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Il segmento testuale Oltre è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 549Analitici , di cui in selezione 14 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Alan Lomax, Nuova ipotesi sul canto folcloristico italiano nel quadro della musica popolare mondiale in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]e sullo studio degli stili musicali e delle consuetudini musicali dei popoli. Preferisco il termine « stile » a quello di « consuetudine » perché il primo dà il senso di un elemento vivo e dinamico della vita
110 ALAN LOMAX
umana; « consuetudine » invece pone in rilievo quanto vi è in
essa di non creativo, di meccanico e determinata
Nei termini « stile musicale » o « consuetudine musicale »
dobbiamo far rientrare l'intero fenomeno musicale. Oltre che degli elementi formali della musica, dobbiamo tener conto dell'intona
zione della voce, della tecnica seguita per l'emissione della voce, osservando anche attentamente la posizione del corpo e la tensione muscolare dell'ugola e del volto. Non meno importante sono il numero di persone abitualmente partecipanti al concerto e il modo in cui esse cooperano fra di loro. Le circostanze in cui avviene il cantare, la funzione sociale e psicologica e il contenuto emotivo dei vari canti devono essere giudicati « in proprio » ma anche in rapporto alle parole del canto. Importantissimo è poi accerta[...]

[...]di dolore e di delusione presente in quest'area. Spesso, infatti, è allegro, teneramente sensuale e nobile.
L'area europea antica fu l'ultima conquistata dai grandi imperi del passato. In certe isolate zone di montagna, nelle isole ecc. é ancora presente una civiltà più antica, spesso comunale. La condizione della donna é di eguaglianza nel proprio campo e l'atteggiamento di fronte ai problemi del sesso é più liberale.
3) Americano Coloniale.
Oltre alle tribù indiane e alla popolazione afroamericana già descritta, quest'area comprende tutti i territori coloniali. Gli stati musicali in queste colonie corrispondono nell'insieme a quelli delle culture europee. In generale l'area ha carattere eurasiatico dato che l'influsso della Spagna e della Gran Bretagna vi predominano. In queste descrizioni bisogna sempre ricordare l'esistenza di svariate zone di frontiera e di speciali casi di assimilazione.
NUOVA IPOTESI SUL CANTO FOLCLORISTICO ITALIANO 117
4) Pigmoide.
Piccoli gruppi di tribù nell'Africa Centrale e sudoccidentale, nell'India cent[...]

[...] Europa, e le parole hanno spesso maggiore importanza della musica. I canti di lavoro sono simili a quelli della Spagna Meridionale, lunghi e acuti lamenti di disperazione. Strumenti: la chitarra usata come strumento ritmico, il flauto, il tamburello, un semplice oboe, le castagnette, un primitivo violino e vari strumenti ritmici. Danze sia a due che a gruppi.
Dominata dai romani e conquistata dagli arabi questa è una regione povera, ma ci sono oltre a numerosi latifondi molte piccole fattorie e la povertà é meno grave che nel Sud.
Le donne sono ancora relegate in casa e gelosamente custodite. Il normale contatto tra i sessi è difficile ma non come a Su'd. I bambini godono di una maggiore indipendenza e sono meno spesso oggetto di castighi fisici.
11 Nord, che comprende le regioni a Nord dei Pirenei oltre alla Catalonia é Eurasiatico Antico, con tracce eurasiatiche. Il quadro é ulteriormente complicato dai vincoli celtici della Galizia e dal mistero dei Baschi. Benché ci siano molti tipi di canti assolo, alcuni, come ad esempio l'Asturianada, in un fiorito stile eurasiatico, la maggior parte dei canti e delle danze é corale. Le voci sono più aperte e più gravi che nella Spagna Centrale, più lim pide e occasionalmente squillanti. Molte ottime voci di basso.
Ci sono scarsi segni di tensione vocale; il corpo é rilassato,
124 ALAN LOMAX
l'ugola distesa ma senza sforzo, l'espressione del volto s[...]



da Voce Enciclopedica redazionale, Turchia in Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice)

Brano: [...]eparano dalla Tracia turca (23.764 kmq), ultimo residuo dei possedimenti che l'impero ottomano aveva in Europa. Nella parte sudorientale della penisola anatolica si trovano l'Armenia e il Kurdistan (ampia regione geografica ripartita fra Turchia, Siria, Iran e Iraq).
La capitale della Turchia è Ankara (2.316.000 ab.), quasi al centro dell'Anatolia, ma la città economicamente più importante è Istanbul (fino al 1929 si chiamava Costantinopoli) con oltre 3.000.000 di ab.; seguono Smirne (777.000 ab.) e Adana (644.000 ab.) . La popolazione è per oltre il 90% di origine turca, con una consistente minoranza curda, mentre gli armeni (che all'inizio del secolo si contavano a milioni) si sono ridotti a poche decine di migliaia per gli eccidi compiuti dai turchi contro questa nazionalità (v. Genocidio). Vi sono inoltre circa 370.000 arabi, residenti nella provincia già siriana di Hatay, acquisita dalla Turchia nel 1939 in seguito ad accordi con la Francia, all'epoca potenza mandataria sulla Siria. Oltre il 99% della popolazione è di religione islamica, compresi un 10% circa di sciiti, concentrati nella Turchia sudorientale. Quest'area ha acquistato una particolare importanza dopo la rivoluzione iraniana del 1979, per cui lo Stato turco, aiutato dagli U.S.A., ha qui dato impulso alla costruzione di infrastrutture militari.
La Turchia è membro della N.A.T.O. dal 18.2.1952 ed è anche membro associato della Comunità economica europea. Le sue istituzioni, formalmente democratiche, sono di fatto dominate da una fortissima casta militare, legata alla N.A.T.O. e in particolar modo agli U.S.A. che ve[...]

[...] I turchi combatterono sul Caucaso, nel mar Nero, a Gallipoli, in Mesopotamia e in Palestina, recando un notevole contributo militare agli Imperi centrali: in Siria e in Palestina l'esercito turco costituì una minaccia per il Canale di Suez e per la presenza britannica in Egitto; il blocco degli Stretti, impedendo il passaggio alle navi russe, non permise che si realizzasse una fattiva collaborazione tra la Russia e i suoi alleati occidentali; inoltre il prestigio di cui la Turchia godeva in tutto il mondo arabo creò problemi nelle colonie francesi e britanniche. Nondimeno, nel maggio 1915 le truppe zariste irruppero nell'Anatolia orientale per un centinaio di chilometri fino al lago Van, ma con la pace di BrestLitovsk (marzo 1918) le provincie orientali torneranno sotto sovranità dei turchi (che coglieranno l'occasione per dare il colpo di grazia agli armeni, accusati di connivenza con il nemico).
Nel 1916, ispirata e sostenuta dall'Inghilterra, ebbe inizio sul fronte meridionale la guerriglia araba contro i turchi (la famosa "rivolta del[...]

