Brano: [...]o da approdare adesso a una lezione di massimalismo filologico, che può impressionare soltanto chi non sappia che cosa è un archivio o non conosca le cautele con le quali la stessa pubblicazione degli « Annali » Feltrinelli è stata da me presentata, senza peraltro che il Cortesi si sia sognato di informarne il lettore.
Devo premettere che Cortesi chiama in causa contemporaneamente la Fondazione Feltrinelli, il Comitato dell'Archivio Secchia, il PCI, il sottoscritto e non so chi altri ancora. È chiaro che risponderò soltanto su ciò di cui sono personalmente responsabile. Non essendo membro del Comitato scientifico della Fondazione Feltrinelli se non da epoca successiva alla pubblicazione del volume in parola, non essendo mai stato membro né del Comitato delle carte Secchia né del PCI, non sono in grado di interloquire su ciò che ad essi viene attribuito, cosí come nessuna responsabilità mi compete per affermazioni che possa avere fatto Ambrogio Donini circa la pubblicazione integrale dell'Archivio Secchia. Se quest'ultima sia l'obiettivo ultimo del Comitato per le carte Secchia, la cui composizione non è affatto una mia « rivelazione », come tra le tante altre cose vuole insinuare Cortesi per montare il senso del complotto intorno alla pubblicazione, essendo i nomi dei componenti comparsi a tutte lettere ne « l'Unità » del 7 luglio 1974 nel primo anniversario della morte [...]
[...]zioni di metodo e filologiche avanzate da Cortesi consiste proprio nel metodo di insinuazioni che egli introduce in tutta la lettura del volume) che l'archivio sia stato manomesso; perché, se le parole hanno un senso, nulla di diverso stanno a significare i numerosi appunti sulla mancata pubblicazione di questo o quel documento; o peggio ancora quando finge di credere o induce i terzi a pensare che l'Archivio di Pietro Secchia sia l'Archivio del pci.
A proposito di presunte omissioni nella pubblicazione delle carte Secchia. Non solo nelle presentazioni alle singole parti del volume, ma anche e soprattutto nella introduzione, ho avvertito ripetutamente sia delle lacune riscontrabili nell'archivio, sia di eventuali altre linee di ricerca che richiederebbero altri strumenti o l'uso di parti dell'archivio diverse da quelle prescelte per la pubblicazione degli « Annali » Feltrinelli. Alcuni esempi: proprio su un punto sul quale Cortesi lamenta che il materiale non pubblicato non consenta lumi (cfr. Cortesi, p. 531), ossia sull'esperienza di [...]
[...]tito ripetutamente sia delle lacune riscontrabili nell'archivio, sia di eventuali altre linee di ricerca che richiederebbero altri strumenti o l'uso di parti dell'archivio diverse da quelle prescelte per la pubblicazione degli « Annali » Feltrinelli. Alcuni esempi: proprio su un punto sul quale Cortesi lamenta che il materiale non pubblicato non consenta lumi (cfr. Cortesi, p. 531), ossia sull'esperienza di Secchia quale segretario regionale del Pci in Lombardia nel 195556, avevo esplicitamente avvertito che il materiale presente nell'archivio è del tutto insufficiente per uno studio di una qualche completezza (introduzione p. 120); altrove indico come filone di lavoro ancora non affrontato una ricerca sull'attività parlamentare di Secchia (p. 123), che implicherebbe fra l'altro l'ana
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lisi di quel che esiste del carteggio con il suo collegio elettorale; in altro passo ancora accenno alla necessità di approfondire il discorso sul lavoro di Secchia nelle organizzazioni di massa antifasciste e in particolare [...]
[...]attività parlamentare di Secchia (p. 123), che implicherebbe fra l'altro l'ana
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lisi di quel che esiste del carteggio con il suo collegio elettorale; in altro passo ancora accenno alla necessità di approfondire il discorso sul lavoro di Secchia nelle organizzazioni di massa antifasciste e in particolare all'interno dell'ANPI (p. 124); già in precedenza avevo avvertito che l'eventualità di disporre dell'Archivio del PcI avrebbe rappresentato una prospettiva di lavoro completamente diversa (p. 80); infine, non manca neppure un cenno ai limiti delle stesse carte della Commissione nazionale di organizzazione del PcI contenute nell'Archivio Secchia (p. 88). Come se non bastasse, nella presentazione ai Diari ho sottolineato come essi costituissero il corpo piú omogeneo dei materiali inediti lasciati da Pietro Secchia (p. 253) e ho fatto riferimento altresì al corpo complessivo dell'archivio per l'utilità che esso offre quale complemento strumentale alla lettura di questo corpo omogeneo (p. 256). In nessun caso quindi io ho nascosto che non di pubblicazione integrale dell'Archivio si trattava, ma delle sue parti che io continuo a ritenere le piú importanti e quelle veramente importanti nell'ottica considera[...]
