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Il segmento testuale Opera è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 45Analitici , di cui in selezione 2 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Luigi Salvatorelli, L'azione cattolica in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...] cattolicismo si indica delle autorità ecclesiastiche e dai cattolici militanti con il termine «Azione cattolica » preso
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nel primo senso; bensì, certe attività specifiche, caratterizzate e unificate da uno spirito e da un obbiettivo comuni: caratterizzazione e unificazione che è, per l'appunto, cómpito dell'Azione cattolicaistituto di assicurare.
La caratterizzazione dell'Azione cattolica quale partecipazione laicale all'opera di apostolato del clero é stata fatta propria, e sistematicamente ripetuta, dal successore di papa Ratti, Pio XII, nonché dalle alte gerarchie cattoliche di ogni paese: ed ha avuto la sua proclamazine « urbi et orbi » nel primo « Convegno mon diale per l'apostolato dei laici» tenutosi a Roma dal 7 al 14 ottobre 1951. Ad esso parteciparono — secondo i dati dell'Osservatore Romano — sessantaquattro paesi e trentacinque organizzazioni nazionali.
Il tema dell'apostolato laico in collaborazione con la gerarchia ecclesiastica fu il motivo conduttore dei discorsi tenuti al Convegno, con insistenza [...]

[...]va in questo, che potremmo chiamare il suo canto del cigno quale Presidente dell'Azione cattolica italiana.
Al motivo della purificazione individuale, svolto prevalentemente dal Veronese, fu associato quello della spiritualità sociale da monsignor Cardijn, il fondatore della J.O.C. (« Jeunesse ouvrière chrétienne »), istituita nel Belgio ed estesasi felicemente alla Francia: organizzazione fondata sul principio della cristianizzazione del mondo operaio a mezzo degli operai. Mons. Cardijn, con frase suggestiva, definì il momento storico attuale «l'ora più missionaria della storia della Chiesa D. La trasformazione sociale, irresistibile e necessaria, crea problemi che non possono esser risolti senza una forza spirituale capace di assicurare, attraverso lo sviluppo della coscienza e della responsbialità, la dignità e la libertà dell'uomo. Questa forza spirituale è il cristianesimo. Occorrono cristiani che vivano intensamente il loro cristianesimo in tutta la loro vita personale, e rechino la testimonianza di Cristo e il messaggio della Chiesa in tutti i settori d[...]

[...]i partiti, « sarebbe biasimevole di lasciare libero il campo, per la direzione degli affari dello stato, agli indegni e agli incapaci D.
Qui, evidentemente, siamo al di là — molto al di là — di quelle idee di influenza consequenziale, di penetrazione morale, per la modificazione in meglio e la trasformazione della società civile e politica, di cui abbiamo inteso parlare al Congresso. All'efficacia indiretta, al risultato obbiettivo terreno dell'opera soprannaturale — il « soprappiù "» data, secondo il Vangelo, a chi cerca il regno di Dio — subentra qui l'azione diretta, il proposito preventivo, 1'« interventismo» politicosociale; anche se, prudentemente, il pontefice aggiunge che «é difficile formulare su questo punto una regala uniforme per tutti ».
Questi ammonimenti del pontefice sui pericoli di ogni concezione (( puramente religiosa » dell'Azione cattolica, non erano sulla
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sua bocca cosa nuova. Già quattro anni innnanzi, per due volte nel corso di otto mesi, Pio XII aveva manifestato la stessa preoccupazione. [...]