[...]to di riscossa popolare, fu la prima a riconoscere il suo governo. Giocando poi sui disaccordi esistenti fra le potenze occidentali, Kemal riuscì a concludere con altri governi accordi separati, fino a ottenere l'annullamento del Trattato di Sèvres firmato dal sultano il 10.8. 1920 e a rinegoziare la pace attraverso il Trattato di Losanna (24.7. 1923) che restaurava la sovranità turca sull'intera Anatolia, sulla Tracia orientale e sugli Stretti.
Oltre a ottenere questi successi militari e diplomatici, Kemal avviò un programma di riforme politiche, sociali ed economiche. Fondato il Partito repubblicano del popolo e divenutone il leader incontrastato, puntò sulla laicizzazione della Turchia per trasformarla in un paese moderno: nel 1922 abolì il sultanato; il 29.10. 1923 proclamò la repubblica e ne assunse la presidenza, ponendo a capo del governo il suo fido collaboratore Ismet Pascià; nel 1924 fece approvare dalla Assemblea nazionale una nuova Costituzione che, fra l'altro, aboliva l'istituzione del califfato (cioè dei "successori" di Maom[...]

[...]zione economica che dava ampio spazio alle nazionalizzazioni e alla proprietà statale, con un particolare potere di intervento diretto delle forze armate nella vita del paese. Tutte queste riforme cambiarono il volto della Turchia, eliminando il potere islamico, ma sotto altri aspetti la rottura con il passato era più apparente che reale: il nuovo Stato continuava a servirsi degli apparati burocratici e militari ereditati dall'impero ottomano; inoltre sotto l'egida del kemalismo, al sultanato si era sostituita un'autocrazia militare, al sultano era subentrato Kemal, il ruolo della potente chiesa islamica era stato assunto dal partito kemalista, diventato "partito unico", pur con la facoltà riservata a pochi "indipendenti" di presentarsi alle elezioni. Era insomma un regime totalitario.
Presidente della repubblica dal 1923 al 1938 (regolarmente riconfermato da maggioranze schiaccianti nelle "elezioni" del 1927 e del 1931), nominato "maresciallo" dall'Assemblea nazionale e ghazi ("Che ha combattuto nella guerra santa contro gli infedeli") da[...]

[...]servatore che ottenne la reintroduzione dell'istruzione religiosa. Nel 1948 venne abrogata la legge marziale e nel maggio 1950 furono indette nuove elezioni che videro il trionfo del Partito democratico. Ottenuta la maggioranza assoluta, Bayar e Menderes divennero, rispettivamente, presidente della repubblica e primo ministro, quindi avviarono una politica liberaldemocratica, sempre però sotto il controllo dei vertici militari che disponevano di oltre un milione di uomini in servizio nelle forze armate.
Negli anni immediatamente successivi il Partito del Millet si rafforzò, polarizzando l'opposizione islamica e accentuando le posizioni antikemaliste, al punto che nel gennaio 1953 (prendendo spunto da alcune manifestazioni popolari) il governo lo sciolse di autorità. Immediatamente riorganizzatisi in una nuova formazione politica (chiamata Partito repubblicano nazionalista), gli islamici ottennero un notevole successo alle elezioni del 1954, affermandosi come il terzo partito, dopo il democratico e il kemalista. A questo punto i democratici[...]

[...]una completa militarizzazione della Turchia, nel quadro della N.A.T.O., cui il paese era sempre legato dal 1952.
In effetti, nella metà degli anni Sessanta, esplosero in Turchia tutte le tragiche conseguenze di una politica ventennale del tutto estranea agli interessi e alle esigenze vitali della popolazione: divenuta essenzialmente una base che doveva proteggere in funzione antisovietica il fronte Sud dell'Alleanza Atlantica, con un esercito di oltre 600.000 uomini enormemente al di sopra delle possibilità finanziarie dello Stato, quindi con una casta militare potentissima ma nello stesso tempo dipendente in modo assoluto, tramite la N.A.T.O., dall'imperialismo nordamericano, la Turchia subiva tutte le conseguenze di quella impossibile situazione per un paese delle sue dimensioni: uno sviluppo industriale accelerato ma unilaterale perché rivolto esclusivamente al potenziamento di infrastrutture di interesse militare (industria pesante peraltro mal gestita, armamenti, vie di comunicazione predisposte solo secondo programmazioni belliche ec[...]

[...] a chi per esso, sotto il costante controllo di una polizia capace di svolgere le proprie mansioni soltanto attraverso arresti indiscriminati, repressioni cruente, tortura e deportazione degli oppositori politici di qualsiasi fatta.
Una peculiarità del regime turco, generalmente passata sotto silenzio e tuttavia fondamentale per capire la natura del potere esercitato dai militari, consisteva (e consiste) nel fatto che In Turchia le forze armate, oltre a detenere le armi, erano direttamente proprietarie delle risorse economiche decisive del paese: la grande industria, le banche, l'organizzazione dei trasporti pubblici ecc.. Alle corporazioni di ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica appartenevano, sotto varie forme, non solo le principali imprese, ma anche le risorse naturali della Turchia, come le miniere (fra cui quelle importantissime di cromo), i pozzi petroliferi, gli impianti idroelettrici ecc., così come negli altri paesi capitalistici queste risorse appartengono alle rispettive holding private. Per tale motivo gli [...]



da Alberto L'Abate, Tre storie di emigrati in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]rai lavoro me li renderai ». Non me ne dimenticherò mai, è stato gentilissimo. Mi accompagnò persino con la sua macchina, per due giorni interi, per aiutarmi a trovare un lavoro. Ed infine riuscimmo a trovare il posto dove sono ancora, in una ditta asfal tatrice di strade. Sono manovale, la paga è buona ed il padrone mi rispetta. L'unico guaio è che si lavora sempre all'aria aperta, anche quando piove, ed ogni tanto mi riprendono i reumatismi. Inoltre, ogni anno, devo tornare in Italia per i mesi d'inverno, con tutta la famiglia, e non si è mai sicuri di poter rientrare in Svizzera. Se, per qualche ragione, non vogliono rinnovare
TRE STORIE DI EMIGRATI 169
il contratto, ci tocca restare in Italia. Mio figlio va a scuola qui, nella scuola svizzera, e va anche bene. Il maestro ne è molto contento, e deve studiare in francese! Ma ogni inverno gli tocca perdere due o tre mesi di scuola, non lo posso mica lasciare solo, ha appena 12 anni. Lui ci ha passione per lo studio e mi ha detto che vuole continuare. E io non voglio fare come mio padre [...]

[...]duro, ed i compagni non andarono in Germania. Nel '55 invece non fummo capaci di difendere le nostre libertà ed il lavoro dei licenziati; avevamo dichiarato sciopero a tempo indeterminato ma è durato pochissimo, ci siamo arresi quasi subito. Avevo perduto così la fiducia nei miei compagni di lavoro e non potevo più restare, vedevo in molti la paura ed in altri un conformismo ed un quieto vivere che toglieva loro, agli occhi miei, ogni dignità. Inoltre la sorveglianza .cui eravamo sottoposti era diventata sempre peggiore. Ci controllavano dappertutto. E tutte le volte che si usciva si doveva passare la visita. C'era un vero esercito, per spiarci. E se si doveva andare da un reparto all'altro, anche per lavoro, si doveva essere accompagnati o avere il permesso del caposquadra. Ci sono delle guardie con tanto di berretto. Il loro comandante, un exmaresciallo dei carabinieri, era un tizio che si vantava, almeno così mi hanno detto, di avere trattato duramente i partigiani. E la situazione non è molto cambiata. Sono stato ultimamente a casa ed [...]

