allontanato quei nostri compagni che si sono riuniti pochi mesi fa a Reggio Emilia ed hanno concluso la loro riunione con una deliberazione collettiva, se quando noi avremo allontanati questi compagni, il nostro Partito avrà acquistato una maggiore potenza rivoluzionaria. Io sono convinto che non sarebbe avvenuto nessun cambiamento sostanziale nella forma e nella capacità rivoluzionaria del nostro Partita. Sono convinto di questo, specialmente quando, osservando le deliberazioni di Reggio. Emilia, noi troviamo che questi nostri vecchi compagni legati al loro metodo ideale, al loro metodo riformista, sono già stati costretti ad ammettere questo concetto, che prima avevano continuamente rifiutato come dannoso alla vita del Partito, il concetto cioè dello sciopero generale, il concetto della dittatura del prole[...]

[...]convinto che non sarebbe avvenuto nessun cambiamento sostanziale nella forma e nella capacità rivoluzionaria del nostro Partita. Sono convinto di questo, specialmente quando, osservando le deliberazioni di Reggio. Emilia, noi troviamo che questi nostri vecchi compagni legati al loro metodo ideale, al loro metodo riformista, sono già stati costretti ad ammettere questo concetto, che prima avevano continuamente rifiutato come dannoso alla vita del Partito, il concetto cioè dello sciopero generale, il concetto della dittatura del proletariato.
Noi, credo, dobbiamo felicitarci di essere riusciti; noi che abbiamo dominato nel Partito come maggioranza dopo il Congresso del 1912, dobbiamo felicitarci di essere riusciti a spogliare questo gruppo di nostri compagni dalle loro vecchie illusioni e dai loro vecchi spaventi. Sí, oggi anche tutta quella categoria dei Turati, dei Prampolini, ecc., non sentono piú quella paura che avevano prima di fronte alla pratica dello sciopero generale e della dittatura, e lo ammettono nelle loro conclusioni programmatiche. Noi dobbiamo quindi felicitarci nel vedere alla nostra azione coerente il Partito, e che la maggioranza vada lentamente
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sparendo. Tutti questi gruppi che avevano danne[...]

[...]amo felicitarci di essere riusciti a spogliare questo gruppo di nostri compagni dalle loro vecchie illusioni e dai loro vecchi spaventi. Sí, oggi anche tutta quella categoria dei Turati, dei Prampolini, ecc., non sentono piú quella paura che avevano prima di fronte alla pratica dello sciopero generale e della dittatura, e lo ammettono nelle loro conclusioni programmatiche. Noi dobbiamo quindi felicitarci nel vedere alla nostra azione coerente il Partito, e che la maggioranza vada lentamente
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sparendo. Tutti questi gruppi che avevano danneggiata la vita del Partito vengono a far si che tutti coloro che appartengono al Partito, finiscono coll'essere realmente dei militanti utili e non hanno la possibilità né la volontà di impedire la sua potenza rivoluzionaria, la quale non. potrà essere acquistata per quelle importazioni che possono venire dall'estero, per le considerazioni che sono state fatte dai nostri compagni esteri venuti a parlare a questa tribuna, ma deve venire dalla nostra potenza rivoluzionaria, dalla situazione che noi abbiamo potuto determinare perché siamo alle prese con la nostra classe dominante.
Se lo sviluppo del nostro Partita è strettamente legato e deve subire per forza tutti i sentimenti e t[...]

[...]istituzione di due Partiti con due programmi, con due obbiettivi diversi, se realmente ha fatto sul serio queste dichiarazioni, egli dovrebbe scegliere la sua via ed allontanarsi dalle nostre fila. Ma il giorno che egli e quelli che pensano e sentono come lui restano nel nostro Partita, io dico che è sufficiente per noi, è sufficiente per la nostra vitalità, per la possibilità e la libertà della formazione della potenza rivoluzionaria del nostro Partito, è sufficiente lasciare che quel principio che il compagno Graziadei ha rilevato cosí utile e cosí seducente nella sua esposizione, « la libertà del pensiero e' la disciplina nell'azione », quel principio serva . di norma e di garanzia perché la vitalità del nostro Partito debba essere sempre rivolta a quegli obiettivi, a quegli scopi, a quei mezzi che la volontà delle nostre assemblee hanno tracciato al Parlamento attraverso i diversi periodi della sua storia.
Purtroppo il compagno Graziadei trova che questa massima, di cui attribuisce a me la paternità (e che io accetto volentieri) non sia sostenuta dalle buone norme direttive della nostra vita organizzata. È vero che il compagno Graziadei dice che adesso questa massima non è piú utile, che noi ci troviamo di fronte ad esigenze speciali... Ah 1 no, compagno Graziadei. Quando tu riconosci la bontà e la forza [...]

[...]ieni a negarla nel presente, tu stesso sei vittima di
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un opportunismo che noi crediamo non debba essere ammesso nel sistema col quale noi affrontiamo le nostre diverse situazioni. Opportunismo politico che è stato colpito dalle deliberazioni della Terza Internazionale che ha pure vincoli e legami con questo opportunismo locale col quale si crede di sistemare in modo utile al nostro movimento. gli interni rapporti fra militanti dello stesso Partito. Io mi rifiuto di adottare questo sistema di opportunismo morale. Se c'è una massima la quale rappresenti, realmente, nella grande conquista della libertà di pensiero, la possibilità di tutta la coscienza e di tutta l'anima di coloro che sono raccolti in base al programma comune e debba citare continuamente il tesoro della propria competenza attraverso il nostro movimento, è appunto questa libertà di pensiero che è il patrimonio piú grande che sia stato conquistato dalla nostra civiltà italiana. Ora, sacrificare questa per le esigenze di un popolo di nuova civiltà, il quale si è trovato in ci[...]

[...]a situazione nella quale ci troviamo e vogliono portare alla Terza Internazionale una forza compatta e cosciente e non una debolezza. (Applausi).
Il compagno Graziadei diceva che noi, per i meriti che abbiamo nel passato, intendiamo ottenere delle eccezioni dai compagni della Terza Internazionale. No, noi non crediamo di avere meriti speciali:. noi crediamo, semplicemente — ed io che sono stato uno degli artefici responsabili dell'andamento del Partito durante la guerra — di avere sempre fatto il nostro dovere, tutto quel dovere che potevamo fare di fronte al dilemma della compagine socialista nazionale ed internazionale. Tutto quello che dovevamo, che potevamo fare, abbiamo cercato di farlo e quindi domandiamo ai nostri compagni di Russia non un riconoscimento dei nostri meriti, ma la valutazione chiara della situazione nella quale noi ci troviamo. Ecco perché noi non domandiamo eccezioni, ma facciamo semplicemente appello alle stesse deliberazioni della Terza Internazionale, un appello certamente molto modesto, ma onesto, per cui nella mi[...]

[...] che purtroppo è stata una entità trascurabile in mano dei Par
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titi socialisti della Francia, dell'Inghilterra e della Germania, Partiti so cialisti che avevano tradizioni e passato maggiori del nostro, mezzi ed estensione maggiori del nostro, ma che erano, inizialmente, Partiti socialisti socialdemocratici e patriottici. Noi in Italia non siamo mai stati tali (approvazioni), perché fino dalle nostre origini, fino dalle origini proprie del Partito operaio italiano costituito da diciassette disperati proletari di Milano nel 1882, abbiamo sempre rifiutato di venderci alle seduzioni fatte in tutte le forme dalla socialdemocrazia attuale ed abbiamo sostenuto una lotta implacabile contro le vecchie nequizie, le vecchie menzogne che erano davanti a noi dal '48 in poi.
Ecco perché, si capisce, i nostri compagni russi debbono avere tanti riguardi per il movimento francese, inglese e tedesco. Che i compagni russi ci trattino piú o meno bene riguarda noi, però dobbiamo fare loro riconoscere che, come abbiamo compiuto fino a qui il nostro dovere[...]

[...]rano davanti a noi dal '48 in poi.
Ecco perché, si capisce, i nostri compagni russi debbono avere tanti riguardi per il movimento francese, inglese e tedesco. Che i compagni russi ci trattino piú o meno bene riguarda noi, però dobbiamo fare loro riconoscere che, come abbiamo compiuto fino a qui il nostro dovere, cercheremo di compierlo anche nell'avvenire.
Ecco quali sono le norme, la guida, l'indirizzo che noi cerchiamo di imprimere al nostro Partito perché il nostro Partito possa essere all'altezza dei tempi, all'altezza del movimento e degli avvenimenti che si preparano e possa affrettare questi avvenimenti con la sua forza compatta ed omogenea, sempre piú omogenea. Voi sapete che da quando si è creato il Partito, tanto lavoro si è fatto per spogliarlo delle sue scorie, dei suoi pericoli, dei suoi danni. Noi dobbiamo dire ai nostri compagni di Russia, ai nostri compagni della Terza Internazionale, i quali sono venuti a questa tribuna a dirci tante belle cose, a darci tanti bei consigli, ad esprimerci tante belle considerazioni, che debbono tener conto della situazione in cui si trova il Partita socialista d'Italia e debbono riconoscere quello che noi abbiamo fatto per la nostra vita ed anche a favore dei Partiti di tutto il mondo.
Vi ricordate nel 1912 quando il nostro Partito ha liquidato i socialpa[...]

[...]ri compagni di Russia, ai nostri compagni della Terza Internazionale, i quali sono venuti a questa tribuna a dirci tante belle cose, a darci tanti bei consigli, ad esprimerci tante belle considerazioni, che debbono tener conto della situazione in cui si trova il Partita socialista d'Italia e debbono riconoscere quello che noi abbiamo fatto per la nostra vita ed anche a favore dei Partiti di tutto il mondo.
Vi ricordate nel 1912 quando il nostro Partito ha liquidato i socialpatrioti e i socialdemocratici che esistevano nel nostro Partito? I Bono mi, i Cabrini, i Podrecca, i Bissolati sono stati espulsi dal nostro Partito appunto perché erano la espressione di quella corrente, che cosí si è tolta dallo inceppare la vita del Partito. Tutto ciò non è stato mai fatto da nessun altro dei Partiti socialisti del mondo. Né Millerand, né Briand in Francia sono stati mai considerati fuori delle file del loro Partito per liquidare con questo atto la corrente di azione politica che loro rappresentavano. E noi abbiamo quindi pieno diritto di volere che si tenga conto di questi avvenimenti storici che hanno il loro valore. Ed è questo che nella nostra mozione, quando voi, all'art. 17, ci dite di romperla con la politica del riformismo, noi vi diciamo « Grazie,
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cari compagni, del consiglio: noi questo lo abbiamo già fatto nel 1912 ». (Approvazioni, applausi, rumori). E siamo pronti a farlo ancora. (Applausi). Per quella disciplina nell'azione che noi vogliamo sia resa sempre piú perfetta, sempre piú org[...]

[...]ompagno Lenin ed al compagno Trotzki nelle riunioni di Zimmerwald e di Kienthal non portavano certamente alle conclusioni a cui essi sono venuti. (Approvazioni). Io mi ricordo che salutando i compagni di Russia, insieme ai quali facevo parte di diverse Commissioni, salutando quei compagni, perché si avvicinava il primo maggio ed era quindi necessario che io fossi in Italia, dissi al compagno Lenin: « Noi andiamo in Italia. Io ho la direzione del Partito socialista italiano. Io vi dico, compagni di Russia: Siamo nel pieno della guerra, nel pieno dei furori, degli orrori che sono scatenati nel mondo dal conflitto degli interessi degli sfruttatori del lavoro. Noi socialisti d'Italia non possiamo promettervi di fare grandi cose: vi promettiamo una cosa sola: noi non ci curveremo mai di fronte al misfatto dei nostri dominatori ». (Bravo !). Il compagno Lenin ha detto: « Questo basta per la nostra coscienza, per assicurarci della fede e della bontà del Partito socialista italiano ». Noi ci siamo lasciati, poi gli avvenimenti ci hanno travolto e og[...]

[...]Siamo nel pieno della guerra, nel pieno dei furori, degli orrori che sono scatenati nel mondo dal conflitto degli interessi degli sfruttatori del lavoro. Noi socialisti d'Italia non possiamo promettervi di fare grandi cose: vi promettiamo una cosa sola: noi non ci curveremo mai di fronte al misfatto dei nostri dominatori ». (Bravo !). Il compagno Lenin ha detto: « Questo basta per la nostra coscienza, per assicurarci della fede e della bontà del Partito socialista italiano ». Noi ci siamo lasciati, poi gli avvenimenti ci hanno travolto e oggi troviamo il compagno Lenin e gli altri compagni di Russia informati imperfettamente, non vogliamo dire artificiosamente informati, sulla situazione in cui ci troviamo. Oggi essi vengono a con
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sigliarci ed a spingerci continuamente verso la scissione fra noi, che non è né utile né necessaria.
La direttiva di questa scissione quale è? L'anno scorso a Bologna noi eravamo agitati da questa visione che naturalmente si era introdotta anche nelle file del nostro Partito e che era conseguenza dello scate[...]

[...]gno Lenin e gli altri compagni di Russia informati imperfettamente, non vogliamo dire artificiosamente informati, sulla situazione in cui ci troviamo. Oggi essi vengono a con
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sigliarci ed a spingerci continuamente verso la scissione fra noi, che non è né utile né necessaria.
La direttiva di questa scissione quale è? L'anno scorso a Bologna noi eravamo agitati da questa visione che naturalmente si era introdotta anche nelle file del nostro Partito e che era conseguenza dello scatenarsi della violenza della guerra, della violenza armata cosí perfetta, cosí sistematica, cosí bene organizzata dal capitalismo che aveva cagionato il conflitto, ed aveva fatalmente, logicamente portato l'animo di molti nostri compagni ad apprezzare questa forma della violenza armata come una forma di risoluzione delle questioni e dei conflitti che esistono continuamente. Quindi si capiva che il nostro Partito era costretto a dibattersi con questa visione. Io lo chiamo un fantasma, io lo chiamo una deformazione dalle nostre vere direttive, che sono contrarie a credere che questo culto verso gli strumenti della violenza debba essere il vero veicolo che possa condurci al possesso, possa condurci a quella situazione di giustizia e di uguaglianza verso la quale noi aneliamo. È per questo che io ho sempre cercato di impedire che i nostri compagni dovessero lasciarsi trascinare da questa ondata di fanatismo verso la violenza, per la quale, con cieca fede, essi seguivano questa vecchia massima da gesuiti:[...]

[...]na triste necessità storica, ma abbiamo bisogno di adoperare questa violenza non per se stessa, non come una bassa azione nostra in concorrenza con l'azione violenta dei nostri nemici e dominatori. Quando noi avremo illuminato la mente e la coscienza di coloro che maneggiano gli strumenti della violenza, avremo fatta la piú grande conquista. (Applausi della maggioranza, interruzioni dei comunisti).
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Purtroppo voi vedete come anche il nostro Partito, che può anche orgogliosamente guardare i successi elettorali di questi ultimi tempi, del 1919 e del 1920, purtroppo noi siamo costretti a considerare come siamo lontani ancora dall'avere conquistato con la nostra lotta e propaganda l'anima di questo povero proletariato italiano. Pensate alla situazione in cui si sono trovati con l'esito delle elezioni politiche del 1919. Ci avete mai pensato? Non siamo nemmeno raddoppiati come forza elettorale, e siamo quadruplicati di forza parlamentare. C'è una sproporzione evidente in questo successo elettorale politico che deve insegnare qualche cosa. Ma[...]

[...]el loro paese, non è giusta e opportuna perché verrebbe ad indebolire noi nella lotta che dobbiamo fare non tanto contro i padroni del nostro paese, ma contro gli incoscienti, gli ignoranti e gli indifferenti dai quali siamo circondati.
Ecco, cari compagni, perché vi chiamo a considerare gravemente,. seriamente, ed anche tristemente, la situazione nella quale ci troviamo, di fronte alla necessità di decidere che abbiamo, perché la Direzione del Partito ci ha portati a decidere su questa base. La Terza Internazionale, la quale è stata male informata, in piena buona fede, ma imperfettamente, ed i nostri compagni di Russia ci consigliano continuamente, ci spingono a fare sí che questa scissione avvenga per la necessità del loro movimento e fanno appello agli organi loro speciali in Italia, coi quali si vede hanno rapporti diretti e che sono considerati come il loro Vangelo.
L'Ordine Nuovo di Torino. Sí, noi abbiamo visto con molta simpatia, anche per i muri delle città, i manifesti di questo giornale, significanti il mondo legato con le caten[...]

[...]e nostre osservazioni. Bene; benissimo fanno i compagni dell'Ordine Nuovo. Ma ho osservato continuamente una specie di difetto nelle loro manifestazioni ed è una deficenza nel sentimento, in quel sentimento che ci deve guidare continuamente attraverso la nostra azione ed in rapporto al sentimento della fraternità e dell'uguaglianza fra di noi. (Approvazioni).
Guardate cosa mi capita di leggere in questo giornale. Vi si pubblica il programma del Partito comunista il quale viene a dire che il Partito comunista, riunendo in sé la parte piú avanzata e cosciente del proletariato... Modestia a parte, i compagni nostri di Torino si credono la parte piú avanzata e piú cosciente del proletariato. Ho piacere di constatare in essi la superba sicurezza. Noi non ci siamo mai considerati né piú avanti, né piú coscienti degli altri, ma ci siamo sempre limitati a dire che, tenendo conto della situazione in cui ci troviamo, è necessario che tutti quanti uniamo le nostre facoltà, i nostri diritti, la nostra buona volontà; dobbiamo unirci compatti, solidali, fratelli, perché nella formazione delle organiz[...]

[...]ossiamo confondere lo sviluppo delle proprie frazioni con quello che deve essere lo sviluppo e l'interesse di tutta quanta la grande massa dei nostri compagni organizzati sulle basi dei nostri programmi.
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Ecco perché, attraverso tutto questo ragionamento, io vengo a dire che è necessario che noi affrontiamo nelle sue fondamenta teoriche questa situazione che si è venuta a determinare fra di noi, con questa distinzione che viene fatta fra il Partito socialista, (che attraverso i suoi uomini ormai da 40 anni ha scritto la sua storia nel nostra paese e che può dire di essere una forza, di contare per qualche cosa, di avere dato prima di tutti gli altri la sua adesione alla Terza Internazionale), ed il Partito comunista. Mi ricordo quando avevo ottenuto dalla Direzione del Partito l'adesione alla Terza Internazionale, il primo messaggio venuto, attraverso vicende romantiche, da Mosca. Allora vi sono stati compagni che hanno fatto critiche severe a questo atto a me ed alla Direzione di allora. Il compagno Graziadei non ha mosso un dito per difendere le ragioni per le quali abbiamo dichiarato l'adesione nostra alla Terza Internazionale. (Approvazioni).
Noi abbiamo avuto sempre gelosa cura di volere che la dittatura sia la dittatura fatta dai proletari contro la borghesia, non la dittatura fatta dalle varie frazioni del Partito in seno al Partita. (Approvazioni). Ora la [...]

[...] Mosca. Allora vi sono stati compagni che hanno fatto critiche severe a questo atto a me ed alla Direzione di allora. Il compagno Graziadei non ha mosso un dito per difendere le ragioni per le quali abbiamo dichiarato l'adesione nostra alla Terza Internazionale. (Approvazioni).
Noi abbiamo avuto sempre gelosa cura di volere che la dittatura sia la dittatura fatta dai proletari contro la borghesia, non la dittatura fatta dalle varie frazioni del Partito in seno al Partita. (Approvazioni). Ora la caratteristica calla quale oggi questa frazione, che si intitola « comunista », vuole portare la scissione fra noi, nella credenza, nella illusione di creare con questo una forza maggiore, una omogeneità maggiore nel nostro movimento, deve essere considerata molto seriamente. Contra questo nostro appellativo, questo nostro titolo di « socialisti » che noi ci siamo portati come nostro distintivo e connotato attraverso la storia delle nostre lotte, viene opposta la qualifica di « comunisti ». In Italia ha ragione di esistere questa distinzione? Io sono[...]

[...]dagli anarchici? (Rumori, interruzioni).
Voce di un comunista: Viva il Comunismo ! (Applausi dei comunisti, tumulto).
LAZZARI: Il compagno Nicola Barbato mi ha consigliato di accettare il mandato dei contadini di Piana dei Greci di rappresentarli a questo Congresso appunto per questa, che è una ragione fondamentale e programmatica, di risolvere la questione nella quale ci troviamo di fronte a questa proposta, a questo progetto di scissione del Partito.
Io capisco perfettamente come i nostri compagni di Russia abbiano dovuto accettare questa distinzione, abbiano dovuto chiamarsi « comunisti » invece di socialisti di fronte alla confusione, alla mistificazione avvenuta nel campo socialista internazionale. Poiché bisogna pensare che in Russia anche i « riformisti » si chiamano « rivoluzionari ». Qui, in Italia, i nostri compagni sarebbero spaventati solo a chiamarsi « rivoluzionari ». In Russia la nuova organizzazione ha portato a questa distinzione; è stato necessario opporre come mezzo di selezione e di distinzione per le direttive che deb[...]

[...]rtificiale, che viene fatta in perfetta buona fede. Ah ! sí. Purtroppo il compagno Serrati é costretto a scontare oggi quella tentazione, quella debolezza che anche egli ha avuto, di essersi lasciato trascinare l'anno scorso su questo terreno nella discussione fatta al Congresso di Bologna che era la conseguenza di questa specie di fanatismo per il miracolo della violenza e del mezzo di azione della violenza, che non era certo da adottare per un Partito come il nostro. Certo vi sono nel nostro Partita elementi i quali hanno continuamente periodi di oscillazione: sono elementi che in generale nella loro vita hanno avuto una base continuamente mobile, movimentata, e quindi nella loro mente pare di mancare al loro compito ed al loro dovere se non vanno continuamente ad elaborare teorie nuove, dottrine nuove, punti di vista nuovi. C'é della gente a cui pare mancare al loro scopo, alla loro mente pare di mancare al loro compito ed al loro dovere se altri invece i quali hanno altre qualità, e in generale siamo noi, vecchi proletari, noi che abbiam[...]

[...] schiere di nostri compagni organizzati nelle organizzazioni politiche ed economiche. Continuiamo per questa via ed adoperiamo ogni nostra energia per fare in modo che questa massa diventi piú importante, piú omogenea, piú travolgente contro i nemici del nostro avvenire e della nostra civiltà.
Ed allora ecco perché dalla nostra opera ne è scaturita quella sensazione che noi siamo della gente di fermezza e di solidità e per questo, attraverso il Partito socialista, si è raccolto questo largo consenso, e per questo si sono sfrondate, attraverso a noi, tutte le malefatte che da una parte e dall'altra vi sono state. Oh ! sí, noi abbiamo partecipato al periodo convulsivo del tempo del sindacalismo, abbiamo attraversato il periodo del riformismo e del militarismo, eppure mai la nostra fermezza, mai la solidità di coloro che dirigevano la nostra frazione socialista, rivoluzionaria, intransigente, ha potuto raccogliere intorno a sé la possibilità di dire alla maggioranza del nostro Partito che questa teoria, che questa pratica, che questa politica,[...]

