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ANTEPRIMA MULTIMEDIALI

Il segmento testuale N.S. è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 39Entità Multimediali , di cui in selezione 7 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 837

Brano: [...]iera determinante sull’evoluzione delle sue concezioni politiche.

Come addetto militare in Russia nel 1918, Quisling fu infatti testimone dei primi anni di governo sovietico, traendone i motivi di violenta condanna che avrebbe ispirato le sue campagne antibolsceviche dei decenni successivi. Creatosi la fama di esperto di cose sovietiche, mantenne in vario modo sino al 1929 un legame con l’U.R.S.S.: fu ripetutamente in Russia con le missioni Nansen di soccorso e di assistenza promosse dalla Società delle Nazioni, nel 192223 in Ucraina e in Crimea airepoca delle grandi carestie, nel 192526 in Armenia e nel Caucaso; contemporaneamente si era occupato della questione dei profughi russi, sempre nell’ambito degli organismi della Società delle Nazioni.

Nel 1926, sfruttando la sua esperienza russa, fu chiamato a collaborare a una delle imprese miste sovieticonorvegesi create nell’ambito della N.E.P.; l’anno successivo tornò ad assolvere un incarico diplomatico, come segretario della legazione norvegese a Mosca. Tornò definitivamente in pa[...]

[...] nella vita politica, con un programma decisamente anticomunista e antioperaio.

La brevissima esperienza del primo governo socialdemocratico del 1928 e, più tardi, la difficile situazione economica e sociale nella quale la grande crisi della fine degli anni Venti gettò anche la Norvegia, furono le occasioni che alimentarono la violenta campagna di Quisling contro il partito laburista e il movimento operaio, con l’appoggio di molti esponenti conservatori, tra i quali l’autorevole Nansen.

Al generico nazionalismo e antiparlamentarismo dell’estrema destra e della Lega patriottica (Fedrelandslag), nella quale fece il suo esordio politico, Quisling aggiunse la specifica avversione alla lotta di classe, sulla quale doveva fare presto leva per porre la candidatura del nuovo movimento politico da lui promosso alla guida di tutte le forze borghesi contro il movimento operaio. Nel 1930 la morte di Nansen indicò praticamente in Quisling l’esponente più prestigioso dell’estrema destra.

Intorno a questa stessa epoca si andò precisando anche il programma nazionalista e razzista di Quisling. Si trattava di un programma che doveva sfociare nell’appello alla « rinascita popolare nordica in Norvegia» del 1931, nel quale postulava il potenziamento militare della Norvegia come simbolo della forza fisica e spirituale del suo popolo. La rivalutazione della razza nordica con una precisa funzione antibolscevica diventava ora il centro della piattaforma politica di Quisling: in termini di collocazione [...]

[...]za nordica con una precisa funzione antibolscevica diventava ora il centro della piattaforma politica di Quisling: in termini di collocazione internazionale, ciò significava postulare la creazione di un blocco scandinavo che, in alleanza a Inghilterra e Germania, rappresentasse un avamposto della crociata antibolscevica.

Alla sua decisione anticomunista Quisling dovette, nel maggio del 1931, la nomina a ministro della Difesa nel governo del conservatore partito agrario. Ma, nel febbraio del

1933, la caduta del gabinetto Hundseid su questioni di bilancio pose termine a quella sua prima esperienza di governo, caratterizzata essenzialmente dai suoi violenti scontri con l’opposizione laburista e da episodi degni di cronaca nera, tra i quali la mai chiarita « aggressione al pepe » che Quisling avrebbe subito nel febbraio del 1933. Privo ormai di responsabilità di go

verno, Quisling riprese la sua libertà di iniziativa e, non riuscendo a travasare la sua piattaforma politica nel partito agrario, il 17.5.1933 decise di dare vita autonoma a una unione nazionale [Nasjonal Samling), sotto la parola d’ordine del « vero socialismo » o « socialismo nazionale », destinato a dare una versione positiva aH’antimarxismo tipico della sua posizione.

II fascismo norvegese

Invano Quisling sperò che la nuova formazione politica potesse porre solide radici nella politica norvegese; né le elezioni del 1933 né tanto meno quelle del 1936 registrarono que[...]

[...]dare vita autonoma a una unione nazionale [Nasjonal Samling), sotto la parola d’ordine del « vero socialismo » o « socialismo nazionale », destinato a dare una versione positiva aH’antimarxismo tipico della sua posizione.

II fascismo norvegese

Invano Quisling sperò che la nuova formazione politica potesse porre solide radici nella politica norvegese; né le elezioni del 1933 né tanto meno quelle del 1936 registrarono quella solidarietà di consensi nella quale egli aveva confidato: il 2,33 per cento dei voti che il suo movimento aveva riportato nel 1933 cadde nel 1936 al di sotto del 2 per cento.

Per giunta, la svolta apertamente filofascista della N.S. (nel giugno del 1933 la stampa del movimento arrivò a proporre come candidati al Premio Nobel per la pace Hitler e Mussolini), la sua crescente esaltazione del fascismo e l’assimilazione dei principi corporativi concorsero ad alienarle anche le simpatie genericamente antisocialiste degli stessi ceti conservatori. Rivalità all'interno della N.S., scontri di personalismi e fallimenti organizzativi concorsero inoltre a circoscrivere

il successo e l’importanza politica del movimento; si può dire che, dopo le elezioni del 1936, questo era ormai un fenomeno limitato e marginale della vita politica norvegese. Non meno screditato era Quisling, sia per la sua forsennata campagna contro il partito laburista (che egli accusava di voler creare in Norvegia « condizioni alla russa ») sia con l’azione di rottura che aveva promosso nei confronti degli stessi partiti borghesi. Questi avvertivano

il pericolo della concorrenza alla loro destra e[...]

