Brano: [...], quanto scrive all'Ugoni: Epistolario, vol. III, p. 479), i rapporti che mantiene sempre vivi con gli attori di maggior nome (cfr. Epistolario, vol. w, pp. 232233).
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LA RAPPRESENTAZIONE DELL'.0 AJACE » E LA TECNICA TEATRALE FOSCOLIANA 143
tuttavia opportuno richiamare l'attenzione sul copioso mannello di documenti e testimonianze che di tale attività hanno conservato la traccia, pur consci di quanto sia difficile ricostruire con esattezza l'opera di un regista, in gran parte affidata all'evento effimero dello spettacolo.
La sovrapposizione della figura dell'autore con quella dell'allestitore risale — com'è noto — a tempi assai remoti: l'Ariosto, il Ruzante, il Bibbiena non sono che tre esempi fra i piú significativi per l'importanza della loro opera e per l'epoca di rinascente splendore teatrale in cui agirono. Nel corso dei secoli, tuttavia, tale prassi si attenuò per smarrirsi quasi completamente con la graduale affermazione delle compagnie professionistiche e del capocomicato. La scelta del Foscolo, dunque — che pur non è un caso isolato se si pensa che anche l'Alfieri e il Monti amavano recitare le loro opere drammatiche — rivela il preciso intento di collegare la scrittura drammaturgica alla scrittura scenica, di verificare personalmente alla prova del palcoscenico l'efficacia di un dettato che non è e non può essere meramente poeti[...]
[...]ferenza per il palcoscenico della Canobbiana, piú adatto di quello immenso della Scala all'ambientazione cimiteriale della tragedia, il Foscolo spedí, insieme al testo, « tutti gli avvertimenti sul vestiario, la scena e l'azione » (Epistolario, vol. iv, pp. 318 e 280). Tali indicazioni sono le stesse che si possono leggere su un copione della Ricciarda, conservato presso la Comunale di Bassano: per quanto apografe, esse sono con ogni probabilità opera del Foscolo che volle cosí precisare nei minimi particolari le sue disposizioni sulla realizzazione della scena e dei costumi 18. Gli esecutori dovettero essere molto coscienziosi, se il Foscolo, scontento sotto ogni altro aspetto dello spettacolo, scrisse: « La scena era ben decorata, esattamente dipinta, e il vestiario convenientissimo a' tempi e magnifico ... il pubblico picchiava le mani ... » (Epistolario, vol. iv, p. 350). Di parere diverso era stato il Lampredi, che, sul « Poligrafo » del 29 dicembre 1811 aveva scritto dell'Ajace: « I vestimenti inargentati, indorati, ingemmati, e la f[...]
[...] sovrintenda all'illuminazione del palcoscenico, e dettagliate istruzioni rivolte al piú umile dei servi di scena, il « buttafuori »19.
Quanto si è detto prova con certezza l'interesse profondo del Foscolo per il teatro, inteso nella sua duplice e ibrida natura di letteratura e spettacolo: può essere utile ora verificare in quale misura tale interesse, unito alle esperienze registiche condotte personalmente dall'autore, abbia influito sulla sua opera di drammaturgo.
Un primo riscontro, per cosi dire, immediato si trova nella presenza delle didascalie, illustranti con precisione l'azione dei personaggi Z0: tale
18 Per brevità, non riportiamo le lunghe note foscoliane. Basti qui ricordare che egli descrive in dettaglio oltre al costume di ogni singolo attore (e anche delle comparse), l'acconciatura, i fregi e gli ornamenti dei protagonisti (cfr. L. FABRIs, Di un copione della « Ricciarda » di U. Foscolo, in « Giornale storico della letteratura italiana », xxxvi, 1900, p. 384).
19 Negli appunti si specificano infatti le porte attraverso c[...]
[...]za classica, se, dopo averla rispettata nel 1 e nel iv atto del Tieste e nel iv atto dell'Ajace, la ignorò nella Ricciarda.