[...]ttraverso a noi, tutte le malefatte che da una parte e dall'altra vi sono state. Oh ! sí, noi abbiamo partecipato al periodo convulsivo del tempo del sindacalismo, abbiamo attraversato il periodo del riformismo e del militarismo, eppure mai la nostra fermezza, mai la solidità di coloro che dirigevano la nostra frazione socialista, rivoluzionaria, intransigente, ha potuto raccogliere intorno a sé la possibilità di dire alla maggioranza del nostro Partito che questa teoria, che questa pratica, che questa politica, la quale ci ha dato questo successo elettorale, politico ed amministrativo, del quale dobbiamo andare giustamente fieri ed orgogliosi, sia una teoria sbagliata.
Il compagno Bombacci, commentando un discorso di questo genere che facevo all'Unione socialista romana, disse che questi sono successi della legalità, ma che dobbiamo tenere conto della illegalità. Questi comunisti che oggi qui, per bocca del compagno bulgaro, sono venuti a vantare le caratteristiche della loro qualità di interpreti veri, di veri rappresentanti della Terza I[...]

[...]che questi sono successi della legalità, ma che dobbiamo tenere conto della illegalità. Questi comunisti che oggi qui, per bocca del compagno bulgaro, sono venuti a vantare le caratteristiche della loro qualità di interpreti veri, di veri rappresentanti della Terza Internazionale, che sono venuti a consigliarci la scissione e la liquidazione dei riformisti — riformisti che noi abbiamo liquidato sino dal 1912 — non hanno ancora liquidato dal loro Partito i massoni! (Approvazioni). Questo comunista bulgaro, sapete come è venuto a presentarci il successo del Partito socialista di Bulgaria? Non è venuto a presentarci un successo di lotta violenta, ma un successo elettorale. Noi siamo qui a congratularci per i vostri successi, ma abbiamo bisogno che voi vi congratuliate dei nostri. Fino a che dura nel mondo e nelle varie nazioni, che sono una creazione artificiale dei bisogni dello sfruttamento capitalista e dei bisogni dell'investi
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mento della proprietà privata passata attraverso i millenni della storia, ebbene fino a che dura la divisione delle nazioni, i popoli sono costretti a vivere in quella stretta collaborazione che è imposta dalla forza, dal[...]

[...]rlamento quando io, ultimo venuto dopo 34 anni di fiaschi elettorali, ho potuto presentarmi, oh ! quanti vecchi parlamentari e vecchi ministri, mentre io parlavo, abbassavano gli occhi e si stringevano nelle spalle e mi lasciavano parlare e non mi facevano oggetto di tanta cagnara.
Tutto questo vale qualche cosa, ed é dunque per questo che io dico che non dobbiamo lasciarci trascinare dalla illusione che creando questa scissione, creando questo Partito comunista possiamo fare realmente uno sforzo maggiore, piú perfetto, piú violento, piú capace di quello che é necessario sia fatto anche col concorso dei nostri compagni che vogliono distinguersi col loro comunismo e che non è che una parte del patrimonio che è stato sempre voluto da noi, che non vogliamo lasciarci defraudare ma che vogliamo sia con noi. (Applausi). Anche essi colla loro forza e col loro sacrificio, col sentimento della solidarietà e della fraternità devono essere con noi che ci sentiamo uguali ad essi in capacità, in devozione alla nostra causa. (Applausi).
Io ho assistito [...]

[...]si col loro comunismo e che non è che una parte del patrimonio che è stato sempre voluto da noi, che non vogliamo lasciarci defraudare ma che vogliamo sia con noi. (Applausi). Anche essi colla loro forza e col loro sacrificio, col sentimento della solidarietà e della fraternità devono essere con noi che ci sentiamo uguali ad essi in capacità, in devozione alla nostra causa. (Applausi).
Io ho assistito tre volte al cambiamento di nome del nostro Partito. L'articolo 17 delle condizioni per l'adesione alla Terza Internazionale dice chiaramente che, se vogliamo servire la causa della rivoluzione mondiale, dobbiamo spogliarci della giacchetta portata fino adesso e diventare Partito comunista, cambiare di connotati, cambiare di passaporto e diventare comunisti. Noi non avevamo diflïcoltà a cambiare di nome. Io che vi parlo ho assistito tre volte al cambiamento di nome, ma allora vi erano delle circostanze che ci hanno obbligato a farlo. Perché noi nello svolgimento della nostra azione avevamo la coscienza di non aver mancato di rispetto e di devozione alle premesse che avevamo fatte ed alle chiare indicazioni del nostro programma. Noi abbiamo
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cambiato di nome semplicemente per la necessità di salvarci dai colpi della reazione che, allorquando eravamo deboli, impedi[...]

[...] allora vi erano delle circostanze che ci hanno obbligato a farlo. Perché noi nello svolgimento della nostra azione avevamo la coscienza di non aver mancato di rispetto e di devozione alle premesse che avevamo fatte ed alle chiare indicazioni del nostro programma. Noi abbiamo
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cambiato di nome semplicemente per la necessità di salvarci dai colpi della reazione che, allorquando eravamo deboli, impediva a noi di aiventare forti. Sí, quando il Partito si chiamava « Partito operaio » e fu sciolto dalla violenza borghese, si ribattezzò « Partito dei lavoratori ita liani », e quando ancora, sotto Depretis, sotto Crispi, sotto Pelloux, la violenza si accaní contro di noi, dovemmo nuovamente cambiare di nome per potere continuare la nostra opera. Allora il nostro nome non poteva essere considerato che come una semplice etichetta attraverso la quale noi avevamo la possibilità di fare il nostro cammino. Oggi, dopo che abbiamo scritto delle pagine nella storia e nella politica italiana, come ha scritto il Partito socialista italiano che nella sua formula, nel suo nome cosí chiaro e comprensibile è cosí preciso, noi non abbiamo bisogno di c[...]

[...]i ita liani », e quando ancora, sotto Depretis, sotto Crispi, sotto Pelloux, la violenza si accaní contro di noi, dovemmo nuovamente cambiare di nome per potere continuare la nostra opera. Allora il nostro nome non poteva essere considerato che come una semplice etichetta attraverso la quale noi avevamo la possibilità di fare il nostro cammino. Oggi, dopo che abbiamo scritto delle pagine nella storia e nella politica italiana, come ha scritto il Partito socialista italiano che nella sua formula, nel suo nome cosí chiaro e comprensibile è cosí preciso, noi non abbiamo bisogno di cambiare il nostro nome.
Chi è che viene a proporci di cambiare il nome? Sono i compagni russi, verso i quali abbiamo mandato, prima di tutti gli altri, la nostra ammirazione e devozione, sono quei nostri compagni che abbiamo sempre difeso anche quando gli altri non li comprendevano e non li difendevano. Essi ci consigliano di cambiare nome. E quale ne sarebbe la conseguenza? La conseguenza sarebbe questa. Nella storia di questi quaranta anni di lotta socialista noi [...]

[...] compagni che abbiamo sempre difeso anche quando gli altri non li comprendevano e non li difendevano. Essi ci consigliano di cambiare nome. E quale ne sarebbe la conseguenza? La conseguenza sarebbe questa. Nella storia di questi quaranta anni di lotta socialista noi abbiamo distrutto attorno a noi una quantità di idoli e di altari; noi abbiamo fatto una grande rovina intorno a noi per fare sorgere questa nostra bandiera, questo nostro albero del Partito socialista italiano. Ebbene, attorno a noi si aspetta che cambiamo di nome perché allora tutti i vari gruppi dei mistificatori, dei mestatori della politica operaia debbano approfittarne per farsi mettere questa divisa che solo noi abbiamo portato onoratamente. (Applausi della maggioranza, approvazioni). E cercare 'osí di fare passare le loro mistificazioni.
È per questo, cari compagni Serrati e Baratono, che noi affermiamo che neppure l'aggiunta di quell'aggettivo qualificativo ci può servire e ci può salvare da questo pericolo, perché il giorno che noi adottassimo questo sistema di mettere[...]

[...] questa divisa che solo noi abbiamo portato onoratamente. (Applausi della maggioranza, approvazioni). E cercare 'osí di fare passare le loro mistificazioni.
È per questo, cari compagni Serrati e Baratono, che noi affermiamo che neppure l'aggiunta di quell'aggettivo qualificativo ci può servire e ci può salvare da questo pericolo, perché il giorno che noi adottassimo questo sistema di mettere un aggettivo qualificativo di « comunista » al nostro Partito socialista, daremmo il diritto a tutte le emulazioni di mettere un aggettivo qualificativo a fianco del loro socialismo per farlo passare per una merce buona. (Approvazioni). Perché dobbiamo metterci in questa situazione? Perché dobbiamo negare la nostra situazione che storicamente, materialmente, politicamente è cosí bella, buona e utile? I comunisti dicono: « Intanto voi non fate la rivoluzione ! ». Noi intendiamo, ed io l'ho sempre detto chiaramente anche in Parlamento, che la nostra funzione é quella di esercitare una ta
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le azione politica nel nostro paese perché si debbano maturare[...]

[...]la rivoluzione, abbiamo l'onore e la gloria di essere stati i preparatori ed i difensori. In questo modo intendiamo servire la causa della rivoluzione e tutti gli altri modi che vengono presentati come un rimedio non possono portare che all'impotenza. Cosí è per la proposta di scissioni piccole o grandi che non possono rendere un servigio alla causa della rivoluzione.
È per questo atteggiamento, tenuto ferma anche durante la guerra, che noi del Partito socialista italiano siamo guardati dall'Internazionale con tanto interesse. È per questo che i nostri compagni dell'Internazionale credono, e giustamente, che in Italia il periodo rivoluzionario vada maturando continuamente. E questo periodo noi affretteremo in tutti i modi. L'azione compiuta dalla Confederazione Generale del Lavoro ha dimostrato come realmente anche questi uomini, che nel campo politico vogliono distinguersi con la preferenza verso un modo piú dolce di condurre la nostra politica, sanno compiere realmente la loro funzione di socialisti, massime nell'organizzazione del prolet[...]

[...]o compiere realmente la loro funzione di socialisti, massime nell'organizzazione del proletariato. (Approvazioni). Perché attraverso tutte le critiche che possono fare i torinesi dell'Ordine Nuovo, nessuno ha, poi, potuto rilevare da parte di loro un qualche abuso di potere...
Voce: Il controllo delle fabbriche !
LAZZARI: Appunto: il controllo delle fabbriche. I compagni dell'Ordine Nuovo nelle continue critiche fatte alle deficenze del nostro Partito — che riconosciamo anche noi, ma che non si accomodano con la scissione presentata — hanno accennato anche a questo. Ma avete voi visto un recente fenomeno comunista? Avete sentito come il Partito comunista boemo si sia staccato dall'Internazionale? Esso oggi ha dichiarato di staccarsi dalla Terza Internazionale: come si vede il rimedio è trapassato in un altro campo. I nostri compagni vanno rilevando come, dopo Caporetto, il discorso di Filippo Turati fu nocivo alla politica socialista. I compagni dell'Ordine Nuovo avrebbero fatto bene a
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ricordare come dopo la rotta di Asiago il compagno Turati ha investito Salandra ed ha schiacciato il Governo italiano. (Approvazioni).
Voce: Rifare l'Italia ! (Tumulto).
LAZZARI: Cosí tutto va a risolversi in uno spirito di egemonia in questi [...]

[...]pagni dell'Ordine Nuovo avrebbero fatto bene a
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ricordare come dopo la rotta di Asiago il compagno Turati ha investito Salandra ed ha schiacciato il Governo italiano. (Approvazioni).
Voce: Rifare l'Italia ! (Tumulto).
LAZZARI: Cosí tutto va a risolversi in uno spirito di egemonia in questi uomini che hanno la superbia di credersi la parte piú avanzata, piú cosciente, che sentono quindi la volontà di diventare i dittatori del movimento del Partito. (Approvazioni, applausi della maggioranza).
Questo spirito di egemonia è quello che ha servito l'anno scorso per venirmi addosso al Congresso di Bologna. Ma oggi noi diciamo: Sí, voi dovete giustamente esercitare il vostro spirito di egemonia, ma esercitatelo in quei modi ed in quelle forme che siano realmente l'espressione del grande spirito di uguaglianza con tutti i vostri compagni. Soltanto in questo modo avrete diritto legittimo di esercitare questa egemonia, non separandovi, non creando una debolezza fra di noi, perché la debolezza nostra sarà anche la vostra, sarà una debolezza comun[...]

[...]zza fra di noi, perché la debolezza nostra sarà anche la vostra, sarà una debolezza comune.
Uno degli araldi principali di questa separazione, di questa teorizzazione, di questo cambiamento di nome e di domicilio del socialismo italiano è, tra gli altri, il compagno Seassaro di Milano, il quale è altamente benemerito per avere studiato il rimedio ai nostri mali anche nell'organizzazione. È arrivato a presentare un progetto di organizzazione del Partito con sezioni militari. Speriamo che abbia fatto anche le caserme ed il Ministero della guerra e le fabbriche di proiettili e di f ucili, ecc. (Rumori e interruzioni da parte dei comunisti). Il nostro compagno Seassaro è diventato uno dei banditori di queste ragioni della frazione comunista e della sua separazione dal Partito. Il compagno Seassaro è pieno di benemerenze. Ricordo però che egli è appena appena venuto al Partito... (nuove interruzioni dei comunisti) ed .ha militato fino a ieri nelle file della democrazia cristiana... (Rumori vivaci, interruzioni dei comunisti, applausi da altre parti). È venuto al nostro Partito trascinato e sedotto dal buon esempio che abbiamo dato noi durante la guerra. Noi ci felicitiamo della sua conversione, ma io mi credo in diritto di ricordare l'alto insegnamento che ci ha dato, in quel tempo, la conversione del compagno Edmondo De Amicis il quale, entrato nelle nostre file, vi è restato semplicemente, non col proposito di diventare un ispiratore di scissioni o di divisioni, ma semplicemente per essere un buon milite e fare anche lui la sua coscienza e la sua esperienza, (approvazioni), quella coscienza che tutti possono farsi. Ed in nome di questa io dico: andiamo adagio in [...]

[...]icis il quale, entrato nelle nostre file, vi è restato semplicemente, non col proposito di diventare un ispiratore di scissioni o di divisioni, ma semplicemente per essere un buon milite e fare anche lui la sua coscienza e la sua esperienza, (approvazioni), quella coscienza che tutti possono farsi. Ed in nome di questa io dico: andiamo adagio in queste voltate se non vogliamo correre il rischio di danneggiare maggiormente la compagine del nostro Partito.
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Il nostro Partito è aumentato vertiginosamente. Era giusto. Lo avevamo preveduto. Ma ricordo che nelle ultime riunioni della Direzione durante la guerra, prima di essere arrestato, si prevedeva e si faceva già un quadro preventivo di quello che si doveva stabilire sui prevedibili successi dell'organizzazione del nostro Partito per la condotta ehe si teneva durante la guerra. Però chi ha facilitato in modo eccessivo l'andamento delle nostre forze è stata appunto la deliberazione di Bologna dell'anno scorso, la quale ha aperto il varco a tutti i fanatici della violenza i quali credevano che si potesse facilmente servire questa ,causa colla preparazione e l'esecuzione della violenza armata. Le discussioni avvenute l'anno scorso a Bologna hanno chiaramente espresso quali erano i propositi della Direzione del Partito che allora trionfava. Attraverso questa seduzione, attraverso la credenza nella forza e nella potenza di[...]

[...] la guerra. Però chi ha facilitato in modo eccessivo l'andamento delle nostre forze è stata appunto la deliberazione di Bologna dell'anno scorso, la quale ha aperto il varco a tutti i fanatici della violenza i quali credevano che si potesse facilmente servire questa ,causa colla preparazione e l'esecuzione della violenza armata. Le discussioni avvenute l'anno scorso a Bologna hanno chiaramente espresso quali erano i propositi della Direzione del Partito che allora trionfava. Attraverso questa seduzione, attraverso la credenza nella forza e nella potenza di una violenza che possiamo preparare per opporre alla violenza dei nostri nemici, è stato facile raccogliere tanti elementi che nella loro passione hanno il desiderio di potere manifestare per mezzo della violenza la forza della loro convinzione e della loro volontà. Pare ad essi che la causa della rivoluzione sociale non si possa servire che in questo modo, e purtroppo noi vediamo come essi sono costretti a mettersi sullo stesso terreno spiacevole nel quale si trovano i nostri avversari, i[...]

[...]nza della discussione avvenuta a Bologna, vi saranno elementi che non troveranno piú soddisfazione nelle vostre file perché il loro fanatismo non può piú essere soddisfatto e si allontaneranno da noi. Ma non temete, compagni, che in questo modo possano essere minate la forza di espansione e di coesione del nostro Partita. Ho sentito parecchi che attraverso la discussione delle Sezioni dicevano « che se noi comunisti non riusciremo a dominare nel Partito torneremo nelle file del Partito ». (Proteste .vivaci dei comunisti, rumori).
Voce: E vero ! è vero ! (Tumulto).
LAZZARI: Se vi sono anche fra di noi quelli che subiscono questa infatuazione a noi rincrescerà perdere dei buoni elementi, ma ne acquisteremo molti altri... (Rumori, interruzioni).
Voce: Giolitti diverrà segretario del vostro Partito !
LAZZARI: Io vi ricordo che queste discussioni non sono nuove nei nostri Congressi. Vi ricordo la terribile polemica degli anni passati che era agitata tra Marx e Bakunin che rappresentavano due poli di una
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azione che si contrastava allora per il dominio di questa forza ugualitaria che si andava presentando nel mondo. Allora non c'era stata la. guerra. La guerra mondiale non vi era stata. Vi era però la guerra del. '70. È stato necessario ancora allora separare, dividere le responsabilità e purtroppo molte cose abbiamo visto. Vi sono state diverse fasi attra verso le quali è passato[...]

[...]ista ha stabilito che, in vista dell'attuale sviluppo e dello spirito rivoluzionaria delle masse, l'uscita dei comunisti da quei Partiti non è desiderabile fino a tanto che essi hanno la possibilità di lavorare entro quei Partiti nel senso del riconoscimento della dittatura del proletariato e del potere dei Soviet, come pure nel senso della critica agli opportunisti e centristi rimasti ancora in quei Partiti. Ogni qual volta l'ala sinistra di un Partito centrista si è fatta abbastanza forte e lo sviluppo del movimento comunista lo richiede, quell'ala sinistra pub uscire complessivamente dal Partito e formare un Partito comunista.
« Nello stesso tempo il secondo Congresso della Terza Internazionale si dichiara favorevole all'unione dei gruppi e delle organizzazioni
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comuniste o simpatizzanti con i comunisti al Labour Party, sebbene questo appartenga alla Seconda Internazionale. Infatti, fino a che questo Partito lascerà alle organizzazioni, che ne fanno parte, l'attuale libertà di critica e libertà di propaganda, agitazione e organizzazione per la dittatura del proletariato e il potere dei Soviet, fina a che questo Partito conserverà il suo carattere di Unione di tutte le organizzazioni sindacali della classe operaia, i comunisti debbono assolutamente fare tutti i passi e accondiscendere a certi passi per avere la possibilità di esercitare una influenza sulle grandi masse lavoratrici, smascherare, da una tribuna piú alta o visibile alle masse, tutti i loro capi opportunisti, sollecitare il trapasso del potere politico dai rappresentanti diretti della borghesia ai ' luogotenenti operai della classe capitalistica ', per guarire, insomma, le masse, al piú presto possibile, dalle loro ultime illusioni in questi rig[...]

[...] ultime illusioni in questi riguardi ».
Ora è possibile la deliberazione che è stata presa dal Comitato della Terza Internazionale? È possibile nella sua applicazione anche in Italia? Si, tutto é possibile. Per noi non c'é niente di impossibile. Ma è utile per il movimento italiano o dannoso? Messo sulla bilancia il risultato a cui darebbe luogo l'adottare questa forma di scissione che è indicata dagli articoli 7 e 17, noi vecchi militanti del Partito e vecchi amanti del Partita, non esitiamo a dichiarare che sarebbe dannoso. Ora il giorno che avremo messo i nostri compagni russi e la Terza Internazionale a conoscenza che applicando interamente gli articoli 7 e 17 da essi stabiliti si farebbe il danno del nostro movimento, non esito a credere che i nostri compagni diranno: Noi abbiamo bisogno di non fare il danno a nessun Partito organizzato, a nessun Partita rispettabile come il vostro che è realmente un Partito piú rispettabile di tutti gli altri.
Tutte le tirate fatte dai nostri avversari in questa discussione, sia nelle dichiarazioni della Terza Internazionale contro i socialpatriotti, contro i socialpacifisti, sono giuste, sono esatte, ma in Italia questi non esistono piú e dalle file del Partito socialista sono stati liquidati. Esiste sí, tuttora, questa frazione di concentrazione che ogni tanto dà segno della sua attività, ma finora noi abbiamo visto come questa frazione non abbia una vera influenza efficace sulla nostra politica, sulla nostra orientazione. Essa va facendo continuamente delle riserve platoniche. Ma perché vogliamo impedire questo, perché vogliamo sempre considerare che proprio soltanto noi abbiamo il monopolio e l'ipoteca di tutte le verità, della completa verità, che soltanto noi abbiamo il possesso di questa forza di vittoria? Tutti quanti accettano la lotta di cl[...]

[...] Noi siamo qui a decidere fra la unità e la scissione; quale è il maggior bene che noi possiamo fare al nostro movimento?)». Allora non esito a dichiarare che l'unico bene, inapprezzabile, indistruttibile che noi abbiamo a nostra disposizione, è l'unità colla quale possiamo portare alla Terza Internazionale una forza reale, effettiva e devota. Con una scissione si porterebbe una debolezza ed una frazione. Ora noi abbiamo il nostro precedente. Il Partito socialista italiano, sia per mezzo della sua Direzione, nel 1919, sia al Congresso di Bologna dell'anno scorso, ha confermato continuamente la sua entusiastica solidarietà colla Terza Internazionale e la sua adesione alla causa della rivoluzione mondiale. Noi manterremo questa nostra decisione, la confermeremo, anche se venisse la scissione fra noi. Coloro però che a nome di un comunismo che in Italia non è che artificiale per dividere le nostre forze, resterebbero aderenti alla Terza Internazionale potranno vantarsi di avere seguito ciecamente le norme che sono state prescritte per l'organiz[...]