[...] fenomeno limitato e marginale della vita politica norvegese. Non meno screditato era Quisling, sia per la sua forsennata campagna contro il partito laburista (che egli accusava di voler creare in Norvegia « condizioni alla russa ») sia con l’azione di rottura che aveva promosso nei confronti degli stessi partiti borghesi. Questi avvertivano

il pericolo della concorrenza alla loro destra e diffidavano dei nuovo stile politico introdotto dalla N.S. che, nel 1934, a imitazione delle

S.A. naziste si era data anche una organizzazione paramilitare facendo propria l’uniforme delle camicie brune.

L’invasione tedesca

La fortuna politica di Quisling era durata ben poco e non si sarebbe probabilmente mai più sollevata senza l'occupazione tedesca e il proposito della dirigenza nazista di servirsi di lui per realizzare più agevolmente gli obiettivi della domi

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 838

Brano: [...]tatti non ancora interamente conosciuti ma dei quali possediamo già sufficienti notizie.

I legami col nazismo

Secondo le ricerche più accreditate,

i primissimi contatti di Quisling con ambienti nazisti risalirebbero al 1935. È inoltre probabile che nel 1936 Quisling si sia incontrato direttamente con Alfred Rosenberg, capo dell'Ufficio esteri del partito nazionalsocialista e ideologo del « Mito del XX secolo » che, nel suo programma espansionista e razzista, attribuiva un ruolo di primissimo piano alla Scandinavia, come matrice del più puro « sangue nordico », e che per questa via avvertiva una naturale affinità per movimenti come la N.S. di Quisling. Soltanto nel 1939 però, evidentemente nella prospettiva della guerra imminente, l’ufficio di Rosenberg parve veramente interessato a stringere rapporti con Quisling, che chiese esplicitamente finanziamenti al Reich per la stampa del suo movimento e che, il 13 giugno, ebbe un incontro con Rosenberg. Tuttavia, a determinare l'interesse del Reich nazista per la Norvegia non fu tanto la prospettiva di acquisire l’alleanza di un Quisling, quanto preoccupazioni strategiche di ben maggiore rilievo. Fu soprattutto Io ammiraglio Raeder, il capo della Marina tedesca, a sottolineare l’impor[...]

[...]o la prospettiva di acquisire l’alleanza di un Quisling, quanto preoccupazioni strategiche di ben maggiore rilievo. Fu soprattutto Io ammiraglio Raeder, il capo della Marina tedesca, a sottolineare l’importanza strategica che assumeva nel conflitto contro l’Inghilterra il controllo da parte della Germania delle coste norvegesi.

L'incontro tra interessi strategici e interessi ideologici e razzistici, ai quali ultimi si mostrò particolarmente sensibile lo stesso Hitler, fece maturare nel dicembre del 1939 l’idea di prevenire una eventuale iniziativa anglofrancese nella penisola scandinava con l’invasione di Danimarca e Norvegia. In questo quadro, dirigenti ideologici e dirigenti militari del Terzo Reich puntarono su Quisling che, dal 10 al 18.12.1939, ebbe colloqui a Berlino con Hitler, Raeder e Rosenberg. Nello stesso tempo, al l'interno della Norvegia, Quisling criticava violentemente i tentativi del governo di Oslo di garantire la propria neutralità contro le pressioni inglesi

Vidkun Quisling (a sinistra) con Himmler in Germania [...]

[...]sione nazista, annunciò ai norvegesi di avere assunto il potere alla testa del « governo nazionale » accettando l’offerta di « pacifico aiuto » della Germania e fece appello alla loro collaborazione con gli invasori tedeschi.

Nel regime di occupazione

In effetti, questo primo tentativo di Quisling di avocare a sé il potere fu di brevissima durata: già il 16 aprile egli era costretto dalla stessa autorità occupante a cedere il potere a un Consiglio amministrativo, creato con l’appoggio della Corte suprema e avente compiti essenzialmente tecnici per il governo dell’amministrazione civile; nell’ambito di questo Consiglio amministrativo, Quisling rimaneva tuttavia commissario per la smobilitazione delle forze norvegesi.

Il momentaneo accantonamento di Quisling va attribuito a diversi fattori. Il primo fu rappresentato dalla constatazione che i tedeschi furono ben presto costretti a fare, e cioè che Quisling era un individuo assolutamente isolato, privo del credito e della rappresentatività che essi gli avevano in origine attribuito. Anzi egli urtava in ostilità tali, che servirsi di lui come tramite nei confronti della popolazione norvegese risultava controproducente per gli stessi interessi tedeschi.

La seconda esigenza che suggerì ai tedeschi l’accantonamento di Quisling fu il tentativo di Hitler di ottenere in qualche modo la legalizzazione di un’autorità collaborazionista da parte dello stesso sovrano (prima d[...]

[...]popolazione norvegese risultava controproducente per gli stessi interessi tedeschi.

La seconda esigenza che suggerì ai tedeschi l’accantonamento di Quisling fu il tentativo di Hitler di ottenere in qualche modo la legalizzazione di un’autorità collaborazionista da parte dello stesso sovrano (prima del suo abbandono de

finitivo della Norvegia, il 9.6.1940), verso il quale la stragrande maggioranza della popolazione e degli organi pubblici conservavano piena lealtà.

A questi motivi più propriamente « politici » si aggiunse l'ostilità personale del commissario del Reich per la Norvegia Terboven, che non riteneva né Quisling né la N.S. strumenti validi per imporre la politica tedesca al popolo norvegese. Terboven si adoperò addirittura per allontanare Quisling dalla Norvegia, cercando di fargli attribuire funzioni propagandistiche come presidente della « Società Nordica » (Nordische Gesellschaft) in Germania, ma dovette alla fine piegarsi alla volontà di Hitler, che nell’agosto favorì il ritorno di Quisling in Norvegia e il più stretto inserimento di uomini della N.S. (a esclusione sempre dello stesso Quisling, troppo compromesso agli occhi dei norvegesi) negli organi amministrativi della collaborazione.