[...]zioni teocratiche. Ricordiamo le parole rivolte ai pellegrini francesi nel 1909: «Chi si ribella all'autorità della Chiesa, sotto l'ingiusto pretesto che essa invade i termini dello Stato, impone dei termini alla verità. La Chiesa domina il mondo perché é la sposa di Gesù Cristo ». Come si vede, Pio X anticipa qui la dottrina di Pio XI sulla regalità di Cristo esercitantesi attraverso la Chiesa.
Pio X è una figura estremamente interessante, e l'opera sua di pontefice fu di grande importanza, non soltanto per la Chiesa. La figura attende ancora chi la ritragga «in piedi », come l'opera non ha ancora avuto il suo storico. Leone XIII aveva mirato a
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rimettere in contatto la Chiesa col mondo mediante un'opera paziente e pieghevole di adattamento; aveva voluto far riprendere
al papato la partecipazione — egli, anzi, aveva sognato: la dire zione — nella vita internazionale. Pio X fece opera tutta contraria: lavorò a concentrare, a raccogliere in se stesso, ad isolare (potremmo dire) il cattolicesimo. Concentration et défense catholiques: con queste parole fu esattamente definita l'opera sua.
A Leone XIII non meno che a Pio XI spetterebbe il titolo di papa dell'Azione Cattolica. Potremmo dire che il primo é stato il fondatore, il secondo il restauratore (e il terzo, papa Pacelli, il trasformatore). L'« Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici rappresenta la prima organizzazione dell'Azione cattolica: si può in proposito consultare con profitto il libro del De Rosa, presso Laterza, L'Azione cattolica. Storia politica dal 1874 al 1904. L'a Opera dei Congressi » rispondeva piuttosto al principio, vigorosamente riaffermato adesso da Pio XII, dell'espansione della Chiesa dal santuario nel mondo civile, che non a quello dell'« apostolato laico» quale abbiamo visto predominare nel congresso omonimo. L'a Opera» — il cui titolo burocratico trovò censure nel campo dell'integralismo cattolico italiano — agiva principalmente nel campo economicosociale e in quello amministrativo, permessi e anzi additati ai cattolici dallo stesso pontefice che teneva in piedi rigorosamente il « non expedit» per le elezioni politiche.
Alla fine del pontificato di Leone XIII intervenne a compli care le cose la democrazia cristiana, alla cui avanguardia era Don Romolo Murri. Partendo da principi teocratici, Murri arrivava alla democrazia sociale, che la Chiesa avrebbe dovuto far sua rivolgendola contro lo stato liberalela[...]

[...]dallo stesso pontefice che teneva in piedi rigorosamente il « non expedit» per le elezioni politiche.
Alla fine del pontificato di Leone XIII intervenne a compli care le cose la democrazia cristiana, alla cui avanguardia era Don Romolo Murri. Partendo da principi teocratici, Murri arrivava alla democrazia sociale, che la Chiesa avrebbe dovuto far sua rivolgendola contro lo stato liberalelaico. L'urto con la direzione (Paganuzzi) della vecchia « Opera » fu fortissimo; ma Leone XIII riuscì ancora a cavarsela, prima di scomparire, con il suo metodo di dare o un colpo al cerchio e uno alla botte ». Un metodo simile era inconcepibile per Papa Sarto, e per il suo alto consigliere ed esecutore, Merry del Val. Di fronte alla penetrazione democristiana nell'o Opera », largamente effettuatasi sotto il successore di Paganuzzi, il Grosoli, Papa e Segretario di Stato impugnarono la
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spada recidente i nodi gordiani. L'Opera dei Congressi nel luglio 1904 fu sciolta, e sostituita da tre organizzazioni separate, facenti tutte capo direttamente alla Curia romana e da essa rigidamente controllate; Unione popolare (aspirante a imitare il « Volksverein della Germania cattolica); Unione economicosociale; Unione elettorale cattolica. Guardando alla situazione di oggi, potremmo dire che alle tre corrispondono rispettivamente l'Azione cattolica propriamente detta, le ACLI, i Comitati civici.
Il concetto direttivo della demolizione e ricostruzione piana fu che la politica dovesse essere rigorosamente esclusa dall'attività [...]

[...] fu che la politica dovesse essere rigorosamente esclusa dall'attività delle organizzazioni cattoliche, mentre l'azione sociale doveva tenersi totalmente immune da tendenze demosocialistiche. I democratici cristiani in parte (la maggiore) si sottomisero, in parte tentarono una organizzazione politica autonoma, che fu messa al ban do dal pontefice (Murri venne scomunicato), e si dissolse.
A questa contrazione ed epurazione dell'Azione cattolica, operata da Pio X e Merry del Val, corrispose la lotta a fondo antimodernistica, sboccata nel fenomeno detto dell'« integralismo cattolico », che ebbe il suo esponente piú caratteristico, e altresì meno degno, in monsignor Benigni con la sua « Corrispondenza romana n e con una trama organizzativa che poteva dirsi una specie di massoneria clericale. Ma corrispose anche l'alleanza politica in Italia fra cattolici e moderati, estensione di quella amministrativa, con sospensione del «non expedit» caso per caso: sospensione attuata assai parzialmente nelle elezioni del 1904 e sistematicamente nel 1913 (P[...]



