Brano: [...]rca la perfetta identità di critica e di storia artistica. E sarebbe certo un punto importante se l’accordo esistesse, preventivamente, anche su quel che storia e critica, così conglomerate, abbiano ad essere. Ma dubito che sia così.
Per un esempio. In una storia della critica d’arte scritta recentemente da un italiano, si è pensato di far consistere il compito principale nella dichiarazione e, talvolta, ammetto, nella confutazione, di quella parte delle dottrine filosofiche che, d’epoca in epoca, avrebbe, per dir così, autorizzato il relativo giudizio critico sull’opera d’arte.
C’è però da domandarsi se, per questa strada, la migliore critica abbia ad incontrarsi spesso. Le dottrine procedono in assenza delle opere, o tutt’al più sbirciandole di lontano, la critica soltanto in presenza. Il loro convegno è perciò difficile e tutto a vantaggio delle parti astrattive che subito correranno a sforbiciare, ad amputare le facoltà più immediate e sensibili; tanto che i critici più diretti han preferito quasi sempre tenersi a buona distanza [...]
[...]stano, per esempio, a spiegare perchè le sculture di Fidia sian lasciate a sbriciolarsi al gelo per più di due millenni fino alla ra pina di Lord Elgin, che fu finalmente un atto critico rilevante dopo il più antico tentativo del nostro Morosini. E se vi fu anche un solo capraio greco che, in quel lungo tratto, lamentasse l’agonia di quei marmi, quel capraio fu certamente ‘in nuce5 un buon critico d’arte. Ma c’è stato? Fuor d’episodio, vi ha una parte di colpa anche quell’antica condanna platonica che, ove mai si fosse tradotta in sanzione, già ai garzoni di Fidia non restava che chiuder bottega ed attendere ad altro. E ci furono tempi anche più severi, chi pensi alle leggi che nella teocrazia bizantina ordinarono lo spezzamento delle immagini libere e non concessero che le più legate. Lotta per le immagini che divampò più volte anche in Occidente, con o senza editti visibili. Il congedo illimitato, anzi definitivo, proposto da Hegel per l’arte figurativa nella conclusione di una Estetica troppo ideale, ne è uno degli aspetti più noti; alt[...]
[...]iamo avuto sotto gli occhi anche ieri, altri ne abbiamo oggi e preferiamo non rammentarli.
Ripeto che, nella ostinata sopravvivenza dell’arte, la critica, come immediata risposta dell’uomo all’uomo, ci sarà stata sempre, anch’essa; ma intendo che non abbia spesso avuto agio di esplicarsi in attività specifica, in opera d’inchiostro. Dove cercarla allora, se non è ormai da sperare dalla vicinanza di universali filosofici quasi sempre ostili? A parte il lamento del supposto capraio ellenico, la ricerca va fatta cà bàtons rompus’ fin dall’antico nei più vari riflessi della polis: dai noti brevetti di gloria e di chiara fama concessi anche ad artisti figurativi, all’accertata esistenza di conoscitori, amatori, collezionisti, e cose simili. Ed è ricerca da tornar utile in ogni epoca. Recentemente, per colmare l’assenza italiana dalla buona critica accanto all’impressionismo, proponevo, senz’ombra d’ironia, di rammentare almeno il gesto della signora Giulia Ramelli che nel 1865, ancora durando il coro d’insulti all’ cOlympia’ di Manet, ne chi[...]
[...]tto che aveva in casa, non mostra che deferenza per sentito dire e si ammanta di retorica antica, inefficiente.
Boccaccio, Sacchetti? Essi non riflettono che opinioni degli studi sul peso civile della pittura circostante. Semplici dichiarazioni di voto favorevole, e non più. Alla fine del secolo, Villani vorrebbe fare qualcosa di meglio, ma finisce per modellare i caratteri dei grandi pittori trecentisti sulla falsariga di Plinio. Comincia la parte meno brillante dell’umanismo.