[...]o di una certa grandezza, qui ci sono tutti i ferri delle varie misure, e messi in ordine. Prendo quello segnato per la misura che mi occorre e sono sicuro che va bene, perché ogni tanto fanno il controllo e se è consumato lo cambiano. In Italia invece li lasciano sempre 11 e sempre tutti in disordine. Così, per fare lo stesso lavoro devo fare le prove finché non trovo il ferro adatto; si perde un sacco di tempo in più senza concludere niente. Inoltre molto spesso i dirigenti non sono capaci di organizzare bene il lavoro; per questo talvolta le nostre ditte vanno male e devono fare tutti quei licenziamenti. Dovrebbero venire qui ad imparare!
Perd, per quanto riguarda le assicurazioni sociali, la Svizzera é il paese
176 ALBERTO L'ABATE
dove ce n'è di meno. Per la Cassa Malattie, per esempio, ogni ditta ha la sua solo per l'operaio. Se si ammala qualcuno della famiglia non c'è niente. Oppure bisogna fare una assicurazione privata, come ce n'è moltissime, `ma che si ingrassano sugli operai. Io ho le stesse assicurazioni degli svizzeri, tra[...]

[...]non sono sposato. Ho a carico una sorella vedova che ha un figlio che sta ancora studiando. Gliel'ho dimostrato con le ricevute dei soldi che mando, all'ufficio tasse, ma non ne hanno tenuto quasi conto; le hanno solo diminuite un pochino.
Al sindacato non sono iscritto. Volevo farlo, ma poi successero i fatti di Ungheria e mandarono fuori dai posti dirigenti tutti i comunisti. Ed io in un sindacato dove non c'è libertà non ci voglio entrare. Inoltre il sindacato non fa quasi nulla, non può neppure fare scioperi. Firmò un patto con i padroni, qualche anno fa, dove si impegnavano a non farli. La chiamano « pace sindacale », la chiamano.
Io, una volta al giorno, mangio in un ristorante di fronte a casa mia. I padroni sono italiani ed hanno una buona cucina. L'altro pasto lo prendo invece alla mensa della fabbrica, é cucinato alla svizzera, non è molto buono, ma meglio che niente.
Per la camera ho avuto fortuna: pago solo 55 franchi al mese. Per una camera cosí chiedono, di solito, 100 franchi ed anche piú. Ma c'è il cimitero, qui davanti,[...]

[...]o le elezioni per rinnovare il consiglio. Io, nei tre anni che ha funzionato, sono sempre stato rieletto. Nell'idea di Gramsci il consiglio di gestione era uno strumento di educazione della classe operaia che, studiando i problemi della produzione e dell'industrializzazione, si preparava al momento in cui queste leve sarebbero state completamente nelle sue mani. Con questo spirito c'eravamo gettati li dentro e l'abbiamo sempre fatto con impegno. Oltre il consiglio di gestione c'era anche la commissione interna. Lavoravano spesso insieme, ma qualche volta si trovavano in contrasto. Se c'era, per esempio, da discu
178 ALBERTO L'ABATE
tere su dei licenziamenti, la commissione interna ci si opponeva per principio; noi, del consiglio di gestione, dovevamo invece studiare se il licenziamento di un certo numero di persone non avrebbe potuto migliorare le condizioni della fabbrica per poi permetterci, dopo qualche mese, di riassumere i licenziati.
Le cose sono andate avanti tosi fino a dopo il '48. Con la venuta di De Gasperi dell'America e la [...]

[...]camera in qualche famiglia, ma spesso non vogliono i bambini e tosi molti italiani non possono richiamare i loro familiari. Nella mia ditta si sta un poco meglio perché lo Stato ha dato dei sussidi alle fabbriche per degli appartamenti a buon mercato per operai. A noi non li danno, non ne abbiamo diritto, ma spesso gli svizzeri che ci vanno ci lasciano le loro vecchie case. Ma altri italiani vivono ancora in baracche o in condizioni orribili.
Inoltre non possiamo cambiare lavoro. Anche questo è scritto sul permesso di soggiorno. Perciò, anche se non ci si trova bene in una fabbrica, non si può andare in un'altra sotto pena di essere rispediti in Italia. In teoria, sarebbe possibile, se il padrone desse il permesso; ma in realtà non lo danno, perché hanno bisogno di noi, e se non ci fossimo noi a fare certi lavori, non troverebbero nessuno. E molte volte abbiamo insegnato a lavorare anche agli svizzeri. Qui sono meglio di noi come macchinari, hanno roba più moderna, ma come lavoro spesse volte i migliori siamo noi. Hanno voglia a dirci che[...]

[...]o si esce non fanno niente, e se ci siamo presi una malattia e cadiamo ammalati in Italia, la cassa malattie di qui non paga una lira. Specie per gli stagionali: muratori, manovali, minatori, che ogni anno devono rientrare in Italia per qualche mese, questo fatto è gravissimo. Se prendono qualche malattia professionale, la silicosi, per esempio, per i minatori, e cadono ammalati in Italia, sono rovinati.
Quelli che lavorano nelle costruzioni, inoltre, se hanno famiglia in Italia, non hanno assegni familiari. E se hanno a carico i genitori o i fratelli gli tolgono pochissimo dalle tasse. Ma questo anche per le altre categorie.
Inoltre c'èé la questione della difesa militare. Perché a noi italiani ci tocca pagare per la difesa nazionale svizzera? I francesi hanno ottenuto di non farlo. Tempo fa, alla Cappella italiana, è venuto a parlare un nostro ministro. Quando ha finito, ho chiesto il contraddittorio e gli ho domandato perché il governo non facesse niente per farci togliere questa tassa. Ha cominciato a rispondere un sacco di belle cose, dicendo che, per amor della patria, era giusto che si pagasse per la difesa delle altre patrie contro l'aggressione. Io non ci ho visto più ed ho gridato: « Ma che patria e patria, il p[...]



da Armanda Guiducci, La morte grande in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...] continuità e della salvezza di una tradizione nazionale, un culto ottundente della morte.
In questa erezione della morte a potenza schiacciante per puri fini contingenti, una sostanziale mancanza di terrore e di pieta rende i mausolei moderni imparagonabili con la reale grandezza faraonica. Chi ha visitato le grandi tombe millenarie dell'Egitto, ha provato a inoltrarsi, vivo, nel cunicolo e nelle segrete della morte. L'ossessione del destino d'oltretomba, l'orrore della profanazione danno una cupa, ma solenne ragione all'accortezza degli inganni che dominano interamente queste costruzioni. La potenza della morte é più forte, insomma, della potenza e della fama del morto colà sepolto.
Nei mausolei moderni, il gioco degli inganni é rovesciato: non si tratta più di stornare i vivi, di indurli a rispettare una solitudine senza scampo, bensì di attirarli alla fama del defunto, usando dell'atroce prestigio della sua passività per colpire e per marcare le coscienze in un senso voluto.
Se il Grand Tombeau parigino deve la propria maestà mostru[...]