da Paolo Bosisio, La rappresentazione dell'«Ajace» e la tecnica teatrale foscoliana in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...], quanto scrive all'Ugoni: Epistolario, vol. III, p. 479), i rapporti che mantiene sempre vivi con gli attori di maggior nome (cfr. Epistolario, vol. w, pp. 232233).
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LA RAPPRESENTAZIONE DELL'.0 AJACE » E LA TECNICA TEATRALE FOSCOLIANA 143
tuttavia opportuno richiamare l'attenzione sul copioso mannello di documenti e testimonianze che di tale attività hanno conservato la traccia, pur consci di quanto sia difficile ricostruire con esattezza l'opera di un regista, in gran parte affidata all'evento effimero dello spettacolo.
La sovrapposizione della figura dell'autore con quella dell'allestitore risale — com'è noto — a tempi assai remoti: l'Ariosto, il Ruzante, il Bibbiena non sono che tre esempi fra i piú significativi per l'importanza della loro opera e per l'epoca di rinascente splendore teatrale in cui agirono. Nel corso dei secoli, tuttavia, tale prassi si attenuò per smarrirsi quasi completamente con la graduale affermazione delle compagnie professionistiche e del capocomicato. La scelta del Foscolo, dunque — che pur non è un caso isolato se si pensa che anche l'Alfieri e il Monti amavano recitare le loro opere drammatiche — rivela il preciso intento di collegare la scrittura drammaturgica alla scrittura scenica, di verificare personalmente alla prova del palcoscenico l'efficacia di un dettato che non è e non può essere meramente poeti[...]

[...]ferenza per il palcoscenico della Canobbiana, piú adatto di quello immenso della Scala all'ambientazione cimiteriale della tragedia, il Foscolo spedí, insieme al testo, « tutti gli avvertimenti sul vestiario, la scena e l'azione » (Epistolario, vol. iv, pp. 318 e 280). Tali indicazioni sono le stesse che si possono leggere su un copione della Ricciarda, conservato presso la Comunale di Bassano: per quanto apografe, esse sono con ogni probabilità opera del Foscolo che volle cosí precisare nei minimi particolari le sue disposizioni sulla realizzazione della scena e dei costumi 18. Gli esecutori dovettero essere molto coscienziosi, se il Foscolo, scontento sotto ogni altro aspetto dello spettacolo, scrisse: « La scena era ben decorata, esattamente dipinta, e il vestiario convenientissimo a' tempi e magnifico ... il pubblico picchiava le mani ... » (Epistolario, vol. iv, p. 350). Di parere diverso era stato il Lampredi, che, sul « Poligrafo » del 29 dicembre 1811 aveva scritto dell'Ajace: « I vestimenti inargentati, indorati, ingemmati, e la f[...]

[...] sovrintenda all'illuminazione del palcoscenico, e dettagliate istruzioni rivolte al piú umile dei servi di scena, il « buttafuori »19.
Quanto si è detto prova con certezza l'interesse profondo del Foscolo per il teatro, inteso nella sua duplice e ibrida natura di letteratura e spettacolo: può essere utile ora verificare in quale misura tale interesse, unito alle esperienze registiche condotte personalmente dall'autore, abbia influito sulla sua opera di drammaturgo.
Un primo riscontro, per cosi dire, immediato si trova nella presenza delle didascalie, illustranti con precisione l'azione dei personaggi Z0: tale
18 Per brevità, non riportiamo le lunghe note foscoliane. Basti qui ricordare che egli descrive in dettaglio oltre al costume di ogni singolo attore (e anche delle comparse), l'acconciatura, i fregi e gli ornamenti dei protagonisti (cfr. L. FABRIs, Di un copione della « Ricciarda » di U. Foscolo, in « Giornale storico della letteratura italiana », xxxvi, 1900, p. 384).
19 Negli appunti si specificano infatti le porte attraverso c[...]