[...]al 1945 al 1954 (cfr. « Belfagor », p. 537), c'è da domandarsi se parla con conoscenza di causa o se per caso non intendesse porre un quesito, sia pure con la mala grazia che gli è congeniale. La categoricità con la quale egli si pronuncia mi fa ritenere che soltanto il già citato metodo dell'insinuazione sia il supporto delle sue del tutto gratuite affermazioni, se non la volontà precipua di far credere che l'archivio Secchia sia l'archivio del PcI. L'ho già detto e lo ripeto: la parte essenziale dell'Archivio ha inizio con il 1954; non che per il periodo precedente manchi materiale. Ma vanno fatte alcune precisazioni: la prima è che il blocco piú consistente di questo materiale anteriore al 1954 è rappresentato dal Promemoria autobiografico pubblicato in apertura della parte documentaria del volume. La seconda, che un altro settore omogeneo, ma di cui non è stata ancora accertata la completezza, di materiale è costituito da stenogrammi (o probabilmente da dattiloscritti) di interventi di Secchia alle riunioni di c.c.: non è sicuro che [...]
[...]un altro settore omogeneo, ma di cui non è stata ancora accertata la completezza, di materiale è costituito da stenogrammi (o probabilmente da dattiloscritti) di interventi di Secchia alle riunioni di c.c.: non è sicuro che si tratti di stenogrammi perché bisognerebbe accertare a partire da quale epoca furono tenuti stenogrammi, circostanza sulla quale ho raccolto testimonianze troppo incerte per potere avanzare precisazioni: solo l'Archivio del PcI potrebbe illuminarci in proposito. Molto piú rari sono gli interventi in altri organismi di partito, alcuni di questi semplici riassunti, un paio relativi a riunioni della direzione; i dattiloscritti di alcuni discorsi sono forse, a giudicare dalla brevità e dal contesto, semplici tracce. Taluni dei rapporti al Comitato centrale, gli interventi ai congressi del partito, il rapporto alla conferenza nazionale di organizzazione del 1947 si trovano in testi pubblicati. Non esiste per questi anni alcuna corrispondenza interna di partito. Che cosa dedurne? Anzitutto la conferma che si tratta di un
[...]
[...] l'esistenza dell'inedito o del documento clamoroso quando non esiste, questo sí è veramente inspiegabile e bizzarro, per usare due aggettivi cari al lessico di Cortesi. Che cosa vuole dippiú sullo scontro tra Secchia e Togliatti di quanto non abbia già detto Secchia e che si trova fedelmente e integralmente riprodotto negli « Annali »? Cercare ciò che nell'Archivio Secchia non esiste e che se mai esiste salterà forse un giorno dall'Archivio del pci, mi pare ozioso e pretestuoso insieme, proprio in presenza di tutto quello che è emerso dalla pubblicazione degli « Annali » (che non so quanto sia piaciuta al pci, a dispetto di quanto pensa Cortesi e a giudicare dalle recensioni alquanto liquidatorie che ne hanno scritto Spriano su « l'Unità » e Amendola su « Rinascita »: ma possibile che siano sfuggite a un lettore cosí puntiglioso come Cortesi?) e soprattutto del fatto che se c'è un uomo politico che ha cercato di lasciare la piú ampia testimonianza non soltanto scritta ma stampata del suo lavoro politico e del suo patrimonio ideale questo è proprio Pietro Secchia. Questo, anche per ribadire che è ridicolo lamentare (come fa Cortesi, ancora a p. 545 nota 27) che io abbia soltanto citato e non anche [...]
[...]materiale. Sottovaluta ad esempio che la figura di Secchia era insostituibile proprio perché il materiale documentario, che soprattutto nel primo dei volumi degli « Annali » proveniva essenzialmente dall'Archivio Tasca con integrazioni dall'Archivio dell'Istituto Gramsci, era inserito in un tessuto narrativo che è in gran parte un racconto autobiografico di Secchia. Lo stesso si dica per il
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volume sul contributo del PcI alla Resistenza, costruito anch'esso su carte personali di Secchia e su carte tratte da altri archivi; ma erano sempre la memoria e l'intervento personale di Secchia a fornire l'intelaiatura e la struttura del lavoro. È chiaro che il periodo dal 1945 in poi poneva problemi nuovi di redazione del volume anche per le mutate condizioni della lotta politica. Ora, considerando il complesso dell'Archivio per quest'ultimo periodo risulta evidente che fin quando Secchia ha operato come uno dei massimi dirigenti del PcI la testimonianza della sua attività deve trovarsi essenzialmente nell'Archivio del[...]