[...]ionale..
Voce da un palchetto: Piú quelle che le vostre ! (Rumori).
LAZZARI: Noi non mancheremo di mantenere continuamente, con la consapevolezza della nostra situazione e del nostro dovere, la nostra adesione alla Terza Internazionale, anche se non vi siamo ricevuti. Verrà il giorno in cui quella porta della Terza Internazionale, che ora pare si possa aprire facilmente agli anarchici ed ai sindacalisti, si aprirà trionfalmente anche a noi del Partito socialista italiano, e noi potremo entrarvi a fronte alta a portarvi il nostro entusiastico lavoro. (Ap plausi entusiastici della grande maggioranza del Congresso. I comunisti restano assenti dalla manifestazione pure senza ostacolarla. L'applauso dura qualche minuto e si rinnova. Qualcuno grida « Viva il Comunismo ! ». Il grido è seguito e contrapposto con quello di « Viva il Socialismo ! ». Indi tutto il Congresso intona l'Internazionale).
La seduta è tolta alle ore 12,15.
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da (Nove domande sullo stalinismo) Arturo Carlo Jemolo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]rtante da rilevare é che tale teoria della necessità del perdurare delle forme violente del « salto dialettico », date le particolari condizioni oggettive, divenne poi una teoria del « salto in lungo » quando, esauritasi completamente la resistenza della borghesia, Stalin teorizzò il problema dell'« accerchia
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mento capitalistico », facendone la base anche per la politica interna.
Stalin, nel Rapporto al XVIII Congresso del Partito (1939) si chiede: «Non è forse sorprendente che dell'attività spionistica e dei complotti del gruppetto dirigente dei trotskisti e dei bukhariniani siamo venuti a conoscenza soltanto in questi ultimi tempi, nel 193738, mentre, come attestano i documenti, questi signori erano agenti dei servizi di spionaggio stranieri e complottavano fin nei primi giorni della Rivoluzione di ottobre ? ». « Come si spiega questo abbaglio ? Si spiega con una sottovalutazione delle forze e dell'importanza del meccanismo degli Stati borghesi che ci circondano e dei loro organi di spionaggio, i quali cercano di sfr[...]

[...]interno, ma lotta esterna. Esterne sono tutte le posizioni che non coincidono con la « linea », e perciò nemici, « altri », stranieri, coloro che non le corrispondono appieno. Non esistono differenze, ma neppure sfumature fra il nemico o l'obbiettore o il proponitore di varianti. Ma decidere la « linea » netta non è cosa di poco momento, bisogna accentrarla, non lasciare margini o frange alla sua forza aguzza, alla sua potenza unidirezionale.Nel partito come avanguardia ideologica sta il centro delle deliberazioni, in esso non possono esistere frazioni, divergenze, che lo indebolirebbero verso l'avversario. Il partito decide e costruisce, versando via via nello Stato, suo strumento, le conquiste effettuate sul campo. La Costituzione è il sacco in cui si mettono le prede belliche, Io Stato è l'oggettivazione del già fatto, dell'acquisito.
Il Partito va avanti, apre sempre, la sua intransigenza è la garanzia del fine. Il Partito è attivo, lo Stato passivo. Il Partito anticipatore, lo Stato muro alle spalle. Il Partito è il massimo, lo Stato è il minimo.
Sotto questo schema di ferro l'URSS ha realizzato la costruzione di una nuova incredibilmente grandiosa società. Ma ad un nodo doveva arrivare lo stalinismo, e cioè al punto in cui, ottenuto lo sviluppo quantitativo e risolti i problemi strutturali, la stessa effi
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cienza produttiva sarebbe stata condizionata da maggiori libertà; al momento, in breve, in cui la dittatura del proletariato, otte nuto il ricupero storico dell'arretratezza in cui versava la vecchia Russia, si sarebbe trovata di fronte alla necessità, per continuare il suo [...]

[...]avoro e di progresso.
Ma, per ottenere questo, occorreva spezzare la macchina degli opposti su cui si reggeva il sistema della dittatura del proletariato: la lotta di classe era finita nell'Unione Sovietica, si poteva dar luogo alla collaborazione, al gioco di tesi strumentali diverse, si dovevano aprire la fantasia, l'inventiva. La verità poteva essere una somma di verità: c'era posto di esperimentazione per tutti. Bastava un qualunque a senza partito » a criticare gli opportunisti e gli arrivisti. La polizia segreta si stava ormai rivelando come un inutile bagaglio. Le spie americane, posto che fossero arrivate a Mosca, potevano essere consegnate da attivi boysscouts ai vigili urbani. L'enorme apparato di pressione comincia a girare a vuoto. Non c'è ormai proporzione fra lo sforzo ed il numero di t< pud » di grano che si producono in più. Anzi, essi diminuiscono. Le leve della storia sono ormai altre, più indirette, dal braccio più lungo. Lo stalinismo si esaurisce nella morte fisica di Stalin ed ha inizio il « nuovo corso ». Sarà la comp[...]

[...]to in cui l'avversario dovesse decidersi alle vie di fatto sarebbe anche il momento in cui è minore, più debole, più incerto. Sarebbe già perduto di « diritto », prima che di « fatto ».
Detto questo, la critica del XX Congresso al « culto della personalità » non appare che il corollario moralistico di una ben precisa concezione politica. Si è affermato molte volte, a giustificazione, che il « culto » era la manifestazione tattica dell'unità del partito e che in questo senso provvisorio andava considerato. Grave errore: occorreva invece sospettare che il culto fosse il necessario prodotto di una determinata politica e di una determinata impostazione ideologica. La tattica non è una appendice, una concessione relativamente responsabile di una politica, ma una sua precisa manifestazione. Per cui se si può dire che si è la tattica che si fa, si può aggiungere che il « culto » era essenziale alla pa litica staliniana. Il che ci riporta ancora a vedere il legame stretto fra una concezione monolitica, unidirezionale e acritica del potere politico[...]

[...] Dunque, morale sì, per il socialismo, anzi affermazione decisiva che la morale marxista esiste e deve corrispondere esattamente ai principi cui nessuna tattica può far concessioni di sorta, ma morale che non si ferma alla moralistica e pretende la scienza (morale politica, non astratta), cioè la traduzione storicistica della denuncia e, di più, l'adeguamento esplicito di una politica e delle sue forme all'istanza morale pronunciata.
2) Stato e Partito.
La concezione della «dittatura del proletariato» è l'unica formula che sembra consentire una teorizzazione della diarchia PartitoStato nell'URSS, che si dà normalmente per scontata e che di fatto è invece assai curiosa. Si sa che su una popolazione di 200 milioni di abitanti gli iscritti al Partito comunista in URSS sono oggi circa 7 milioni. Ora, si possono fare due osservazioni:
1) che nelle elezioni politiche la lista di candidati è praticamente controllata dal Partito o da organizzazioni a loro volta da esso controllate, per cui è certo, in ogni caso, che le massime cariche dello Stato andranno a membri del Partito.
2) che la posizione del Partito in quanto tale è preminente su quella dello Stato.
Ne discende che lo Stato è uno strumento del Partito e che la rappresentanza è relativamente diretta nel Partito, ed estremamente indiretta nello Stato. Ciò quadra, come abbiamo detto sopra, con il concetto generale di « dittatura del proletariato » e con quello di « centralismo democratico ». Il Partito è l'organo supremo di direzione della classe operaia che, attraverso di esso, instaura la sua dittatura impadronendosi dello Stato come strumento coercitivo sulle vecchie classi in dissoluzione. Corrisponde questo schema alla realtà sovietica di oggi ? Il XX Congresso critica in questo schema la degenerazione della direzione collegiale
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in direzione personale. E sta bene. Ma il concetto di collegialità fin dove si deve estendere ? Quale é il grado di compartecipazione direzionale che si intende raggiungere ? In breve, come devono essere considerati i 193 mili[...]

[...]ema alla realtà sovietica di oggi ? Il XX Congresso critica in questo schema la degenerazione della direzione collegiale
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in direzione personale. E sta bene. Ma il concetto di collegialità fin dove si deve estendere ? Quale é il grado di compartecipazione direzionale che si intende raggiungere ? In breve, come devono essere considerati i 193 milioni di sovietici che rientrano genericamente nel gruppo dei « senza partito » ? Se di fatto i termini dell'antagonismo di classe sono superati, quale senso ha la. preminenza partitica sullo Stato? Non deve tendere, viceversa, lo Stato ad oggettivare, appunto, questa assenza di suddivisione di classe in un « corpus » omogeneo ed egualitario di cittadini, i quali nei quaranta anni di socialismo si sono formati una coscienza ed una responsabilità sociale sulla cui esistenza non ci possono essere più dubbi ?
E qui le nostre domande vengono a confluire con quelle poste da Nenni nel suo saggio «Luci ed ombre del Congresso di Mosca » (« Avanti! », 2531956), domande che int[...]

[...]ta assenza di suddivisione di classe in un « corpus » omogeneo ed egualitario di cittadini, i quali nei quaranta anni di socialismo si sono formati una coscienza ed una responsabilità sociale sulla cui esistenza non ci possono essere più dubbi ?
E qui le nostre domande vengono a confluire con quelle poste da Nenni nel suo saggio «Luci ed ombre del Congresso di Mosca » (« Avanti! », 2531956), domande che interamente sottoscriviamo. « E ancora il partito, nella sua struttura attuale, lo strumento adeguato per coordinare e guidare l'azione creativa (non nel solo senso manuale o tecnico) di codesti milioni di uomini ? Il partito deve stare, come sta, sopra lo Stato ? » « A quarant'anni dalla Rivoluzione d'ottobre la ' vita nuova ', che nell'Unione Sovietica non è più una aspirazione ma una realtà, può essere contenuta nei vecchi ordinamenti ? » « Da quali nuove forme, in quali nuove articolazioni concrete troverà piena espansione la democrazia socialista, peraltro espressa nella originaria concezione leninista dello Stato dei Soviet e nella Costituzione del 1936? » « In quali forme nuove la democrazia sovietica si esprimerà nell'avvenire, non solo all'interno del partito, ma nello Stato ? ».
È chiaro che non ha sens[...]

[...] nuova ', che nell'Unione Sovietica non è più una aspirazione ma una realtà, può essere contenuta nei vecchi ordinamenti ? » « Da quali nuove forme, in quali nuove articolazioni concrete troverà piena espansione la democrazia socialista, peraltro espressa nella originaria concezione leninista dello Stato dei Soviet e nella Costituzione del 1936? » « In quali forme nuove la democrazia sovietica si esprimerà nell'avvenire, non solo all'interno del partito, ma nello Stato ? ».
È chiaro che non ha senso rispondere immediatamente a queste domande. Il lavoro da compiere non é certo astrattamente ideologico, sistematizzante, ma é un lavoro scientifico di rilevamento delle strutture, del loro funzionamento, dei loro rapporti, che può essere effettuato solo sulla materia viva, e con la più ampia compartecipazione degli specialisti e di tutti i cittadini interessati.
Tuttavia ha senso almeno il « porre » queste domande, per una ragione di principio culturale. La cultura (e per cultura in
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tendiamo un atteggiamento creativo e cri[...]

[...]à, ad ognuno secondo il suo lavoro), superabili solo nella società comunista teorizzata da tutti i classici del marxismo (da ciascuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo i suoi bisogni). E probabile che, appunto per evitare le possibilità del formarsi di correnti interessate nel proprio « particulare » (ad esempio, questione dei contadini rispetto agli operai), nell'URSS si tenga così fermo il
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principio del Partito unico, come depositario di una solidarietà generale senza concessioni. In questo senso l'unicità del Partito supera appunto la pluralità esistente nella società borghese, che esprime una gamma di precisi interessi e li rappresenta. Caso nel quale non si può certo affermare che la volontà generale si possa esprimere perché esiste la pluralità dei partiti. Al contrario, la pluralità non esprime che la rottura delle volontà, degli interessi antagonistici e di classe. Sgomberato perciò il campo dalla trappola parlamentaristica con tutti i corollari della libertà apparente, rimane, in campo marxista, il problema di come rappresentare non già rinnovati particolarismi, pur in una società senza classi, ma a[...]

[...]e, una 'tirannia' che una accelerazione (parzialmente erronea: origine pratica dell'errore) della teoria della necessità
o meglio della 'tendenziale unanimità' che è di Marx e di Lenin. Anzi è probabilmente da spiegarsi, tale accelerazione, col non risolto meccanicismo sempre latente nel marxismo. Dalla pretesa marxista di rendere razionale
e verificabile, cioè scientifica, la dottrina della società (o economia politica) discende la nozione di Partito secondo Lenin, cioè di un organismo qualificato a farsi interprete scientifico della realtà e quindi quella di una sua 'infallibilità' relativa ad una situazione data. L'illusione (di carattere metafisico) che il margine di incontrollabilità (unio mystica) di tutti gli elementi del reale convogliati dall'esperienza del Partito fosse — paradossalmente — capace di assicurare in ogni momento un rendimentolimite; e il rifiuto di riconoscere che proprio quel margine doveva invece essere previsto per stabilire il rendimento reale della macchina, altre il quale cominciava l'errore
e l'usura; proprio quella illusione e quel rifiuto traspaiono ancora nelle dichiarazioni rese dallo scarcerato London ai giornalisti: essersi rassegnato a confessare colpe non commesse, per non diminuire nelle masse la persuasione della infallibilità del partito. L'errore stalinista è dunque di carattere a un tempo meccanicistico e metafisico; [...]

[...]ento un rendimentolimite; e il rifiuto di riconoscere che proprio quel margine doveva invece essere previsto per stabilire il rendimento reale della macchina, altre il quale cominciava l'errore
e l'usura; proprio quella illusione e quel rifiuto traspaiono ancora nelle dichiarazioni rese dallo scarcerato London ai giornalisti: essersi rassegnato a confessare colpe non commesse, per non diminuire nelle masse la persuasione della infallibilità del partito. L'errore stalinista è dunque di carattere a un tempo meccanicistico e metafisico; ma non tocca l'esigenza prima, quella della razionalità della scienza sociale. Dimenticarne la drammatica serietà, vuol dire precludersi la comprensione di un secolo di comunismo. Bisogna ripetere ancora l'irriducibilità della differenza tra la dottrina liberale che, proprio perché nacque storicamente quale mediatrice fra conflitti insolubili, lì rese istituzionali, e quella marxista, che in nome della dialettica e del salto qualitativo, afferma la trasformabilità qualitativa dei conflitti dopo averli identific[...]

[...]tivamente poi qualitativamente diversi. La societa sovietica ed il movimento operaio internazionale hanno pagato con gli errori dell'età stalinista, ad esempio, la fretta con la quale si è dato per risolto il conflitto fra città e campagna; ma è confrontabile tale conflitto attuale con quello che opponeva contadini e cittadini russi durante la guerra civile o la liquidazione dei kulaki? Anche per questo è improprio impiegare termini eguali come 'partito', 'opposizione', 'parlamento' per indicare cose diverse (e, fra parentesi, che v'è di comune fra la nozione di partito in Francia o in Italia e quella in USA o in India?).
Si vuol dire che la società socialista non ha trovato o ha trovato imperfettamente le forme istituzionali per l'espressione dei suoi particolari conflitti? Ne conveniamo. Ma, dopo aver rimproverato lo scarso storicismo del XX Congresso, non pecchiamone noi stessi. L'offerta che un Bevan (e altri da noi) fa all'URSS di sperimentati apparecchi liberali di antica fabbricazione inglese per evitare, ad esempio, gli abusi di potere, potrà magari aver anche successo (Kruscov ha già acquistato in Gran Bretagna alcuni milioni di maniglie per porte)[...]

[...]r noi) sono quelli che derivano dall'aver constatato lo stato di permanenza di un regime di trapasso, quando non solo le prime vittorie furono conseguite, ma le ultime, forse conclusive, quando, cioè, venne a cessare nell'URSS lo stato oggettivo di lotta di classe.
E ciò ci rimanda a quanto accennavamo sopra (ed ancora ci limitiamo ad accennare), alla funzione dei vari istituti agenti nell'URSS e soprattutto dei due assolutamente preminenti: il Partito e lo Stato.
Si ha l'impressione che ancor oggi il Partito sia in perenne gestazione, che il suo sforzo sia una infinita e interminabile crea
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zione dello Stato. Ma che la nascita non abbia o non possa o non debba aver luogo. La Costituzione ci dice il contrario, ma la realtà é evidente. Il Partito indica la politica dello Stato, il Partito stabilisce i termini e i programmi della pianificazione, il Partito svolge la politica interna ed estera, ecc. Non appena lo Stato non realizza, o non realizza secondo le quantità stabilite, o si inceppa o rallenta, il Partito interviene, sollecita, ridimensiona, controlla.
Ecco la parola: il Partito non solo governa, ma controlla. Nello stalinismo le due funzioni essenziali erano assorbite in una sola persona: governo autoritario, controllo autoritario. Esiste una ragione in questa « reductio ad unum » ? Esisteva. Fra le possibili vie di una « dittatura di classe » necessaria nel periodo di trapasso, si era scelta la più breve e tradizionale: quella del potere concentrato. L'idea della scientificità, data per implicita e scontata nel marxismo, oscurò la possibile visione di una organizzazione scientifica da costruirsi. Oggi, di fronte al quesito di come possa accadere che in una fabbrica[...]

[...]l'operaio dá piena adesione al lavoro fino alle forze più « eroiche » di stakanovismo, la produttività sia più bassa che negli Stati Uniti (vedi ad es. rapporto di Krusciov pag. 117, per l'agricoltura) non si potrebbe che rispondere: mancanza di organizzazione scientifica.
L'ideologia si muoveva su due piani distinti: l'uno, altissimo depositario di valori fissi, l'altro molto terrestre, empirico, quotidiano. Sollecitatore della macchina era il Partito. Ed i funzionari di Partito, come oggi rileva chiaramente Krusciov, non erano certo dei competenti in tecnica organizzativa specifica (Krusciov li rimanda addirittura allo studio elementare dell'economia). E poiché l'organizzazione scientifica é l'unica possibilità di risolvere il problema degli incentivi senza ricorrere all'immediata pressione od al timore di rappresaglie o punizioni, la macchina staliniana, interpretando pessimisticamente il mondo produttivo, anziché mutarlo scientificamente, prese la strada dell'incentivo di pressione. Cosicché il Partito premeva sullo Stato e lo Stato sulle singole unità dipendenti.[...]

[...]ca organizzativa specifica (Krusciov li rimanda addirittura allo studio elementare dell'economia). E poiché l'organizzazione scientifica é l'unica possibilità di risolvere il problema degli incentivi senza ricorrere all'immediata pressione od al timore di rappresaglie o punizioni, la macchina staliniana, interpretando pessimisticamente il mondo produttivo, anziché mutarlo scientificamente, prese la strada dell'incentivo di pressione. Cosicché il Partito premeva sullo Stato e lo Stato sulle singole unità dipendenti. Pressione come strumento.
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E l'apparato di Partito e soprattutto dello Stato come « cinghie di trasmissione », si appesantiva di funzionari (oggi ne sono stati allontanati come primo provvedimento 750.000), anziché consolidare, come richiede appunto una organizzazione scientifica del lavoro, la équipe dirigente specifica di ogni unità produttiva, per disimpegnare la maggior mole di lavoro tecnicooperativo che una impostazione razionale della produzione richiede. Naturalmente, nel tempo, i movimenti dovevano farsi sempre più lenti: nel Partito, per la staticizzazione funzionariale corrispondente all'appiattimento ideologico; nello Stato, per l[...]

[...] di trasmissione », si appesantiva di funzionari (oggi ne sono stati allontanati come primo provvedimento 750.000), anziché consolidare, come richiede appunto una organizzazione scientifica del lavoro, la équipe dirigente specifica di ogni unità produttiva, per disimpegnare la maggior mole di lavoro tecnicooperativo che una impostazione razionale della produzione richiede. Naturalmente, nel tempo, i movimenti dovevano farsi sempre più lenti: nel Partito, per la staticizzazione funzionariale corrispondente all'appiattimento ideologico; nello Stato, per l'appesantimento burocratico; nei luoghi di produzione, per il peso gravante degli organismi sovrapposti e le difficoltà di operare in modo agile e tempestivo.
Allora agivano, riattivando la circolazione, le pressioni dall'alto. Ma ad un punto in cui l'intera macchina stava per arenarsi si doveva giungere (Mikoian lo afferma a proposito dell'agricoltura), allorché la giustificazione della lotta, intesa ancora come eliminazione di un nemico incombente o nascosto nelle file, si sarebbe svuotata [...]

[...]una nuova attenzione al consumo, al tempo libero, alla vita privata ed individuale. Le misure corrispondenti sono: aumento della produzione di generi di consumo; riduzione dell'orario di lavoro; maggior costruzione di alloggi, di nidi, di

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asili, ecc., di macchine elettrodomestiche, estensione del sistema dell'« alimentazione pubblica » (mense), ecc.
6) Mentre si ribadisce il concetto della preminenza e della guida del Partito in tutta l'attività statuale e organizzativa in gene_ re, « il Comitato centrale ha invitato tutti i quadri del Partita, tutti i comunisti ad effettuare una svolta e ad affrontare le questioni della direzione concreta dell'edificazione economica, a farla finita con l'atteggiamento superficiale nei confronti dell'economia, ad intensificare lo studio della tecnica e dell'economia delle aziende industriali, dei colcos, della SMT e dei sovcos per dirigere il loro lavoro con profonda cognizione di causa » (Krusciov, pag. 172).
Di più, la rimunerazione dei funzionari di Partito sarà legata in una [...]

[...]utti i comunisti ad effettuare una svolta e ad affrontare le questioni della direzione concreta dell'edificazione economica, a farla finita con l'atteggiamento superficiale nei confronti dell'economia, ad intensificare lo studio della tecnica e dell'economia delle aziende industriali, dei colcos, della SMT e dei sovcos per dirigere il loro lavoro con profonda cognizione di causa » (Krusciov, pag. 172).
Di più, la rimunerazione dei funzionari di Partito sarà legata in una certa misura ai risultati ottenuti nella realizzazione del piano produttivo.
Questi punti, certo essenziali, esposti dal Congresso in un modo che può sembrare addirittura volutamente trasandato, possono dar luogo alle seguenti rispettive considerazioni:
1) Il passaggio dal « controllo autoritario » al « controllo operativo » segna il cessare del sistema meramente coercitivo del periodo staliniano. Ma il « controllo operativo » non può essere, a sua volta, che un termine di passaggio al raggiungimento del « controllo democratico » che sta alle origini del pensiero marxista[...]

[...]o al raggiungimento del « controllo democratico » che sta alle origini del pensiero marxista e che oggi può assumere una configurazione tecnicoorganizzativa ben più ampia e concreta. Il « controllo autoritario » era, se si può usare l'espressione, esattamente il contrario del « controllo democratico », il suo rovescio. Esso é naturalmente collegato alle forme della « dittatura del proletariato », dove é la classe operaia al potere, attraverso il Partito, che regola e verifica la produzione, volente o nolente, di tutto il « corpus » dei cittadini, o appartenenti alla vecchia classe dominante o ancora impreparati ad un autogoverno.
Nel momento attuale il rapporto dovrebbe tendere a raddrizzarsi: dal controllo dello Stato sul cittadino al controllo del cittadino sullo Stato; e precisamente grazie alla risoluzione del problema delle garanzie per il rispetto del piano attraverso le forme di un « controllo operativo » anticipante forme complete di « autocon
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trollo tecnico » nel quadro dell'organizzazione scientific[...]