Così, dopo il supremo accenno di Dante, in tutta la critica del Trecento non trovo di schietto, per l’antologia, che il nome di Bruno Datini, figlio di un mercante pratese. Si era alla fine del secolo quando Niccolò di Pietro Gerini, pittore di Firenze, gli andava vantando un suo Crocefisso ‘che, se venisse Giotto, non potrebbe megliorarlo’. Secco secco gli risponde Bruno: ‘Tu di’ vero? A me sembra di legno’. E perchè anche oggi, conoscendo bene il Gerini, sappiamo che Bruno aveva ragioni da venPROPOSTE PER UNA CRITICA D’ARTE
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dere stroncandolo a quel [...]
[...]me pittura e scultura sotto Castrazione misticoplatonica del ‘disegno5 ‘da quando esso apparve in tavola o in sassi5 ; ma dove, fingendo di descrivere un drammatico tramonto sulla laguna, rende da grande prosatore (e perchè non anche da critico?) il caos coloratissimo della pittura di Tiziano.
Venuti al Seicento e a veder che strazio anche maggiore qui si faccia della verità, verrebbe voglia di rovesciare il tavolo e parlare addirittura dalla parte del cuore, che sta a sinistra. Così! Il Bellori, il Félibien e i loro adepti, gli uomini che hanno oppresso e spregiato tutti i grandi rivoluzionari fondatori della pittura moderna, Caravaggio, Rembrandt, Velazquez e, poco manca, anche Rubens,PROPOSTE PER UNA CRITICA D’ARTE
Bernini, Cortona e Borromini, son questi su cui ha da fondarsi la storia della buona critica ? Perchè hanno principi ? Gran principi i sacchi sfiatati della vecchia idea platonica, ora alleatasi al razionalismo cartesiano, i sacchi del decoro, deirinvenzione che porta alla pittura a programma letterario, della composiz[...]
[...]Pedificio. Un aforismo così geniale, come annotava cinquantanni fa, riscoprendolo, Rémy de Gourmont, da sconvolgere tutte la dottrine classicistiche e, soggiungiamo, da riammettere stabilmente l5architettura in seno alla ‘figurazione5. Questo era saper maneggiare idee che servano alla buona critica.
Non senza merito del xvm&ne cresce infatti la gloria dell5Ottocento francese. Perchè, sùbito dopo il congedo offerto severamente da Hegel a tutta Parte figurativa, scoppia egualmente la grande pittura romantica e accanto le combatte la grande critica romantica.
SainteBeuve trovava miracoli di aderenza nelle tante descrizioni di dipinti stese da Théophile Gautier che oggi ci sembrano così smorte; ma allo scrittore che ha saputo colpire talora nel segno, come quando definiva le presuntePROPOSTE PER UNA CRITICA D’ARTE
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caricature di Leonardo: ‘une arabesque anatomique ayant des muscles comme rinceaux’ non si può certo negare la qualifica di vero critico d’arte.
E, sotto il fuoco, al di là del satanismo e del ‘dandysmo’ ostentati [...]
[...]sible de ce qui pousse l’homme à produire \ Necessità dunque anche per noi di servirci di questa via di grande comunicazione.
Seconda obiezione. Dato, e non concesso, che la migliore critica d’arte sia la diretta e riuscita espressione (e irx quanto tale anch’essa inevitabilmente ‘letteraria’) dei sentimenti sollecitati da un dipinto, dove trovare il punto di consenso possibile sul nuovo risultato così ottei6
ROBERTO LONGHI
nuto? Ma se Parte stessa è storicamente condizionata, come non lo sarebbe la critica che la specchia, la specula ? E di questo le si dovrebbe far carico ? Qtliì è anzi il punto per battere in breccia quegli ultimi relitti metafisici che sono i principi del capolavoro assoluto e del suo splendido isolamento. L’opera d’arte, dal vaso dell’artigiano greco alla Volta Sistina, è sempre un capolavoro squisitamente ‘relativo’. L’opera non sta mai da sola, è sempre un rapporto. Per cominciare: almeno un rapporto con un’altra opera d’arte. Un’opera sola al mondo, non sarebbe neppure intesa come produzione umana, ma gua[...]