[...]hia e su carte tratte da altri archivi; ma erano sempre la memoria e l'intervento personale di Secchia a fornire l'intelaiatura e la struttura del lavoro. È chiaro che il periodo dal 1945 in poi poneva problemi nuovi di redazione del volume anche per le mutate condizioni della lotta politica. Ora, considerando il complesso dell'Archivio per quest'ultimo periodo risulta evidente che fin quando Secchia ha operato come uno dei massimi dirigenti del PcI la testimonianza della sua attività deve trovarsi essenzialmente nell'Archivio del PCI; ho già detto che cosa si trova nell'archivio Secchia: interventi ai comitati centrali, un numero assai minore di testi (o riassunti di essi) di interventi in altri organismi di partito, opuscolame e altre pubblicazioni che in buona parte sono servite per il lavoro di annotazione. Il Promemoria autobiografico è l'unica traccia compiuta che consenta la sutura con l'inizio del Diario,, che non a caso Secchia prende a scrivere dopo l'inizio dello scontro definitivo con Togliatti. Sarà banale osservazione, ma è presumibile che fino al luglio del 1954 Secchia non abbia avuto letteralmente la possi[...]
[...]sa pubblicazione avrebbe aperto prospettive assai diverse allo studio non solo del caso Secchia ma della storia del nci. Ma a questo punto mi permetto di dubitare che egli sarebbe in grado di farlo. I vuoti della pubblicazione non sono arbitrari né dovuti soltanto alla scelta, che ribadisco, di aver privilegiato la pubblicazione integrale dei Diari: sono un vuoto oggettivo dell'Archivio, non colmabile senza una compenetrazione con l'Archivio del PCI, se e nella misura in cui questo esiste ed è completo o quanto meno passabilmente completo.
Non sono frammenti di altri documenti o singoli documenti che possono essere rimasti fuori dalla pubblicazione a modificare questo quadro e questa situazione complessiva. Non da ultimo Cortesi dimostra di non capire che il « lauto (e costoso) `pranzo alle otto' di rivelazioni e anticipazioni che rischiano di rimpicciolire le questioni politiche alla scala del personale e dell'interpersonale ecc. » (p. 538: è un linguaggio che cito con fastidio, ma tant'è, è quello che piace a Cortesi) non è il frutto [...]
[...]ne di altre vicende che emergono dal complesso del lavoro e degli sviluppi dei quali fu partecipe Secchia, è bene dire che altrettanto arbitrario sarebbe stato qualsiasi altro criterio. Certo, volendo si poteva fare un volume solo di corrispondenza. Ma crede Cortesi che sarebbe stato veramente importante e comunque avrebbe potuto fornire la chiave di quegli elementi dei quali egli lamenta la mancanza per la comprensione politica della storia del PCI? Personalmente ne dubito, il che per conto mio non esclude che altri possa e voglia procedere ad una pubblicazione integrale. Ma il sospetto è l'arma ermeneutica di Cortesi: che anche sulla corrispondenza sia stata applicata la « censura »? Possibile che il criterio di selezione debba equivalere a una « censura »? Forse perché cosí è piú scandalistico? Perché fa piú rotocalco? Fa piú storia del PcI? Che il carteggio con Togliatti presente nell'Archivio Secchia cominci sul finire del 1954 si può spiegare con il fatto che la consuetudine di lavoro nel periodo precedente rese meno necessario il contatto epistolare; in secondo luogo, e prioritariamente, che la parte di questo carteggio relativa a questo periodo dovrebbe trovarsi nell'archivio del PCI, trattandosi probabilmente (e dico probabilmente perché dobbiamo ragionare per intuizione e per ipotesi non avendo io la pretesa della divinazione) di materiali non di discussione politicopersonale, come avverrà successivamente, ma piú strettamente politico. Ma c'è un richiamo di Cortesi che questa volta sorprende e induce a pensare o alla sua malafede o al suo candore, non soltanto come storico ma anche come ex militante del PCI. Meraviglia per l'appunto che uno come Cortesi che è stato all'interno del PCI abbia cosí scarsa capacità politica e metodologica di non percepire certe sfumature e certe spie del sistema di lavoro all'interno del partito, le regole in altri termini del gioco alle quali anche Secchia si atteneva scrupolosamente perché non erano regole né buone né cattive, moralisticamente intese, ma parte di un costume politico e di una disciplina politica tipici di un'epoca del comunismo italiano e internazionale. A proposito di una lettera di Secchia a Togliatti da me citata a p. 627 e da Secchia nei Diari, p. 289 e da me non pubblicata perché, scrivo, « di non rilevante interesse », [...]