[...]a della morte di Lenin.
Guardo il corteo che si snoda, ordinato in mestizia e rigore dalla polizia (« la polizia, / faccia di culo ») e ripenso a quel vivo tempo di morte cantato da Maiakowski, quando sulla Piazza Rossa sembrò che nuovamente la Russia fosse diventata nomade. (« La diga delle strade / si spacca in mezzo / e cantando / gli uomini / si precipitano alla morte »).
Silenziosi, ordinati, a pascetti, gli uomini guadagnano il Mausoleo. Oltre il basso portale e il presentat'arm pietrificato delle sentinelle, la scalinata esterna del monumento si fa naturalmente scala interna, per la discesa alla cella. I marmi più preziosi che l'Unione Sovietica possegga sono stati impiegati per la facciata: il granito rosa proviene dall'Ucraina, dalla Carelia il porfido rosso che mensola il tempietto;. eppure si fondono senza sontuosità, con un effetto di colore caldo e tranquillo. Ignoro da quale regione sia stato cavato il marmo che riveste la sala di ingresso, che corre lungo le scale: è un marmo mai veduto in Europa, azzurro piombo, vibrante [...]

[...]reve scala, discenderne una uguale per guadagnare l'uscita. Nella stanza, di proporzioni rispettose, una penombra rossa, una luce che vi gela le dita. Vi rendete conto che siete in una cella frigorifera.
« Fine; / fine, / fine. / Chi / convincere? / Un vetro, / e sotto vedete...» fino al petto, parallele a pochi metri di distanza, le statue di carne in cui abitarono gli uomini Stalin e Lenin. Due busti, piú precisamente. Dal ventre in giù, una coltre di bronzo copre, con pieghe pietose, le loro figure spezzate.
La luce rossa li lambisce e, sfiorando con un raggio rosato la testa e le mani scolpite in quella cera opaca in cui si blocca, con la morte, la nostra materia organica, trucca il pallore cadaverico.
La mano sinistra di Lenin poggia tesa sul massiccio lenzuolo. La destra è serrata a pugno, all'altezza del cuore, su una giacca simile a camiciotto, con il colletto alto chiuso e due tasche ai lati del petto.
Sono due mani piccole ma affusolate, con le nocche lunghe come hanno gli intellettuali: mani che hanno scritto, che hanno pens[...]



da Enea Cerquetti, Si accumulano le tensioni politiche e militari [sopratitolo: L'Italia nel Mediterraneo] in KBD-Periodici: Rinascita 1969 - 12 - 19 - numero 50

Brano: [...]o dell'accesso di Gibilterra al Mediterraneo e della navigazione nell'Atlantico orientale (da Madera alle Azzorre). Esso ha ottenuto un comando che, in caso di operazioni, dirigerebbe la testa di ponte degli USA in Europa, sotto la protezione da una parte della chiusura di Gibilterra e dall'altra degli sbarramenti naturali dei Pirenei: l'uscita della Francia dall'Organizzazione, esalta infatti il ruolo della penisola Iberica come appoggio primo, oltre Atlantico, verso l'Europa.
In cambio il Portogallo chiede tra l'altro sostegno nelle sue colonie o che comunque la NATO abbia anche una politica e una presenza in Africa.
Israele, da parte sua, da decenni ha il sostegno dell'imperialismo. Tuttavia, oltre il tradizionale aiuto economico, politico, diplomatico, in armamenti e in servizi d'informazione, oggi partecipa a manovre navali combinate con le squadre del comando napoletano. Per bocca dei suoi esaltatori sulla stampa militare, come Paul Giniewsky, lo Stato sionista brandisce il suo stock di armi nucleari — già trasportabili dagli aerei Skyhawks entro un raggio di 600 chilometri e ora trasportabili dai Phantom, nel raggio di mille — e si presenta come potenza militare imbattibile e che sta ottenendo successi nella costruzione di aerei e di impianti per il transito di petrolio dal Mar Ross[...]

[...]ampa militare, come Paul Giniewsky, lo Stato sionista brandisce il suo stock di armi nucleari — già trasportabili dagli aerei Skyhawks entro un raggio di 600 chilometri e ora trasportabili dai Phantom, nel raggio di mille — e si presenta come potenza militare imbattibile e che sta ottenendo successi nella costruzione di aerei e di impianti per il transito di petrolio dal Mar Rosso al Mediter raneo senza passare per il Canale di Suez. Israele è inoltre attivo, e mostra di voler sviluppare una sua politica africana di assistenza tecnologica e militare agli Stati subsahariani, facendo leva sopra il baluardo del filoamericanismo costituito dall'Etiopia. Per questo non sembra preoccuparsi della sua alleanza col Sud Africa e la Rhodesia.
Molte di queste posizioni di Israele probabilmente saranno destinate a restare velleità o linee di tendenza più che realtà. Ben diversa è invece la situazione del Sud Africa. La sua posizione circa la segregazione razzia le dei neri gli ha provocato molte rotture formali, ma esso rimane relativamente indifferen[...]

[...]tuazione del Sud Africa. La sua posizione circa la segregazione razzia le dei neri gli ha provocato molte rotture formali, ma esso rimane relativamente indifferente. Dopo l'imposizione dell'embargo di armi conseguente a una decisione dell'ONU, il Sud Africa dichiara non solo di aver dato impulso alle proprie industrie della difesa — ha costruito tra l'altro, su licenza italiana alcune centinaia di Macchi MB 326 per la caccia antiguerriglia — e inoltre dichiara di avere nazioni amiche che vendono armi, aerei e navi necessari.
Il maggiore generale Francis De Guingand, presidente della South African Foundation, nota che il Sud Africa ha le forze armate più poderose del continente e, da un punto di vista economico, da tempo è già un centro minerario tra i più importanti del mondo. Da un altro punto di vista le sue possibilità di controllo e di servizio sulla rotta del Capo di Buona Spe
(da Nebelspalter di Rorschach, Svizzera)
rana, già, decisive prima del 1967, dopo quella data sono state intenzionalmente accresciute. Dal giugno '67 alla fi[...]