Alla base del concetto di teatralità sta quello di azione sul quale, non a caso, insiste molto il Foscolo negli scritti in cui puntualizza la sua poetica drammaturgica 39. Nonostante egli riveli una notevole lucidità speculativa, le sue tragedie, e l'Ajace in particolare, non sono sempre soddisfacenti sotto tale profilo. « Opera nobilmente immota nella sua antiteatrale staticità » 40, l'Ajace è privo di un vero sviluppo tragico: l'azione è svuotata del suo principio motore dal momento che il protagonista è deciso ad uccidersi fin dall'inizio e la catastrofe, dunque, è potenzialmente un fatto compiuto 41. Gli avvenimenti destinati a dar corpo all'intreccio e il nodo drammatico stanno al di fuori della tragedia, supposti dall'autore o appena accennati nei dialoghi dei personaggi. Pur non mancando, infatti, squarci di notevole evidenza lirica e anche drammatica, scene che per ispirazione, sviluppo ed esecuzione fanno pr[...]
[...]ll'Ajace il maggior numero di personaggi (sei, contro i quattro del Tieste e i cinque della Ricciarda) e la trama piú debole e confusa comportano un abuso dell'espediente: le scene di congiunzione sono otto (II, 2, 3, 4, 9; ni, 1; Iv, 4, 7; v, 5).
39 « ... L'autore deve nel breve spazio dal principio alla fine della sua azione far nascere tali accidenti che, quantunque naturalissimi e quasi minimi, ridestino quelle antiche passioni, le facciano operare fortemente in que' forti caratteri, e sciolgano pietosamente e terribilmente l'azione » (Epistolario, vol. Iv, p. 215). « ... L'azione e il suo progresso non consiste negli avvenimenti affollati, e incalzantisi, bensí negli accidenti naturalissimi e minimi che rieccitando le passioni de' personaggi le infiammano, e le fanno scoppiare e le riducono alla catastrofe: e questo progresso di passione è per me il vero moto dell'azione tragica » (Epistolario, vol. Iv, p. 221).
4° F. DOGLIO, Il teatro tragico italiano, Parma, Guanda, 1960, p. 144.
41 Quanto piú efficace, sotto quest'aspetto, il pu[...]
[...]o di versi spezzatissimi, giocati su parole e sospensioni scenicamente assai efficaci, e una coppia di monologhi suggestivamente disperati (y, 2). Sono assenti, invece, nell'Ajace quei colpi di scena e quel suspense che, pur rifiutati dall'Alfieri, il Foscolo aveva opportunamente adottato nel Tieste (III, 2; Iv, 2;
v, 3) e che, in misura minore, riprenderà nella Ricciarda (1, 4; III, 5). Si tratta — è vero — di artifici, forse poco consoni a un'opera di poesia ma, sotto il profilo teatrale, essi sono assolutamente giustificati dall'esigenza di tener desto l'interesse dello spettatore, coinvolgendolo il piú possibile nel meccanismo dell'azione tragica, cioè a dire in quello scontro di forti passioni in cui lo stesso Foscolo identifica la fonte di ammaestramento morale e civile.
Quanto alla struttura dialogica 42, un'analisi approfondita dell'Ajace rive
42 L'importanza dei dialoghi nella tragedia è sottolineata dallo stesso Foscolo: « Qualunque tragedia tutta intera non è che la rappresentazione d'una o piú azioni sviluppate solamente per[...]
[...]i nei momenti culminanti della tensione drammatica: tale procedimento potrebbe essere la spia di un linguaggio tragico mancato, ondeggiante fra desiderio di autenticità e suggestioni letterarie ancor vive. Non è dubbio, infatti, che già nell'Ajace l'aspirazione a un dettato poetico e scenico personale sia assai forte, pur non realizzandosi, neppure con la Ricciarda, in un linguaggio tragico davvero organico e nuovo.
Per valutare piú equamente l'opera teatrale del Foscolo bisogna, a nostro avviso, pensare anche al contesto in cui essa si inserisce: a fronte di una produzione tragica abbondante quanto squalificata sotto il profilo letterario e scenico quale fu quella sviluppatasi fra il Settecento e l'Ottocento, le tragedie foscoliane testimoniano un impegno culturale, civile e strettamente teatrale di grande rilievo.
Certo la natura di poeta del Foscolo è essenzialmente lirica: e lirico,
45 « Forse uno stile piú semplice e piú disinvolto, come lo è talvolta quello del Maffei, del Metastasio, del Goldoni e di alcuni viventi, può essere pe[...]