[...]cioè un posto funzionale e operativo, non cesserebbe per questo di possedere i requisiti generali necessari una volta che sapesse valersi degli strumenti statuali fondamentali: i Soviet. E appunto nei Soviet, organismi di potere diretto, ma già collettivo, che potrà realizzarsi la decisiva mediazione fra piano e autonomia.
4) Ciò dà una nuova figura al Soviet, coopera alla sua ricostruzione da semplice associazione fra le altre, controllata dal Partito nell'epoca staliniana, a forma di autogoverno. Il Soviet si fa, come abbiamo visto, centro dell'autocontrollo, dell'autonomia collegata ad una pianificazione democratica ed operativa. Il Soviet ritorna a governare non più come mezzo originario della rivoluzione, ma come fine di essa, sua realizzazione completa.
5) E, nello stesso tempo in cui il Soviet ritorna a governare su scala diretta, forte della strumentalità pianificatrice generale acquisita responsabilmente, lo Stato dei Soviet, come alto apparato, come apparato funzionariale, si assottiglia. Il Soviet ha bisogno di tecnici vicini, n[...]

[...]a senza residui. « Invece del governo sugli uomini, si avrà l'amministrazione delle cose e la direzione dei processi di produzione » commenta Engels nell'« An.tidühring ».
L'antica concezione roussoiana della <« volontà generale », passata attraverso il marxismo, trova finalmente la sua incarnazione reale nella pianificazione organica, dove l'esercizio della sovranità e l'educazione alla libertà convergono e coincidono.
6) Passato e futuro del Partito
Il « Partito » concepito, secondo Lenin, come « forma suprema dell'unione di classe del proletariato » e, secondo Stalin, come « corpo politico della classe operaia », « stato maggiore di lotta del proletariato », « parte inseparabile della classe » e, insieme, « reparto organizzato di essa », « necessario al proletariato per conquistare e mantenere la dittatura », « strumento della dittatura » (Q.d.L., pag. 8492), sede, dunque, direttiva e ideologica della rivoluzione, viene ad assumere nelle circostanze attuali un aspetto diverso. Con lo sciogliersi dello Stato coercitivo in Stato amministrativofunziona[...]

[...]iore di lotta del proletariato », « parte inseparabile della classe » e, insieme, « reparto organizzato di essa », « necessario al proletariato per conquistare e mantenere la dittatura », « strumento della dittatura » (Q.d.L., pag. 8492), sede, dunque, direttiva e ideologica della rivoluzione, viene ad assumere nelle circostanze attuali un aspetto diverso. Con lo sciogliersi dello Stato coercitivo in Stato amministrativofunzionale il compito del Partito inteso come creatore, ordinatore, sollecitatore dello Stato viene ad attenuarsi. Il criterio di determinazione e di scelta del proprio destino si spartisce nelle infinite volontà del cittadino sovietico, educato per quasi mezzo secolo al socialismo, ed ormai adulto.
L'evoluzione del socialismo non può più essere una evoluzione guidata e tutelata dall'alto. Il nemico interno, l'avversario oggettivo, forte della forza inerziale ed oppósitiva delle cose, è scomparso.
Stalin diceva già nel rapporto al XVII Congresso del Partito: « Invocare le cosiddette condizioni oggettive non è più ammissi
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[...]uarsi. Il criterio di determinazione e di scelta del proprio destino si spartisce nelle infinite volontà del cittadino sovietico, educato per quasi mezzo secolo al socialismo, ed ormai adulto.
L'evoluzione del socialismo non può più essere una evoluzione guidata e tutelata dall'alto. Il nemico interno, l'avversario oggettivo, forte della forza inerziale ed oppósitiva delle cose, è scomparso.
Stalin diceva già nel rapporto al XVII Congresso del Partito: « Invocare le cosiddette condizioni oggettive non è più ammissi
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bile ». « Dopo che la giustezza della linea del Partito é stata confermata dall'esperienza di molti anni, e la volontà degli operai e dei contadini di appoggiare questa linea non lascia più dubbio, la funzione della cosidetta condizione oggettiva si è ridotta al minimo, mentre la funzione delle nostre organizzazioni e dei loro dirigenti é diventata decisiva, eccezionale. Che cosa significa questo ? Significa che oggi la responsabilità per le nostre lacune e per le insufficienze nel lavoro risiede nove volte su dieci non nelle cause ' oggettive ', ma in noi stessi e solo in noi stessi » (Q.d.L. pag. 205, vol. II, cit.).
Dunque le deficienze e le d[...]

[...]e volte su dieci non nelle cause ' oggettive ', ma in noi stessi e solo in noi stessi » (Q.d.L. pag. 205, vol. II, cit.).
Dunque le deficienze e le difficoltà erano ed ancor oggi (dice Krusciov: « nel paese vi sono ancora molte deficienze e una mancanza di organizzazione nella edificazione economica e culturale », pag. 195) sono dovute non più alla forza delle cose o dell'avversario, ma ad una ancora non completa organizzazione generale.
Ed il Partito ha ancora, come elemento dirigente, da assolvere per intero a questo compito. Ma non più sotto la forma sollecitativa, attivizzante, più o meno generica, (oggi decisamente condannata), ma in senso tecnico specifico. Il peso e l'insufficienza del Partito staliniano si rivelano qui: nell'essere strumento autoritario, di tutela e di controllo, anziché essere strumento tecnicoscientifico di una organizzazione socialista, modernamente concepita.
Staccato dai diretti compiti produttivi, il Partito aveva corso il rischio di girare a vuoto, di assumere una figura astratta, sovrastrutturale. Ma il Partito, inserendosi, come oggi viene stabilito, nell'organizzazione diretta, non può neppure essere il doppio dello Stato, la sua controfigura.
Il suo portarsi a livello operativo deve comportare anche una sua diversa concezione dei rapporti con lo Stato: ridurre la sua tutela in esso per aver modo di parteciparvi concretamente. Non sovrapporsi ai Soviet, ma entrarvi « costituzionalmente ».
Se lo Stato sta smobilitando gli apparati centrali, non sarà più possibile agendo su di essi agire su tutta la nazione. Lo Stato sta andando nei Soviet bassi, decentrati, sempre più autonomi. Ë là
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[...]pporsi ai Soviet, ma entrarvi « costituzionalmente ».
Se lo Stato sta smobilitando gli apparati centrali, non sarà più possibile agendo su di essi agire su tutta la nazione. Lo Stato sta andando nei Soviet bassi, decentrati, sempre più autonomi. Ë là
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che deve andare il Partita. Se la pianificazione non si dovrà più determinare nelle alte sfere, ma nei luoghi di decisione democratica della base, é ancora là che il Partito dovrà essere presente.
Il che significa che il superamento dei difetti del Partito é in questo percorso. Se la risoluzione di essi sta in una nuova organizzazione questa non potrà dar luogo ad un'altra operazione autoritaria, storicamente superata, che condurebbe oggi certamente a gravi insuccessi pratici.
Superata la lotta di classe e allentato l'accerchiamento capitalistico, l'evoluzione dell'URSS sta superando anche i modelli classici della lotta con il « nemico ». L'evoluzione potrà essere organizzativa, con il solo parametro esterno competitivo (tenendo conto che ad un certo punto anch'esso sarà superato). La misura dell'URSS tenderà quindi ad essere la sua misura int[...]

[...] l'evoluzione dell'URSS sta superando anche i modelli classici della lotta con il « nemico ». L'evoluzione potrà essere organizzativa, con il solo parametro esterno competitivo (tenendo conto che ad un certo punto anch'esso sarà superato). La misura dell'URSS tenderà quindi ad essere la sua misura interna, la sua determinazione civile, il consumare con equilibrio la propria vita. In questa dimensione democratica occorrerà che si modelli anche il Partito. E se lo Stato sta prendendo un altro proporzionamento e un'altra essenza, così sarà per il Partito. Da guida della « dittatura del proletariato » a guida della « democratizzazione del proletariato ». Il suo compito volontaristico di pressione dall'alto si esaurisce, e d'altra parte non avrebbe più senso. Il suo ultimo compito rimane quello di creare un'alta capacità organizzativa nello Stato, con lo scioglimento organizzativo dello Stato nei Soviet autonomi e insieme centralmente serviti e coordinati. Qui il Partito non potrà più rimanere ristretto e aristocratico, ma si estenderà largamente, in un processo anche lungo, a tutti i cittadini che responsabilmente parteciperanno alla costruzione democratica, alla qualificazione regolata della loro stessa vita. A questo livello, o meglio a questo grado, il Partito avrà una residua funzione non più di potere, ma un compito pedagogico, formativo, morale. E ciò nei modi che abbiamo sopra visti, nel proporre nei Soviet una sempre più viva e responsabile compartecipazione ai piani generali (compito educativo) ed una continua elaborazione per perfezionare, ampliare, approfondire la materia ed il funzionamento della pianificazione stessa (compito ideologico).
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La figura del Partito potrà spezzare la monoliticità da cui nasceva la sua antica forza, e la nuova forza sarà nelle correnti di pensiero libero, nelle proposte diverse di possibili soluzioni, nelle capacità di discussione scientifica per determinare le scelte o mantenere le differenze. All'estremo del suo ciclo, risolte le condizioni strutturali dei contrasti, l'elemento unitario leninista e stalinista produrrà precisamente il suo contrario: la pluralità oggettivamente libera delle opinioni e delle proposte. La « dittatura del proletariato », terminando il suo compito, riscatta il suo paradosso: lascia in eredità[...]

[...]trasti, l'elemento unitario leninista e stalinista produrrà precisamente il suo contrario: la pluralità oggettivamente libera delle opinioni e delle proposte. La « dittatura del proletariato », terminando il suo compito, riscatta il suo paradosso: lascia in eredità la realizzazione, per la prima volta autentica, della democrazia concreta.
Il decentramento dei funzionari nei luoghi di produzione é oggi un sintomo positivo in questo senso. Qui il Partito potrà vedere e preparare ciò che non avrebbe potuto vedere e preparare premendo dall'alto: l'organizzazione democratica dal basso. Nella terza rivoluzione industriale in atto ci avviamo verso forme più sottili e raffinate di organizzazione. Molti sono i metodi che il Partito potrà adottare, studiare, creare in questo senso, ricordando anche il vecchio consiglio di Stalin quando, non ancora all'apice del potere, insegnava nell'Università di Sverdlov, all'inizio dell'aprile 1924, i nuovi «Principi del leninismo » definendone lo stile: « In che cosa consistono i tratti caratteristici di questo stile ? Quali sono le sue particolarità? Queste particolarità sono due: a) lo slancio rivoluzionario russo e b) lo spirito pratico americano. Lo stile del leninismo consiste nell'unione di queste due particolarità nel lavoro di Partito e di Stato » (Q.d.L. pag. 96). Cioè ideol[...]

[...]ando, non ancora all'apice del potere, insegnava nell'Università di Sverdlov, all'inizio dell'aprile 1924, i nuovi «Principi del leninismo » definendone lo stile: « In che cosa consistono i tratti caratteristici di questo stile ? Quali sono le sue particolarità? Queste particolarità sono due: a) lo slancio rivoluzionario russo e b) lo spirito pratico americano. Lo stile del leninismo consiste nell'unione di queste due particolarità nel lavoro di Partito e di Stato » (Q.d.L. pag. 96). Cioè ideologia rivoluzionaria più organizzazione scientifica. E, nello stesso corso, Stalin insegnava: « Il Partito é lo strumento della dittatura del proletariato. Da questo deriva che, con la scomparsa delle classi, con l'estinguersi della dittatura del proletariato, deve estinguersi anche il Partito » (Q.d.L. pag. 92).
8) Evoluzione discontinua ed evoluzione lineare.
Non c'é alcun dubbio che il XX Congresso segni una svolta brusca e che abbia l'apparenza di un « colpo di Stato » anche se,
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curiosamente, solo su un dominio « postumo ». Sotto l'apparenza, c'è anche una precisa e innegabile realtà: l'evoluzione sovietica avviene ancora per sbalzi, per urti, per conflagrazioni.
Di qui il fatto che il «salto» sia stato diretto dall'alto, in certo modo a sorpresa. La « verità » sul cammino, che ha compiuto e sta compiendo, tutto il popolo sovietico é ancora co[...]

[...]ontraddizione di classe.
Ma l'evoluzione lineare comporta una radicale realizzazione di una struttura sociale democratica non basata certamente su una generica liberalità, ma su una completa, cosciente e responsabile tecnica organizzativa. Ê il traguardo della democrazia come scientificità generale.
7) Sul dogmatismo e sui processi.
Può servire come « reattivo » di partenza per qualche successiva osservazione anche sui legami fra politica del Partito comunista sovietico (e di conseguenza URSS) e politica delle democrazie popolari e dei partiti comunisti occidentali la domanda,
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che spesso si va facendo in questi ultimi tempi: «a cosa si attribuisce il fatto che i comunisti di tutto il mondo abbiano creduto alla versione staliniana ufficiale sui processi e le cospirazioni ».
Il curioso della domanda è che non si chiede « se » i comunisti di tutto il mondo abbiano creduto alla versione ufficiale sovietica delle epurazioni, ma, dato per scontato che i comunisti vi abbiano creduto, ci si meraviglia e si chiede [...]

[...]roprove che sarebbero date volentieri, perché ciò comporterebbe una fatica inutile. È certo per tutti che la verità é la seconda.
Non è il caso di insistere troppo su questo argomento: vorremmo solo aggiungere che come ieri non credemmo, oggi non crediamo, se non ci saranno date incontrovertibili prove, che « gli imperialisti riponevano particolari speranze nel loro vecchio agente Beria, che si era perfidamente insinuato nei posti dirigenti del partito e dello Stato » (Relaz. Krusciov, pag. 16465), né, in ogni caso, che la sua eliminazione ed il modo di essa sia « una grande vittoria del Partito, una vittoria della sua direzione collegiale ». Al contrario. Pensiamo che Beria può aver commesso determinati errori politici, od anche colpe, ma dubitiamo di quella per cui sarebbe stato da sempre agente dell'imperialismo se, per tutta la guerra mondiale, egli fu il responsabile della sicurezza interna dell'URSS e, nell'URSS, finora nessuno aveva rilevato di non aver goduto pienamente di questa sicurezza. Pensiamo che i metodi epurativi di Stalin, che oggi gli si rimproverano, non possano essere riscattati sostituendo, all'arbitrio dell'uno, un non docu
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me[...]

[...] hanno operato durante tali periodi di collaborazione con potenze non sovietiche in maniera tale da sacrificare vantaggi a lunga scadenza. La lavagna ideologica é stata mantenuta incontaminata, e non é stata abbandonata la costruzione dei quadri per l'azione internazionale » (« La politica estera della Russia sovietica » Vallecchi, vol. II, pag. 774, 1955). Certo che occorre veder chiaro e senza timori nell'atteggiamento preso dall'URSS verso il partito comunista cinese nel 192527, verso i partiti comunisti francese e spagnolo nel 193639, verso la Germania nel 193941, ed il duplice rapporto tenuto nel primo dopoguerra verso gli « Alleati » da una parte e verso le attuali democrazie popolari, la Grecia, la Cina, la Jugoslavia, ecc., dall'altra. La politica estera staliniana del primo dopoguerra fu certamente, per così dire, un « doppio gioco », apparentemente favorevole al mantenimento dello « status quo » e sfavorevole allo sviluppo di altre rivoluzioni. Ma occorre anche vedere quanto, ricostruendo e consolidando se stessa, l'URSS costruiva [...]

[...]etendere uno sviluppo positivo. Così siamo pronti a rigettare insieme, sia l'accusa che alcuni ci possono muovere di essere antidemocratici perché non
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ammettiamo che una « libera cultura » possa criticare con « neutralità » l'operato dell'Unione Sovietica, sia l'altra di non essere « autorizzati » al discorso, perché, pur appartenendo di fatto al « blocco storico » marxista, critichiamo l'URSS senza essere iscritti ad alcun partito di sinistrá (e forse per questo ci interessa tanto la posizione delle centinaia di milioni di cittadini sovietici o delle democrazie popolari, che sono senza partito pur essendo all'interno del socialismo).
Ai primi ci permettiamo ricordare che é ormai verificabile scientificamente nella storia che se la cultura non è necessariamente partitaria, essa é sempre politica e quindi impegnata; ai secondi che, se la cultura é sempre politica, il marxismo non é e non deve essere necessariamente partitario.
Per i secondi aggiungiamo, per quanto riguarda il contenuto di questo e di altri scritti critici marxisti sullo stalinismo, che non pensiamo assolutamente che siano privi di errori, di valutazioni parziali, ecc. Anzi, pensiamo che errori ci siano e che solo u[...]



da Kabaktceff (delegato dei comunisti bulgari e delegato come membro del Comitato della Terza Internazionale) [traduzione dal francese dell'onorevole Misiano], Discorso Kabaktceff in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...] compagni: cc Non fidatevi della neutralità assoluta né di Giolitti, né di Salandra. Anche Salandra, come Giolitti, vi darà la guerra ». Ho mantenuto le mie previsioni: esse fatalmente, purtroppo, si dovevano avverare, si sono avverate.
Concludo, ricordando che per questo mio atteggiamento fermissimo sul terreno dei nostri principi, ma di previsione della storia, e per avere anche sempre sostenuto, in linea subordinata, gli interessi stessi del Partito, perché, non solo eravamo contro la guerra, ma dicevamo che il fare la guerra con quella preparazione era un errore dal punto di vista borghese, io sono stato accusato e attaccato in tutti i modi da interventisti e già che qui è presente il compagno Zambianchi, egli pub testimoniare come nel 1915 io ebbi l'onore di essere aggredito a Roma, al caffè Aragno. (Qualche applauso).
Discorso Kabaktceff
ROBERTO, presidente: Do la parola al compagno Kabaktceff, delegato dei comunisti bulgari e delegato come membro del Comitato della Terza Internazionale. (Applausi; grida di r Viva la Terza Internazi[...]

[...]à preparato, mi permetto di fare alcune dichiarazioni.
Saluto il vostro Congresso a nome del Comitato esecutivo della Terza Internazionale e un particolare saluto vi porto a nome della Federazione dei Partiti comunisti della regione balcanica. La Bulgaria attraverso le prove della guerra e nelle condizioni del dopo guerra, ha messo in prima linea il problema della lotta di classe ed il proletariato bulgaro è tutto concorde sotto la bandiera del Partito comunista, il quale, nelle ultime elezioni, ha potuto affermarsi con una vittoria di 50 deputati e con complessivi voti 200.000.
Esamina, quindi, fuggevolmente le condizioni della Grecia, affermando che la caduta di Venizelos costituisce la bancarotta della politica nazionalista greca, e, per la coordinazione fra la politica greca e la politica internazionale, rappresenta la bancarotta della politica dell'Intesa nei paesi balcanici e nell'Oriente.
Il Partito comunista jugoslavo ha ottenuto nel Parlamento 59 seggi; ma oggi voi sapete come l'Assemblea costituente regni a Belgrado, facendo gli[...]

[...]ta, il quale, nelle ultime elezioni, ha potuto affermarsi con una vittoria di 50 deputati e con complessivi voti 200.000.
Esamina, quindi, fuggevolmente le condizioni della Grecia, affermando che la caduta di Venizelos costituisce la bancarotta della politica nazionalista greca, e, per la coordinazione fra la politica greca e la politica internazionale, rappresenta la bancarotta della politica dell'Intesa nei paesi balcanici e nell'Oriente.
Il Partito comunista jugoslavo ha ottenuto nel Parlamento 59 seggi; ma oggi voi sapete come l'Assemblea costituente regni a Belgrado, facendo gli interessi esclusivi della borghesia, intaccando la sua dittatura. Il Governo jugoslavo ha soppresso tutte le legalità costituzionali, ha soppresso la stampa comunista, tutti gli organismi comunisti, tutte le organizzazioni politiche e professionali ed ha arrestato i delegati comunisti. Oggi, alla Costituente, i deputati della tendenza Radek, non possono intervenire e l'assemblea è di già priva dell'autorità legale. Si preannuncia una lotta sociale nazionale co[...]

[...]li ed ha arrestato i delegati comunisti. Oggi, alla Costituente, i deputati della tendenza Radek, non possono intervenire e l'assemblea è di già priva dell'autorità legale. Si preannuncia una lotta sociale nazionale contro la dominazione della borghesia ed io prego il Congresso di esprimere una protesta contro la dittatura ed il terrore del Governo jugoslavo. (Applausi).
La discussione che avete oggi in Italia tra le diverse tendenze del vostro Partito, già vi fu nei paesi della Balcania ed io vi posso assicurare che il Partita comunista balcanico, unitamente alla Federazione comunista dei Balcani e del Danubio, sostiene ed approva la condotta e la mozione del Comitato esecutivo della Internazionale comunista. (Ap plausi).
Il proletariato comunista balcanico, come quello italiano, è convinto che per la vittoria della rivoluzione sociale sia necessario creare un Partito senza riformisti, foggiato sulle linee dell'Internazionale comunista. (Applausi).
Permettete, ancora, che io approfitti della vostra pazienza e vi dia lettura di un discorso che vi parrà un po' lungo. Io, però, sono obbligato di esporre qui le vedute dell'Internazionale comunista, che, disgra
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ziatamente, non pub essere qui rappresentata da compagni di piú grande autorità, come Zinowieff e Bukarin, e di conseguenza ad essere dettagliato.
(Kabaktcefl inizia, quindi, a leggere in francese il testo del discorso. Dopo circa una ventina di minuti di lettura, il Congresso rumoreggia, anche pe[...]

[...]na ventina di minuti di lettura, il Congresso rumoreggia, anche perché si sa che la traduzione sarà, in seguito, letta dal compagno Misiano. La presidenza prega, quindi, Kabaktcefl di rinunciare alla lettura del testo in francese e di dare, senz'altro, la parola al traduttore. Cosí viene deciso).
MISIANO legge:
« Cari compagni,
« Questa Congresso ha una grande importanza nazionale e internazionale. Nazionale, per la definitiva liberazione del Partito italiano da tutte le tendenze pacifiste e riformiste, ereditate dal periodo pacifica dello sviluppo del capitalismo, e per la costituzione in Partito rivoluzionario del proletariato. Internazionale, perché gli occhi del proletariato del mondo intero sono oggi volti verso l'Italia. I due campi: la borghesia internazionale ed il proletariato internazionale, sanno perfettamente che la parte verso la quale andrà il Partito italiano, farà traboccare per lui la bilancia storica in questo momento. Dopo l'unione delle forze rivoluzionarie del proletariato, in quasi tutti i paesi dell'Europa continentale, in Partiti comunisti, dopo l'unione del Partito comunista con la sinistra del Partito indipendente socialista di Germania e la formazione di un nuovo, potente Partito comunista unificato, dopo la epurazione del Partito francese dai suoi socialpatrioti e la sua adesione all'Internazionale comunista, dopo la scissione della sinistra comunista dal Partita socialdemocratico di CzecoSlovacchia, di Austria, della Svizzera; del Belgio, ecc., e la formazione in quei paesi di Partiti comunisti indipendenti, raccoglienti tutte le forze rivoluzionarie del proletariato di quei medesimi paesi, è ora la volta degli operai coscienti e rivoluzionari italiani per la liberazione dai riformisti e la unificazione delle loro forze in un grande Partito comunista, costituendo l'organismo piú potente dell'Internazionale comunista.[...]