[...]ra i più importanti del mondo. Da un altro punto di vista le sue possibilità di controllo e di servizio sulla rotta del Capo di Buona Spe
(da Nebelspalter di Rorschach, Svizzera)
rana, già, decisive prima del 1967, dopo quella data sono state intenzionalmente accresciute. Dal giugno '67 alla fine del '68 ben 10.000 navi che avrebbero dovuto passare per Suez sono transitate per il Sud Africa in aggiunta a quelle che già vi transitavano. Oggi, inoltre, le superpetroliere già costruite e in cantiere, unite alle supernavi addette al trasporto coi containers, sarebbero già tagliate comunque fuori" dal Canale di Suez, che ne risulterebbe declassato. Israele, d'altra parte, in stretta collusione col Sud Africa, ha intenzione di tenerlo ben chiuso e progetta per sé quegli impianti alternativi già ricordati e che pomperebbero un quantitativo annuo pari a quello già trasportabile attraverso il canale.
Il Sud Africa, dunque, rispetto ai suoi partners maggiori, come il Portogallo e Israele, o minori, come la Rhodesia, è lo Stato che più vocifera su[...]

[...]vocifera sul suo ruolo per l'imperialismo occidentale. Esplicitamente, e lo dimostra in tutto quel che avviene nell'Africa meridionale, nelle vicine colonie portoghesi nonchè negli Stati razzisti della Rhodesia e del South West Africa, esso dichiara di volersi sostituire al « vuoto » presunto lasciato dalla decolonizzazione. Ciò tuttavia non basta. I sudafricani guardano al vuoto che tra un anno l'Inghilterra lascerà nell'Oceano Indiano e sono inoltre impazienti nel far constatare che il Ca mando Atlantico della NATO ha responsabilità limitate fino al Tropico settentrionale. Oltre la presenza statunitense, che tuttavia per ora non è stabile in queste zone dei due oceani, il Sud Africa chiede ed è disposto a giocare un suo ruolo di potenza navale regionale, da integrarsi nella NATO secondo lo schema ricordato in precedenza.
Inoltre, non come alternativa, ma come integrazione di questi rapporti, il Sud Africa progetta che Argentina, Brasile, Australia e Nuova Zelanda — le maggiori potenze dell'emisfe
ro australe si accordino politica
mente ed economicamente in una organizzazione per il controllo delle aree meridionali fino all'Antartide, congiungendo così gli interessati a tre oceani.
Il Sud Africa prefigura dunque per sè un ruolo molto più esteso di quel



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] R. Manelli, Note sulla poesia dialettale ternana in Studi gramsciani

Brano: [...]to nesso ha voluto trovarlo riflesso nel canto popolare e nel folklore.
Vorrei ricordare a questo proposito alcune sue affermazioni ricavandole dai Quaderni pubblicati sotto il titolo di Letteratura e vita nazionale:
«Ciò che contraddistingue il canto popolare, nel quadro di una nazione e della sua cultura, non è il fatto artistico né l'origine storica, ma il suo modo di concepire il mondo e la vita, in contrasto con la società ufficiale » 1.
Oltre il metodo d'indagine, in questa affermazione, va sottolineata l'implicita polemica anticrociana. Croce, infatti, notava soltanto una differenza di natura « psicologica » tra la poesia in lingua e la poesia popolare.
1 L. V. N., p. 220.
i3.
184 I documenti del convegno
E ancora: « Si può dire che finora il folklore sia stato studiato pre valentemente come elemento "pittoresco"... Occorrerebbe studiarlo, invece, come " concezione del mondo e della vita "... in contrapposizione... con le concezioni del mondo " ufficiali " »1.
Sotto questa particolare angolazione da lui indicata, ho voluto c[...]

[...] dànno testi ». Non solo è valida l'affermazione di Gramsci che la poesia dialettale è il riflesso piú o meno consapevole dei sentimenti, del costume, delle lotte e delle aspirazioni delle classi subalterne, in quanto ne rivela la concezione del mondo e della vita in contrapposizione a quella del mondo ufficiale; ma è vero altresí che la scoperta, in primo luogo, e poi l'indagine diretta sui testi della letteratura dialettale popolare, risultano oltremodo feconde per comprendere, attraverso il contenuto e le forme che assumono nelle varie regioni d'Italia, la presenza creativa dei vari strati popolari del nostro paese.
Intanto, una nuova constatazione pub essere fatta: in certe aree della penisola, dove la vecchia classe dirigente non ha saputo o potuto suscitare un moto artisticoculturale, spesso l'unica documentazione è proprio quella espressa dai modesti cantori legati alle classi subalterne, sia pure fra inevitabili contraddizioni di contenuto e di tono.
Dei 12 poeti di Terni da me scoperti e raccolti in antologia, 6 sono impiegatucc[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Caracciolo, A proposito di Gramsci, la Russia e il movimento bolscevico in Studi gramsciani

Brano: [...]to né una incapacità di osservazione né in alcun modo una mistificazione. Vi è piuttosto, da un lato il risultato di quel lungo isòlamento dei socialisti italiani dalla vicenda russa, che Gramsci stesso aveva deplorato 3, e dall'altro
1 Un tipico esempio di ciò abbiamo già rilevato in un articolo su Passato e presente, n. 1, p. 41.
2 Articolo « L'organizzazione economica ed il socialismo », Il Grido del popolo, 9 febbraio 1918, non firmato.
3 Oltre i passi già ripubblicati nel volume L'Ordine nuovo, e che riguardano il 19191920 (vedi specialmente p. 406 e p. 414), si ritrova questo concetto nella Relazione al Comitato centrale del 3 luglio 1925: « Le esperienze dell'I. C., cioè
Alberto Caracciolo 99
— a noi sembra — la tensione di una mente che vorrebbe piegare a sé le realtà piú distanti e ricondurle tutte intere alla misura della propria passione.
Un importante esempio di questo modo di vedere si trova nella questione del rapporto tra Soviet russi e Consigli di fabbrica italiani. E si può cominciare da qualche rilievo sulla precisi[...]

[...]li devono essere limitati a funzioni puramente amministrative, non devono avere nessun potere politico. Tutto il potere politico della massa, i1 potere di indirizzare i movimenti, il potere di condurre la massa alla vittoria contro il capitale, deve essere degli organismi rappresentativi della massa stessa, del Consiglio e del sistema dei Consigli, responsabile dinanzi alla massa, costituito di delegati che, se appartengono al Partito socialista oltre che alle organizzazioni sindacali, sono controllati anche dal partito, che segue una disciplina stabilita dai congressi ai quali ha partecipato l'avanguardia rivoluzionaria di tutta. la nazione » 3.
4. Da questo nodo di problemi emergono altri due aspetti caratteristici del pensiero gramsciano. L'uno, sul quale non possiamo qui soffermarci, riguarda la funzione del partito operaio rispetto alla classe, fun
1 «Per l'Internazionale comunista », del 26 luglio 1919, 0. N., pp. 1920.
2 « Lo strumento di lavoro», del 14 feb. 1920, 0. N., p. 79.
3 « L'unità proletaria », del 28 feb. 1920, 0. N.,[...]