Nonostante le ampie profferte di collaborazione e di sottomissione fatte da Quisling, il quale non solo offrì il più completo allineamento deila Norvegia alla politica tedesca, non solo dichiarò di accettare per le forze armate norvegesi il comando tedesco, non solo propose l’unione economica e doganale con il Reich, ma arrivò addirittura a proporre il Fuhrer come presidente di una federazione tra Norvegia e Germania (in un documento del 25.10. 1940), f[...]

[...]arò di accettare per le forze armate norvegesi il comando tedesco, non solo propose l’unione economica e doganale con il Reich, ma arrivò addirittura a proporre il Fuhrer come presidente di una federazione tra Norvegia e Germania (in un documento del 25.10. 1940), fin quando perseguirono — e ritennero realizzabile — un modus vivendi con le autorità norvegesi che in qualche modo assicuravano la continuità con il passato e riscuotevano perciò il consenso della popolazione e dei pubblici funzionari, gli organi dell’occupazione tedesca tennero Quisling in disparte.

Fascisti norvegesi inquadrati nel reggimento Nordland davanti a una sede dell’organizzazione collaborazionista di Quisling



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 198

Brano: [...]tiva l’ebbero il 16.12.1924, quando "L’Avvenire d’Italia" pubblicò un lungo articolo, firmato dal Bolognesi, per annunciare che in Emilia nqn ci sarebbe stato un secondo quotidiano cattolico. I cattolici antifascisti piegarono il capo, ma non disarmarono. Ai primi di gennaio l’Italia, il quotidiano cattolico di Milano, di orientamento antifascista, invase la zona di diffusione de ” L’Avvenire d’Italia ” con un'edizione emiliana » (L. Arbizzani e N.S. Onofri).

Il foglio bolognese non modificò, ma anzi accentuò la sua linea filofascista, polemizzando vivacemente contro l’Aventino (v.), e contro II Popolo, quotidiano del Partito popolare. Nel 1927 la direzione fu per breve periodo tenuta da Giovanni Terruggia è, dall’1.12.1927, da Raimondo Manzini (che saprà conservarla, salvo una breve interruzione nel 1943, fino al 1961).

Sempre più gravemente compromesso nella esaltazione delle imprese fasciste, il giornale si trovò ad appoggiare il regime fino al crol

lo del 25.7.1943. Durante i 45 giorni del governo Badoglio non ebbe una parola di critica verso gli alti gerarchi e i maggiori responsabili della rovina del paese; anzi, il 28.8.1943, quando il podestà e il prefetto di Bologna furono costretti a dare le dimissioni, ringraziò pubblicamente i due fascisti « per la loro opera onesta, serena e patriottica di amministratori ».

Durante l’occupazione tedesca

Dopo IT8.9.1943 Raimondo Manzini si fece sostituire nella direzione del giornale, più di nome che di fatto, da Gino Sanvido. Non appoggiò la repubblica di Salò e si destreggiò con scritti moderati, tra la neutralità, l’attesismo e il richiamo ai « valori supremi », rivolgendo appelli alla concordia. Nel gennaio 1944, dist[...]

[...]io 1944, distrutta da un bombardamento aereo la sua sede, il giornale si trasferì temporaneamente a San Lazzaro di Savena, a pochi chilometri da Bologna; ma anche qui caddero le bombe e il 23.9.1944, con gli eserciti alleati alle porte, trasse pretesto per sospendere le pubblicazioni.

Le riprese un anno dopo (4.9.1945), spiegando quella decisione con la seguente nota: « Ciò che il pubblico ancora non sa è il motivo autentico della nostra sospensione del settembre 1944, cioè l’obbligo di pubblicare e commentare, nel modo che si intuisce, la sentenza di morte contro 8 patrioti del processo Masia; in ore che furono drammatiche, dopo un sequestro ed una grave diffida decidemmo di forzare la situazione cessando di fatto il giorno stesso l’edizione del giornale ».

Il quotidiano potè riapparire, nuovamente diretto dal Manzini, dopo che, il 29.8.1945, il C.L.N. EmiliaRomagna gli ebbe rilasciato una dichiarazione ufficiale, con la quale gli veniva riconosciuto « il diritto... di riprendere la sua missione che volontariamente troncò nel set[...]

[...]edizione del giornale ».

Il quotidiano potè riapparire, nuovamente diretto dal Manzini, dopo che, il 29.8.1945, il C.L.N. EmiliaRomagna gli ebbe rilasciato una dichiarazione ufficiale, con la quale gli veniva riconosciuto « il diritto... di riprendere la sua missione che volontariamente troncò nel settembre 1944, per rifiutarsi di pubblicare la sentenza di morte... ».

Bibliografia: G. Hourdin, La stampa cattolica, Roma, 1960; L. Arbizzani, N.S. Onofri,

I giornali bolognesi della Resistenza, Bologna, 1966; L. Bedeschi, Quando nacque aveva vent’anni, Bologna, 1964.

Azara, Antonio

N. a Tempio (Sassari) il 18.1.1883; m. a Roma il 20.2.1967; alto magistrato. Già procuratore generale e primo presidente della Corte di cassazione, I’8.9.1943 fu alla testa della ribellione della Corte stessa contro i fascisti e l’occupazione tedesca. Eletto senatore nel 1948 e nelle successive legislature, fu ministro di Grazia e giustizia nel governo Pella (1953); nel 1956, rappresentò l’Italia all’assemblea delle Nazioni Unite. Membro e segretario[...]

[...]ura fascista. Cardine di questa politica fu — com’è noto — il Concordato (v.) del 1929 che, per ini

ziativa di Pio XI e dei suoi segretari di Stato Gasparri e Pacelli, dominò negli anni fra le due guerre l’azione della Chiesa cattolica non solo in Italia, ma in tutta Europa; e che corrispondeva a un indirizzo sostanzialmente rivolto a cercare un’intesa coi regimi autoritari di destra affermatisi in quel periodo in gran parte del continente, considerati dalle gerarchie vaticane come validi interlocutori per la loro capacità, non solo di difendere l’órdine sociale dalla minaccia comunista, ma di assicurare alla Chiesa una tutela dei suoi interessi, anzi la riconquista di molte posizioni di privilegio perdute sin dall’epoca delle rivoluzioni liberali.