[...]onale comunista, dopo la scissione della sinistra comunista dal Partita socialdemocratico di CzecoSlovacchia, di Austria, della Svizzera; del Belgio, ecc., e la formazione in quei paesi di Partiti comunisti indipendenti, raccoglienti tutte le forze rivoluzionarie del proletariato di quei medesimi paesi, è ora la volta degli operai coscienti e rivoluzionari italiani per la liberazione dai riformisti e la unificazione delle loro forze in un grande Partito comunista, costituendo l'organismo piú potente dell'Internazionale comunista. Il Comitato esecutivo dell'Internazionale comunista è sicuro che voi assolverete questo compito con dignità e con coraggio.
Compagni, il dovere del proletariato italiano e del Partito socialista italiano nel momento presente, è determinato dalla situazione interna e internazionale, creatasi in seguito alla guerra imperialista. Qual'è la situazione interna? Essa vi è molto nota, mi ci soffermerò brevemente. La distruzione delle forze produttive durante la guerra ha.
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creato quella profonda crisi economica che, non soltanto le è sopravvissuta, ma si è fatta via via piú profonda e piú acuta. L'Italia manca di materie prime ed essa non se ne pub procurare a cagione della loro rarefazione nell'Europa capitalista ed a cagione del deprezzamento della moneta italiana. Nello st[...]

[...]operai; e organizza regie guardie e fascisti per intraprendere la fucilazione in massa del proletariato italiano.
Cosí la crisi economica e finanziaria, rende piú acuta in Italia la lotta di classe e crea una situazione rivoluzionaria. E soltanto coloro che chiudono volontariamente gli occhi dinanzi ai fatti piú evidenti e piú eloquenti, possono negare l'esistenza e l'aggravarsi di questa situazione rivoluzionaria. Il proletariato italiano e il Partito socialista italiano si trovano in questa situazione. Ed è soltanto prendendo in considerazione e tenendo ben calcolo della situazione rivoluzionaria, che essi possono stabilire in modo infallibile il loro dovere. Coloro che negano una simile situazione, coloro che la trascurano, si collocano sul
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piano della borghesia, lavorano per la consolidazione delle basi del capitalismo e della dominazione borghese; lavorano per l'incatenamento del proletariato in uno sfruttamento ancora maggiore.
Qual'è oggi, la situazione internazionale, la situazione degli Stati capitalistici e del mondo capital[...]

[...]di un atto rivoluzionario per eccellenza ! Poiché gli operai sono spinti a questa azione dal lockaut e dal sabotaggio della borghesia, poiché con l'occupazione delle fabbriche, essi vogliono strappare la produzione dalle mani della borghesia e trasformare le relazioni della proprietà: abolire la proprietà privata dei mezzi di produzione e trasformarla in proprietà collettiva della società. Un'altra questione è questa: sapere fino a qual punto il Partito socialista italiano e la Confederazione Generale del Lavoro hanno approfittato dell'azione rivolu
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zionaria delle masse operaie per migliorare la loro coscienza e creare la loro organizzazione, per unificare questa lotta con la lotta generale del proletariato e dirigerla verso lo scopo principale: la conquista del potere politico. La C.G.d.L. e il P.S.I. non hanno compiuto il proprio dovere. La C.G.d.L. ha rifiutato di cedere la direzione della lotta al Partito... (Nuove e vivaci interruzioni. Il tumulto nella sala raggiunge in breve una forma quasi violenta. Le invettive fra l'una e l'al[...]

[...]taliano e la Confederazione Generale del Lavoro hanno approfittato dell'azione rivolu
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zionaria delle masse operaie per migliorare la loro coscienza e creare la loro organizzazione, per unificare questa lotta con la lotta generale del proletariato e dirigerla verso lo scopo principale: la conquista del potere politico. La C.G.d.L. e il P.S.I. non hanno compiuto il proprio dovere. La C.G.d.L. ha rifiutato di cedere la direzione della lotta al Partito... (Nuove e vivaci interruzioni. Il tumulto nella sala raggiunge in breve una forma quasi violenta. Le invettive fra l'una e l'altra frazione si incrociano. Tra i palchi e la platea è un continuo gridare e la Presidenza é veramente impotente a dominare il tumulto. Dopo qualche decina di minuti la calma ritorna).
KABAKTCEFF: Prego il Congresso di ascoltare fino alla fine, con pazienza, la parola del Comitato esecutivo della Terza Internazionale.
SERRATI, (applausi e rumori): Compagni ! Pregato dalla Presidenza e dal compagno Kabaktceff aggiungo la mia raccomandazione affinché questa discussi[...]

[...]piú tranquillo e pacifico che sia possibile. Io mi spiego perfettamente l'irritazione dell'animo vostro. C'é in noi un sentimento ed una passione vivissima. Non è possibile che noi italiani stiamo qui dentro come in una chiesa: siamo congressisti pieni di passione, di sentimento, di volontà di dire tutte quante le cose nostre, ma appunto per questo, perché si tratta di un argomento della massima importanza, poiché non si tratta dell'avvenire del Partito — che non è niente o che almeno è poco — ma del proletariato e della rivoluzione italiana, appunto per questo io penso che noi dovremmo essere piú tranquilli, piú sereni nell'esplicazione del mandato che le nostre Sezioni ci hanno affidato.
Il Comitato della Terza Internazionale, alla quale noi siamo aderenti, ha perfettamente il diritto di dire tutta la sua opinione, e se questa opinione può essere offensiva per qualcuno di noi, noi dobbiamo accettare anche l'offesa: ce ne difenderemo dopo. (Applausi). Non abbiate timore, o compagni, non crediate che coloro che voi sentite in certo qual mod[...]

[...]orma rude: risponderemo con la nostra forma e dimostreremo di avere ragione.
Per queste ragioni, mi unisco completamente alla raccomandazione fatta dal compagno Kabaktceff ed a quella fatta dalla Presidenza del Congresso, acciocché questa nostra adunanza continui ad essere serena, pacifica, tranquilla, ed in essa tutti quanti possano esprimere largamente, con la massima libertà, le proprie idee. (Applausi).
MISIANO (riprende la lettura): ...il Partito, da parte sua, inceppato dai riformisti e dai comunisti unitari, dai centristi, non era in condizioni di prendere nelle sue mani la direzione di questa lotta rivoluzionaria, malgrado la maggioranza del C.C. si fosse espressa in tale senso. Il compagno Serrati nega anche il carattere rivoluzionario della occupazione delle terre di proprietà dei grandi proprietari terrieri, da parte degli operai agricoli, dei semiproprietari e dei piccoli contadini. Ma anche questa è un'azione rivoluzionaria per eccellenza, poiché è la presa violenta di possesso delle terre dalle mani di una classe (quella dei [...]

[...] forse strano, dopo ciò, che il compagno Serrati si dichiara contro l'espulsione dei riformisti e per conseguenza, si pronunci contro una di quelle piú importanti decisioni del Congresso dell'Internazionale comunista? È vero che il compagno Serrati, dopo avere fatta l'apologia dei riformisti e della loro tattica, si dichiarò, all'inizio della discussione, anche disposto a fare una conces
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sione all'Internazionale comunista, ed escludere dal Partito qualche riformista, ma egli è disposto a sacrificare qualche riformista, come persona, per salvaguardare e salvare il riformismo nel Partito, come tendenza.
Ma il compagno Serrati, non soltanto si dichiara contro questa decisione del Secondo Congresso dell'Internazionale comunista: egli si dichiara anche contrario a quasi tutte le risoluzioni del Congresso di Mosca: contro le tesi della questione agraria, della questione nazionale e coloniale, della questione sindacale, ecc. Qual'è lo spirito delle tesi dell'Internazionale comunista sulla questione agraria? L'Internazionale comunista dichiara che il proletariato rivoluzionario, per vincere il suo principale nemico, la classe capitalistica, deve conquistarsi l'appoggio non soltant[...]

[...]ettiva dell'industria; e non è che gradualmente, poco a poco, non già con la violenza, ma con la educazione generale ed agricola, con l'introduzione progressiva delle macchine nell'agricoltura, con la esperienza della produzione collettiva agricola, che si giungerà al possesso completo ed al lavoro in comune della terra.
E l'Internazionale comunista non propone una soluzione schematica della questione agraria per tutti i paesi; al contrario, il Partito comunista, nei paesi e nelle provincie in cui la grande agricoltura capitalista è sviluppata ed in cui il proletariato agricolo è numeroso, rivendica l'espropriazione dei grandi proprietari terrieri e la trasmissione della loro terra in possesso collettivo degli operai agricoli. Con questo, il Partito comunista non si trova in contraddizione con le tesi dell'Internazionale comunista. In generale, il proletariato rivoluzionario risolverà la questione agraria, secondo le condizioni particolari di ogni paese, re
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stando però sempre fedele alla tattica rivoluzionaria — sanzionata dall'Internazionale comunista — di conquistare la grande massa lavoratrice contadina (e questa massa si compone di semiproletari e di piccoli proprietari contadini) per la rivoluzione proletaria.
Non l'Internazionale comunista, ma il compagno Serrati si trova in contraddizione con i principi del socialismo rivolu[...]

[...]ieri... I contadini dei paesi orientali, come cosí i contadini russi, continueranno la loro rivoluzione, fino ad una immensa rivoluzione agraria dei contadini che avrà come risultato il trasferimento del possesso della terra nelle mani delle masse lavoratrici contadine e la soppressione di ogni sfruttamento. Cosí, come i contadini russi hanno compiuto la loro rivoluzione agraria con l'appoggio degli operai dell'industria e sotto la direzione del Partito comunista e, unificati nei Soviety dei contadini, essi difendono la terra e il potere che hanno strappato ai grandi proprietari terrieri ed agli sfruttatori, i contadini oppressi dell'Oriente, nella loro lotta rivoluzionaria, fanno assegnamento sull'appoggio dell'I.C. e degli Stati sovietisti esistenti e futuri ».
Altra risoluzione: « Per conquistare la emancipazione completa e definitiva dei contadini in Oriente da ogni dominazione, da ogni schiavitú e da ogni sfruttamento, i popoli soggetti debbono anche sopprimere il potere delle loro proprie grandi proprietà fondiarie e della loro propri[...]

[...]combattere per gli interessi delle masse lavoratrici. Il Congresso, invitando le masse lavoratrici turche e di tutto l'Oriente a sostenere il movimento generale, nazionale e rivoluzionario, chiama i contadini e gli operai della Turchia ad unirsi in organizzazioni indipendenti ed essere pronti a continuare la lotta fino all'emancipazione definitiva ».
Come vedete, la I.C., non soltanto ha respinto ogni legame con i capi nazionalisti turchi e del Partito giovane turco, coinvolti nella guerra imperialistica, ma ha condannato i suoi capi ed ha insegnato alle masse lavoratrici turche di essere caute verso la politica nazionalista delle classi dominanti.
No, compagno Serrati, la I.C. non vi chiede di cessare la lotta contro la borghesia nazionalista ed ancor meno di concludere l'unione con essa. Al contrario vi chiede di lottare con un'energia maggiore, con intransigenza e con coraggio contro la politica nazionalista ed imperialista della borghesia italiana; vi chiede di opporvi con tutte le forze alla politica di confisca dell'Italia nei Balcan[...]

[...]. Il proletariato italiano è il fautore piú risoluto e caloroso della rivoluzione russa, ed ha fatto del programma di questa rivoluzione, la sua bandiera. Il Partita socialista italiano, appartiene alla Internazionale comunista rossa di Mosca, ma contemporaneamente il proletariato italiano, a cagione della C.G.d.L. appartiene alla Internazionale sindacale gialla di Amsterdam. E impossibile continuare a sopportare ancora una situazione simile nel Partito italiano. L'Internazionale di Amsterdam oggi, dopo il fallimento completo e la decomposizione della 2a Internazionale, viene ad essere uno dei sostegni piú importanti della borghesia internazionale. Sostenere l'Internazionale di Amsterdam, significa sostenere la controrivoluzione internazionale. E impossibile che il Partito italiano permetta d'ora innanzi ai suoi capi di difendere e sostenere la Internazionale di Amsterdam. Il Partito italiano, se sarà un Partito comunista, e se farà parte della Internazionale comunista, sarà obbligato a lottare apertamente e decisamente contro l'Internazionale di Amsterdam; mediante i gruppi comunisti nei Sindacati, dovrà lavorare per la scissione della C.G.d.L. dall'Internazionale di Amsterdam e per la sua adesione alla Internazionale sindacale rossa di Mosca.
Nei paesi balcanici — Bulgaria, Jugoslavia, Grecia e Rumania — le Unioni sindacali si sono affiliate alla Internazionale sindacale di Mosca, durante la conferenza interbalcanica tenuta il 3 ed il 4 di novembre 1920. Davanti al Partito italiano, si aprono due [...]

[...]l'Internazionale di Amsterdam; mediante i gruppi comunisti nei Sindacati, dovrà lavorare per la scissione della C.G.d.L. dall'Internazionale di Amsterdam e per la sua adesione alla Internazionale sindacale rossa di Mosca.
Nei paesi balcanici — Bulgaria, Jugoslavia, Grecia e Rumania — le Unioni sindacali si sono affiliate alla Internazionale sindacale di Mosca, durante la conferenza interbalcanica tenuta il 3 ed il 4 di novembre 1920. Davanti al Partito italiano, si aprono due vie: l'una per Amsterdam, l'altra per Mosca. Quale di queste due vie sceglierete?
Voci da vari punti della sala: Mosca ! Mosca !
MisIANO: I riformisti ed i semi riformisti vi indicano la via di Amsterdam; l'Internazionale comunista vi chiama a prendere ed a camminare coraggiosamente sulla via di Mosca. E il C.E. dell'I.C. è pro
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fondamente convinto che voi sceglierete e camminerete sulla via di Mosca.
È dunque perfettamente chiaro che i riformisti dichiarati, con Turati alla testa, come pure i semi riformisti chiamati « comunisti unitari » che vanno con Serrati,[...]

[...]ettivi Governi, ecc.
Piú avanti, i comunisti unitari giustificano la loro opposizione alle tesi dell'I.C. con il « principio democratico » dell'autonomia dei Partiti appartenenti alla Internazionale. Ma non è dunque in nome di questa autonomia che gli opportunisti e i riformisti hanno sabotato per venti anni le deliberazioni dei Congressi della Seconda Internazionale, dichiarando che quelle risoluzioni non erano obbligatorie per essi e che ogni Partito socialista nazionale è autonomo e che, per conseguenza, è libero di accettare o no, di realizzare o no, le decisioni dell'Internazionale?
È precisamente questa celebre « autonomia », giustificata sempre con le « condizioni particolari » e con il « principio della libertà », quella che ha infranto i legami fra i diversi Partiti nella Seconda Internazionale e l'ha infine condotta al suo fallimento completo. La Seconda Internazionale non era un organo unificato e centralizzato del proletariato internazionale. L'Ufficio socialista internazionale, si era trasformato in una buca delle lettere, ed [...]

[...]questa celebre « autonomia », giustificata sempre con le « condizioni particolari » e con il « principio della libertà », quella che ha infranto i legami fra i diversi Partiti nella Seconda Internazionale e l'ha infine condotta al suo fallimento completo. La Seconda Internazionale non era un organo unificato e centralizzato del proletariato internazionale. L'Ufficio socialista internazionale, si era trasformato in una buca delle lettere, ed ogni Partito piccoloborghese che si
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dicesse socialista e proponesse la sua adesione, era accettato nell'Internazionale poiché questa si accontentava di una dichiarazione stereotipata e schematica da parte dei Partiti che aderivano ad essa, e non si interessava piú della loro tattica e della loro azione reale.
Quando il nostro Partito — il Partito comunista bulgaro — chiamava in passato il Partita dei socialisti « stretti » a levare ancora la sua voce al Congresso di Copenaghen del 1910 contro questa politica della Seconda Internazionale e dell'Ufficio socialista internazionale, e quando ha domandato l'esclusione degli opportunisti bulgari (chiamati socialisti « larghi »), l'Internazionale è rimasta muta dinanzi a tale protesta. Ebbene: i socialisti « larghi », durante la guerra, hanno sorretto la borghesia nazionalista e dopo la guerra sono divenuti ministri, e per salvare il regime borghesemonarchico in Bulgaria, non si sono peritati[...]

[...]attica dell'unità nella lotta e nell'azione da parte dei Partiti aderenti all'I.C. Ma i Partiti comunisti hanno diritto di prendere parte alla direzione generale dell'Internazionale. Non è che una calunnia ed una insinuazione l'affermazione che i compagni russi usino quello che si chiama il knout russo, per maltrattare i Partiti apparte
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nenti all'Internazionale comunista. Al C.E. sono rappresentati 17 Partiti mediante uno o piú delegati: il Partito comunista russo non è rappresentato che da cinque delegati. La maggioranza appartiene dunque ai Partiti comunisti degli altri paesi. Infine, il regolamento dell'I.C. riconosce apertamente il diritto dei Partiti comunisti di decidere con piena libertà le questioni che hanno importanza locale, restando, ben inteso, sulle basi dei principi e della tattica dell'I.C.
Ma, riconoscerete tutti che la lotta contro gli opportunisti e i riformisti non è una questione prettamente interna, ma al contrario, una questione di importanza internazionale colossale. La lotta contro gli opportunisti ed i socialp[...]

[...]movimento internazionale operaio da questi traditori, costituisce il dovere piú importante dell'I.C. Se essa non è in grado di assolvere questi compiti, non potrà realizzare il suo grande scopo finale e storico: l'abolizione del capitalismo e la realizzazione della società comunista. L'autonomia può essere sostenuta soltanto da coloro che non vogliono romperla con gli opportunisti e che sotto la maschera della autonomia, vogliono conservarli nel Partito, per continuare insieme la triste opera. Questa è oggi la condotta dei comunisti unitari, dei centristi. Non è vero che il Congresso di Mosca e che il C.E. non conoscano le condizioni speciali dell'Italia. Dopo il Congresso i fatti hanno provato al contrario che la I.C. conosceva perfettamente queste condizioni quando prendeva le sue decisioni concernenti il Partita italiano.
È invano che il compagno Serrati ed i comunisti unitari cercano di dissimulare la loro simpatia e la loro solidarietà verso la Russia sovietista. I riformisti ed i semi riformisti del mondo intero, manifestano la stessa[...]

[...]comunista italiano ha il dovere supremo ed urgente di unire le forze proletarie dell'Italia con quelle degli altri paesi dell'Europa e del mondo intero, di stringere il fronte unico nelle file dell'Internazionale comunista per assicurare ed affrettare la vittoria della rivoluzione. È ormai tempo che i proletari ed i socialisti rivoluzionari d'Italia prendano coscienza di questo dovere. Non vi è un giorno, non vi è un'ora da perdere per creare un Partito comunista solido, bene organizzato, centralizzato, disciplinato, penetrato della coscienza della necessità della prossima rivoluzione e preparato alle piú grandi lotte.
Voce: Bucco ! (Rumori violenti).
BORDIGA: Cretino ! Idiota ! Cominci male la tua carriera ! (Nuove insolenze e scambio vivace di invettive fra secessionisti e unitari).
MisIANo: Ma il Partita comunista italiano non è in grado di compiere questo dovere se non si libera dai riformisti che restano nelle sue file per disorganizzarlo e per sabotare la sua lotta rivoluzionaria; che nei momenti decisivi paralizzeranno la sua azion[...]

[...]io vivace di invettive fra secessionisti e unitari).
MisIANo: Ma il Partita comunista italiano non è in grado di compiere questo dovere se non si libera dai riformisti che restano nelle sue file per disorganizzarlo e per sabotare la sua lotta rivoluzionaria; che nei momenti decisivi paralizzeranno la sua azione e consegneranno la fortezza nelle mani del nemico; che preparano, insomma, lo schiacciamento della rivoluzione. Il primo dovere di ogni Partito socialista e dell'Internazionale, dovere che è stato compiuto dai Partiti comunisti in quasi tutti i paesi, è quello di liberarsi dagli opportunisti. Questo dovere deve essere compiuto anche dal Partita italiano. Come condizione preliminare per la sua origine ed il suo sviluppo, il Congresso deve accettare le decisioni del 2° Congresso dell'Internazionale comunista ed escludere i riformisti dal Partito. I comunisti unitari, cioè i centristi, hanno libertà di scegliere una di queste due vie: o accettare questa deliberazione dell'Internazionale comunista, la quale è contenuta nella mozione proposta dalla frazione comunista, o uscire dall'Internazionale comunista insieme ai riformisti. (Applausi).
Noi siamo convinti che la grande maggioranza del proletariato italiano andrà coll'Internazionale comunista e non coi riformisti. Noi vogliamo credere, altre a ciò, che parecchi di coloro che finora sono stati dubbiosi si decideranno infine a prendere una posizione netta schierandosi decisamente sott[...]

[...]e dei nostri nemici, sul fronte controrivoluzionario. (Rumori violenti. Proteste degli unitari. Applausi dei secessionisti).
Io non potrei terminare meglio il mio discorso che citando alcune parole del compagno Lenin, il grande duce della rivoluzione mondiale. (Applausi vivissimi di tutto il Congresso. L'applauso dura qualche minuto).
« Oggigiorno la necessità piú assoluta, per la vittoria della rivoluzione in Italia, consiste nel fatto che il Partito diventi veramente l'avanguardia del proletariato rivoluzionario, un Partito completamente comunista, incapace di dubbi e di debolezze nel momento decisivo, un Partito che riunisca in sé il piú grande fanatismo, la piú assoluta devozione alla rivoluzione, l'energia, l'audacia, la decisione... ».
Compagni, operai italiani, non dimenticate l'insegnamento della storia di tutte le rivoluzioni: gl'insegnamenti della Russia e dell'Ungheria, negli anni 1917 e 1920. I piú grandi combattimenti attendono il proletariato italiano, le piú grandi difficoltà, i piú grandi sacrifici. Dall'esito di questi combattimenti, dall'insieme della disciplina e della devozione delle masse operaie dipende la vittoria sulla borghesia, il passaggio del potere al proletariato ed il raf[...]

[...]nazionale ed accentuando la centralizzazione dell'azione del proletariato mondiale, soltanto in
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questo modo si può diminuire e mettere riparo a questo pericolo ». (Applausi fragorosi dei secessionisti, che intonano quindi i' «Internazionale », seguiti nel canto da tutto il Congresso. La dimostrazione dura qualche tempo).
L' adesione dei socialisti svizzeri di sinistra
ROBERTO, presidente: La compagna Bloch, a nome della parte sinistra del Partito socialista svizzero, desidera esprimere al Congresso il suo saluto.
BLOCH (Applausi): Compagni ! Sarò breve, ma vorrei portarvi qui il saluto dei compagni dell'ala sinistra del Partito socialista svizzero. Noi in Svizzera abbiamo ammirato la politica del Partito socialista italiano, e speriamo che adesso che noi entriamo col Partito comunista svizzero nella Terza Internazionale... (applausi vivissimi dai compagni comunisti, grida di « Viva la Terza Internazionale ! »), voi altri italiani rimarrete in quella Terza Internazionale e vi rimarrà pure Serrati che ha fatto tanto bel lavoro... (applausi) e speriamo che il compagno Serrati capisca bene che non può restare, come é rimasto in queste ultime settimane, esule e nascosto, come i dissidenti di Germania. Chi non vuole andare colla Terza Internazionale, i Noske di Germania, i Renan di Svizzera, andranno a fare una Internazionale per loro conto. Ma noi speriamo che voi non[...]