da Ernesto De Martino, Apocalissi culturali e Apocalissi Psicopatologiche in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...] E. Zola, M. Barrés, A. Kubin, O. Spengler e Th. Mann), Amburgo 1958; C. MAGRIs, Il mito absburgico nella letteratura austriaca moderna, Torino 1963; R. RUNCINI, I cavalieri della paura, in Passato e Presente n. 1617 del 1960; e, naturalmente, i saggi di Günther Anders.
(2) La tradizione apocalittica giudaicocristiana è esaminata in H. BIETENHARD, Das tausendjährige Reich, Zurigo 1955. Per la apocalittica protocristiana è da vedere in generale, oltre che O. CULLMANN, Christus und di Zeit: die urchristliche Zeit und Geschichtsauffassung, Zurigo 1948, la problematica connessa al cosiddetto ` rinvio ' (Verzögerung) della parusia e, in particolare, H. CONZELMANN, Die Mitte der Zeir, Tübingen 1954 (6' ed. 1962), con larga bibliografia. Per il legame tra moderna filosofia della storia ed escatologia giudaicocristiana, cfr. K. Löwrra, Meaning in History, Chicago 1948 (Weltgeschichte und Heilsgeschichte, Stuttgart 1953; trad. it. Significato e fine della storia, ed. Comunità, 1963); R. NIEBUHR, Faith and History, New York 1949. Un tentativo, del [...]

[...]e cosmica vissuta nella sua sgomentante imminenza e incombenza, la fine come già avvenuta e indicibilmente disforica, la fine accompagnata da un delirio eufo
(5) Per gli aspetti psicopatologici attinenti al nostro tema e per la compilazione della note (6) e (7) ci siamo avvalsi della collaborazione del dott. Giovanni Jervis, che nella sua qualità di psichiatra fu già nostro collaboratore nella ricerca intorno al e tarantismo pugliese ». Siamo inoltre debitori di alcune indicazioni bibliografiche al prof. Bruno Gallieri della Clinica delle malattie nervose e mentali della Università di Roma.
110 ERNESTO DE MARTINO
rico di palingenesi e di reintegrazione, e la fine come fantasma persistente e come reazione catastrofica aggressiva in quella modalità psicotica che é stata definita «paranoia di distruzione », ovvero, con immagine biblica, «reazione di Sansone» (6). Eppure nella prospettiva di una ricerca storicoculturale e antropologica sulle apocalissi culturali il problema di una valutazione unitaria delle apocalissi pSicopatalogiche é imp[...]

[...]le problema in quanto i caratteri esterni delle apocalissi psicopatologiche sembrano riprodursi anche in quelle culturali, dato che anche le apocalissi culturali racchiudono l'annunzio di catastrofi imminenti, il rifiuto radicale dell'ordine mondano attuale, la tensione estrema dell'attesa angosciosa e d'euforico abbandonarsi alle immaginazioni di qualche privatissimo paradiso irrompente nel mondo. Non è pertanto illegittimo, sempre nella
dare, oltre a A. WETZEL, Das Weltuntergangserlebnis in der Schizophrenie, ' Ztschr. f. Neurologie', 78 (1922), pp. 403 sgg., i contributi direttamente ispirati allo esistenzialismo Heideggeriano; A. STORCH, Die Welt der beginnenden Schizophrenie und die archaische Welt, 'Zeitschrift f. Neurologie', 127 (1930), pp. 109 sgg. e Tod und Erneuerung in die schizophrenen DaseinsUmwandlung, 'Zeitschrift f. Neurologie', 181 (1948), pp. 275 sgg.; R. BIRZ, Die Metapher des Untergangs in der Schizophrenie, 'Nervenartzt', 20 (1949), pp. 258 sgg.; A. STORCH e C. KuHLENKAMPF, Zum Verständnis des Weltuntergangs bei den [...]

[...]essione verso la crisi e la effettiva potenza di reintegrazione operativa culturale che esse dispiegano (7).
(7) Un progetto comparativo del genere è già largamente preparato dalla copiosa letteratura relativa ai rapporti tra vita culturale e psicopatologia e dal vasto processo in atto attraverso cui la psicopatologia occidentale cerca oggi di sottoporre a revisione critica i suoi tradizionali dogmatismi etnocentrici, naturalistici e di classe. Oltre le ricerche sui tratti patologici nella biografia di personaggi di rilievo (Hölderlin, Nietzsche, Van Gogh, Verlaine etc.), e oltre ai tentativi di determinare il rapporto fra malattia e creazione culturale, o di individuare i modi con i quali la malattia mentale viene rappresentata nell'arte (p. es. la melanconia in Dürer), la moderna psicopatologia si è venuta aprendo a tutta una serie di comparazioni interculturali. Si sono così venute istituendo ricerche a) sulla assenza o presenza di malattie mentali presso i cosiddetti popoli primitivi e in generale presso culture extraocci
dentali, b) sul modellamenti dei quadri nosografici — soprattutto delle nevrosi in rela
zione ai diversi contesti culturali, alle varie epoche[...]

[...]a mi appaia un oggetto assurdo e allora da questa assurdità scaturirà la mia noia, la quale, in fine dei conti, non è che incomunicabilità e incapacità di uscirne. Ma questa noia, a sua volta, non mi farebbe soffrire tanto se non sapessi che pur non avendo rapporti col bicchiere, potrebbe forse averne, cioè che il bicchiere esiste in qualche paradiso sconosciuto nel quale gli oggetti non cessano un solo istante di essere oggetti. Dunque la noia, oltre che incapacità di uscire da me stesso, è la consapevolezza teorica che potrei forse uscirne, grazie a non so quale miracolo.
E
n, ancora :
La noia, per me, era simile a una specie di nebbia nella quale il mio pensiero si smarriva continuamente, intravvedendo soltanto a intervalli qualche particolare della realtà; proprio come chi si trovi in un denso nebbione e intravveda ora un angolo di casa, ora la figura di un passante, ora qualche altro oggetto, ma solo per un istante e l'istante dopo sono già scomparsi.
Questo spaesarsi del mondo si presenta con una tonalità ed una elaborazione anco[...]

[...]951, p. 7.
122 ERNESTO DE MARTINO
di essi. In questa modalità apocalittica ritroviamo i'l «derisorio» che inaugura l'esperienza di Roquentin, ma in termini rovesciati poiché infatti in Roquentin il mondo appaesato entra improvvisamente in crisi di spaesamento in occasione di eventi irrilevanti, mentre in Lord Chandos il mondo stabilmente immerso in una diffusa, prigra, grigia spaesatezza che rifiuta la parola si mette improvvisamente a vivere, oltre la parola, sotto lo stimolo di qualche ineffabile casualità. In Roquentin irrompe, attraverso il casuale, la malattia degli oggetti: in Lord Chandos un mondo malato viene di tanto in tanto recuperato nella sua oggettività attraverso un oggetto casuale che malgrado la sua irrilevanza acquista la carica sublime di ineffabile oggettarecupero, di cifratissimo e idoleggiatissimo simbolo del significante.
Ma torniamo alla avventura di Roquentin. Il rapporto con la realtà é qui caratterizzato, come si é detto, dal fatto che gli oggetti diventano strani, bizzarri, deboli, gratuiti, incerti, indecisi[...]