[...]za classica, se, dopo averla rispettata nel 1 e nel iv atto del Tieste e nel iv atto dell'Ajace, la ignorò nella Ricciarda.
Alla base del concetto di teatralità sta quello di azione sul quale, non a caso, insiste molto il Foscolo negli scritti in cui puntualizza la sua poetica drammaturgica 39. Nonostante egli riveli una notevole lucidità speculativa, le sue tragedie, e l'Ajace in particolare, non sono sempre soddisfacenti sotto tale profilo. « Opera nobilmente immota nella sua antiteatrale staticità » 40, l'Ajace è privo di un vero sviluppo tragico: l'azione è svuotata del suo principio motore dal momento che il protagonista è deciso ad uccidersi fin dall'inizio e la catastrofe, dunque, è potenzialmente un fatto compiuto 41. Gli avvenimenti destinati a dar corpo all'intreccio e il nodo drammatico stanno al di fuori della tragedia, supposti dall'autore o appena accennati nei dialoghi dei personaggi. Pur non mancando, infatti, squarci di notevole evidenza lirica e anche drammatica, scene che per ispirazione, sviluppo ed esecuzione fanno pr[...]

[...]ll'Ajace il maggior numero di personaggi (sei, contro i quattro del Tieste e i cinque della Ricciarda) e la trama piú debole e confusa comportano un abuso dell'espediente: le scene di congiunzione sono otto (II, 2, 3, 4, 9; ni, 1; Iv, 4, 7; v, 5).
39 « ... L'autore deve nel breve spazio dal principio alla fine della sua azione far nascere tali accidenti che, quantunque naturalissimi e quasi minimi, ridestino quelle antiche passioni, le facciano operare fortemente in que' forti caratteri, e sciolgano pietosamente e terribilmente l'azione » (Epistolario, vol. Iv, p. 215). « ... L'azione e il suo progresso non consiste negli avvenimenti affollati, e incalzantisi, bensí negli accidenti naturalissimi e minimi che rieccitando le passioni de' personaggi le infiammano, e le fanno scoppiare e le riducono alla catastrofe: e questo progresso di passione è per me il vero moto dell'azione tragica » (Epistolario, vol. Iv, p. 221).
4° F. DOGLIO, Il teatro tragico italiano, Parma, Guanda, 1960, p. 144.
41 Quanto piú efficace, sotto quest'aspetto, il pu[...]

[...]o di versi spezzatissimi, giocati su parole e sospensioni scenicamente assai efficaci, e una coppia di monologhi suggestivamente disperati (y, 2). Sono assenti, invece, nell'Ajace quei colpi di scena e quel suspense che, pur rifiutati dall'Alfieri, il Foscolo aveva opportunamente adottato nel Tieste (III, 2; Iv, 2;
v, 3) e che, in misura minore, riprenderà nella Ricciarda (1, 4; III, 5). Si tratta — è vero — di artifici, forse poco consoni a un'opera di poesia ma, sotto il profilo teatrale, essi sono assolutamente giustificati dall'esigenza di tener desto l'interesse dello spettatore, coinvolgendolo il piú possibile nel meccanismo dell'azione tragica, cioè a dire in quello scontro di forti passioni in cui lo stesso Foscolo identifica la fonte di ammaestramento morale e civile.
Quanto alla struttura dialogica 42, un'analisi approfondita dell'Ajace rive
42 L'importanza dei dialoghi nella tragedia è sottolineata dallo stesso Foscolo: « Qualunque tragedia tutta intera non è che la rappresentazione d'una o piú azioni sviluppate solamente per[...]

[...]i nei momenti culminanti della tensione drammatica: tale procedimento potrebbe essere la spia di un linguaggio tragico mancato, ondeggiante fra desiderio di autenticità e suggestioni letterarie ancor vive. Non è dubbio, infatti, che già nell'Ajace l'aspirazione a un dettato poetico e scenico personale sia assai forte, pur non realizzandosi, neppure con la Ricciarda, in un linguaggio tragico davvero organico e nuovo.
Per valutare piú equamente l'opera teatrale del Foscolo bisogna, a nostro avviso, pensare anche al contesto in cui essa si inserisce: a fronte di una produzione tragica abbondante quanto squalificata sotto il profilo letterario e scenico quale fu quella sviluppatasi fra il Settecento e l'Ottocento, le tragedie foscoliane testimoniano un impegno culturale, civile e strettamente teatrale di grande rilievo.
Certo la natura di poeta del Foscolo è essenzialmente lirica: e lirico,
45 « Forse uno stile piú semplice e piú disinvolto, come lo è talvolta quello del Maffei, del Metastasio, del Goldoni e di alcuni viventi, può essere pe[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Opera, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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