[...]e nascosto, come i dissidenti di Germania. Chi non vuole andare colla Terza Internazionale, i Noske di Germania, i Renan di Svizzera, andranno a fare una Internazionale per loro conto. Ma noi speriamo che voi non vorrete far questo e vorrete anzi rimanere nella Terza Internazionale. Se fra questi 21 punti ve ne è qualcuno che non si può accettare si va a Mosca, si discute... (approvazioni, applausi generali) ma per questo motivo non si divide un Partito, non si fa un sf grande torto alla rivoluzione, perché si sa che voi, proletariato italiano, dovete essere all'avanguardia in questa battaglia, come finora era il proletariato russo facendo quello che ha fatto.
Noi, compagni, in Svizzera siamo in un altro caso. Noi tendiamo alla scissione perché nel nostro Partito, quelli che hanno finora la maggioranza, non vogliono aderire alla Terza Internazionale, non vogliono andare con la Russia, con Lenin, con Trotsky, ma vogliono andare coi Dittmann: vogliono andare a Vienna: noi vogliamo, invece, essere con la Terza Internazionale e perciò ci scindiamo da loro e andiamo col proletariato internazionale.
Concludo il mio breve discorso invitandovi a gridare insieme a me: « Viva la Terza Internazionale comunista !». (Applausi).
La seduta é tolta alle ore 13.
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da Benno Sarel, Intellettuali e classe operaia nella Germania orientale durante la crisi del '56 in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]mocratica Tedesca; che il primo nemico del socialismo è la burocrazia; infine che Stato e burocrazia stanno reciprocamente assimilandosi.
ß ß ß
La figura di 'gran lunga piú notevole nella cultura filosofica della Germania Orientale è quella del prof. Ernst Bloch di Lipsia. In realtà egli è, insieme a. Lukàcs, uno dei pochissimi filosofi marxisti del cosiddetto mondo orientale. Quando E. Bloch rientrò dalla emigrazione nel 1947, i dirigenti del Partito — che conoscevano superficialmente la sua filosofia — lo accolsero come una personalità intellettuale rappresentativa, capace di dar lustro al regime. Da anni il prof. Bloch insegna a Lipsia e forma degli scolari che, a loro volta, diventano assistenti o incaricati nelle varie università della Germania Orientale. L'influenza del prof. Bloch è rimasta a lungo limitata nell'ambito dei seminari di filosofia: il suo insegnamento, astratto com'era, non sembrava presentare alcun addentellato con la realtà. Per anni il solo appunto che gli venne mosso dagli intellettuali che gravitavano intorno al s[...]

[...]tenti o incaricati nelle varie università della Germania Orientale. L'influenza del prof. Bloch è rimasta a lungo limitata nell'ambito dei seminari di filosofia: il suo insegnamento, astratto com'era, non sembrava presentare alcun addentellato con la realtà. Per anni il solo appunto che gli venne mosso dagli intellettuali che gravitavano intorno al segretario del Partita fu la mancanza di presa di posizione politica, il suo rifiuto di aderire al Partito. Di colpo, nel 1956, senza che lo stesso Bloch abbia modificato in nulla la sua
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condotta, le idee da lui professate sono diventate forze politiche e ideologia del movimento reale.
Partito da Hegel per arrivare a Marx, il prof. Bloch poneva al centro dei suoi interessi i problemi della coscienza. Il secondo volume della sua opera intitolata « Il Principio Speranza » (Das Prinzip Hoffnung) é stato pubblicato nel 1955. Joachim Streisand, uno dei migliori studiosi della giovane generazione, commenta il libro, nel « Zeitschrift für Geschichtswissenschaft » (N 5, 1956), sottolineando che esso pone il nesso fra azione umana e presa di coscienza, fra attività effettiva e intenzione, fra realtà della coscienza umana e realtà delle istituzioni che la comprendono. Queste categorie che Bl[...]

[...]In tal modo la casa editrice, la « Rivista di Filosofia » e la rivista « Sontag » diventarono le roccheforti della opposizione intellettuale berlinese. Nelle sue note — pubblicate in seguito frammentariamente — Harich definisce la sua attività « azione rivoluzionaria di classe » e prende come esempio la rivolta operaia del 1953. Harich e i suoi compagni, tutti membri del S.E.D., intendevano, come gli oppositori polacchi, di agire all'interno del Partito. Ma nello stesso tempo essi erano convinti che una azione condotta nella sola zona sovietica di occupazione sarebbe stata votata all'insuccesso e che era necessario assicurarsi delle allean ze al di là delle frontiere, approfittare insomma della peculiare situazione del paese, posto tra la Polonia e la Germania Occidentale.
Harich aveva organizzato un gruppo centrale di cinque membri che si riuniva clandestinamente e di cui facevano parte la sua segretaria, il direttore della casa editrice « Aufbau », uno dei redattori della « Rivista di Filosofia » e un giovane economista, con l'incarico pa[...]

[...]destinamente e di cui facevano parte la sua segretaria, il direttore della casa editrice « Aufbau », uno dei redattori della « Rivista di Filosofia » e un giovane economista, con l'incarico particolare di prendere contatti nelle imprese. Questo gruppo ristretto aveva lo scopo di elaborare il progetto di programma che do. veva essere poi sottoposto all'esame del Comitato Centrale, dei Comitati Regionali e della redazione della rivista teorica del Partito. Nello stesso tempo era preso in esame il problema di organizzare una conferenza per discutervi i problemi ideologici. Come dimostrano i contatti presi con alcuni ambienti intellettuali polacchi e con un giornale neutralista di sinistra della Germania Occidentale (« Die Andere Zeitung »), Harich intendeva diffondere il suo programma
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nella Repubblica Democratica Tedesca muovendo dalle sue frontiere orientali e occidentali.
Harich non ha avuto il tempo di elaborare dei programmi politici. Gli appunti che ha lasciato permettono tutt[...]

[...]ta. Appare chiaro in primo luogo che Harich, partigiano di una larghissima iniziativa affidata agli organi locali, affermava la necessità del decentramento amministrativo e economico. Le sue idee collimavano can quelle del prof. Behrens — col quale si proponeva di prendere contatto — per quel che concerne la scomparsa dello Stato burocratico che soffoca la creatività delle masse.
Inoltre Harich era avversario del « centralismo democratico » del Partito, che egli chiamava centralismo burocratico. Secondo lui, tutte le decisioni dovevano essere prese nelle riunioni dei gruppi di base — di impresa o di quartiere — riunioni alle quali i non iscritti al Partito dovevano avere libero accesso. Il Partito, così inteso, avrebbe dovuto essere il luogo dove si fondessero l'attività degli intellettuali e quella degli operai.
***
Anche l'evoluzione del mondo studentesco é estremamente caratteristica della crisi che attraversa il regime nel 1956. I 90.000 stu denti della Germania Orientale sono in maggioranza di origine operaia e oltre 9000 di loro sono stati operai o contadini (1).
Per anni il più forte appoggio del Partito é stata la gioventù universitaria, e la svolta del 1956 indica chiaramente che i giovani non solo prendono coscienza della incapacità e dell'isolamento del regime ma anche che non riescono più a sopportare le condizioni di esi, stenza che vengono loro imposte.
Tuttavia gli studenti, nella loro quasi totalità, godono di borse di studio relativamente importanti, uguali, comunque, e anche supe riori a quelle di cui godono i giovani lavoratori. Ma, a causa della sua pianificazione, l'università ricorda in modo straordinario una of ficina destinata a preparare degli ingegneri, degli insegnanti, d[...]

[...] membro dell'Aktiv della F. D. J. Ogni università ha il suo « rettore per gli affari studenteschi » il quale, giusta il carattere del regime, accoppia funzioni di sorveglianza e funzioni sociali: aima materialmente gli studenti quando ne hanno bisogno, ma anche s. rveglia la loro disciplina e il loro stato spirituale, e collabora con la organizzazione universitaria della F.D.J. Per quanto riguarda la F. D.J., essa rappresenta — come il gruppo di Partito all'interno della fabbrica — il senso civico della nuova società. I membri dell'Aktiv della F.D.J. in seno agli studenti debbono sorvegliare gli studi dei compagni, aiutare, in linea di massima, quelli che sono indietro e far eliminare i fannulloni e gli zucconi. Le borse, di tre categorie, vengono assegnate dal rettore per gli affari studenteschi dietro parere dei responsabili della F.D.J.
Lo stesso oggetto dell'insegnamento é determinato dalle autorità culturali del regime, le quali indicano anche i testi da usare, vietano i viaggi all'estero e ordinano le epurazioni delle biblioteche. In [...]

[...]isce l'occasione per un contatto reale con gli operai. Grazie alla loro origine sociale e ai periodi trascorsi in fabbrica, gli studenti possono essere considerati come un traitd'union tra operai e intellettuali. Si aggiunga il fatto che, anche all'interno della università, non vi è soluzione di continuità tra studenti e pro
(2) In genere gli studenti in discipline umanistiche trascorrono i loro periodi di lavoro negli uffici del sindacato, del Partito, della Gioventù Comunista, nella redazione di un giornale d'impresa, ecc.
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INTELLETTUALI E CLASSE OPERAIA NELLA GERMANIA ORIENTALE
fessori, grazie alla presenza di un gran numero di assistenti e di aiuti che sono nello stesso tempo vicini e ai professori e agli studenti.
Non vi è dubbio che nel 1956, nei mesi successivi al XX Congresso, l'attività di opposizione degli studenti non esce dai limiti delle riunioni universitarie. Tuttavia, grazie alla diversità delle questioni dibattute, queste riunioni dove si discute ora del sistema di insegnamento, ora degli «errori» di Stalin, ora d[...]

[...]olitica indecisa e esitante, risultato di un compromesso fra tutte le politiche seguite fino allora.
Per tutto l'anno si insiste sulla importanza della funzione che debbono avere i direttori di impresa e una ordinanza dell'8 dicembre 1955 aumenta il loro potere. Tuttavia la stessa ordinanza aumenta in egual misura il diritto di controllo degli organi centrali dei vari settori industriali. Nello stesso tempo ritorna in primo piano l'apparato del Partito. Certo, si ha cura di specificare che il comitato di impresa del Partito deve rafforzare l'autorità del direttore; ma nello stesso tempo si ricorda che, secondo l'articolo 70 degli statuti, la funzione principale in seno all'impresa spetta al comitato. Si fa di tutto per aumentare l'importanza del sorvegliante sul luogo di lavoro. Ma contemporaneamente viene richiesto al sindacato (le cui responsabilità vengono allargate anche in altri campi) di affiancarsi ai sorveglianti.
Ma anche il sindacato e il Partito, malgrado i provvedimenti presi in loro favore, vengono sottoposti a critiche da parte degli organi superiori. Il Partito (a partire dal giugno del 1953) e il sindacato (a partire dall'estate del 1954) si erano limitati, obbedendo alle direttive ufficiali, a collaborare con i quadri tecnici della impresa.
Nel 1956 vengono rimproverati per questa loro sudditanza. Il fatto é che le direttive ufficiali sono spesso ben lungi dall'essere nette. Ogni volta che si inaugura un nuovo corso, si lascia, all'interno della nuova politica, un posticino per la vecchia. Si chiede adesso ai comitati d'impresa del Partito e del sindacato di non limitarsi più alla sola collaborazione con i quadri tecnici e di piazzare una
parte [...]

[...] il sindacato (a partire dall'estate del 1954) si erano limitati, obbedendo alle direttive ufficiali, a collaborare con i quadri tecnici della impresa.
Nel 1956 vengono rimproverati per questa loro sudditanza. Il fatto é che le direttive ufficiali sono spesso ben lungi dall'essere nette. Ogni volta che si inaugura un nuovo corso, si lascia, all'interno della nuova politica, un posticino per la vecchia. Si chiede adesso ai comitati d'impresa del Partito e del sindacato di non limitarsi più alla sola collaborazione con i quadri tecnici e di piazzare una
parte dei propri effettivi presso i comitati delle varie sezioni di una impresa. Ma subito la rivista a Die Arbeit » (dicembre 1956) rileva
che gli effettivi sindacali sono raramente degli operai qualificati e che tuttavia si comportano in modo arrogante con gli operai semplici:
(6) « Neue Deutschland s, art. del 2 agosto 56.
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essi credono che « per risolvere i problemi sindacali delle imprese sia sufficiente di aver studiato, all[...]

[...]n maggior frequenza, tornano ad essere oggetto della attività sindacale e tendono a sostituire le conferenze economiche che erano state istituite nel 1955 con lo scopo di aumentare l'autorità dei quadri tecnici nell'impresa. Contemporaneamente viene fatto appello agli operai con accenti appassionati. « Si pub migliorare la tecnica, dichiara uno dei dirigenti sindacalisti, ma la forza produttiva principale resta l'uomo » (8). L'organo teorico del Partito, « Einheit », basandosi su alcune pubblicazioni sovietiche, constata che i pianificatori, definid una « casta » ingannano l'operaio. I pianificatori affermano che l'operaio non pub partecipare alla elaborazione del piano, dáto il suo orizzonte ristretto. Invece, ribatte la rivista, la difficoltà fondamentale consiste nella mancanza di partecipazione operaia alla gestione delle imprese. Lo stesso fascicolo di « Einheit » (agosto 1956) stabilisce la seguente graduatoria nei fattori della produttività del lavoro: 1) la coscienza degli operai, « cioè la volontà di utilizzare in modo completo i me[...]

[...]abbriche domandano: « Che fine ha fatto il ruolo dirigente della classe operaia? ». Dicono che gli operai sono malcontenti e svogliati sul lavoro. E aggiungono con aria di sfida: « Chi ci risponderà a questi problemi all'università? » (12).
Intanto il regime, spaventato dalla piega che prendono gli avvenimenti in Polonia e Ungheria, si affretta a istituire nelle imprese i Gruppi di combattimento, formazioni composte essenzialmente da membri del partito, che erano state organizzate sulla carta l'anno precedente. Si tratta adesso di fornir loro delle armi. Ma la parola d'ordine del Partito « il fucile vicino al banco di lavoro » non oltrepassa lo stadio dell'agitazione. Le armi non vengono consegnate ai Gruppi di combattimento, ma sono conservate al sicuro. Qualche mese dap() il membro del comitato centrale Hennecker é costretto a confessare che la istituzione nelle imprese dei Gruppi di combattimento é stata fatta con danno della loro solidità ideologica (13).
Durante il mese di novembre, nel momento in cui da parte del. regime si temono dei movimenti rivoluzionari e da parte dell'opposizione si teme un intervento sovietico come in Ungheria, il Partito riesce ad organizzare a[...]

[...]uppi di combattimento, ma sono conservate al sicuro. Qualche mese dap() il membro del comitato centrale Hennecker é costretto a confessare che la istituzione nelle imprese dei Gruppi di combattimento é stata fatta con danno della loro solidità ideologica (13).
Durante il mese di novembre, nel momento in cui da parte del. regime si temono dei movimenti rivoluzionari e da parte dell'opposizione si teme un intervento sovietico come in Ungheria, il Partito riesce ad organizzare alcuni gruppi di operai che manda alle riunioni universitarie. « Perché vi ribellate contro il regime degli operai e dei contadini ? chiedono questi operai agli studenti e agli intellettuali,
(11) « Forum », I quindicina di settembre 1956.
(12) a Forum », seconda quindicina di settembre 1956.
(13) « Neue Deutschland », 2 febbraio 1957.
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« chi vi ha dato i mezzi per studiare se non gli operai col loro lavoro? » (14). Quando gli studenti rifiutano di partecipare a queste riunioni, il Partito si affretta a cogliere il pretesto per cercare di convincere g[...]

[...]arie. « Perché vi ribellate contro il regime degli operai e dei contadini ? chiedono questi operai agli studenti e agli intellettuali,
(11) « Forum », I quindicina di settembre 1956.
(12) a Forum », seconda quindicina di settembre 1956.
(13) « Neue Deutschland », 2 febbraio 1957.
i48 BENNO SAREL
« chi vi ha dato i mezzi per studiare se non gli operai col loro lavoro? » (14). Quando gli studenti rifiutano di partecipare a queste riunioni, il Partito si affretta a cogliere il pretesto per cercare di convincere gli operai della ostilità degli studenti.
Come si é visto, nel 19% il Partito ha ripreso un ruolo di primo piano in seno alle imprese. Cid é reso necessario dalla situazione nelle fabbriche, dove si tende a diminuire l'importanza del direttore. Nel 1956 il Partito si pone nuovamente in modo diretto come il prin., cipio unificatore del collettivo di fabbrica. Dal canto suo, l'opposizione supera ormai la fase rivendicativa e tende ad investire tutti i settori.
Il Partito sta attraversando una grave crisi. Tre anni di callaborazione con i quadri tecnici dell'impresa hanno avuto non solo l'effetto di accentuare la burocratizzazione del suo apparato ma anche, e soprattutto, di diminuire fra gli iscritti il numero degli operai industriali. « Una parte dei nostri responsabili se ne sta al di sopra della sfera degli operai » scrive il periodico dei militanti di partito. « Essi non possono più avere una coscienza esatta della vita del semplice operaio nel mondo della produzione » (15).
Nel momento in cui sta alleggerendo l'apparato dei comitati di impresa immettendo alcuni dei suoi effettivi nei comitati dei vari settori di una stessa impresa, il Partito promuove una campagna per il reclutamento di 50.000 operai industriali. Ma le organizzazioni del Partito, preoccupate soprattutto di presentare ai loro superiori dei rapporti rosei, si affrettano ad amplificare i risultati di questa campagna e a trasformarla in « una caccia alle cifre e alle percentuali » (16).
Per la forza stessa delle cose i problemi della struttura e della composizione sociale del Partito sono fra i più discussi nel 1956. Quando il regime rimprovera agli intellettuali il loro isolamento, questi ribattono che il Partito stesso si trova isolato dagli operai. E' certo che nessuno resta persuaso quando il Partito afferma, in risposta ad alcuni universitari, che le masse possono realizzare i loro compiti solo se dirette da un partito — che é sottinteso sia il S.E.D.
(14) « Junge Welt », 17 dicembre 1956.
(15) «Neuer Weg », aprile 1956.
(16) « Neuer Weg», settembre 1956.
INTELLETTUALI E CLASSE OPERAIA NELLA GERMANIA ORIENTALE 149
— che sia compatto e guidato da un gruppo di dirigenti « dotati di cultura e di qualità eccezionali » (17).
***
Abbiamo visto quale era la posizione di Wolfang Harich rispetto al problema del Partito. Fritz Behrens, che resta nell'ambito della legalità, non si pronuncia su questo problema. Ma il regime — per l'occasione Naumann, membro del comitato centrale — interpreta il suo silenzio in questo modo: se egli contrappone l'iniziativa operaia a ciò che chiama pianificazione burocratica significa anche che contrappone classe operaia a Partito, poiché pianificazione e Partito non sono che una sola cosa (18).
Un assistente del prof. Behrens, Arne Benary, membro dell'Istituto delle Scienze Economiche, mette in discussione le tesi di Lenin sul Partito. Lenin, fa presente Benary, affermava the la spontaneità operaia, abbandonata a se stessa, porta a un predominio dell'ideologia borghese fra gli operai. Senza mettere in dubbio le tesi di Lenin, Benary afferma che non possono però applicarsi alla situazione della Repubblica Democratica Tedesca, dove l'ideologia borghese non é ormai più predominante. La conclusione che ne trae Benary è che un partito fortemente centralizzato non é più necessario (19).
Nelle principali biblioteche pubbliche la lista dei libri messi all'indice é ancora rispettata. Ma nelle biblioteche degli istituti univer sitari rifanno la loro comparsa Trotzki, Zinoviev, « Dieci giorni che sconvolsero il mondo », ecc. La leggenda della infallibilità di Stalin, col suo crollo, trascina seco quelle di Pieck, Ulbricht, Thaelmann, L'intera storia ufficiale del Partito é rimessa in discussione. La critica del presente rimanda a quella del passato, mentre regime e Partito sono respinti in blocco nelle persone dei capi.
La critica al Partito si diffonde in ambienti che vanno dall'università alla fabbrica. La reazione dell'operaio che domanda ai quadri del Partita quale è il suo ruolo nella produzione é la stessa di quella dell'intellettuale che arriva alla conclusione che l'apparato del Partito
(17) a Freiheit », 2 maggio 1956.
(18) a Einheit », gennaio 1957.
(19) a Einheit », aprile 1957.
150 BENNO SAREL
deve sparire. Si avverte il Partito come una cosa insieme inutile, incapace e dedita ad una intollerabile dittatura.
Verso la fine del 1956 due concezioni del socialismo tendono a precisarsi ed a contrapporsi. Per l'una, il Partito concepisce la classe operia come classe dominante e se stesso come coscienza operaia; per l'altra, gli intellettuali dell'opposizione scoprono l'esistenza di una classe operaia indipendente, ed il loro problema appunto é di definire il socialismo in rapporto a questa classe.
Per l'una e per l'altra, in seno al regime come in seno all'opposizione, il socialismo é in certo qual modo una estensione di ció che é la classe operaia. Ma per il Partito gli operai esistono, sono soggetti di storia solo se si riconoscono in lui: per l'opposizione la società può svilupparsi solo se può verificarsi l'indipendenza degli ,operai. Di fatto appare chiaro che lo stesso termine di a socialismo» indica delle realtà opposte, i cui elementi corrispondono tra di loro e insieme si contrappongono in modo radicale, cosí come si corrispondono e si contrappongono la fotografia e la sua negativa.
Intellettuali e operai, privi come sono di proprietà e lavorando per lo Stato, costituiscono i due gruppi più integrati della nuova so cietà. Essi giudicano questa e[...]

[...]sione non fa che riprendere il principio — sostenuto sia dal regime che dall'opposizione — dell'autogestione operaia. Ma é indicativo il fatto che venga elaborata una teoria dei comitati operai, che riprende alcune idee dell'opposizione degli intellettuali, proprio nel momento in cui più violenta é la reazione contro gli intellettuali. Un articolo di « Einheit » di dicembre riassume questa teoria. L'autore, un insegnante alla scuola centrale del Partito, parte dal concetto che la classe operaia finora ha esercitato il suo potere al livello dello Stato, della pianificazione al centro, ma non al livello dell'impresa. La colpa di ciò viene addossata alla burocrazia. Ora, gli operai, strettamente condizionati come sono dal loro lavoro e dai rapporti sociali che si stabiliscono sulla base del loro lavoro, sono in grado di concepire la società solo in funzione del ruolo da loro svolto nell'impresa. E' ne, cessario di modificare, per mezzo dei comitati operai, i rapporti esistenti nelle fabbriche e di assegnare finalmente agli operai una funzione d[...]

[...]to, gli interessi operai, soprattutto nelle questioni salariali. Quanto alla direzione, do
(21) « Forum », seconda quindicina di marzo 1957.