[...]on è un sedile. Potrebbe essere altrettanto bene un asino morto, per esempio, gonfiato dall'acqua, e che fluttua alla deriva, a pancia all'aria, in un gran fiume d'inondazione: ed io sarei seduto sul ventre dell'asino, ed i miei piedi sarebbero a bagno nell'acqua chiara... Il bigliettaio mi sbarra la strada: « Aspettate la fermata! ». Ma .lo respingo e salto giù dal tram. Non ne potevo più. Non potevo sopportare le cose fossero così vicine.
Più oltre, in occasione della esperienza della radice di castagno nei giardini pubblici, Roquentin descrive (do strano eccesso» di cui pativa la radice, il suo minaccioso andar oltre le qualità sensibili in una apparente « dovizia » che tuttavia « finiva per diventare confusione » e accennava a sprofondare nel caos. Più oltre ancora, in contrapposizione alla pigra normalità in cui per lo più gli uomini vivono nella moderna civiltà industriale (le loro facce «ottuse e piene di sicurezza »), Roquentin dispiega, a guisa di minaccioso ammonimento, il quadro di una possibile «fine del mondo»:
E se capitasse qualcosa? Se d'un tratto si mettesse a palpitare? Allora s'accorgerebbero della sua presenza e gli sembrerebbe di sentirsi scoppiare il cuore. A che cosa gli servirebbero, allora, le loro dighe, i loro argini, le loro centrali elettriche, i loro alti forni, i loro magli a va
124 ERNESTO DE MARTINO
pore? Ciò potre[...]

[...]ne sedie messe in fila, il riflesso del sole sulla strada, tre tavole bianche in un caffè), cfr. MEYERGRoss, Clinical Psychiatry, London 1958, p. 238.
130 ERNESTO DE MARTINO
tocca, con un certo compiacimento, la scrivania, la macchina da scrivere, il tavolo, ne descrive la materia. Poi prende in mano un portacenere e dice: « Adesso lo sento vivo nelle mie mani, so chi è di maiolica: prima sembrava finto ».
L'inizio della crisi di spaesamento, oltre che repentino, é — per riprendere la notazione di Camus — «derisorio », «miserabile »: tutto pub cominciare dal più ovvio e dal più banale, dai pomodori del mercato come — nell'avventura di Roquentin — dal sassolino della spiaggia. La destrutturazione dello sfondo di domesticità implica appunto questa continua dissipazione nel derisorio, questo restar senza margine di ripresa davanti a dati banali, senza potersi mai raccogliere in quel centro operativo che alimenta il suo calore esistenziale non soltanto con la intenzionalità attuale ma anche con le ovvietà immerse nell'ombra e nell'ombra gua[...]

[...]atastrofe, l'attualità dell'attenzione, e di
sarticolando, per questo loro eccentrico richiamo, ogni sfondo appaesato possibile. D'altra parte gli ambiti percettivi che cc non Stan
no più nel loro quadro » possono, appunto per questo, essere trava
gliati da un rischioso eccesso di semanticità indeterminata, da una allusività oscura e sospetta, da una tensione interna che li
predispone ad una sorta di esplosione, e infine da un irrelato andar oltre che li sospinge verso il deforme e il mostruoso, accennando a caotiche mescolanze. Vien fatto qui di pensare alla «strano eccesso» della radice di castagno esperito da Roquentin, al minaccioso andar oltre di questa radice in una apparente (( dovizia» che tuttavia (( finiva per diventare confusione ». Ovvero vien fatto di pensare, sempre a proposito di Roquentin, alla irruzione del caos nella immaginata catastrofe del mondano, ai vestiti avvertiti come viventi, alla lingua che diventa un millepiedi vivo, all'occhio beffardo che la madre scopre nella screpolatura della carne rigonfia del suo bambino, all'apparizione dell'occhio di
pietra, del gran braccio tricorno, dell'allucegruccia, del ragnomascella. 'Ma per tornare al documento psicopatologico ecco co
me questa polarità di difetto e di ecc[...]

[...] 137
individuare di volta in volta, anche per l'apocalittica d'oggi, l'opera mondana variamente qualificata che essa media e con
sente, risalendo la perigliosa china di cui l'apocalisse psicopatologica indica il rischio in modo esemplare. Nell'analisi dei prodotti dell'apocalittica d'oggi lo storico della cultura e l'antropologo sono quindi chiamati di volta in volta a misurare di quanto l'immediato finire della crisi radicale sia affrontato e oltrepassato nella sua incombenza paralizzante, nella sua attualità indicibilmente disforica, nella sua privata e incomunicabile fruizione euforica di paradisi terrestri e di ultramondi, ovvero nel suo furore distruttivo di tutto ciò che vive e che vale. Nell'analisi di questi prodotti spetta allo storico della cultura e all'antropologo il compito di determinare, attraverso tale misurazione, il mediato ricostituirsi — oltre la crisi — di un messaggio relativo alla vita e al mondo che continuano e si trasformano, e spetta altresì il compito di indicare quando questo messaggio é incerto o assente, e quando infine, nel silenzio di ogni effettiva comunicazione, ricalca i modi stessi della crisi: ma proprio per assolvere questo compito, lo storico della cultura e l'antropologo non possono non avvalersi del sussidio euristico del documento psicopatologico.
D'altra parte il confronto della apocalittica d'oggi con le apocalissi psicopatologiche giova a mettere in evidenza come nella
apparizioni post mortem di Gesù agl[...]



da Giovanni Pirelli, Questione di Prati in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]é ripetutamente il
petto. Teneva la bocca spalancata, ne gettava fuori buffate di alito.
« Sessanta gradi, non uno di meno ».
César Borgne rise. « Sessanta? ».
Rise anche il ragazzo e ripeté: « Sessanta? >.
76 GIOVANNI PIRELLI
« Sessantacinque? », disse Salomone Croux.
« Sessantacinque? », disse César Borgne, strizzando l'occhio al ragazzo Attilio. Attilio era felice.
«Settanta? », disse Salomone con il tono di chi ha raggiunto un limite oltre il quale non è disposto nemmeno a un atto di fede.
« Settanta! Dice settanta! » Ogni rughetta del viso di César sprizzava allegria. « Settantacinque gradi, amico mio. Settantacinque come è vera che sono qui che ti parlo. Parola di César Borgne ».
« Troppi », disse seccamente Salomone. « Fino a sessanta, a sessantacinque può andare. Settanta é un'esagerazione. Non parliamo di settantacinque. Vuol dire bruciarsi le budella. Troppi. Ne bevo un sorso proprio perché ti sei ficcato in testa di voler festeggiare. Lo bevo perché un amico non lo si abbandona nei momenti difficili. Questo bicchiere e[...]