[...]rano regole né buone né cattive, moralisticamente intese, ma parte di un costume politico e di una disciplina politica tipici di un'epoca del comunismo italiano e internazionale. A proposito di una lettera di Secchia a Togliatti da me citata a p. 627 e da Secchia nei Diari, p. 289 e da me non pubblicata perché, scrivo, « di non rilevante interesse », Cortesi stupito si chiede (p. 530): « Ma può mai essere tale una lettera tra i due dirigenti del PcI, e quella lettera in particolare, che cade nel periodo piú drammatico dei loro rapporti, e della vita politica del suo autore? ». Sissignore, ci creda o no Cortesi, è proprio cosí. Quella lettera non è stata pubblicata perché è una semplice lettera di accompagnamento alla relazione di viaggio nella DDR viceversa pubblicata. Ma qui sorge appunto il problema: come può Cortesi pensare che Secchia approfittasse di una circostanza del tutto secondaria del suo residuo lavoro di partito per affrontare con Togliatti problemi di ben altra natura? Secchia sapeva troppo bene quale divisione di ruoli esi[...]
[...]tesi, è proprio cosí. Quella lettera non è stata pubblicata perché è una semplice lettera di accompagnamento alla relazione di viaggio nella DDR viceversa pubblicata. Ma qui sorge appunto il problema: come può Cortesi pensare che Secchia approfittasse di una circostanza del tutto secondaria del suo residuo lavoro di partito per affrontare con Togliatti problemi di ben altra natura? Secchia sapeva troppo bene quale divisione di ruoli esisteva nel PcI; nel momento in cui gli era stato affidato il compito di recarsi nella DDR egli di questo e soltanto di questo riferiva a Togliatti. Gli altri problemi venivano trattati in separata sede, come dimostrano le altre lettere scambiate tra i due.
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Senza tenere conto di questa ferrea regola di non confondere cose e ruoli diversi,
la stessa possibilità di interpretare le vicende all'interno del Pci viene amputata di una delle sue regole metodologiche fondamentali.
Altrettanto incomprensibile, pare una gaffe, a essere benevoli, è lo stupore che Cortesi manifesta per il fatto che il carteggio con Longo appaia « quasi a senso unico, perché alle dodici lettere di Secchia fanno riscontro solo due lettere della controparte » (« Belfagor », p. 531). L'intero Diario di Secchia fa fede dei pessimi rapporti che intercorsero tra i due dirigenti dopo l'infortunio del 1954: io stesso ho accennato nell'introduzione al diverso atteggiamento che maturò nel rapporto tra Secchia e altri dirigenti del Pc[...]
[...]e Cortesi manifesta per il fatto che il carteggio con Longo appaia « quasi a senso unico, perché alle dodici lettere di Secchia fanno riscontro solo due lettere della controparte » (« Belfagor », p. 531). L'intero Diario di Secchia fa fede dei pessimi rapporti che intercorsero tra i due dirigenti dopo l'infortunio del 1954: io stesso ho accennato nell'introduzione al diverso atteggiamento che maturò nel rapporto tra Secchia e altri dirigenti del Pci, in particolare nel rapporto con Longo (p. 109). Come se non bastasse, proprio nella presentazione della seconda sezione della corrispondenza io stesso ho anticipato questa annotazione, della quale Cortesi non si è degnato di informare il lettore di « Belfagor » e che riproduco integralmente (dalla p. 667 del volume) perché mi sembra che mi esima dall'aggiungere altre spiegazioni o altri rinvii ai Diari di Secchia:
Nella seconda sezione si troveranno le lettere di Secchia a Longo. Due osservazioni si impongono a questo riguardo: si tratta, con due sole eccezioni, unicamente di lettere di Sec[...]