INTELLETTUALI E CLASSE ,OPERAIA NELLA GERMANIA ORIENTALE 153
vrà prendere in considerazione il punto di vista del comitato operaio, senza tuttavia che il principio della direzione unica dell'impresa e della responsabilità personale del direttore possa essere messo, in qualunque modo, in discussione. Il Partito dovrà esercitare la sua funzione unificatrice in seno al comitato operaio, al comitato sindacale e alla direzione. In tal modo gli eventuali conflitti non acquisteranno mai un carattere generale. L'impresa, conclude l'articolo, dovrà formare una collettività unita dotata di autonomia per ciò che concerne la sua organizzazione interna e delegata dal potere operaio di gestire una parte della proprietà sociale. Questa collettività avrà dunque a cuore gli interessi generali della classe operaia, rappresentata dal regime. In parole povere, l'impresa dovrà tener conto, come è avvenuto finora, delle[...]



da Fatma Dost e Antonio Solaro, Turchia: perché si spera in Ecevit [sopratitolo: Novità e interrogativi dopo le elezioni del 5 giugno] [sottotitolo: Con la vittoria elettorale del Partito repubblicano del popolo, per il quale ha votato tutta la sinistra, si è aperta la strada ad una svolta democratica. Ma la destra rimane forte] in KBD-Periodici: Rinascita 1977 - 7 - 1 - numero 26

Brano: Novità e interrogativi
dopo le elezioni del 5 giugno
Bulent Ecevit durante un comizio elettorale
di Fatma Dost
e Antonio Solaro
La situazione politica turca ha subito con 1e elezioni del 5 giugno, un profondo mutamento. La vittoria del Partito repubblicano del popolo (Prp) infatti, per il quale, per la prima volta, ha votato l'insieme delle forze progressiste e di sinistra, ha comportato una profonda modificazione dei rapporti di forza a livello politico e parlamentare. Ricordiamo rapidamente che l'assemblea nazionale turca ha .ora i suoi 450 seggi così distribuiti: 213 al Prp, 188 al Partito della giustizia diretto dal capo del governo uscente Suleyman Demirel, 22 al Partito della salvezza nazionale di Necmettin Erbakan (una formazione di estrema destra di ispirazione islamica), 13 ai neofascisti del Partita di azione nazionalista guidato dal colonnello Alparslan Turkes,
3 al Partito della fiducia (formazione moderata di centrodestra), 1 al Partito democratico (di orientamento ana logo al Partito della fiducia) e, infine,
4 indipendenti.
Bulent Ecevit è stato incaricato, secondo .1a tradizione, di formare un nuovo governo. Una operazione non facile poiché il leader del Prp, che ha sfiorato la maggioranza assoluta, deve ora ottenere la fiducia di un certo numero di deputati al di fuori del suo partita. Ecevit ha rifiutato un accordo con il Partito della giustizia. Ha presentato in questi giorni al presidente della repubblica, Koruturk, il quale ha accettato, la lista dei ministri del nuovo gabinetto. Adesso si è in attesa del voto di fiducia in Parlamento. Un voto che non è scontato e, che dipende dalle altre formazioni minori, dagli indipendenti e dalla posizione degli stessi partiti di destra. La situazione si presenta quindi ancora incerta e confusa, caratterizzata oltre tutto dalla collocazione del Partito della salvezza nazionale che ora appare come l'ago della bilancia dell'instabile equilibrio parlamentare.
Dal canto suo Ecevit[...]

[...]a. Ha presentato in questi giorni al presidente della repubblica, Koruturk, il quale ha accettato, la lista dei ministri del nuovo gabinetto. Adesso si è in attesa del voto di fiducia in Parlamento. Un voto che non è scontato e, che dipende dalle altre formazioni minori, dagli indipendenti e dalla posizione degli stessi partiti di destra. La situazione si presenta quindi ancora incerta e confusa, caratterizzata oltre tutto dalla collocazione del Partito della salvezza nazionale che ora appare come l'ago della bilancia dell'instabile equilibrio parlamentare.
Dal canto suo Ecevit ha riconfermato gli obiettivi di fondo che lo hanno portato alla vittoria elettorale. Tra questi il principale resta quello di riportare l'ordine democratico in un paese scosso dall'ondata di terrore e di violenza che ha segnato la campagna elettorale, di garantire il pluralismo politico (attraverso anche la le galizzazione del partito comunista) di rimettere .in piedi l'economia travolta dall'inflazione e dalla disoccupazione. Sul piano della politica estera, Ecevit[...]

[...]lvezza nazionale che ora appare come l'ago della bilancia dell'instabile equilibrio parlamentare.
Dal canto suo Ecevit ha riconfermato gli obiettivi di fondo che lo hanno portato alla vittoria elettorale. Tra questi il principale resta quello di riportare l'ordine democratico in un paese scosso dall'ondata di terrore e di violenza che ha segnato la campagna elettorale, di garantire il pluralismo politico (attraverso anche la le galizzazione del partito comunista) di rimettere .in piedi l'economia travolta dall'inflazione e dalla disoccupazione. Sul piano della politica estera, Ecevit si dichiara favorevole ad un rafforzamento dei rapporti della Turchia con tutti i paesi e pronto ad incontrare il greco 'Caramanlis per risolvere i problemi che dividono i due paesi, in particolare la crisi cipriota. Attuare questi obiettivi non sarà certamente facile. In primo luogo, perché Ecevit dovrà fare i conti con la forte opposizione di destra: infatti, come si rileva dai dati finora forniti, il Partito della giustizia di Suleyman Demirel, si è rafforz[...]

[...]. Sul piano della politica estera, Ecevit si dichiara favorevole ad un rafforzamento dei rapporti della Turchia con tutti i paesi e pronto ad incontrare il greco 'Caramanlis per risolvere i problemi che dividono i due paesi, in particolare la crisi cipriota. Attuare questi obiettivi non sarà certamente facile. In primo luogo, perché Ecevit dovrà fare i conti con la forte opposizione di destra: infatti, come si rileva dai dati finora forniti, il Partito della giustizia di Suleyman Demirel, si è rafforzato mentre il ridimensionamento 'di tutte le formazioni minori di destra è stato controbilanciato dal consolidamento del Partito di azione :nazionalista del neofascista Turkes.
Came si spiega il successo elettorale di Ecevit? La « strategia della tensione » che da sette anni insanguina la
Turchia e che ha avuto il suo momento culminante nella strage del primo maggio a Istambul e negli attentati contro Ecevit durante la campagna elettorale — non è riuscita a contenere la crescita del Partito repubblicano. Per Ecevit hanno votato larghi strati di contadini, operai, artigiani, giovani, donne, intellettuali e una parte importante dei ceti medi urbani. La sua campagna elettorale è stata appoggiata dal Disk, la centrale sindacale progressista diretta da esponenti del Prp e dai comunisti. Per cornprendere tuttavia le ragioni del successo del Prp occorre tener conto delle caratteristiche specifiche del paese e della storia delle diverse forze poli tiche.
Sotto l'impero ottomano, crollato alla fine della prima guerra mondiale, la principale forza del paese era rappresentata dalla buroc[...]

[...]no aglianni '50. Esso si è andato consolidando soprattutto nelle università, nell'esercito, nella magistratura. La fine della secondo guerra mondiale, che aveva visto la Turchia in una posizione di ambigua neutralità con forti simpatie verso la Germania nazista, portò con sé interessanti novità. L'apparizione di una borghesia industriale, infatti, impose mutamenti anche nei modo di governare. Nel 1946, dopo 22 anni di potere assoluto, il vecchio Partito repubblicano del popolo, fondato da Ataturk, fu costretto, dalle nuove forze dei ceti dominanti che emergevano dalle trasformazioni economiche, ad accettare il pluripartitismo. Quattro anni più tardi, il Partito democratico, che rappresentava gli interessi dei notabili rurali e degli imprenditori urbani, fautori di un'economia liberale, vinse le elezioni e rimase al potere fino al colpo di Stato militare del 1960 che permise al Prp di ritrovare in parte la sua influenza, senza mai più ottenere, tuttavia, la maggioranza assoluta al Parlamento.
Con il 1960 si apre una nuova fase dinamica. La Costituzione del 1961, tuttora in vigore, è molto più avanzata della precedente. Dal 1960 al 1972 in seno al Partito repubblicano si assiste ad uno scontro tra un'ala moderata legata alle vecchie classi dominanti [...]

[...]dei notabili rurali e degli imprenditori urbani, fautori di un'economia liberale, vinse le elezioni e rimase al potere fino al colpo di Stato militare del 1960 che permise al Prp di ritrovare in parte la sua influenza, senza mai più ottenere, tuttavia, la maggioranza assoluta al Parlamento.
Con il 1960 si apre una nuova fase dinamica. La Costituzione del 1961, tuttora in vigore, è molto più avanzata della precedente. Dal 1960 al 1972 in seno al Partito repubblicano si assiste ad uno scontro tra un'ala moderata legata alle vecchie classi dominanti e un'ala che si ispira alle socialdemocrazie europee. Anche il Partito democratico, dopo il colpo di Stato del '60 si scinde, dando vita al Partito della giustizia, capeggiato 'da Suleyman Demirel e'ad altre formazioni minori di destra. Sempre negli anni '60 sono sorti o si sono sviluppati circoli e gruppi culturali di ispirazione socialista, da cui sono poi nate varie associazioni, organizzazioni sindacali e partiti di sinistra.
Molto più lente sono state invece in questi anni le trasformazioni sociali: ancora giovane e poco consistente la classe operaia, ancora forte il potere reale degli agrari e delle forze più reazionarie. Su un totale di 42 milioni di abitanti, la popolazione attiva arva ai 16 milioni, di cui circa 2 milioni e mez[...]

[...]ia, inoltre, con la sua industria dipendente è soggetta a tutti gli aumenti di prezzi del mercato estero pagando sempre più care le importazioni di materie prime e semilavorati (la crisi economica turca è di conseguenza anche il riflesso della crisi strutturale del capitalismo mondiale di cui è parte integrante).
Fra le classi dominanti non vi è attualmente un equilibrio stabile. Infatti, se è vero che negli ultimi ven
I partiti in Turchia
Il Partito repubblicano del popolo, fondato da Kama1 Ataturk. Di tendenza socialdemocratica, è guidato da Bulent Ecevit. Nel 1973 disponeva di 185 seggi all'Assemblea nazionale; adesso, dopo le elezioni del 5 giugno, è rappresentato da 213 deputati sui 450 di cui si compone l'Assemblea.
Il Partito della giustizia, di tendenza centrodestra. Ha governato il paese prima delle elezioni. Nel 1973 ha conseguito il 29,87 per cento dei suffragi e ha avuto 149 deputati, oggi ne ha 188 (36,9 per cento dei voti).
Presidente: Suleyman Demirel, primo ministro uscente.
Il 'Partito democratico, nato nel 1970 da una scissione del Partito della giustizia. Disponeva di 45 deputati nel 1973, ma ne ha persi 26 a vantaggio delle altre formazioni. Oggi 'ha un solo deputato al Parlamento.
Il Partito della salvezza nazionale, di Necmettin Erbakan, vicepresidente del Consiglio uscente. Partito nazionalista, fautore dell'integralismo islamico, è stato ridimensionato e ha funzione del tutto secondaria.
Il Partito repubblicano della fiducia, di Turham Feyzoglu, vicepresidente del Consiglio. Nato da due scissioni del partito repubblicano. Di tendenza di centrodestra. 13 deputati al Parlamento nel 1973; nel 1977, 3 deputati.
I.1 Partito 'di azione nazionale, del colonnello Alparslan Turkes, di estrema destra: 13 deputati.
Il Partito dell'unione della Turchia, di Mustafa Timisi.
Il 'Partito operalo, della signora Behice Boran, formato nel 1961, è nell'illegalità dal 1971.
t'anni è aumentato il peso degli industriali, continua ad influire, in modo spesso determinante, la voiontà degli agrari e 'del grande capitale commerciale. Molto schematicamente si potrebbe dire che l'industria sarebbe favorevole ad un governo riformista, capace di guidare l'economia, di inserirla nel contesto mondiale e in particolare nella Cee, e di soddisfare alcuni primordiali bisogni delle masse attraverso una politica sociale di stampo paternalistico. I gruppi più conservatori, invece, legati ancora all[...]

[...] e in particolare nella Cee, e di soddisfare alcuni primordiali bisogni delle masse attraverso una politica sociale di stampo paternalistico. I gruppi più conservatori, invece, legati ancora alla grande proprietà fondiaria e agli ideali nazionalistici dell'oltranzismo mussulmano restano :favorevoli ad un governo autoritario. Su questa base, è sorto nel 1975 il fronte nazionalista, quella coalizione dei quattro partiti di destra che fanno capo al Partito della giustizia di Demirel e che ha governato la Turchia, dopo la breve ma movimentata parentesi di Ecevit che andò dal gennaio al novembre del 1974.
Questa coalizione quadripartita non poteva comunque durare a lungo, anche per ragioni internazionali. Sia i fascisti di Turkes che i . fanatici mussulmani di Erbakan hanno sinora impedito la soluzione dei principali problemi di politica estera da cui dipendono molti fattori della vita interna turca: la crisi cipriota, la ripresa di buoni rapporti con la Grecia, un accordo con gli Usa che ponga fine all'embargo imposto dal Senato americano sulle[...]

[...]rado di affrontare su basi nuove e di maggiore giustizia la sempre più acuta situazione sociale ed economica e i sempre più stringenti problemi internazionali. Di qui il successo elettorale di Ecevit e l'arretramento complessivo della destra.
Si spiega dunque l'attesa con cui il paese aspetta ora una soluzione di governo solida e coerente con le indicazioni e il programma del Prp.
Turchia:
perché si.
in Ecevit
Con la vittoria elettorale del Partito repubblicano del popolo, per il quale ha votato tutta la sinistra, si è aperta la strada ad una svolta democratica. Ma la destra resta forte
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da Vito Grasso, Il lento disfarsi della dittatura [sopratitolo: La lunga crisi politica della Turchia] [sottotitolo: Un risultato elettorale che non ha trovato ancora sbocchi. Declino del Partito della giustizia e ascesa del Partito repubblicano. La morte di Inönü segna la fine del kemalismo. Come si sono mossi i militari in quest'ultimo decennio. Si apre una prospettiva democratica?] in KBD-Periodici: Rinascita 1974 - 1 - 4 - numero 1

Brano: La lunga crisi politica della Turchia
Il lento
disfarsi
della
dittatura
Un risultato elettorale che non ha trovato ancora sbocchi. Declino del Partito della giustizia e ascesa del Partito repubblicano. La morte di Inönü segna la fine del kemalismo. Come si sono mossi i militari in quest'ultimo decennio. Si apre una prospettiva democratica?
di Vito Grasso
Di ritorno da Ankara, gennaio —. La realtà politica turca è stata caratterizzata negli ultimi mesi dal progressivo disfacimento della dittatura militare reazionaria dimostratasi incapace di governare il paese, e da una affermazione delle forze democratiche e riformiste, che è andata al di là delle stesse speranze dei leaders progressisti. E' contemporaneamente fallita la manovra delle forze tradizionali di destra di porsi co[...]

[...]lla vita politica nazionale, lasciando poi il potere ai civili dopo qualche riforma costituzionale e la persecuzione degli oppositori. Vi è tuttavia una sostanziale differenza tra il colpo dì Stato del 1960 e quello del 1971: nel 1960 ufficiali riformisti abbatterono il regime reazionario di Menderes che aveva svenduto il paese all'imperialismo americano e si avviava alla limitazione delle libertà pubbliche; esso ebbe il sostanziale appoggio del Partito repubblicano del popolo (CHP), erede della tradizione kemalista e fautore di una politica di riforme e di indipendenza nazionale. Poi i generali moderati fa vorirono il ritorno alla normalità politica, dopo l'approvazione di una Costituzione tra le più democratiche in Europa, per impedire che i giovani ufficiali radicali facessero della rivoluzione del 1960 un veicolo attraverso il quale operare profonde riforme di struttura. Ma questo era il clima del 1960. Nel 1971 sono invece i generali reazionari a prendere l'iniziativa, con un esercito per tradizione non reazionario, ma ormai ideologicam[...]

[...]d una trasformazione radicale della vita politica turca e in ogni caso, forte del successo elettorale dell'ottobre 1969, non intende delegare sine die il potere ai militari. Ecevit, a sua volta, democratico, progressista, non può accettare un regime antipopolare e la sua condanna arriva fin dal giorno del colpo di Stato; perché essa assuma un peso politico determinante sarà necessario poco più di un anno, durante il quale Ecevit riorganizzerà il partito, lascerà uscirne l'ala destra e ne farà uno strumento per vincere le elezioni. Gli altri partiti politici, o meglio partitini, nati quasi sempre o. da scissioni o da clan intorno a singole personalità, non sono in grado di offrire ai generali golpisti una base politica. Il regime militare si trova così isolato, debole perfino all'interno della sua stessa struttura ed impotente a svolgere una qualsiasi funzione politica al di fuori della gorillesca lotta contro ogni manifestazione democratica.
I risultati delle elezioni hanno però anche fatto fallire il piano di restaurazione moderata persegu[...]

[...]tà, non sono in grado di offrire ai generali golpisti una base politica. Il regime militare si trova così isolato, debole perfino all'interno della sua stessa struttura ed impotente a svolgere una qualsiasi funzione politica al di fuori della gorillesca lotta contro ogni manifestazione democratica.
I risultati delle elezioni hanno però anche fatto fallire il piano di restaurazione moderata perseguito in questi anni da Süleyman Demirel, capo del Partito della giustizia, al potere dal 1965 fino al colpo di Stato del 1971. Dei 450 seggi dell'Assemblea nazionale, 188 sono stati attribuiti al Partito repubblicano del popolo, 155 al Partito della giustizia, 49 al Partito della salvezza nazionale, espressione delle forze religiose più retrive, 43 al Partito democratico (che in concorrenza ed in polemica con Demirel si ispira all'esperienza politica del defunto Menderes), 13 al Partito della fiducia, scissionista di destra dei repubblicani, 3 al Partito di unità turca, espressione di un coraggioso gruppo di socialisti marxisti (mentre i quadri e gli attivisti del Partito operaio turco, disciolto dalla dittatura militare, sono ancora in carcere).
Se per Bülent Ecevit e per il Partito repubblicano sarà difficile avere una maggioranza stabile in Parlamento, il grande sconfitto di questa consultazione è Demirel che nelle precedenti elezioni politiche aveva ottenuto per il suo partito la maggioranza assoluta. Esclusa da Demirel una coalizione dei due maggiori partiti, non è possibile nemmeno ipotizzare una sua alleanza con i partiti minori, data l'ostilità del Partito democratico. E' un gioco pericoloso che si propone come obiettivo nuove elezioni, ma che potrebbe avere invece come effetto un rilancio della dittatura militare, in veste di salvatrice della patria di fronte all'inettitudine e alle beghe dei partiti politici. Un evento del genere svuoterebbe la vittoria dei repubblicani che sarebbero il bersaglio della dittatura reazionaria,
e ma estrometterebbe dalla scena politi
ca anche lo stesso Demirel. Finora ci sono state una rinuncia di Ecevit al mandato di formare il governo ed una di Demirel: la crisi è quindi aperta. Ma cerchiamo di tastare il po[...]

[...]ce della patria di fronte all'inettitudine e alle beghe dei partiti politici. Un evento del genere svuoterebbe la vittoria dei repubblicani che sarebbero il bersaglio della dittatura reazionaria,
e ma estrometterebbe dalla scena politi
ca anche lo stesso Demirel. Finora ci sono state una rinuncia di Ecevit al mandato di formare il governo ed una di Demirel: la crisi è quindi aperta. Ma cerchiamo di tastare il polso del paese:
La sconfitta del Partito della giustizia è da attribuire, oltre al suo conservatorismo ed alla sua incapacità di risolvere i problemi del paese, all'acquiescenza dimostrata verso le manifestazioni più liberticide del regime militare. La strategia seguita da Demirel, consistente nel tentativo di condizionare, con un sostanziale appoggio e critiche moderate, la dittatura militare, ha finito col rivolgersi contro di lui coinvolgendolo nel discredito che i militari si sono tirati addosso in due anni e mezzo di illibertà e di sanguinosa repressione. Al momento del colpo di Stato, Demirel, in quanto capo del partito di mag[...]

[...]a dimostrata verso le manifestazioni più liberticide del regime militare. La strategia seguita da Demirel, consistente nel tentativo di condizionare, con un sostanziale appoggio e critiche moderate, la dittatura militare, ha finito col rivolgersi contro di lui coinvolgendolo nel discredito che i militari si sono tirati addosso in due anni e mezzo di illibertà e di sanguinosa repressione. Al momento del colpo di Stato, Demirel, in quanto capo del partito di maggioranza e premier spodestato, era stato oggetto di feroci attacchi da parte della stampa del regime. Si era perfino accennato ad una possibile incriminazione per corruzione. Poi i militari si erano trovati isolati, impegnati nella lotta contro le forze di sinistra, incapaci di frenare l'aumento del costo della vita, ed il Partito della giustizia era obiettivamente diventato la forza meno pericolosa per il regime; anzi nella misura in cui i militari avessero rinunciato ad ogni velleità di riforme, anche quelle antifeudali, e si fossero limitati ad un attacco massiccio e frontale contro i lavoratori e le loro organizzazioni, il Partito della giustizia avrebbe anche potuto appoggiarli, a condizione di un ritorno alla normalità costituzionale a medio termine. Perciò, ci pare, il responso elettorale del popolo turco ha detto « no » non soltanto alla dittatura dei gorilla fascisti, ma anche alla dittatura parlamentare e legalitaria vagheggiata da Demirel. E non è servito a nulla al leader dell'AP il farsi accompagnare durante la campagna elettorale dall'ambasciatore degli Stati Uniti, interessati,. dopo l'esperienza fallimentare del regime militare, ad una soluzione demireliana; ché anzi, ove ce ne fosse stato bisogno, agli occ[...]

[...]gnare durante la campagna elettorale dall'ambasciatore degli Stati Uniti, interessati,. dopo l'esperienza fallimentare del regime militare, ad una soluzione demireliana; ché anzi, ove ce ne fosse stato bisogno, agli occhi del popolo turco l'appoggio americano a Demirel, dopo che gli USA avevano ispirato ed aiutato il colpo di Stato militare, è stato una conferma della sostanziale continuità tra le due forme di regime.
Il successo elettorale del Partito repubblicano trae invece le sue motivazioni da una politica opposta a quella perseguita dal Partito della giustizia. A due giorni di distanza dal colpo di Stato, Bülent Ecevit, allora segretario generale del partito, dichiarò che secondo le leggi vigenti i generali ribelli avrebbero dovuto essere deferiti alle corti marziali, ma fu incriminato dai golpisti e dovette dimettersi dalla segreteria, anche per il possibilismo del presidente del partito, il vecchio Ismet Inönü. Il partito di Inönü, idealmente continuatore del riformismo laico e modernizzatore di Atatürk, era divenuto in realtà uno strumento di immobilismo e burocrazia ideologicamen te confuso ed abituato alle sconfitte. Diventato presidente della Repubblica nel 1939, alla morte di Atatürk, dopo esserne stato per 15 anni il fedele presidente del Consiglio, Inönü perdette il potere e la maggioranza in Parlamento alle prime elezioni politiche, nel 1950; rimesso al potere dai militari dopo il colpo di Stato del 1960, perdette nuovamente le elezioni nel 1965, dando via libera al regime conservatore di Demirel, che [...]