Ciò spiega il largo appoggio che — non soltanto in Italia — fu dato dalle organizzazioni cattoliche ufficiali ai governi fascisti o fascistizzanti, sino a sacrificare ogni precedente esperienza democratica del laicato cattolico; e se tuttavia non mancarono in quegli anni attriti e anche[...]

[...]re anche gli interessi ecclesiastici, al punto da suscitare nei cattolici una reazione .mirante a garantire l’influenza e l’autonomia della Chiesa nell’organizzazione delle masse, soprattutto nella educazione della gioventù. Solamente sul finire del ventennio e ancor di più dopo l’inizio della guerra, di fronte all’ormai aperto esplodere della violenza nazista, ebbe invece avvio un processo di risveglio democratico che doveva poi portare anche consistenti e qualificati gruppi cattolici a partecipare attivamente alla Resistenza contro il fascismo e contro il nazismo.

La Chiesa e il sorgere del fascismo

Quando cominciò a profilarsi in Italia la minaccia fascista, l’esperienza di partecipazione delle masse cattoliche alla vita democratica dei paese si era praticamente appena iniziata con la costituzione del Partito popolare (18.1.1919). Molto stretti erano in quel momento i legami tra il nuovo partito e le organizzazioni di Azione cattolica, soprattutto quella della Gioventù, dalla quale esso aveva tratto gran parte dei suoi quadri p[...]

[...]i tra il nuovo partito e le organizzazioni di Azione cattolica, soprattutto quella della Gioventù, dalla quale esso aveva tratto gran parte dei suoi quadri più attivi e capaci; l’appoggio del clero e dell’Azione cattolica al Partito popolare era però motivato da ragioni ben diverse: se per i cattolici di orientamento più avanzato si trattava di un’effettiva adesione a una nuova esperienza di impegno democratico, per la gran massa dei cattolici conservatori, eredi della

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 146

Brano: Resto del Carlino

tuito da ogni carica e Mussolini pretese che consegnasse l’intero pacchetto azionario al partito. Ormai padroni assoluti del giornale, tre anni dopo i fascisti lo trasferirono in una nuova sede, con macchinari modernissimi, facendosi finanziare d all 'Istituto Nazionale delle Assicurazioni.

Nella primavera 1940, autorizzato da Mussolini, il segretario del partito Ettore Muti trasferì la proprietà del “Carlino” a Dino Grandi (v.) che, insieme a suo cognato Aurelio Manaresi, consigliere nazionale, aveva costituito la società anonima Poligrafici Il Resto del Carlino, con capitale di un milione di lire. Manaresi e Grandi riunirono le azioni disperse, suddividendosi in parti uguali la proprietà.

Durante l'occupazione tedesca

Il 26.7.1943, all’annuncio dell’arresto di Mussolini, il redattore capo del quotidiano Giuseppe Longo, spalleggiato dai redattori Gino Tibalducci e Leon Comi ni invitò il direttore Giovanni Telesio ad allineare il giornale in sintonia con l’avvenuto cambiamento politico. Ma la sera stessa, per decisione di Grandi, fu insediato come nuovo diret[...]

[...] Manaresi e Grandi riunirono le azioni disperse, suddividendosi in parti uguali la proprietà.

Durante l'occupazione tedesca

Il 26.7.1943, all’annuncio dell’arresto di Mussolini, il redattore capo del quotidiano Giuseppe Longo, spalleggiato dai redattori Gino Tibalducci e Leon Comi ni invitò il direttore Giovanni Telesio ad allineare il giornale in sintonia con l’avvenuto cambiamento politico. Ma la sera stessa, per decisione di Grandi, fu insediato come nuovo direttore l’ex deputato liberale Alberto Giovannini.

Durante i 45 giorni del governo Badoglio il Giovannini, pur senza dare al giornale un contenuto esplicitamente antifascista, gli fece assumere un atteggiamento antitedesco, soprattutto con gli articoli di Taulero Zulberti. Ma dopo 1*8.9.1943, condannato in contumacia a 30 anni di reclusione da un tribunale repubblichino, Giovannini dovette salvarsi con la fuga e il giornale sospese le pubblicazioni per una settimana.

Riapparve in edicola il 16 settembre, diretto dal fascista Giorgio Pini (v.) e preannunciando i propos[...]

[...] “Voci incontrollate”: « Le solite voci incontrollate, prodotto tipico di galoppante fantasia in tempo di guerra, assicuravano fino a ieri che nel corso di operazioni di polizia contro bande di fuorilegge, ben 150 tra donne vecchi e bambini sarebbero stati fucilati da truppe germaniche di rastrellamento nel comune di Marzabotto. Siamo in grado di smentire queste macabre voci, e il fatto da esse propalato. Alla smentita ufficiale si aggiunge la constatazione compiuta durante un apposito sopralluogo. È vero che nella zona di Marzabotto è stata eseguita una operazione di polizia contro un nucleo di ribelli, il quale ha subito forti perdite anche nelle persone di pericolosi capobanda, ma fortunatamente non è affatto vero che il rastrellamento abbia prodotto le decimazioni e il sacrificio nientemeno che di 150 elementi civili. Siamo dunque di fronte a una nuova manovra dei soliti incoscienti destinata a cadere nel ridicolo ».

Dopo la Liberazione

Il 22.4.1945, all'indomani dell’insurrezione partigiana uscì, stampato nella tipografia del[...]

[...]ata eseguita una operazione di polizia contro un nucleo di ribelli, il quale ha subito forti perdite anche nelle persone di pericolosi capobanda, ma fortunatamente non è affatto vero che il rastrellamento abbia prodotto le decimazioni e il sacrificio nientemeno che di 150 elementi civili. Siamo dunque di fronte a una nuova manovra dei soliti incoscienti destinata a cadere nel ridicolo ».