[...] pietra che copre il passaggio dal vicolo alla piazzetta della chiesa. « Mamma », gridò, appiccicò il viso al collo della mucca e chiuse gli occhi, certo di dover morire.
Quando li riapri, si trovò sulla neve. Sopra di lui c'era la cappa di nebbia grigia e bassa come un coperchio. Tra lui e quel coperchio dondolava una massa tondeggiante. Era il ventre della mucca Claretta. La mucca beveva, il muso immerso nel lavatoio fino alle narici fumanti. Oltre le gambe della mucca c'erano le gambe di César.
César riaccese la lanterna che nella corsa s'era spenta. La fiamma vacillò, quindi prese forza, si sollevò, illuminò l'intero poligono della piazzetta con il lungo lavatoio in pietra, l'antico pioppo cipressino ac canto al campanile, la facciata della chiesa, le case schierate fra gli sbocchi dei vicoli.
Allora si udì la voce di Salomone. Era quasi nel mezzo della piazza, seduto sulla neve gelata e diceva: « Che chiaro di luna, che bellissimo chiaro di luna ». Era completamente svanito.
« Brava, brava Claretta », disse a sua volta César. « Se[...]

[...] i tre quarti. La lancetta seguitò a scendere fino a trovarsi in posizione verticale. L'orologio batté la mezza. I piedi di César tornarono ad annaspare nel vuoto.
« Ah, ah », scoppiò a ridere Salomone, sentendo battere, dopo i tre quarti, la mezza. « Cche mmatto! Cche mmatto! ».
« Ho freddo », disse il ragazzo Attilio.
La mucca stava perfettamente tranquilla, le quattro zampe piantate sull'assito come fosse la sua lettiera, il muso sporgente oltre la sbarra della finestra come fosse la sbarra della mangiatoia.
Fuori, i piedi di César avevano trovato un nuovo appiglio. Avevano trovato, sul quadrante dell'orologio, le asticelle in lamiera delle ore; rilievi minimi, di pochi millimetri, sufficienti, tuttavia, perché la punta degli scarponi vi facesse presa. La punta dello scarpone destro mordeva l'asticella delle ore tre, la punta del sinistro le asticelle delle ore nove.
ioo
GIOVANNI PIRELLI

Aveva disposto il corpo a leva, con le braccia e le gambe tese ed il sedere buttato in fuori. II sedere fungeva, cioè, da fulcro, i pied[...]

[...]chia le mani di César aggrappato alla sbarra di ferro. La pelle delle dita di César, già indurite dal freddo, prese a spaccarsi.
« Smettetela! », urlava adesso César. « Basta! Basta! ».
« Più fforte, più fforte », diceva Salomone al ragazzo Attilio.
« Vi ammazzo! Assassini! », urlava César. « Vi ammazzo! ».
Più gridava, più i due dalla scala tiravano, più la mucca s'agitava. I rintocchi si diffondevano ormai nella notte sull'intera borgata e oltre, oltre le circostanti frazioni sino ai casolari dispersi sulla costa e giù verso il fiume.
102 GIOVANNI PIRELLI
XI
Ce ne vuole, da queste bande, per cavare uno dal letto. Se il rumore è in casa o viene su dalla stalla, è un'altra faccenda. Ma se viene da fuori, si pensa a uno dei soliti ubriaconi che fa bisboccia o baruffa con i compagni, o impreca contro la moglie che ha sprangato l'uscio di casa. Affari suoi. Ci si tira la coperta sopra la testa e si ripiomba nel sonno. Infatti, per quanto forti fossero le urla di César, nessuno vi aveva badato, nessuno si era mosso. Ma quando i rintocchi della[...]



da Giovanni Battista Bronzini, Varietà e documenti. Togliatti e i canti popolari [scritto del 1953, per metà inedito [quadre nel testo]] [e trascrizione documento di Rocco Scotellaro [quadre di catalogo]] in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]le personalità — gli autori del monumentale libro popolare che circola e vive in tanta parte del nostro Paese, è vero, invece, che nella produzione contemporanea dell'arte popolare si possono e si devono rintracciare e segnalare i veri autori con il loro nome e cognome, anzi che porli, mentre vivono, nel registro degli ignoti solo perché può essere un comodo intellettuale di chi si occupa identificare nella singola persona l'anima collettiva.
Inoltre, proprio negli scritti del De Martino, si rileva una certa disattenzione per l'elemento già colto, per l'intellettuale, il piccolo borghese pervenuti all'adesione o all'aperta amicizia per i contadini e gli operai. Il lavoro progres
4 Vedi Togliatti e il Mezzogiorno dell'Istituto Gramsci, Sezione pugliese, 2 voll., « Atti del convegno tenuto a Bari il 234 novembre 1975 », a cura di Franco De Felice, Roma, Editori RiunitiIstituto Gramsci, 1977; in particolare G. DE GIOVANNI, Togliatti e la cultura meridionale, I, pp. 249308: 284285.
446 VARIETÀ E DOCUMENTI
sivo, di cui quegli elementi sono [...]

[...]e, i contadini riescono facilmente ad associare a Togliatti i nomi familiari alla lotta politica prima del fascismo: Nitti, Giolitti, a cui furono lungamente abituati.
De Gasperi si chiama in mille modi: Casciparro, per esempio, che è il nomignolo di una famiglia; o Gasparri in ricordo del cardinale famoso; o Caspro, De Caspro, Degà. (In Piemonte, a Dronero, qualcuno lo pronunzia: De Gaspèri.)
Il favore incontrato da Togliatti nel Mezzogiorno, oltre che a tutte le ovvie ragioni politiche, si deve in gran parte alla persona fisica e morale dell'uomo: i contadini trovano in Togliatti la persona dimessa e intelligente, consapevole
e ferma.
I primi segni di affetto e di stima, i piú commoventi, si notano nell'ambito
della vita familiare: vi si colgono i tratti di un'amicizia piú sentita e profonda
e vicina di quanto non sia la diversa partecipazione delle folle ai comizi.
Trammone Michele, un bracciante di 35 anni, con tre figli, al piú piccolo, che porta in braccio, presenta i suoi amici o semplici conoscenti in una maniera inconsueta:[...]

[...]ele, un bracciante di 35 anni, con tre figli, al piú piccolo, che porta in braccio, presenta i suoi amici o semplici conoscenti in una maniera inconsueta: — Ecco questo è compagno di Togliatti — dice di uno. Il bambino chiude il pugno e sussulta sulle braccia. Per scherzo, a volte, Trammone dice:
VARIETÀ E DOCUMENTI 417
— E questo sta con Casciparro (De Gasperi). Il bambino resta imbambolato e scontroso, alza il pugno, poi abbraccia il padre.
Oltre che nei canti e nelle poesie popolari, nelle feste dell'ultimo dell'anno, di carnevale e in quelle piú intime dei battesimi e degli sposalizi, c'è sempre qualcuno che si alza per primo a chiedere, col bicchiere in mano, di parlare:
— Mando innanzi tutto — dice — un saluto al compagno Palmiro Togliatti e viva il Comunismo e i lavoratori, e viva gli sposi!
Si può — per chi lo vuole ad ogni costo — anche irridere a queste cose, ma la realtà, anche per un semplice cronista, di queste manifestazioni, è ben piú ricca di sentimenti e il volerli offendere o diminuire o irridere significa non compre[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Oltre, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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