[...] del Consiglio, Inönü perdette il potere e la maggioranza in Parlamento alle prime elezioni politiche, nel 1950; rimesso al potere dai militari dopo il colpo di Stato del 1960, perdette nuovamente le elezioni nel 1965, dando via libera al regime conservatore di Demirel, che resuscitava quello di Menderes ad appena cinque anni di distanza dalla rivoluzione che lo aveva deposto.
Sotto la direzione dell'ormai senescente Inönü, negli ultimi anni il Partito repubblicano si era ammantato di un interclassismo nazionalista che nascondeva l'incapacità di incidere nei problemi della realtà turca e di un patriottismo popolare ricco di memorie storiche, ma privo di prospettive politiche. Lo stesso Inönü era diventato il monumento a sé stesso, un secondo padre della patria sclerotizzato ed inutile. Ciò che veniva nascendo da questo deperimento era un partito socialista di tipo occidentale come quello francese o quello italiano, o come la socialdemocrazia tedesca molto am



da Levy, Il saluto del Partito comunista unificato di Germania in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: ma di azione definitiva, noi sappiamo benissimo che la realtà è molto complessa, che a noi è dato soltanto preparare alcuni fili che nella trama entreranno e resteranno, e, mentre che agli sciocchi pub parere che il filo sia interrotto, esso resiste ancora, perché la realtà ha una sua continuità complessa.
Questo noi dobbiamo rispondere a quanti, non appartenenti al nostro Partito, cercano di speculare su questo Congresso e ne attendono un vantaggio per loro.
Io ho detto che mi sentivo unitario, ho detto anche che volevo raccogliere non i sentimenti soltanto degli iscritti al nostro Partito; ma anche di coloro che ci stanno dintorno; ma questo non significhi che noi non affermiamo nettamente la nostra divisione dai Partiti borghesi.
Io vi porto il saluto di questa mia cara città, nella quale il popolo ha virtú inestimabili e tesori inestimabili di bontà, di generosità, di fierezza, e sono sicuro, porgendovi questo saluto affettuoso di interpretare bene i sentimenti di questo popolo.
Termino, e lasciate che io termini con un augurio; è l'augurio di colui che rappresenta in questo momenta l'ospite, che ha il dovere di essere imparziale, di colui che rappresenta tutto ciò che ci [...]

[...] è l'augurio di colui che rappresenta in questo momenta l'ospite, che ha il dovere di essere imparziale, di colui che rappresenta tutto ciò che ci pub essere a Livorno di sentimento ospitale, indipendentemente da ogni altra determinazione; ebbene, fate che l'ospite, non io persona, ma il simbolo della ospitalità che qui vi ha riuniti, non vi veda partire divisi. (Applausi).
Ed ora dò la parola al compagno Levy, il quale, come rappresentante del Partito comunista unificato di Germania, in nome di questo Partito ha chiesto di parlare. (Applausi vivissimi).
Il saluto del Partito comunista unificato
di Germania
LEVY (accenna a parlare, ma è subito interrotto dai palchi dei comunisti da ripetute, altissime grida di « Viva Spartaco! », alle quali subito dopo si unisce tutto il resto del Congresso. I comunisti commentano ironicamente gli applausi dei socialisti. Giacinto Menotti Serrati sorge allora in piedi su di una sedia e grida a gran voce : « Viva Spartaco! Ci siamo stati noi prima di voi! ». Applausi vivissimi da parte dei socialisti accolgono queste parole, che sono, invece, rumoreggiate,
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con altrettanta vivacità, dalla parte comunista. Avviene uno scambio [...]

[...]allora in piedi su di una sedia e grida a gran voce : « Viva Spartaco! Ci siamo stati noi prima di voi! ». Applausi vivissimi da parte dei socialisti accolgono queste parole, che sono, invece, rumoreggiate,
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con altrettanta vivacità, dalla parte comunista. Avviene uno scambio vivacissimo di apostrofi tra le due parti. Tutta la sala commenta animatissimamente l'incidente).
GENNARI: Compagni, sembra che sia sorto un equivoco. La Direzione del Partito, ad unanimità, ha deliberato di invitare al nostro Congresso soltanto Partiti o frazioni aderenti alla Terza Internazionale. (Applausi vivissimi). Sono, per), qui presenti anche membri di altri Partiti...
Moltissime voci dai palchi dei comunisti: Fuori, fuori!
Altre voci: No, no! (Rumori vivissimi che si prolungano per molto tempo. Dal gruppo dei comunisti si intona l'Internazionale, che viene cantata in coro da tutto il Congresso, e che è salutata da applausi calorosi, prolungati e ripetuti).
GENNARI: Lasciate che io completi la mia dichiarazione ! Sono venuti alcuni altri rappresentanti [...]

[...]simi che si prolungano per molto tempo. Dal gruppo dei comunisti si intona l'Internazionale, che viene cantata in coro da tutto il Congresso, e che è salutata da applausi calorosi, prolungati e ripetuti).
GENNARI: Lasciate che io completi la mia dichiarazione ! Sono venuti alcuni altri rappresentanti di altri Partiti socialisti...
Voci da parte dei comunisti: Fuori, fuori !
GENNARI: Lasciatemi finire, per Dio !... ad esempio, anche quello del Partito socialista indipendente di Germania; ma rimane bene inteso che essi possono assistere ai lavori del Congresso semplicemente come spettatori e niente altro che come spettatori. (Vive approvazioni da parte dei comunisti).
Invece sono invitati e hanno diritto di portare qui la loro parola ed il loro saluto soltanto i rappresentanti di Partiti aderenti alla Terza Internazionale. (Vivi applausi dei comunisti).
LEVY pronunzia in tedesco il suo discorso, che viene immediatamente dopo tradotto dal compagno Sacerdote.
SACERDOTE: Compagni, ho l'onore di tradurvi il discorso del compagno Levy.
Mi si[...]

[...]n fosse stato arrestato, e fosse intervenuto anche lui alla adunanza dei comunisti nella casa del compagno Markus
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son, sarebbe certamente stato arrestato insieme a Carlo Liebknecht ed a Rosa Luxemburg e come essi sarebbe stato massacrato dagli ufficiali della divisione di cavalleria della guardia. (Applausi vivissimi).
Dunque, il compagno Paul Levy — vi traduco il suo discorso il piú letteralmente che mi è possibile — dice: So che parlo al Partito socialista italiano in un'ora che è decisiva, tragica e solenne. So che portando il saluto dei proletari tedeschi al proletariato italiano io parlo non soltanto in nome di quei centomila proletari che sono con noi, ma parlo anche in nome e nel pensiero dei morti.
Proprio oggi, sono due anni che gli assassini inviati da Scheidemann e da Noske, hanno assassinato Carlo Liebknecht e Rosa Luxemburg, e, richiamando questo fatto alla vostra mente, io penso che voi potrete trarre un ammaestramento da questo evento e dagli eventi della rivoluzione che l'accompagnarono. L'ammaestramento è che l'unità [...]

[...]oltanto in nome di quei centomila proletari che sono con noi, ma parlo anche in nome e nel pensiero dei morti.
Proprio oggi, sono due anni che gli assassini inviati da Scheidemann e da Noske, hanno assassinato Carlo Liebknecht e Rosa Luxemburg, e, richiamando questo fatto alla vostra mente, io penso che voi potrete trarre un ammaestramento da questo evento e dagli eventi della rivoluzione che l'accompagnarono. L'ammaestramento è che l'unità del Partito non è sempre un bene supremo del proletariato. (Bravo! dalla parte comunista. Applausi).
Nessuno può pensare che per il proletariato tedesco sarebbe stato un bene conservare ad ogni casto l'unità, rimanendo nel Partito di Scheidemann e di Noske. (Benissimo! Commenti animati).
No ! Ci sono momenti nella vita di un Partito, nei quali non si può marciare uniti, nei quali le vie si separano, e noi dobbiamo dividerci. (Commenti animatissimi. Rumori in vario senso).
In Germania abbiamo avuto per molto tempo l'unità, abbiamo avuto per molto tempo il grande Partito socialdemocratico, e oggi malediciamo agli assassini che da questo Partito socialdemocratico sono usciti. (Applausi).
Vi sono dei momenti in cui bisogna separarsi e prendere ciascuno la propria strada. Vi sono nell'evoluzione d'un proletariato dei momenti in cui chi è stato nostro fratello ieri non lo è piú oggi, non lo sarà piú domani. (Benissimo!).
Noi, in Germania, abbiamo avuto la scissione; non una sola scissione; ma abbiamo dovuto seguire la via fino in fondo, ed allora i proletari, dal loro seno, con le loro forze, con la propria energia, si sono creati un nuovo Partito, il Partito comunista, che ha profonde radici nel proletariato tedesco e che oggi è chia[...]

[...]ei momenti in cui bisogna separarsi e prendere ciascuno la propria strada. Vi sono nell'evoluzione d'un proletariato dei momenti in cui chi è stato nostro fratello ieri non lo è piú oggi, non lo sarà piú domani. (Benissimo!).
Noi, in Germania, abbiamo avuto la scissione; non una sola scissione; ma abbiamo dovuto seguire la via fino in fondo, ed allora i proletari, dal loro seno, con le loro forze, con la propria energia, si sono creati un nuovo Partito, il Partito comunista, che ha profonde radici nel proletariato tedesco e che oggi è chiamato a condurre questo proletariato tedesco ad una vera azione.
Noi abbiamo già avuto in Germania l'unità del proletariato, l'abbiamo avuta anche il 9 novembre del 1918, giorno della rivoluzione, quando nel proletariato vi era già stata altra volta una divisione.
Nessuno più dimenticare che all'indomani di questa rivoluzione,
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il 10 novembre, prima seduta del Consiglio degli operai e soldati, furono proprio i soldati che rivolsero le loro armi contro Carlo Liebknecht, perché questi aveva detto che quell'unità no[...]

[...]a già stata altra volta una divisione.
Nessuno più dimenticare che all'indomani di questa rivoluzione,
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il 10 novembre, prima seduta del Consiglio degli operai e soldati, furono proprio i soldati che rivolsero le loro armi contro Carlo Liebknecht, perché questi aveva detto che quell'unità non era un'unità. E prima della sua morte Carlo Liebknecht ci ammaestrò ancora con la parola e se nei giorni della rivoluzione la Germania avesse avuto un Partito comunista, come sarebbero oggi differenti le condizioni del proletariato tedesco ! (Bene !).
Ebbene, oggi, dopo due anni, il proletariato tedesco si è creato questa organizzazione, questo Partito comunista, che condurrà il proletariato tedesco alla vittoria. (Qualche applauso. Commenti. Rumori).
Ecco l'ammaestramento della rivoluzione germanica !
Noi avremo ancora, certamente, molte lotte; il proletariato, però, insorge ora in tutto il mondo, spinto dalle sue strettezze; ebbene, questo proletariato deve essere guidato da un Partito comunista unito, perché solo se guidato da un Partito comunista unito esso potrà vincere. (Applausi).
In questo senso noi salutiamo il proletariato italiano, e noi diciamo al proletariato italiano che speriamo che egli trovi la via per la vittoria e che saprà fabbricarsi l'arma necessaria per la vittoria. Ed in questo senso grido: « Viva il comunismo, viva la rivoluzione mondiale l ». (Applausi vivissimi).
L' adesione dell' Internazionale comunista
MONDOLFI, presidente: Invito il compagno segretario Frola a dare lettura di alcune adesioni.
FROLA, segretario: Comincio col darvi lettura della adesione del Comitato esecutivo dell'Internazionale[...]



da Voce Enciclopedica redazionale, Turchia in Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice)

Brano: [...]ensionata dai ripetuti attacchi dell'Austria e della Russia. All'indomani delle rivoluzioni europee del 1848 ebbe origine, all'interno del paese, il movimento detto dei Giovani Turchi che, ispirandosi al liberalismo borghese mutuato dai circoli rivoluzionari dei paesi balcanici, per fermare il disfacimento dell'impero si fece promotore di una modernizzazione in senso occidentale, laico e capitalistico. Nel 1908 i Giovani Turchi, affermatisi come partito degli ufficiali dell'esercito, imposero al sultano Abdul Hamid un assetto formalmente costituzionale. Ma il potere era rimasto nelle mani delle caste feudali e religiose che tentarono un colpo controrivoluzionario; a questo punto una grossa unità militare legata ai Giovani Turchi (capo di stato maggiore ne era il giovane colonnello Mustafa Kemal) occupò Costantinopoli, depose il sultano Hamid e lo sostituì con il fratello Mehmed V ritenuto più fidato. Mehmed V serviva solo da facciata e il potere era completamente nelle mani dei militari.
Alcune potenze europee cercarono di approfittare della[...]

[...] riuscì a concludere con altri governi accordi separati, fino a ottenere l'annullamento del Trattato di Sèvres firmato dal sultano il 10.8. 1920 e a rinegoziare la pace attraverso il Trattato di Losanna (24.7. 1923) che restaurava la sovranità turca sull'intera Anatolia, sulla Tracia orientale e sugli Stretti.
Oltre a ottenere questi successi militari e diplomatici, Kemal avviò un programma di riforme politiche, sociali ed economiche. Fondato il Partito repubblicano del popolo e divenutone il leader incontrastato, puntò sulla laicizzazione della Turchia per trasformarla in un paese moderno: nel 1922 abolì il sultanato; il 29.10. 1923 proclamò la repubblica e ne assunse la presidenza, ponendo a capo del governo il suo fido collaboratore Ismet Pascià; nel 1924 fece approvare dalla Assemblea nazionale una nuova Costituzione che, fra l'altro, aboliva l'istituzione del califfato (cioè dei "successori" di Maometto, carica e dignità religiose riconosciute ai sultani fin dal 1517). Negli anni successivi furono adottati in Turchia il calendario grego[...]

[...]este riforme cambiarono il volto della Turchia, eliminando il potere islamico, ma sotto altri aspetti la rottura con il passato era più apparente che reale: il nuovo Stato continuava a servirsi degli apparati burocratici e militari ereditati dall'impero ottomano; inoltre sotto l'egida del kemalismo, al sultanato si era sostituita un'autocrazia militare, al sultano era subentrato Kemal, il ruolo della potente chiesa islamica era stato assunto dal partito kemalista, diventato "partito unico", pur con la facoltà riservata a pochi "indipendenti" di presentarsi alle elezioni. Era insomma un regime totalitario.
Presidente della repubblica dal 1923 al 1938 (regolarmente riconfermato da maggioranze schiaccianti nelle "elezioni" del 1927 e del 1931), nominato "maresciallo" dall'Assemblea nazionale e ghazi ("Che ha combattuto nella guerra santa contro gli infedeli") dalla chiesa islamica, Mustafa Kemal, che nel 1929 assunse il nome di Ataturk ("padre della Turchia" o "grande turco") esercitò la propria dittatura giustificandola con la necessità di applicare le riforme: combatté co[...]

[...]7 Inonu firmerà con gli U.S.A. il primo accordo per la fornitura di aiuti, accettando poi un'ingerenza economica e militare sempre più diretta degli U.S.A. nella vita del paese.
Nel 1945 cominciò a essere riveduta, anche per adattarne il testo alla nuova forma linguistica, la Costituzione varata da Ataturk nel 1924 (poi aggiornata nel 1928 in senso laicista e nel 1937 in senso totalitario kemalista). Ferma restando la rigorosa messa al bando del Partito comunista (mai accettato in Turchia) , fu consentita la nascita di qualche formazione politica, ponendo fine al sistema di "partito unico" kemalista: nacque così, alla fine del 1945, la prima forza di opposizione costituzionale, rappresentata dal Partito democratico diretto da Celal Bayar e Adman Menderes. Il primo era stato già nel 19371939 presidente del Consiglio con Ataturk e poi con lo stesso Inonu; il secondo era assai più giovane, ma entrambi godevano di larga popolarità. Nelle elezioni del 1946 infatti il Partito democratico ottenne 1/6 dei deputati, dando avvio all'interno del regime a una certa dialettica che favorì ulteriori riforme. Nel 1947 venne fondato anche il Partito del Millet, antikemalista islamico e conservatore che ottenne la reintroduzione dell'istruzione religiosa. Nel 1948 venne abrogata la legge marziale e nel maggio 1950 furono indette nuove elezioni che videro il trionfo del Partito democratico. Ottenuta la maggioranza assoluta, Bayar e Menderes divennero, rispettivamente, presidente della repubblica e primo ministro, quindi avviarono una politica liberaldemocratica, sempre però sotto il controllo dei vertici militari che disponevano di oltre un milione di uomini in servizio nelle forze armate.
Negli anni immediatamente successivi il Partito del Millet si rafforzò, polarizzando l'opposizione islamica e accentuando le posizioni antikemaliste, al punto che nel gennaio 1953 (prendendo spunto da alcune manifestazioni popolari) il governo lo sciolse di autorità. Immediatamente riorganizzatisi in una nuova formazione politica (chiamata Partito repubblicano nazionalista), gli islamici ottennero un notevole successo alle elezioni del 1954, affermandosi come il terzo partito, dopo il democratico e il kemalista. A questo punto i democratici strinsero un'alleanza con l'ala antikemalista e di ciò si avvalse il Partito repubblicano del popolo capeggiato dal deposto Inonu (che si riteneva il vero erede di Ataturk) per gridare al tradimento e condurre una dura opposizione al governo. Bayar e Menderes risposero instaurando un regime sempre più autoritario e arrestando i kemalisti. Le elezioni del 1957 ridiedero ai democratici la vittoria, ma la situazione economica interna era andata intanto cosí gravemente deteriorandosi per le forti spese imposte dai militari e per lo scarso aiuto internazionale dato al governo BayarMenderes, che la destra militare poté facilmente riprendere il sopravvento: con un colpo di s[...]

[...]tare
Sciolti i partiti e nominata dall'alto una Assemblea costituente, i militari capeggiati da Gursel vararono una nuova Costituzione (9.7.1961). Essa era apparentemente più avanzata delle precedenti e reintroduceva il pluralismo partitico, ma riservava alle forze armate (rappresentate da un Comitato presidenziale) il diritto di intervento diretto nel paese in qualsiasi momento. Furono quindi indette nuove elezioni che, il 15.10.1961, videro il Partito repubblicano del popolo, capeggiato da Inonu, conquistare la maggioranza relativa (173 seggi) tallonato però dal Partito della giustizia (erede del disciolto Partito democratico) con 158 seggi e da partiti minori. I militari imposero allora un governo di coalizione diretto da Inonu, con Gursel presidente della repubblica e sempre sotto la tutela del Comitato presidenziale militare.
Inonu poté governare fino al 1965, quando fu costretto a dare le dimissioni non disponendo assolutamente di una maggioranza parlamentare. Le elezioni dell'ottobre 1965 portarono alla formazione di un governo retto dal Partito della giustizia, guidato dal conservatore Demirel. Ma intanto si erano fatte sempre più insostenibili in Turchia le tensioni sociali per le perduranti condizioni di miseria popolare, per le proteste dei movimenti giovanili di destra e di sinistra che si scontravano nelle università, per la fuga dalle campagne di milioni di contadini che si venivano poi a trovare senza lavoro e senza mezzi di sussistenza nei centri urbani, o costretti a emigrare con vincoli di dipendenza semischiavistica nei confronti delle autorità di emigrazione turche. Tutto ciò alimentava una anarchia sociale con fenomeni [...]

[...]si morti e feriti, seguiti da una ondata di scioperi rivendicativi, i militari decisero di riportarsi sulla scena in prima persona: il 12.3.1971 occuparono la capitale, deposero il governo, modificarono la Costituzione introducendovi altre norme che aumentavano ulteriormente il loro potere.
Dopo circa un anno e mezzo di governo militare, nell'ottobre 1973 furono indette nuove elezioni "semidemocratiche" che videro la vittoria del sempre presente Partito repubblicano del popolo fondato da Ataturk, ma ora diretto dal "socialdemocratico" Bulent Ecevit. Questi costituì un governo di "centrosinistra", ma la situazione continuò a inasprirsi, alimentata da una opposizione extraparlamentare di destra e di sinistra che diede luogo a una ondata più che mai cruenta di estremismo: 82 morti nel 1976; 231 nel 1977; 832 nel 1978; 1.200 nel 1979. Cominciarono anche a emergere movimenti di estrema destra, come quello detto dei "Lupi grigi", oscuramente mossi da centrali straniere per azioni terroristiche in Turchia e all'estero.
In tale situazione cadde anch[...]

[...]xtraparlamentare di destra e di sinistra che diede luogo a una ondata più che mai cruenta di estremismo: 82 morti nel 1976; 231 nel 1977; 832 nel 1978; 1.200 nel 1979. Cominciarono anche a emergere movimenti di estrema destra, come quello detto dei "Lupi grigi", oscuramente mossi da centrali straniere per azioni terroristiche in Turchia e all'estero.
In tale situazione cadde anche il governo di Ecevit e salì un governo di minoranza, espresso dal Partito della giustizia guidato da Suleiman Demirel con l'appoggio del Partito islamico della salvezza nazionale che, in realtà, fece poi di tutto per sabotarlo. Alla presidenza della repubblica si trovava (a interim) Caglayangil.
Con Ecevit e il Partito repubblicano del popolo passati all'opposizione, fu ben presto bloccata l'attività legislativa e governativa per il sabotaggio opposto dagli islamici; furono congelate le riforme che pure erano state promesse dallo stesso Ecevit e fu impossibile perfino trovare un accordo per la designazione del nuovo presidente della repubblica. Mentre le faide interne dilaniavano il governo (fra l'altro, venne dimesso il ministro degli Esteri, accusato dagli islamici di essere filooccidentale e filoisraeliano), continuarono le violenze di piazza.
Nel settembre 1980, in quella che ormai era diventata una ver[...]

[...]ce compilare da 15 "esperti" una nuova Costituzione e la impose al paese (senza neanche dare la possibilità di discuterla prima pubblicamente) attraverso un referendum popolare (7.11.1982). In virtù di questa stessa Costituzione Evren — che cominciò a essere chiamato il "nuovo Ataturk" — assunse la carica di presidente della repubblica per 7 anni (cioè fino al 1989).
II 6.11.1983 furono indette le elezioni e queste videro la vittoria di un nuovo partito (detto della Madrepatria) guidato dal kemalista Turgut Ozal (già vicepresidente del governo militare), il quale ottenne 211 seggi contro i 71 seggi del Partito di democrazia nazionale sponsorizzato dai militari. Si trattava di una nuova evidente mascheratura, anche se indicava l'esistenza di una opposizione della maggioranza del paese ai militari. Comunque questi accettarono la formazione di un governo di apparente coalizione, nel quale Turgut Ozal veniva incaricato di dirigere gli affari economici, mentre il Consiglio presidenziale diretto da Evren e comprendente il capo di stato maggiore generale, nonché i comandanti delle forze armate di terra, mare e aria, si riservava in prima persona i ministeri di politica estera, difesa, sicurezza interna e [...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Partito, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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