Dopo la Liberazione

Il 22.4.1945, all'indomani dell’insurrezione partigiana uscì, stampato nella tipografia del “Carlino” posta sotto sequestro dal C.L.N., il Corriere delTEmilia, poi edito da una cooperativa di giornalisti democratici con a capo Gino Tibalducci.

illustrando la nuova gestione, il 15.7.1945 Tibalducci scriveva: « Dopo la fine, veramente ingloriosa, di un grande giornale bolognese che fu al servizio del fascismo e della sua effimera repubblica — i lettori sanno il nome del quotidiano cui vogliamo accennare — il “Corriere del l'Emilia” vuole assumere con ben altro volto, con ben altro spirito il posto lasciatogli. Non dunque un'er[...]

[...]a.

I! 14.11.1953 il quotidiano riapparve con la vecchia testata “Il resto del carlino” (sottotitolo “Giornale dell’Emilia”) e dal successivo 23 dicembre rinacque il “Carlino sera”. Agli inizi del 1958 l’Eridania si assicurò il controllo del complesso editoriale, il cui pacchetto azionario passò, dal 1966, nelle mani di Attilio Monti.

Bibliografia: Annuario Stampa Italiana 193132, Bologna 1932; Annuario Stampa Italiana, 195758, Milano 1958; N.S. Onofri, La grande guerra nella città rossa, Milano 1966; L. Arbizzani N.S. Onofri, Giornali bolognesi della Resistenza, Bologna 1966; P. Murialdi, La stampa italiana del dopoguerra, Bari 1973; V. Castronuovo N. Tranfaglia, La stampa italiana dall'Unità al fascismo, Torino 1976; M. Malatesta, Il Resto del carlino, Milano 1978.

A. Co.

Reti, Paolo

N. a Fiume il 24.2.1900, m. a Trieste nell’aprile 1945; impiegato. Giovane militante del Partito Popolare nel primo dopoguerra, occupato presso l’Ansaldo di Genova, dopo il 25.7.1943 fu tra gli organizzatori della appena costituita Democrazia cristiana e dopo I’8 settembre si impegnò nella lotta clandestina, in contatto con \’Organizzazione Otto.

Avendo contribuito alla preparazione degli scioperi nell’azienda, segnalato alla polizia, dovette abbandonare Genova e si trasferì con la famiglia a Trieste, dove si collegò con don Edoardo Marzari, presidente del secondo C.L.N. (maggiosettembre 1944).

Divenuto segretario del Comitato triestino, assicurò i collegamenti con il C.L.N. dell’Alta Italia, svolgendo numerose missioni a Milano anch[...]

[...]el secondo C.L.N. (maggiosettembre 1944).

Divenuto segretario del Comitato triestino, assicurò i collegamenti con il C.L.N. dell’Alta Italia, svolgendo numerose missioni a Milano anche dopo che il C.L.N. di Trieste era stato duramente colpito dall’arresto dei suoi principali esponenti [Luigi Frausin, Umberto Felluga, Fausto Pecorari).

Ricostituitosi il terzo C.L.N., Reti mantenne l’incarico di segretario, ma il cerchio della polizia si strinse intorno a lui. Furono arrestati Mario Maovaz (corriere del P. d’A., torturato e poi fucilato), don Marza

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 259

Brano: Rosenberg, Alfred

te, ma tu le superi tutte ». Un’altra lapide la ricorda nell’atrio della Scuola ebraica di Trieste.

Su di lei, il prof. Egidio Meneghetti, noto dirigente della Resistenza veneta, ha scritto una commossa poesia in dialetto, dal titolo « La Rita more ».

Rosati, Alberto

N. a Pontecchio (Rovigo) il 23.4. 1906; meccanico.

Membro di un’organizzazione comunista che nel 193031 svolgeva un'intensa attività nei grandi stabilimenti industriali di Milano, fu arrestato. Deferito al Tribunale speciale con altri 13 compagni, il 10.11.1931 fu condannato a 6 anni e 4 mesi di reclusione.

Rosati, Bruno

N. a Prato (Firenze) il 29.4.1904; tessitore.

Nei primi anni Trenta entrò a far parte del Comitato federale comunista di Prato e, come tale, agli inizi del 1934 venne arrestato. Deferito al Tribunale speciale, il 28.1.1935 fu condannato a 4 anni di reclusione (di cui due condonati) e alla libertà vigilata.

Rimesso in libertà il 2.5.1936, nella seconda metà dello stesso anno, benché so[...]

[...]fu arrestato dall’Ovra che era riuscita a individuarlo grazie all’opera di due delatori infiltrati fra i comunisti pratesi. Deferito al Tribunale speciale, il 28.2.1942 venne condannato a 10 anni di reclusione.

Rosati, Loris

N. a Prato (Firenze) il 30.10.1912; classificatore di stracci.

Arrestato una prima volta a 19 anni perché sospettato di essere l’autore di un volantino manoscritto contro Mussolini, venne assolto in istruttoria per insufficienza di prove e diffidato dalla polizia. Nel febbraio 1937, a seguito di una montatura fascista tendente a far apparire esplosiva agli occhi delle autorità la situazione di Galciana (frazione di Prato in cui abitava il Rosati) venne proposto per l’ammonizione. Agli inizi del 1939 aderì al Soccorso Rosso, la cui riorganizzazione era stata avviata a Prato da Alimo Gori e Bruno Rosati (v.). Coinvolto negli arresti che nella primavera del 1941 colpirono l’organizzazione comunista pratese, ii 19.1.1941 fu inviato per tre anni al confino, misura commutata in ammonizione il 28.3.1943.

Rosenb[...]

[...]sti che nella primavera del 1941 colpirono l’organizzazione comunista pratese, ii 19.1.1941 fu inviato per tre anni al confino, misura commutata in ammonizione il 28.3.1943.

