Brano: RITRATTI CRITICI DI CONTEMPORANEI
CARLO BERNARI
Fra le poche testimonianze che riguardano l'uomo Bernari, una particolarmente significativa di Francesco Flora (scritta nel '58) ce ne ricorda le origini e la formazione culturale « in quella nostra Napoli cosí attonita e cosí disingannata, cosí ridente e cosí pensosa », che aveva fatto cerchio per resistere al fascismo intorno a Benedetto Croce. Napoletano di nascita e di sangue, benché la famiglia fosse di origine francese (il vero nome dello scrittore è Bernard), autodidatta a partire dai tredici anni, Bernari entrò in contatto con Flora assieme a un gruppo di intellettuali non conformisti nella vita e nell'arte (Guglielmo Peirce e Paolo Ricci fra questi). Una strana indipendenza per quei tempi (era il 1929!), e uno strano bagaglio culturale. A vent'anni, già due manifesti lanciati in segno di rivolta artistica (il « circumvisionismo ») e di contestazione globale (1'« U.D.A. », sigla dell'Unione distruttivisti attivisti). « Anticipavamo — scr[...]
[...]ebbe avuto un'altra incidenza sulla narrativa italiana. Sarebbe apparso, in quel clima
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e in quegli anni, il corrispondente nel mondo operaio del lucido ritratto di certi strati della nostra borghesia apatica compiuto da Moravia con Gli indifferenti. Ma questa corrispondenza non fu avvertita né allora né piú tardi. Piú tardi, anzi, ai lettori d'un'altra generazione veniva proposto l'aspetto forse meno autentico dello scrittore napoletano, cioè quello di un narratore populista, che ripercorreva le orme di un Döblin e altri autori mitteleuropei. Oggi, guardando alla narrativa di punta di quegli anni, a un Dos Passos o a un Céline, si comprendono meglio le intenzioni e lo stile di Bernari. Il romanzo abbraccia pressappoco un decennio della storia italiana, 19101921, ma i protagonisti (Teodoro, Anna e Marco) vivono le loro sconfitte e i loro sbandamenti, come se li guidasse una coscienza avvertita di quanto è accaduto dopo. Perciò gli urti e le lacerazioni descritte sono quelle da attribuire abbastanza facilmente al periodo in cu[...]
[...]ora in voga —, di frasi elementari che volgono le spalle alla tradizione narrativa italiana piú vicina. Con questo stile insieme asciutto e raziocinante, Bernari lasciava un biglietto da visita al realismo italiano. Si parlerà infatti di lui
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come di uno dei promotori del neorealismo, quando il fenomeno avrà la sua crescita nel dopoguerra.
Da Tre operai in poi, tutti i motivi che contano nella narrativa dello scrittore napoletano recano sempre qualcosa che li accomuna, come l'ansia o il tentativo troppo spesso votato al fallimento di uscire da un vicolo cieco, da una situazione di angoscia e di paura; sentimenti e stati d'animo dominanti in Tre casi sospetti (1946) e in Prologo alle tenebre (1947), dove si può cogliere l'eco di quanto la guerra o l'attesa della catastrofe stavano facendo individuare a chiunque viveva allora con un minimo di coscienza civile. Ma c'è solo questo? L'atteggiamento dell'autore, là dove la pagina vibra con maggiore intensità, consiste soprattutto nello stendere un alone intorno alle storie [...]
[...] di amori impossibili o di difficili convivenze; e altrettanto si potrebbe dire di uno dei romanzi piú politicamente impegnati del nostro tempo, Le radiose giornate, dove prescindendo dal clima di paura e di sospetto creati dal fascismo e dalla guerra, è pur messo in rilievo l'eterno triangolo amoroso, EugenioBiancaAndrea, chiave di volta del romanzo, forse non sufficientemente chiara a chi segua nel libro solo le vicissitudini dell'antifascismo napoletano. Siffatti innesti andrebbero dunque osservati nel loro insieme, tanto nelle opere a carattere piú specificamente politico
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quanto in quelle di fondo intimista; e porremmo, come esempio di fusione perfettamente raggiunta, il breve romanzo Amore amaro.
Anche nei romanzi di intonazione neorealistica, Speranzella e Vesuvio e pane, si intravedono soluzioni fantastiche e certe atmosfere narrative vicine alla favola. Sono entrambi libri di difficile collocazione, anche se partono da un puntiglio estremamente realistico, qualche volta documentario, per comprendere le vicissitudini[...]
[...] del livello mimetico a cui erano giunti tutti gli altri negli anni caldi del neorealismo, dandoci, secondo la bella definizione di Enzo Golino, « un andante narrativo larghissimo, un disteso piglio cantabile ».
Ma ora urge definire il carattere essenziale della narrativa bernariana, al di là di quello che essa debba al tempo e alle sue suggestioni. Basterebbe, a mio avviso, riflettere al « calore » presente quasi in ogni storia dello scrittore napoletano, che lo conduce a toccare con mano il destino dei suoi personaggi, creandogli un « prima » e un « poi », al di fuori di una mera parabola cronologica. Questo ci mostra il caso esemplare di Un foro nel parabrezza (1971), dove il « poi » viene addirittura teorizzato dall'io narrante, in quanto preparazione e attesa di qualcosa che viene facendosi ma non è mai un fatto. Si tratta, e Bernari ce lo ha spiegato in un saggio a parte 2, di un carattere della « narratività », quale coscienza di chi scrive o racconta, ma anche di una legge implicita nell'atto di raccontare che irretisce l'autore e vuol[...]
[...]7 febbraio 1934; L. ANCESCHI, « Camminare », marzo 1934; S. BENCO, « Piccolo della Sera », 8 marzo 1934; F. BERNARDELLI, « La Stampa », 27 marzo 1934; G. BELLONCI, « Giornale d'Italia », 29 marzo 1934; G. PIOVENE, « Pan », aprile 1934; ARISTARCO, « L'Italia letteraria », 14 aprile 1934; E. VITTORINI, « Il Bargello », 22 luglio 1934; E. DE MICHELIS, « La Nuova Italia », settembre 1940; M. STEFANILE, « Il Mattino », 2 aprile 1940 (poi in Labirinto napoletano, Napoli 1958); A. NOMELLINI, « Incontro », 25 aprile 1940; A. SILIPO, « Primato », 1 maggio 1940; A. MELE, « Meridiano di Roma », 10 novembre 1940 (poi in Sei narratori del Novecento, Napoli 1971); L. BIGIARETTI, « Avanti! », 9 marzo 1946; U. BARBARO, « l'Unità », 26 aprile 1946; E. FALQUI, « Risorgimento liberale », 12 maggio 1946 (poi in Tra racconti e romanzi del Novecento, Messina 1950); E. EMANUELLI, « L'Europeo », 17 agosto 1947; F. VIRDIA, « La Voce Repubblicana », 1 novembre 1949; G. RAVEGNANI, « Milano sera », 10 novembre 1949; G. DE ROBERTIS, « Tempo illustrato », 12 novembre 1949; [...]