[...]tere di Secchia a Longo. Due osservazioni si impongono a questo riguardo: si tratta, con due sole eccezioni, unicamente di lettere di Secchia, un'osservazione che richiama in generale il modo di lavorare e di coltivare i rapporti di Longo, come nota del resto nei quaderni lo stesso Secchia. La seconda osservazione sottolinea piuttosto un aspetto politico: non è forse casuale che, dopo la freddezza che si nota nei rapporti tra i due dirigenti del PCI negli anni immediatamente successivi al 1954, le lettere di Secchia si intensifichino dopo la nomina di Longo a segretario generale del PCI. La circostanza non sembra indicativa soltanto della maggior confidenza personale che Secchia aveva nei confronti di Longo, rispetto a Togliatti; essa fa pensare anche che Secchia considerasse la presenza di Longo alla segreteria del PCI come una garanzia del recupero di linee e di posizioni politiche che in altri anni e in altri periodi della vita del partito li avevano accomunati nelle stesse battaglie.
Se Cortesi avesse tenuto conto, come in altri casi, di queste e analoghe osservazioni, forse il processo indiziario che egli ha voluto intentare al volume degli « Annali » Feltrinelli avrebbe assunto un tono e uno spessore diversi. C'è fra l'altro un piccolo particolare che mi sfugge: procedendo all'annotazione dei Diari e di altri documenti riprodotti nel volume, io ho richiamato anche non pochi altri documenti contenuti n[...]
[...]armi come protagonista di un'operazione di occultamento o di archiviazione o come incon
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sapevole strumento di una simile congiura è il motivo sotteso a tutto il discorso
di Cortesi ed è esplicato a tutte lettere a p. 538 del suo scritto: « La pubblicazione di una parte dell'archivio di Pietro Secchia contribuisce, quindi, paradossal
mente, alla archiviazione di Pietro Secchia e alla emarginazione dalla storia del PcI di una serie di problemi e di dati reali del comunismo ». Ho conosciuto Pietro Secchia anche troppo bene e gli sono stato legato in un rapporto di reciproco rispetto e di reciproca discussione, ma non oserei per questo avanzare alcuna pretesa nei confronti della sua memoria né servirmi del suo nome per rituali affermazioni né per esibizionismi politici o personalistici. So di avere affrontato un lavoro ingrato e avrei gradito che se ne parlasse con uno spirito diverso da quello di uno azzeccacarbugli. Ma forse tanto era impossibile chiedere a Cortesi. La scarsa serietà della sua critica è dim[...]
[...]é per esibizionismi politici o personalistici. So di avere affrontato un lavoro ingrato e avrei gradito che se ne parlasse con uno spirito diverso da quello di uno azzeccacarbugli. Ma forse tanto era impossibile chiedere a Cortesi. La scarsa serietà della sua critica è dimostrata oltre tutto dalla greve insinuazione (siamo sempre purtroppo a questo genere d'inquisizione) che io abbia proceduto « a base di bene aggiustate citazioni da storici del PcI », le quali assieme alla riduzione interpretativa della figura di Secchia che io avrei operato, « rimandano al clima di compromesso nel quale ha preso corpo questa edizione dell'As » (p. 536). Siamo cosí arrivati alla conclusione fantapolitica, oltre che al tentativo di squalificare personalmente il mio lavoro facendo credere che io abbia acceduto a tendenziose e compiacenti citazioni di non meglio identificati storici del PcI. Siamo arrivati al punto che citare uno storico del PcI è di per sé un fatto infamante? Un lettore come Cortesi è in grado di distinguere dove la citazione ha valore di convalida di determinate ipotesi e dove serve per avviare un discorso critico? Nessuna distinzione esiste piú tra un uso e l'altro della citazione? O dovremo tacere di chi ha scritto, in modo apologetico o critico, della storia del PcI perché ha in tasca la tessera del PcI? Ingenuità, naturalmente, da parte mia. Ma che dire allora quando Cortesi si richiama alla « introduzione (pp. ci sgg.), molto precisa ed esplicita su tutta l'esperienza spagnola di Togliatti » (« Belfagor » p. 539, nota 15) di Paolo Spriano al tomo primo del IV volume delle Opere di Togliatti? Gli piacerebbe che si sospettasse di una sua connivenza o complicità con operazioni di occultamento politico del PcI?
ENZO COLLOTTI
Luigi Cortesi rinunzia al consueto intervento di chiusura, con la seguente breve lettera:
Caro Belfagor, non mi pare che la replica di Enzo Collotti introduca elementi di chiarimento e di discussione tali da rendere utile un mio nuovo intervento. Mi limito quindi a rimandare i lettori al mio scritto nel fascicolo del settembre scorso, e ad invitare i piú interessati ad un confronto fra le osservazioni ed argomentazioni mie e quelle di Collotti. Nella replica c'è invece la tendenza ad una degenerazione polemica sul piano personale, e io rinuncio a seguirla, diversiva com'è ri[...]