Rosenberg, Alfred

N. a Revai (Estonia) il 12.1.1893, m. a Norimberga il 16.10.1946; architetto.

Nato da famiglia della piccola borghesia baltotedesca, studiò architettura a Riga e poi a Mosca, dove ebbe modo di osservare la rivoluzione bolscevica che attivò in lui, insieme all’odio antimarxista, un antisemitismo qià assorbito negli anni giovanili. Nel 1918 tornò in Estonia, nel frattempo occupata dalle truppe tedesche, e alla fine del 1918, dopo la capitolazione tedesca, decise di emigrare in Germania, stabilendosi a Monaco. Qui, venuto a contatto con l’ambiente nazionalista e antibolscevico locale, aderì all’associazione reazionaria “ThuleGesellschaft” e nel maggio del 1919 fu

testimone della spietata repressione della repubblica sovietica bavarese.

Nella capitale della Baviera, terreno fertile al fiorire di movimenti nazionalistici e antisemiti, ver[...]

[...]ale, aderì all’associazione reazionaria “ThuleGesellschaft” e nel maggio del 1919 fu

testimone della spietata repressione della repubblica sovietica bavarese.

Nella capitale della Baviera, terreno fertile al fiorire di movimenti nazionalistici e antisemiti, verso l’estate del 1919, tramite lo scrittore nazionalista Dietrich Eckart, conobbe Hitler, del quale divenne ben presto collaboratore. A partire dal 1921 fu redattore dell’organo della N.S.

D.A.P. “Volkischer Beobachter”; nel novembre 1923 prese parte al putsch di Monaco e, durante la carcerazione di Hitler, fu tra i pochi fidi che tennero le fila del movimento nazista nell’illegalità (v. Nazionalsocialismo) .

Ideologo del nazismo

Rosenberg non si distinse né per talento organizzativo né per abilità politica ma, scrittore fecondissimo, ambì a diventare principalmente l’ideologo del movimento nazionalsocialista. Egli sistematizzò il retaggio deH’antisemitismo (v. Ebrei), appreso nella Russia zarista e consolidato dalla lettura dell’opera di

H.S. Chamberlain, in una concezione politicostrategica destinata ad affermare il primato razziale e politico della Germania sul continente europeo: razzismo (v.) e politica estera furono quindi i settori nei quali egli profuse principalmente la propria attività, non soltanto diventando l’ideologo del “mito del sangue” (la sua opera più celebre fu appunto Der Mythus des XX Jahrhunderts, 1930), fra l’altro implicante una violenta polemica antireligiosa specialmente contro il cattolicesimo, ma anche come deputato nazista al Reichstag dal 1930 e consigliere d[...]

[...]politico della Germania sul continente europeo: razzismo (v.) e politica estera furono quindi i settori nei quali egli profuse principalmente la propria attività, non soltanto diventando l’ideologo del “mito del sangue” (la sua opera più celebre fu appunto Der Mythus des XX Jahrhunderts, 1930), fra l’altro implicante una violenta polemica antireligiosa specialmente contro il cattolicesimo, ma anche come deputato nazista al Reichstag dal 1930 e consigliere di Hitler. Di quest'ultimo, Rosenberg condivideva, oltre al razzismo pangermanista, la prospettiva strategica di un nuovo Drang nach Osten (spinta verso Est), come strumento di dominazione delle razze slave “inferiori”, nonché sfogo e sbocco della rinnovata spinta colonizzatrice della Germania; e ancora, al pari di Hitler, guardava alla prospettiva di un accordo con l'Inghilterra.

Sebbene non gli riconoscesse mai esplicitamente il primato ideologico, Hitler affidò a Rosenberg molteplici incarichi di fiducia: dopo l’avvento al potere, nelTaorile del 1933

10 nominò capo dell'Uffici[...]

[...]ominazione delle razze slave “inferiori”, nonché sfogo e sbocco della rinnovata spinta colonizzatrice della Germania; e ancora, al pari di Hitler, guardava alla prospettiva di un accordo con l'Inghilterra.

Sebbene non gli riconoscesse mai esplicitamente il primato ideologico, Hitler affidò a Rosenberg molteplici incarichi di fiducia: dopo l’avvento al potere, nelTaorile del 1933

10 nominò capo dell'Ufficio di politica estera (A.P.A.) della N.S.D.A.P.; nel 1934 lo pose a capo dell’addestramento ideologico del partito e ancora alla fine del 1939 gli affidò

11 compito di curare l’unità ideologi

259



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 616

Brano: Spagna, Fascismo in

Semplificando molto, possiamo risalire al 1898, anno in cui la Spagna perse le ultime colonie, il che determinò un senso di frustrazione in certi settori, alimentando un esasperato patriottismo fino a degenerare nel messianesimo.

I cosiddetti Juegos Florales (Giochi floreali), una manifestazione folcloristica del 1901, ebbero tutti un tema patriottico. Nel 1920 lo scrittore fascista E. Giménez Cabali ero scriveva: « La Spagna è la nazione eletta da Dio ».

D’altra parte, l’esercito spagnolo era abituato a intervenire direttamente nella vita del paese: per esempio, nel 1917 alcune giunte militari fecero la loro comparsa in tutta la Spagna, tranne che a Madrid, ma in maggio, dopo l’arresto dei dirigenti cen[...]

[...]er esempio, nel 1917 alcune giunte militari fecero la loro comparsa in tutta la Spagna, tranne che a Madrid, ma in maggio, dopo l’arresto dei dirigenti centrali, furono costrette a sciogliersi. La reazione militare fu comunque determinante nella caduta del governo, avvenuta un mese più tardi. Si trattava di un esercito coloniale che, al suo rientro nella metropoli, era andato gradualmente trasformandosi in guardiano dell’ordine pubblico o in difensore di torbidi interessi economici nel Nordafrica (fino a far esplodere una guerra che dissanguò ed esasperò il paese) e a creare un gruppo [l’esercito africanista) molto incline all’intervento politico. Appunto questo gruppo comprendeva fra i suoi membri il generale Miguel Primo de Rivera, il cui partito [Union Patriótica) svol* gerà nel paese un ruolo importante, il generale Sanjurjo (18721936) e infine il giovane generale Francisco Franco (v.).

La crisi monarchica era ormai tale che a determinare la caduta della monarchia bastarono le elezioni municipali del 13.4.1931, nelle quali risult[...]

[...]uppo comprendeva fra i suoi membri il generale Miguel Primo de Rivera, il cui partito [Union Patriótica) svol* gerà nel paese un ruolo importante, il generale Sanjurjo (18721936) e infine il giovane generale Francisco Franco (v.).

La crisi monarchica era ormai tale che a determinare la caduta della monarchia bastarono le elezioni municipali del 13.4.1931, nelle quali risultarono trionfatori i candidati repubblicani. Per salvare la corona, Alfonso XIII aveva già tentato di imporre nel 1923 la dittatura di Miguel Primo de Rivera.

Quantunque Miguel Primo de Rivera avesse rifiutato in un suo proclama il titolo di « dittatore », nel novembre 1923, in occasione del viaggio in Italia compiuto dai reali di Spagna insieme al generale, Alfonso XIII disse, indicando Primo de Rivera: « Questo è il mio Mussolini » (P. Aguado Bleye e C. Alcazar, “Manual de Historia de Espana”, tomo III, p. 380).

Su questo periodo vedasi F. BenAmi, “Fascism from above. The Dictatorship of Primo de Rivera in Spain”, 19231930, Oxford, 1983.

Alla instaurazione della Seconda repubblica (14.4.1931) e prima che questa iniziasse la sua politica di riforme, la destra si organizzò e si radicalizzò sempre più, avendo tra

José Antonio Primo de Rivera

i suoi gruppi più influenti i monarchici (Renovación espanola, Carlisti) e alcuni raggruppamenti non definiti quanto a scelta istituzionale, ma molto influenzati dalla Chiesa cattolica [Confederación Espanola de Derechas Autónomas, C.E.D. A.). Tutte queste forze si confrontarono, facendo ricorso anche alla lotta armata, con i gruppi repubblicani [Izquierda Republicana), anarchici [C.N.T., F.A.I[...]

[...]finiti quanto a scelta istituzionale, ma molto influenzati dalla Chiesa cattolica [Confederación Espanola de Derechas Autónomas, C.E.D. A.). Tutte queste forze si confrontarono, facendo ricorso anche alla lotta armata, con i gruppi repubblicani [Izquierda Republicana), anarchici [C.N.T., F.A.I.), socialisti [P.

S.O.E., U.G.T.) e, a partire dal 1920, con i comunisti (P.C.).

Per questi aspetti si vedano: M. Martinez Cuadrado, “La burguesia conservadora/18141931” (Madrid, 1974) e R. Tamames, “La republ ica. La era de Franeo/19301970” (Madrid, 1984), contenenti un’ottima bibliografia ragionata, nonché J. Busquets, “El militar de carrera en Espana” (Barcellona, 1984).

In questo quadro generale si iscrisse il fascismo spagnolo, la cui ascesa alla vita pubblica attraverso gruppi diversi e indipendenti ebbe luogo, molto significativamente, nel

1931.

Alcuni anni prima, intorno al 1920, aveva iniziato la sua attività il già citato E. Giménez Caballero, grande ammiratore del fascismo italiano.

E. Giménez Caballero pubblicherà sul[...]

[...]ero pubblicherà sulla sua rivista La Gaceta Literari a una traduzione del libro “Tecnica del colpo di stato” di Curzio Mal aparte. E, facendosi portavoce del

lo scontento di certi settori, dirà: « Lo spagnolo è nato per comandare, non per essere proletario ».

Quanto al messianesimo religioso, logico in un paese in cui la Chiesa cattolica ha tanto peso storico, lo

vedremo affacciarsi praticamente in tutti i fascisti spagnoli ed è stato considerato uno degli elementi contraddittori di quel regime.

Il “Punto venticinque” della Falange dirà*. « Il nostro movimento associa il sentimento religioso — di gloriosa tradizione e predominante in Spagna — alla ricostruzione nazionale [...] ».

Sono tuttavia conosciute le tensioni generate nel seno stesso della Falange dall'anticlericalismo di certi capi, come Ramiro Ledesma. In tale contesto e considerando il laicismo repubblicano, si potrà comprendere la polarizzazione religiosa che porterà il Vaticano a definire la guerra civile spagnola come una

Crociata », quindi ad appoggiare e a benedire la fazione nazionalista.

Fondazione della Falange

La comparsa reale e organizzata del fenomeno fascista si ebbe in Spagna nel 1931, anno in cui apparvero i! Partido Nacionalista del dottor Albihana e si organizzarono le Milicias Carlistas, forza d'urto del carrismo, partito monarchico integralista sorto nel secolo XIX e protagonista di una lunga serie di lotte.

Il 14.3.1931 uscì il pr[...]

[...]31, anno in cui apparvero i! Partido Nacionalista del dottor Albihana e si organizzarono le Milicias Carlistas, forza d'urto del carrismo, partito monarchico integralista sorto nel secolo XIX e protagonista di una lunga serie di lotte.

Il 14.3.1931 uscì il primo numero di La conquista del estado (l’ultimo uscirà il 25.10.1931), pubblicazione apertamente fascista che, nel fascicolo del 10 ottobre, annunciò l’immediata creazione delle Juntas Ofensivas Nacionales Sindicalistas [J.O. N.S.), sorte dalla fusione dei gruppi di Onésimo Redondo (19051936) e Ramiro Ledesma (19051936).

Di esse si dirà: « Le J.O.N.S. rappresentano il primo tentativo organico del Nacional Sindicalismo spagnolo, nato prima di quello fondato in Portogallo da Rolao Pròto » (O. Aguado BleyeC. Alcazar, op. cit., tomo III, p. 923).

Ramiro Ledesma era un intellettuale noto anche per aver pubblicato sulla “Revista de Occidente” (fondata da J. Ortega y Gasset) alcuni articoli sul pensiero tedesco. Di scarse risorse economiche, doveva lavorare alle Poste e la pubblicazione di “La conquista del estado” sopravvisse soltanto finché potè contare su sovvenzioni, soprattutto di monarchici e agrari.

Sempre nel 1931, esattamente il 13 giugno, apparve a Valladolid, una delle città castigliane centro di interessi agrari, il giornale Libertad, pubblicato da Onésimo Redondo che, il 9.8.1931, fondò le Juntas Castellanas de Actuación Hispànica. Redondo era un leader religioso molto legato ai bieticultori locali, ma anche buon conoscitore della filosofia tedesca per essere stato lettor[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 341

Brano: [...]l 1924, nel volume miscellaneo Movimento operaio e fascismo nell’EmiliaRomagna 19191923, Roma, 1973, pp. 153174.

Sul l’antifascismo e sulla Resistenza armata nel Persicetano, alcune testimonianze sono raccolte da L. Bergonzini nei cinque volumi La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti, Bologna, 19671980 (specialmente nel I e nel V); si vedano inoltre le voci del Dizionario biografico dell'opera a cura di A. Albertazzi, L. Arbizzani, N.S. Onofri, Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (19191945), Bologna, 1985.

Per il periodo della Guerra di liberazione (19431945) si segnalano il volume di A. Belletti, Dai monti alle risaie (63a Brigata Garibaldi "Bolero”), Bologna, 1968, 19842 e la rassegna di M. Gandini, La Resistenza nel Persicetano (25 luglio 194322 aprile 1945): appunti bibliografici per una storia da scrivere, in “Strada maestra”, 8 (1975), pp. 144.

M.Gan.

San Giovanni Valdarno

Comune di circa 20.000 abitanti (18 mila nel capoluogo) in provincia di Arezzo (v.) e notevole centro[...]

[...]ficine ferroviarie, vetrerie, abbigliamento ecc.), favorito in passato dall'esistenza di miniere di lignite.

Cenni storici

Posta lungo il corso superiore dell'Arno, a circa 48 km a sud di Firenze e a 34 km da Arezzo, San Giovanni venne fondata nel 1296 dalla Repubblica fiorentina per fron

teggiare i potentati feudali del Valdarno e delI'Aretino. Fu quindi, oltre che importante colonia agricola e mercato rurale, anche caposaldo per l'espansione e salvaguardia dell'idea comunale e repubblicana. Già nel 1450 vi si fabbricavano chiodi di quadri tramite forgiatura e gli artigiani locali chiedevano al governo fiorentino un intervento doganale a protezione del loro manufatto contro la concorrenza extraregionale. Nel corso dei secoli la città fu in varie occasioni esempio di industriosità e di vita democratica, sì da mantenere vive le tradizioni di libertà nel carattere della popolazione.

Movimento operaio

Le prime manifestazioni operaie si ebbero per la conquista di un posto di lavoro nella vetreria qui sorta tra il 1812 e il 18[...]

[...]corso dei secoli la città fu in varie occasioni esempio di industriosità e di vita democratica, sì da mantenere vive le tradizioni di libertà nel carattere della popolazione.

Movimento operaio

Le prime manifestazioni operaie si ebbero per la conquista di un posto di lavoro nella vetreria qui sorta tra il 1812 e il 1814. Il 28.2.1864 si costituì la prima Società operaia di mutuo soccorso, seguita da vari circoli socioculturali. Nel 1872 si insediò nel territorio del comune la Società italiana per l'industria del ferro, poi acquistata óaWllva (v.). Nel 1882 fu costituita la locale sezione del Partito operaio e nel 1890 quella del Partito socialista; nel

1921 vi sorgerà anche una sezione comunista.

Particolarmente dure furono le lotte sostenute dai lavoratori del bacino lignitifero, come lo sciopero di 80 giorni dell'estate 1908. I minatori furono vinti per fame, ma uscirono da quella lotta sindacalmente più maturi, organizzati nella Camera del lavoro e neH'Unione sindacale, e avendo creato varie cooperative di consumo.

Nel [...]

[...]ale sezione del Partito operaio e nel 1890 quella del Partito socialista; nel

1921 vi sorgerà anche una sezione comunista.

Particolarmente dure furono le lotte sostenute dai lavoratori del bacino lignitifero, come lo sciopero di 80 giorni dell'estate 1908. I minatori furono vinti per fame, ma uscirono da quella lotta sindacalmente più maturi, organizzati nella Camera del lavoro e neH'Unione sindacale, e avendo creato varie cooperative di consumo.

Nel 1919 scesero in lotta i 200 operai occupati nella centrale elettrica della vicina Castelnuovo e il 17 aprile dello stesso anno tutti gli operai del bacino lignitifero sospesero il lavoro per protestare contro gli episodi di sopraffazione fascista avvenuti a Milano contro la sede deII’“Avanti!”. Alla protesta parteciparono i lavoratori di altre industrie, gli artigiani e i commercianti di San Giovanni. Ancora più vigorose furono le lotte per la conquista dell'orario lavorativo di 8 ore giornaliere e per l’applicazione del contratto di lavoro, fino ad arrivare nel settembre 1920 all'[...]

[...]scaro Parrini, Alessandro Corsi e Arduino Chiapolini), 4 mutilati (Dante Grappoli ni, don Giuseppe Nocciolini, Angelo Mascia e Fortunato Venturi) e 2 feriti (Giuseppe Musi e Raimondo Atzeni).

Sul versante opposto al Pratomagno, sui crinali dal Valdarno al Chianti e specialmente nel comune di Cavriglia, operarono invece i partigiani della 3a e 4a Compagnia della Brigata Garibaldi “Vittorio Sinigaglia” (forte di oltre 200 effettivi) che si distinsero per le numerosissime azioni condotte contro le forze tedesche in marcia verso il fronte e contro i presidi repubblichini della zona, nonché nel sostenere le popolazioni minacciate di strage dai tedeschi. Tra i caduti della 3a Compagnia “Chiatti” si ricordano: il partigiano sovietico Nicolay Bujanov

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Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine N.S., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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